Gruppo famiglia dell'Unione Catechisti

B251-A8

Riflessioni su documenti del magistero e sulla testimonianza di Fr. Teodoreto

Nell'ambito delle riunioni mensili del Gruppo Famiglia, costituito come di consueto da ritiri, e da incontri di studio e di preghiera, sono stati trattati due importanti documenti del magistero: la lettera apostolica " Mulieris dignitatem", sulla dignità e vocazione della donna, con riflessioni elaborate nell'ambito del gruppo in due riunioni, a cura di Vito Moccia e delle Signore Rita Perini e Felicina Dezzani e l'esortazione apostolica " Christifideles laici", sulla missione del laicato, in due incontri, con relazioni proposte da fr. Egidio.

Inoltre nel ritiro del 20 maggio, sempre a cura di fr. Egidio, sono state esposte delle riflessioni sulla testimonianza che possiamo trarre da fr. Teodoreto per la famiglia e per la società.

« Mulieris dignitatem » sulla dignità e vocazione della donna

Spunti di riflessione nelle riunioni del gruppo famiglia

L'individuazione di alcuni punti di particolare rilievo del documento sulla dignità della donna viene condotta, in questa prima rapida sintesi, con riguardo agli aspetti sui quali è stata più ampiamente prestata l'attenzione negli incontri ad esso dedicati, o perché specificamente connessi ai problemi contemporanei, o perché sentiti in modo peculiare nell'ambito del nostro gruppo famiglia.

I punti sono i seguenti:

1. Carattere sponsale dell'amore di Gesù per la Chiesa, che è la Sposa.

2. La donna è nel cuore del piano della salvezza.

3. La parità tra l'uomo e la donna è assoluta.

4. La missione attuale della donna è determinante per sempre più umanizzare la società.

Quanto al primo punto, la sponsalità dell'amore di Gesù per la Chiesa, osserviamo che esso ha formato il tema dominante, per così dire, delle riflessioni condotte nell'Unione Catechisti sulla famiglia.

Si tratta di approfondirlo e applicarlo in modo sempre più genuino alla nostra vita familiare e di gruppo, per realizzare l'ideale che ogni famiglia sia veramente immagine di questa divina nuzialità e non solo immagine, ma in certa misura anche attuazione.

In modo specifico, la nuzialità di Gesù è stata considerata nel suo momento di maggiore oblazione, cioè nella sua offerta sulla croce, in cui, secondo le sue stesse parole, si realizza l'amore più grande, quello cioè di dare la vita per l'amato.

Circa la presenza della donna nel cuore del piano della salvezza, con esplicito riferimento a Maria, tramite il cui assenso il Verbo si è fatto carne nel suo grembo purissimo, la nostra ispirazione si è sempre rivolta a Lei che è l'Immacolata, contitolare della nostra Unione.

In quanto Immacolata, Maria è il primo frutto della redenzione operata da Gesù.

Ella è dunque ad un tempo la corredentrice e la prima dei redenti e questo è senza dubbio un modello e un programma di vita per ogni donna.

Circa il terzo punto, cioè la parità tra uomo e la donna, ne viene dichiarata l'assoluta equipollenza tra i due sessi, anche con riguardo ai testi di S. Paolo in cui è affermato che l'uomo è il capo della donna e la donna è a lui sottomessa.

Il documento precisa espressamente che questa priorità dell'uomo sulla donna va posta con esclusivo riguardo alla relazione sponsale tra Cristo e la Chiesa: in questa lo Sposo divino è il capo, che però fa consistere il potere nel servizio e nell'immolazione per la Sposa.

Viceversa nelle relazioni umane, l'uguaglianza è assoluta, ed anche le espressioni di "essere capo" e di "sottomissione", vanno intese nel senso della reciproca sottomissione dell'uomo e della donna, l'una all'altro, come è d'altra parte testualmente affermato da S. Paolo nella stessa lettera agli Efesini che contiene le altre espressioni sopra riportate ( Ef 5,21 ).

