Mons. Luigi Bettazzi alla Casa di Carità

B277-A9

Candida Virano

"Annunzio del Vangelo della Carità mediante la formazione professionale. Crisi di fede nei giovani lavoratori"

Mercoledì 24 marzo 1999, Mons. Luigi Bettazzi, Vescovo emerito di Ivrea e presidente della Pax Christi, ha tenuto una conferenza al personale della Casa di Carità.

Il presidente ha presentato l'oratore, ricordando gli incarichi da lui sostenuti negli ultimi 30 anni, e sottolineando le qualità che hanno caratterizzato la sua opera di evangelizzazione, condotta con un profondo spirito profetico.

Mons. Bettazzi ha girato il mondo intero per diffondere il messaggio cristiano di pace, attraverso una zelante attività pastorale ( in Asia, Africa e America Latina ).

Ha affrontato i problemi dei giovani e degli adulti scrivendo vari libri rivolti a tutti coloro che ricercavano nelle sue parole la chiave di lettura di una vita da condurre con bontà, responsabilità, altruismo e generosità.

Attraverso i suoi libri si colgono infinite sollecitazioni atte a permettere profonde riflessioni utili per affrontare problemi esistenziali e sociali.

Mons. Bettazzi ha esordito dichiarando che ciò che avrebbe detto doveva rappresentare uno spunto da cui far emergere un dibattito ed un dialogo tra i formatori della Casa di Carità che, da anni, conducono una importante esperienza educativa nei confronti dei giovani che si rivolgono all'Istituto per imparare un lavoro attraverso una proposta formativa cristiana.

Tra le molteplici tematiche affrontate, ne riportiamo alcune e in sintesi:

- È importante sapere che il rapporto con l'altro essere umano deve avere un carattere costruttivo.

Infatti il Cristiano deve portare l'esperienza, da lui vissuta, della comunione nella Chiesa, attraverso la diffusione della solidarietà e la pace nel mondo.

I formatori della Casa di Carità devono dialogare con il difficile mondo dei giovani/riconoscendo quanto di valido c'è anche al di fuori del cristianesimo.

- La pace è la convivialità delle differenze; cioè le differenze arricchiscono la vita dell'altro, rendendola completa.

È quindi compito dei formatori cercare nei giovani le diverse differenze di intelligenza, di cultura e di modo di essere per trasformarle in un elemento di crescita ed arricchimento.

I giovani di una volta erano più portati a seguire le tradizioni che venivano, dagli anziani, dalle famiglie e dagli educatori.

Oggi, a causa del tipo di società che ci circonda, sono più portati a misurare le cose in base a ciò che vedono e giudicano, in un atteggiamento di prevenzione e di diffidenza verso ciò che arriva dagli adulti.

Cosa possono fare i docenti formatori?

Quello che conta è la testimonianza, i giovani non vogliono dei maestri di vita, ma dei testimoni.

Di gente cioè, che con la propria vita, attraverso fatti, parole e modo di essere, testimonino ciò in cui credono.

È un dato di fatto che i ragazzi d'oggi non vogliono più faticare per conquistarsi le cose, ma vogliono ottenere tutto e subito.

Per arginare i pericoli che derivano da una filosofia di vita così superficiale, occorre che gli educatori facciano un grosso sforzo per essere testimoni e riescano così a far riflettere i giovani sull'importanza della fatica che si deve affrontare per poter costruire la propria personalità, la propria competenza e la propria dignità umana.

Occorre, quindi, infondere fiducia e dare la consapevolezza che per arrivare, un domani, ad ottenere queste cose, bisogna avere la pazienza e la perseveranza attraverso la quale conquistarsi la competenza.

Solo questo può essere il modo per realizzare la propria personalità, rendendosi utili all'interno della società.

Come spunto iniziale di riflessione, nei rapporti con i giovani, teniamo presente che questi hanno più accentuato il senso di solidarietà e l'apertura verso gli altri.

E quindi importante far capire che tanto più si è competenti nell'ambito del proprio lavoro, tanto più si potrà essere utili nello sviluppo della società in cui si vive.

Solo in questo modo i ragazzi saranno posti nella condizione di contribuire in modo concreto e serio alla crescita della società di cui fanno parte.

Se i formatori riusciranno a persuadere i giovani dell'importanza della competenza e della professionalità, allora si potrà fare il discorso di Dio, che vede nell'uomo il senso della responsabilità di collaboratore della vita.

In conclusione, gli educatori hanno un compito fondamentale, quello di far riscoprire l'importanza della parola di Dio, devono insegnare a dire di sì al Signore, infondere il senso della crescita personale, facendo riscoprire il valore della solidarietà e del servizio verso i fratelli.

Il grande ideale che tutti noi possiamo dare ai giovani, è imparare a stare con gli altri, ad aiutare gli altri e mettersi al servizio dei più deboli e bisognosi.

Aiuteremo in tal modo i giovani a farsi uomini attraverso la attuazione del piano che Dio ha progettato per ognuno di noi, dicendo di sì al Signore, e in tal modo realizzando la propria vita.

È seguito un dibattito con vari interventi, che sono stati occasione a Mons. Bettazzi per ulteriormente riproporre i punti trattati, nonché per inserirne altri.

Tra questi di particolare interesse è stato il riferimento al libro di Mons. Bettazzi "Farsi donna, farsi giovane per la pace", introdotto da un'insegnante.

Al termine dei lavori, il personale tutto ha espresso a Mons.

Bettazzi una profonda gratitudine, che si è manifestata in una vera ovazione, tanto le sue parole e.le sue testimonianze hanno toccato la mente e il cuore dei presenti.