La sofferenza umana redenta da Cristo

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Passione di Cristo, passione dell'uomo

Riportiamo altri passi, dopo quelli del precedente bollettino, del messaggio di S. Em.za Card. Severino Potetto, per l'attualità delle sue riflessioni in relazione all'esposizione della Sindone ( salvo tre piccole varianti da noi apportate al testo originale, riferito al tempo natalizio, tutte segnalate in nota ).

1. L'Uomo della Sindone

Guardando il Crocifisso, noi contempliamo la grandezza e la qualità dell'amore di Dio.

Vi vediamo, infatti, i segni concreti di un amore che arriva a donare tutto.

Gesù, nella sua passione e nella sua morte, consegna a noi uomini tutto se stesso e ciò che di più prezioso Egli « possiede »: l'amore di suo Padre.

Lo fa in un modo tale che, di fronte a quell'amore, noi siamo sempre liberi di accoglierlo o rifiutarlo, di consegnarci o di rimanere chiusi in noi stessi, perché il Gesù della passione e della croce è inerme, non può costringere nessuno.

Egli invoca, semmai, la nostra attenzione e il nostro sguardo perché, ponendo gli occhi su Lui, come ha fatto il centurione del Vangelo, arriviamo anche noi a dire: « Quest'uomo era veramente il Figlio di Dio » ( Mc 15,39 ).

Questo è quanto noi cristiani di Torino dovremmo fare in un modo del tutto speciale, dal momento che nella nostra Chiesa custodiamo la Santa Sindone.1

Essa verrà nuovamente esposta e molti pellegrini, da ogni parte del mondo, vi sosteranno dinanzi in preghiera silenziosa.

Ma è chiaro che i primi chiamati a passare in contemplazione orante e commossa davanti a quel lenzuolo, così caro e prezioso, siamo noi.

Esso, come sappiamo, mostra l'immagine di un uomo che ha subito delle percosse, che è stato flagellato, coronato di spine e ucciso sulla croce.

I particolari della Sindone sono straordinariamente simili a quelli con cui i racconti evangelici ci testimoniano la passione e la morte di Gesù; e, da secoli, si tramanda la convinzione che quel lenzuolo sia proprio quello che ha avvolto il corpo di Gesù quando fu posto nel sepolcro dopo la sua morte in croce.

Per questo noi cristiani guardiamo il volto della Sindone come icona del volto del nostro Salvatore.

Attraverso l'immagine impressa su quel telo, abbiamo la possibilità di essere rimandati, nella contemplazione, al volto di Cristo che ha dato se stesso per noi, che ci ha amato e ci ama di un amore indicibile, che ha subito la passione per redimerci dal male e per mostrare quanto sia appassionato d'amore per tutta l'umanità e per ciascuno di noi.

2. Passione dell'uomo, passione per l'uomo

Quando guardiamo2 il volto della Sindone, ci dovrebbe venire spontaneo considerare in un modo nuovo le nostre stesse passioni e le nostre croci.

Sono davvero molte le sofferenze che tanti di noi devono sopportare.

Se penso ai tanti incontri avuti durante la Visita Pastorale che ho potuto compiere in questi anni in tutta l'Arcidiocesi, non posso non ricordare i tanti malati che ho incontrato, come pure non posso non pensare a quelli che non ho avuto modo di conoscere personalmente, ma che riempiono i nostri ospedali o abitano le nostre case.

Costoro, lo sappiamo, pur essendo già molti, non esauriscono tutte le sofferenze che ci affliggono e ci fanno piangere.

Penso ai familiari di quanti sono colpiti dalla malattia: mogli, mariti, figli, genitori, parenti …

Penso a quei giovani che vivono l'umiliazione di non sentirsi utili e apprezzati nella società e sperimentano la fatica di non trovare un lavoro che dia loro sicurezza e dignità e a quegli anziani che si sentono inutili, soli ed abbandonati.

Penso alla sofferenza di chi è in condizioni di grande povertà e miseria, cosa che si sta acuendo in questi tempi di grande recessione economica.

Ma penso anche a chi pur essendo nel benessere materiale sperimenta una grande povertà di vita, perché ha il cuore ferito o stenta a sentirsi amato oppure si trova in una condizione di aridità o vuoto spirituale.

Non sono che alcuni esempi delle tante sofferenze che ci attanagliano.

Esse non si possono cancellare con un colpo di spugna, ne si può fingere che non ci siano o che, in qualche modo, troveranno soluzione in questa vita terrena.

Alla luce però della passione di Cristo si schiude per noi una nuova possibilità, quella di vivere queste sofferenze e persino la morte nella compagnia di Gesù.

Nella fede in quel Gesù che è venuto, ha patito ed è morto « per noi uomini e per la nostra salvezza », noi sappiamo che non c'è più nessun uomo che soffra o muoia da solo.

Egli sa che vive la sua sofferenza in compagnia di Gesù.

Dipende da noi il saperci radicare, con fiducia e semplicità, su questa certezza: anche nel dolore e nella morte, Gesù ci è sempre vicino e noi possiamo mantenerci abbracciati a Lui confidando nel suo amore e nel suo conforto.

La contemplazione dell'amore di Cristo che arriva a donare tutto se stesso, nella sua passione e morte, deve produrre in noi cristiani un appello che diventa impegno a riconoscere quello stesso Gesù nei poveri, nei malati, nei carcerati e in ogni uomo sofferente o umiliato dalla vita.

È con questi fratelli sofferenti che Gesù si è voluto identificare, come ci spiega Egli stesso nel capitolo venticinque del Vangelo di Matteo.

La nostra Chiesa torinese è già molto capace, per tradizione, di farsi vicina alle persone più emarginate e povere.

Sarebbe comunque un bel passo avanti nella qualità della nostra vita di fede se in questo anno3 ciascuno di noi crescesse nella capacità di vedere le situazioni precarie di tante persone per decidere di prendersi cura delle necessità e delle sofferenze di chi ci è prossimo.

Questo è un invito che rivolgo ai singoli ma anche a tutte le nostre comunità cristiane, perché se sono preziosi i gesti personali di solidarietà sono ancora più incisive le iniziative di vicinanza ai fratelli sofferenti realizzate coinvolgendo tutta una comunità parrocchiale.


1 Nell'originale: « Il prossimo anno essa verrà ecc. »

2 Nell'originale: « Quando guardiamo Gesù Bambino e lo accostiamo, nella fede, al volto della Sindone, ecc. »

3 Nell'originale: « a cominciare da questo tempo di Avvento e Natale, ciascuno ecc. »