In merito alla missione della donna nell'epoca contemporanea, il contributo determinante che essa può dare, per umanizzare la società, è quello di essere veramente donna, valorizzando i doni ricevuti dal Creatore e non tradendoli in una superficiale imitazione dell'uomo.

Tra questi doni riveste un ruolo fondamentale la maternità, per cui ogni uomo trova un suo affidamento di generazione, di crescita e di educazione, in una donna.

Altri aspetti che hanno formato oggetto di attento esame nel documento sono stati quelli relativi alle figure di donne nel Vangelo, nonché alla missione svolta dalle donne nella storia della Chiesa.

V.M.

« Christifideles laici » sulla comunione e la missione dei laici nella Chiesa

Il Papa ha offerto « alla Chiesa universale un documento conclusivo sui fedeli laici »: un documento singolare, che merita davvero accoglienza fiduciosa e diligente.

La singolarità deriva dal fatto che il documento ha inteso « valorizzare tutta quanta la ricchezza dei lavori smodali, dai Lineamenta all'Instrumentum laboris, dalla relazione introduttiva agli interventi dei singoli vescovi e laici e alla relazione di sintesi dopo la discussione in aula, dalle discussioni e relazioni dei circoli minori alle proposizioni e al Messaggio finale.

Non si pone a lato del Sinodo, ma ne costituisce la fedele e coerente espressione, è il frutto di un lavoro collegiale ».

Vi confluisce, insomma, tutto il Sinodo.

Di qui la varietà degli argomenti, sui quali è necessario fermarsi diligentemente, senza trascurarne nessuno ed evitando approssimazioni o riduzioni.

Per invogliare alla lettura, penso sia utile aver presente lo scopo che il Papa si propone ed i punti nodali intorno ai quali si sviluppa il documento.

Lo scopo è dichiarato espressamente in apertura: « suscitare e alimentare una più decisa presa di coscienza del dono e della responsabilità che tutti i fedeli laici hanno nella comunione e nella missione della Chiesa ».

È un obiettivo esaltante: una più decisa presa di coscienza.

Saper chi siamo.

O, meglio, diventare di fatto quali siamo chiamati ad essere.

Una coscienza da ridestare ed animare: illuminata e riconoscente, fedele e unanime, vivace e operosa, il Papa la propone a tutti e ne affida il compimento alla Madonna, nella supplica finale.

I punti sui quali si concentra questa sollecitudine promozionale mi sembrano fondamentalmente tre: l'attualità del Concilio, la comunione ecclesiale, la missione di tutta la Chiesa.

Fedeltà alla Chiesa

Quello sui laici è stato il Sinodo di una Chiesa in cammino "sui sentieri del Concilio" - come dichiararono i Padri al termine dell'assise.

Perché « l'insegnamento del Concilio sul laicato, a distanza di vent'anni, è apparso di sorprendente attualità e talvolta di portata profetica: tale insegnamento è capace di illuminare e guidare le risposte che oggi devono essere date ai nuovi problemi ».

È tutt'altro che marginale questo riconoscimento, sul quale non si insiste mai abbastanza per rafforzare in tutta la comunità la convinzione che la fedeltà al Concilio è fedeltà alla Chiesa.

Tanto più che questa fedeltà è vera se si fa concreta nei fatti e con le opere.

Sul laicato il Concilio ha espresso una "splendida teoria": bisogna che diventi una "autentica prassi ecclesiale".

Non basta citare il Concilio: occorre metterlo in pratica.

È così attuale che per tanta parte è ancora da attuare.

E poiché sulla scia del Concilio non è possibile tornare indietro, c'è ancora tanta strada da fare.

Il documento ci provoca a non fermarci, o - come dice il Papa, in chiusura, ai pastori ed ai fedeli - « non stancarsi mai ».

L'equivoco della parola "laici"

A partire dall'unita del popolo di Dio prende significato "la condizione ecclesiale del fedele laico": quella che la dottrina conciliare chiama "indole secolare".

Pur con difficoltà e rischi, il laicato, in questi anni, è cresciuto.

