Gli Istituti Secolari e il Convegno Ecclesiale di Palermo

B268-A7

Contributo dell'Unione Catechisti

Come noto, dal 20 al 24 novembre 1995 si è svolto a Palermo il III Convegno ecclesiale sul tema: « Il Vangelo della carità per una nuova società in Italia ».

In preparazione di tale grande assise sono state interpellate le diocesi e le varie componenti delle comunità ecclesiali italiane, tra cui gli Istituti secolari.

Pubblichiamo il contributo dell'Unione Catechisti a tale Convegno, formulato come risposte al questionario all'uopo approntato dal coordinamento degli istituti secolari italiani.

Che cosa gli Istituti Secolari si aspettano dal Convegno Ecclesiale di Palermo 1995?

Alla luce del Vangelo della carità e del mistero pasquale di Cristo che ne è il fondamento e la sostanza, occorre una più approfondita consapevolezza, un più efficace orientamento, una nuova progettualità circa il rapporto Chiesa-mondo, Chiesa al servizio del mondo, servizio per l'identità, il senso e la effettualità del mondo, la sua stessa costruzione e ricostruzione nelle sue varie espressioni.

Cioè occorre un quadro di riferimento che meglio consenta di comprendere le identità e ruoli degli istituti secolari, soggetto ed oggetto ad un tempo di una nuova evangelizzazione, con la partecipazione di tutti i linguaggi e di tutte le testimonianze caratterizzate dalla diversità delle condizioni, delle situazioni, delle culture e delle attività secolari.

A quali condizioni il Convegno Ecclesiale può riuscire nell'intento di avviare un cammino di cambiamento?

La prima condizione è che il Vangelo della carità sia assunto con forza e sviluppato in modo da penetrare tutta la vita dell'uomo e tutte le sue manifestazioni, a cominciare da quelle che più evidentemente affermano l'autonomia delle realtà mondane e secolari.

La carità quale sostanza, manifestazione e dinamismo del mistero pasquale di Cristo, deve sempre più apparire come il punto di vista, l'ispirazione, il fondamento della sintesi circa tutti i rapporti e le presenze mondane e secolari.

Carità di Cristo come luce per il discernimento nei confronti delle realtà secolari, come riscoperta dell'uomo e del bisogno di Cristo, il Crocifisso Risorto, per portare a pienezza la vita e risolvere le contraddizioni che l'affliggono, vincendo l'egoismo, le unilateralità, le chiusure che la minacciano.

La seconda condizione è che nella carità di Cristo si riproponga nella prassi la vocazione universale alla santità con particolare riferimento ai laici ed ai secolari.

Vocazione alla santità, non pretesa di essa.

Vocazione che inclina a comprendere e a soccorrere la miseria dell'uomo in ogni uomo.

Non una religiosità di mediocri e nemmeno una perfezione di presuntuosi.

Occorre individuare quanto può e deve contribuire la secolarità alla pienezza della carità e viceversa quanto il Vangelo della carità può e deve contribuire allo sviluppo solidale ed integrale dell'uomo e della società.

Occorre sviluppare la coscienza della realtà e del modo con cui la condizione, la situazione e le attività secolari possono, anzi debbono concorrere ad attuare la partecipazione dei secolari all'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo.

Come per esempio la sessualità, la corporeità, gli ordinamenti, la stessa organizzazione del fare produttivo, i rapporti economici possono e debbono, in Cristo crocifisso e risorto, concorrere a realizzare una missione di salvezza.

Altra condizione è che la carità sia affermata come ciò che anima, orienta, sostiene, finalizza ogni cosa, la stessa intelligenza umana, l'intelligenza della fede che in Cristo Gesù è intelligenza dell'amore.

Se l'intelligenza è prioritaria rispetto alle determinazioni della volontà, è la mozione dell'amore che consente di orientare, perfezionare l'operato e il frutto dell'intelligenza, qualunque sia il campo in cui questa si esercita.

Ciò ai fini del significato stesso da affermare, nel ruolo da realizzare, sia nei confronti dell'uomo che della vita.