E questo Sinodo ne è stata la riprova, dal momento che a deciderne la convocazione sono stati i problemi derivanti dalla vitalità di quelle che il Papa chiama « nuove energie di santità e di partecipazione » che lo Spirito ha suscitato "in tanti fedeli laici" continuando "a ringiovanire la Chiesa".

Ma la parola "laici" è diventata ambigua a causa di significati estranei a quello ecclesiale, sopraggiunti nell'uso comune.

Per questo, a scanso di equivoci, si parla di "fedeli laici".

E questa espressione più completa vuole mettere in evidenza soprattutto due verità di capitale importanza: la fondamentale uguaglianza di tutti i battezzati e la specificità positiva dei fedeli laici nella comunione ecclesiale.

Dovrebbe essere chiaro: non è giusto né assolutizzare né vanificare l'identità laicale.

Essere laici ha un significato specifico, non solo nella ecclesiologia, ma anche e soprattutto nella Chiesa viva.

Siamo tutti Chiesa

In forza del battesimo tutti siamo "fedeli": a pieno titolo.

Siamo Chiesa.

Laici sono quei fedeli chiamati per vocazione a vivere l'ecclesialità attraverso una esistenza situata nelle condizioni che sono comuni agli uomini e donne in quanto tali.

« Persone che vivono la vita normale nel mondo, studiano, lavorano, stabiliscono rapporti amicali, sociali, professionali, culturali, eccetera ».

Questa loro condizione esistenziale è l'ambito e il mezzo della loro vocazione cristiana ed esprime la loro condizione ecclesiale.

Non sono solo la parte maggioritaria della Chiesa, ma - come diceva Pio XII, già nel 1946, - « si trovano nella linea più avanzata della vita della Chiesa …

Essi, specialmente essi, debbono avere una sempre più chiara consapevolezza non soltanto di appartenere alla Chiesa, ma di essere la Chiesa ».

Chiamati alla santità nel mondo e destinati ad esprimere nel mondo quella novità cristiana che fa vivere la Chiesa e che la Chiesa è chiamata a testimoniare, annunziare, diffondere.

Fedeli laici di una Chiesa che è tutta missionaria.

Anzi, fedeli laici affinché tutta la Chiesa sia sempre più missionaria.

In realtà è proprio questo il filo conduttore che unifica il documento.

Il Papa lo esprime rievocando l'immagine biblica della vita e della vigna, che è come la cornice dentro la quale si sviluppa tutto il suo discorso.

« Andate anche voi nella mia vigna »: sono le parole di Gesù proclamate in apertura.

E quelle stesse parole ritornano nella conclusione.

« Si può dire che il significato del Sinodo stia proprio in questo appello rivolto a tutti e in particolare ai fedeli laici, uomini e donne ».

Un appello missionario che non è generico o astratto.

Si colloca nell'oggi degli uomini e dei popoli per l'oggi della Chiesa: « in quest'ora magnifica e drammatica della storia, nell'imminenza del terzo millennio ».

Responsabilità e dono per tutti

È una stagione complessa di vita questa nostra, nella quale coesistono secolarismo e bisogno religioso, l'esaltazione e la violazione della dignità della persona umana, la conflittualità e la pace.

« Non è lecito a nessuno rimanere in ozio ».

Di conseguenza, parlando di fedeli laici, il Sinodo vuoi raggiungerli tutti, per non ridurre o dividere il popolo di Dio.

Tutti hanno il dono e la responsabilità della comunione e della missione e il Papa si fa attento e sollecito ad individuare sia gli ambiti sia le iniziative di formazione e di azione missionaria.

Per questo, il documento richiede di essere approfondito in tutti i punti del suo svolgimento: non servirebbe a niente una lettura affrettata.

Al tempo stesso, i particolari si raccordano intorno al binomio comunione-missione che ne è la struttura portante.

Questo vale in particolare per quei problemi che - come dice il Papa - « s'impongono per una certa loro novità, tanto da poterli chiamare post-conciliari almeno in senso cronologico »: i ministeri laici, i nuovi movimenti, donne e uomini nella Chiesa e nel mondo.

Forse sono questi gli argomenti più attraenti e più attesi.

E il documento offre richiami dottrinali, criteri di discernimento, indicazioni pastorali che è necessario recepire attentamente e puntualmente, vincendo l'istinto di fermarsi su quelli che sono di nostro gradimento.

Bisogna, innanzi tutto, coglierne lo spirito, la mentalità, la intenzionalità ecclesiale.

Tante sono le cose buone che si possono fare e che ci piacerebbe fare.

Ma l'importante è collaborare a far crescere tutta la comunità ecclesiale nella fedeltà e nella missionarietà.

Ministeri laici

Il problema dei ministeri laicali è connesso con il fatto che, dal Concilio in avanti, è cresciuta in quantità e qualità la partecipazione attiva e responsabile dei laici alla vita e alla missione della Chiesa.

Non è solo un fenomeno di funzionalità, ma è la conseguenza di una più matura coscienza ecclesiale: i fedeli laici « in virtù della loro condizione battesimale e della loro specifica vocazione, nella misura a ciascuno propria, partecipano all'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo ».

Questa accresciuta partecipazione ha fatto sì che alcuni uffici, che un tempo erano considerati come gradini o "tappe spirituali" verso il sacerdozio, sono stati conferiti ai fedeli laici.

Ma, al tempo stesso, si è fatta strada la tendenza a generalizzare l'uso della parola "ministero", vanificandone il significato.

Occorre, perciò, un chiarimento teologico e pastorale che il Papa ha affidato ad una apposita commissione.

Intanto, però, due fondamentali criteri « dovranno essere fedelmente rispettati da tutte le Chiese particolari ».

Alla base di tutto c'è sempre la famiglia

Innanzi tutto, evitare una "clericalizzazione dei fedeli laici" che rende equivoco e confuso il rapporto tra sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale.

È pur vero che vita e missione della Chiesa sono inseparabili e che i fedeli laici non hanno solo il compito di partecipare alla missione della Chiesa nel mondo: sono Chiesa, fanno Chiesa.

Ma è altrettanto irrinunciabile non cedere alla « tentazione di riservare un interesse così forte ai servizi e compiti ecclesiali, da giungere spesso a un pratico disimpegno sulle loro specifiche responsabilità nel mondo professionale, sociale, economico, culturale e politico ».

A partire sempre dalla vita familiare: poiché « la coppia e la famiglia costituiscono il primo spazio per l'impegno sociale dei fedeli laici ».

L'assunzione di uffici ecclesiali non può essere una fuga o un rifugio.

E, in ogni caso, i fedeli laici non diventano per questo meno laici, perché anche questi uffici « dovranno essere esercitati in conformità alla loro specifica vocazione laicale ».

C'è anche un altro fondamentale criterio: la distinzione tra il « ministero dei pastori, radicato nel sacramento dell'Ordine, rispetto agli altri ministeri, uffici e funzioni ecclesiali, che sono radicati nei sacramenti del Battesimo e della Confermazione ».

Gioverà certamente per fare chiarezza anche l'uso ormai codificato di parole diverse: ministeri, uffici, funzioni.

Servirà per distinguere meglio la natura e le finalità dei diversi compiti liturgici, catechistici, caritativi ed insieme per precisare gli ambiti, la individuazione e la preparazione delle persone, lo spirito ed il metodo con cui esercitarli.

Aggregarsi è diritto

Il fenomeno associativo è anch'esso ricco e problematico nei confronti della partecipazione dei fedeli laici alla vita e alla missione della Chiesa.

Il Papa parla giustamente di « una nuova stagione aggregativa » ( n. 29 ).

Non tanto nel senso che ci sia una diffusa voglia di aderire alle associazioni, dal momento che anche nel mondo cattolico permangono pigrizie e individualismi, quanto, piuttosto, perché « il fenomeno dell'aggregarsi dei laici tra loro è venuto ad assumere caratteri di particolare varietà e vivacità ».