Emerge quindi la carità, che ha bisogno di Cristo e del suo mistero di incarnazione, passione, morte e resurrezione, per assumere tutta la sua verità, il suo senso e la sua stessa efficacia: l'etica invero non può prescindere dal riferimento, dalla relazione con Dio e, in Dio, con l'uomo.

L'unico imperativo assoluto è quello dell'amore, amore come Cristo ci ha amato, amarci del suo stesso amore, fondare tutti gli amori umani valorizzandoli nel suo amore, affinché se ne comprenda l'autenticità, la verità, la bellezza, la positività e meglio appaia l'aspetto desolante della infedeltà, dell'egoismo e della mancanza di amore.

Occorre considerare secondo la carità di Cristo tutto ciò che opera l'uomo, le sue conquiste e i suoi insuccessi, i suoi bisogni e le sue carenze.

Ciò con l'unica perentorietà: quella dettata dall'amore e coerente con l'amore che è Cristo, il Crocifisso Risorto.

Quali le cause del malessere denunciato dai Vescovi?

Una indicazione, sia pure sommaria, di queste cause è già in qualche modo illustrata nella risposta al punto precedente, dove si è cercato di accennare alle « condizioni di riuscita del Convegno nell'avviare un cammino di cambiamento ».

In ogni caso si aggiungono le osservazioni che seguono.

Nella formazione religiosa ci si è spesso accontentati del latte e non del cibo solido costituito dal mistero pasquale di Cristo.

Mistero che non è stato assunto come onniinclusivo del fatto cristiano, della vita di fede.

Si sono prodotte spesso notizie su Cristo ed il suo mistero, notizie anche dotte, ma la vita dell'uomo, delle sue forme di convivenza, delle sue attività, non è stata sempre tutta fondata, illuminata, vivificata da questo mistero.

Sovente il discorso su Cristo ed il suo mistero è stato prevalentemente « clericale », quasi assente il discorso dei laici e dei secolari.

La stessa religiosità popolare, forse, non è stata sufficientemente compresa circa il suo proiettarsi nel mistero di Cristo, cui poteva alludere o riferirsi.

Osserviamo per inciso che con queste osservazioni non si vuole dimenticare il grande lavoro, il rinnovato impegno, lo sforzo di rinnovamento di tanti singoli gruppi e movimenti, di tante parrocchie e istituti.

Oggi sembra che la vita dell'uomo, nella sua quotidianità, non sia toccata dall'attrazione salvifica del Cristo che tutto attira a sé dall'alto della croce e nella gloria della resurrezione.

Occorre approfondire che l'ulteriorità è costitutiva di ogni realtà del mondo, della storia, dell'uomo.

L'ulteriorità fa parte della identità dell'uomo, della realtà della vita, del suo senso, della sua stessa effettualità, l'ulteriorità è da intendersi come relazione e come riferimento.

Il Vangelo della carità, il mistero pasquale di Cristo, è la via, la verità, la vita per questa ulteriorità costitutiva di ogni realtà mondana e secolare.

L'attuazione della ulteriorità come pienezza di universalità relazionale e comunionaie è resa possibile nel mistero pasquale di Cristo.

La realtà mondana e secolare, luogo dell'uomo, è da salvare con l'uomo e per l'uomo in Cristo Signore, in vista di Dio e del suo Regno.

Il Vangelo della carità esige la sapienza connessa con il mistero di Cristo, insieme alla saggezza, cioè la capacità di proposte e di soluzioni concrete nella prassi intese a corrispondere nei rapporti effettivi, negli ordinamenti, nel fluire delle cose e del tempo alle ispirazioni del Vangelo della carità.

Anche in questo senso occorre riconsiderare là formazione dei membri degli istituti secolari.

Nel concreto esercizio dell'attività di lavoro, nei processi produttivi di beni di servizio in modo particolare.