Probabilmente non è tanto aumentato il numero dei fedeli laici associati quanto sono cresciute di numero e di qualità le aggregazioni: associazioni, gruppi, comunità, movimenti.

Si tratta di comporre insieme il rispetto, anzi la valorizzazione « del diritto di aggregazione proprio dei fedeli laici » con l'esigenza irrinunciabile che le libere forme aggregative si conformino ad alcuni "criteri chiari e precisi" che ne garantiscano l'identità ecclesiale.

Il diritto di aggregarsi all'inteRNo della Chiesa ed il dovere di assumere come normative alcune fondamentali note di ecclesialità non sono in alternativa; perché, invece, derivano da una medesima "ragione ecclesiologica": derivano, cioè, dal fatto che i fedeli laici sono Chiesa, non individualmente, ma nella comunione dell'unità e per la condivisione della missione.

Sono Chiesa insieme, per una missione che è di tutti.

Così che l'aggregarsi nasce dalla vitalità stessa dell'essere Chiesa ed è destinato a far crescere tutta la Chiesa nella comunione missionaria.

Di qui "i criteri di ecclesialità" che il Papa indica.

È indispensabile farne oggetto di approfondimento e di verifica.

Sia da parte dei responsabili e dei mèmbri di ciascuna aggregazione, impegnati non tanto a rivendicare una "propria" ecclesialità quanto, piuttosto, a crescere nella ecclesialità di tutto il popolo di Dio, sia da parte dei pastori, impegnati non tanto a controllare, ma soprattutto a guidarne la vita e l'azione.

Impegno di santità e di slancio missionario, autenticità di fede e docilità ai pastori, comunione ecclesiale con tutti i fratelli e presenza promozionale nel mondo: questo le aggregazioni debbono volere.

Ed è necessario che queste intenzioni abbiano riscontro nei "frutti concreti che ne accompagnano la vita e le opere ».

È importante notare come tutto il discorso sulle aggregazionni ed, in particolare, l'esplicito riferimento all'Azione Cattolica sono improntati a fiducia nei confronti dei laici.

Ci si attende molto dalle aggregazioni, perché il laicato merita fiducia.

Il ruolo della donna

In relazione "alla condizione e al ruolo della donna", il documento post-sinodale è da collegare alla lettera apostolica " Mulieris dignitatem".

E l'elemento di maggior rilievo è, in ambedue, la centralità del rapporto uomo-donna per una effettiva e una costruttiva "compresenza e collaborazione".

È questo un apporto originale nei confronti della cultura contemporanea, che pur aspirando ad una ulteriore elevazione della donna si arresta o si perde, talvolta, in un rivendicazionismo strumentale o, addirittura, contraddittorio.

Si tratta di risalire alle sorgenti: « al disegno originario del Creatore, che dal principio ha voluto l'essere umano come unità dei due ».

Già nella "Mulieris dignitatem" il Papa scrive: « Si tratta di comprendere la ragione e le conseguenze della decisione del Creatore che l'essere umano esista sempre e solo come femmina e come maschio.

Solo partendo da questi fondamenti, che consentono di cogliere la profondità della dignità e della vocazione della donna, è possibile parlare della sua presenza attiva nella chiesa e nella società ».

Su questa complementarietà "teologica" si incentra la riflessione post-sinodale, invitando ad un successivo ulteriore sviluppo.

Anche perché proprio "la presenza coordinata degli uomini e delle donne" renderà pastoralmente « più completa, armonica e ricca la partecipazione dei fedeli laici alla missione salvifica della Chiesa ».

Uomini e donne: né contrapposti, né livellati.

Pari in dignità come persone: necessari gli uni agli altri con le diversità comunionali che loro derivano dal dono di Dio.

La donna « non può ricevere il sacramento dell'Ordine » per « una disposizione che la Chiesa ha sempre ritrovato nella precisa volontà, totalmente libera e sovrana, di Gesù Cristo ».