Ciò attraverso la prudenza che misura la convenienza, l'opportunità, l'utilità delle scelte, delle proposte, dei progetti, passando attraverso alla competenza, cioè alla riflessione fondata sull'esperienza pratica.

Badando sempre a cogliere le cose in un rapporto dinamico con il sistema, con l'ordinamento da stabilire o conservare o modificare.

Insomma, occorre una formazione intesa alla sapienza e alla saggezza fondata nel Vangelo della carità, sapienza e saggezza d'attuazione.

La realizzazione della sapienza, come quella della saggezza connesse con il Vangelo della carità, allo strutturarsi e ristrutturarsi delle forme di convivenza mondane e secolari, è compito specifico, anche se non esclusivo, dei laici e in modo particolare degli istituti secolari.

E proprio per riferimento all'ordine politico, sociale, economico, organizzativo che deve manifestarsi la specificità della spiritualità e della missione degli istituti secolari.

Un Vangelo della carità che esige di tradursi in una nuova società, in una nuova cultura.

Quale autocritica devono fare gli istituti secolari e comunque quali contributi possono portare?

Da parte degli istituti secolari occorre ridefinire la loro identità e la loro missione alla luce del Vangelo della carità, vale a dire per, con, in Cristo, il Crocifisso Risorto.

In particolare bisogna adoperarsi, come singolo e come fraternità, negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni cui si prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, per scoprire quali siano i veri segni della presenza e del disegno di Dio.

Occorre considerare effettivamente la secolarità come condizione, situazione e prospettiva per cogliere e corrispondere creativamente gli aspetti del mistero di Cristo interessanti il rinnovamento di tutte le cose, secolarità in quanto finalizzata e subordinata all'uomo in vista del Regno di Dio.

Ciò nello spirito di Cristo, crocifisso risorto e perciò re e salvatore universale.

Fondamentale deve essere la luce della consacrazione secolare circa i rapporti con il mondo, con la società, con la gente.

La consacrazione non può riguardare unicamente l'intimità del consacrato, deve dimostrarsi luce e fermento specifici e appropriati, come amore alla vita, all'uomo, alla pace, al progresso, alla giustizia.

La santificazione e la missione devono operarsi in rapporto con la secolarità, come per essa e per mezzo di essa, in quanto secolarità vissuta nel mistero pasquale di Cristo.

La santificazione e la missione di evangelizzazione sono protese nel servizio dell'uomo, colto nel concreto della sua situazione, dei suoi problemi, delle sue conquiste, delle sue affermazioni e delle sue contraddizioni.

L'evangelizzazione delle culture e la inculturazione della fede, la promozione dell'uomo, nella ripresentazione al mondo del mistero pasquale di Cristo, debbono impegnare particolarmente gli istituti secolari.

L'ulteriorità dell'uomo, del mondo, delle cose dell'uomo, della secolarità, non è rintracciabile senza la carità di Cristo con la quale amare e considerare l'uomo, il mondo, le imprese dell'uomo.

Accenniamo alle necessità, per esempio, di penetrare il significato, il senso della industrializzazione, fenomeno che da oltre cent'anni trasforma, sconvolge tutto il mondo umano, direttamente e indirettamente.

Così la necessità di considerare l'informatizzazione radicata nella interrelazionalità e nella interdipendenza, nella comunicazione, non solo per rapporto al lavoro, ma tendenzialmente per rapporto ad ogni manifestazione della vita.

Occorre che gli istituti secolari si rianimino in ordine alla vocazione universale alla sanità in coerenza con la parola di Dio e con la liturgia.

I loro membri sono testimoni privilegiati di tale vocazione universale alla santità, che riguarda tutti i cristiani.

Poiché l'etica cristiana non è praticabile se non compresa e realizzata nel Crocifisso Risorto, occorre sviluppare un orientamento che sia esplicitamente l'itinerario dell'amore di Cristo.

Senza smarrirsi in una precettistica senza fine, è necessario tuttavia non vanificare le concretezze del dono di se stessi, nel rinnegamento di sé, nel prendere la propria croce e nel seguire Cristo.