Ma tutto questo riguarda una "funzione": non mette in questione la pari dignità ecclesiale e la comunione vocazionale alla santità ed alla missionarietà.

Non è per questo meno Chiesa.

Proprio l'apertura alla dimensione vocazionale della vita cristiana conduce a comprendere valorizzare, realizzare la fecondità complementare della verginità evangelica e della maternità, del matrimonio e della vita consacrata.

Nessuno di noi è tutta la Chiesa.

Ma tutti siamo Chiesa.

Ciò che conta è che ciascuno, secondo la propria vocazione, sappia volersi tutto per la Chiesa, insieme ai fratelli perché il mondo creda.

Fiorino Tagliaferri - vescovo di Viterbo

Riflessioni di fr. Egidio sulla testimonianza di fr. Teodoreto

Considerazioni di un ex-allievo dei Fratelli delle Scuole Cristiane sulla meditazione proposta da Fr. Egidio durante il Ritiro serale di sabato 20 maggio 1989.

Che piacevole incontro quello con fr. Egidio sabato 20 maggio presso l'Oasi di S. Chiara!

Un tuffo nel passato, il ritrovare in tutto lo stile, il fascino dell'insegnamento dei Fratelli delle Scuole Cristiane dopo cinquant'anni.

Stile semplice e comunicante, un argomentare robusto ed essenziale, didascalico con quanto di più nobile vi è in questa caratteristica tipica degli educatori.

E i disegni che belli.

Entrano nella mente, smuovono i sentimenti, scendono stabilmente nel cuore, inducono a formulare propositi di conversione.

Cosa ha detto Fr. Egidio?

Cose che sapevamo già, ma che erano sepolte da strati di buone intenzioni assopite.

Fratel Egidio ha parlato di fr. Teodoreto traendo da questi uno spunto per parlare della santità alla quale siamo tutti chiamati e che fr. Teodoreto poneva come obiettivo per i fratelli, per i catechisti, per i fedeli.

Dicevo che si è spiegato con i disegni, due in particolare:

1) Una bilancia per far intendere che ogni peso, ogni difficoltà della vita deve essere equilibrata con il pensiero dell'eternità che ridimensiona ogni cosa.

2) Un giogo, ricavato dal testo evangelico: « Imparate da me che sono mite e umile di cuore.

Venite a me voi che siete affaticati ed io vi ristorerò perché il mio giogo è soave » ( Mt 11,28-30 ).

Non si è soli nella prova, accanto vi è Gesù che ci da forza.

Infine occorre saper interpretare i segni dei tempi come ci insegnano i santi con il loro esempio e con espresso riferimento a S. Giovanni Battista de La Salle, al beato fr. Scubilion de la Réunion e al servo di Dio fr. Teodoreto.

La loro fede si tradusse in opere che rispondevano alle necessità dei loro tempi e del contesto sociale in cui vissero.

Con particolare riguardo a fr. Teodoreto, questi con l'Unione Catechisti propone la perseveranza nella vita per gli allievi della Scuola Cristiana e per gli altri fedeli, per tendere alla perfezione cristiana in un mondo secolarizzato.

È necessario in particolare non trascurare le piccole occasioni di bene che la Provvidenza divina ci propone tutti i giorni.

Il cristiano praticante che non ha cuore, è un bigotto che da scandalo al prossimo perché non vive la propria fede nella carità.

Il tempo è prezioso e deve essere impiegato bene.

Quotidianamente Gesù ci visita sotto le sembianze dei nostri fratelli: apriamo bene gli occhi, ma principalmente rendiamo costantemente disponibile e attenta la nostra capacità di amare.

Che gioia sentire Fr. Egidio!

Avremmo voluto trattenerlo con noi ancora un poco, per la Messa e per la cena, per continuare il dialogo, ma il dovere, o più esattamente Gesù lo attendeva al Centro de La Salle, per essere presente con i suoi Fratelli e non poteva deluderli.

Le sue parole avevano immediata verifica nei fatti.

Ora tocca a noi.

M.B.