Io ho scelto voi

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Il nostro futuro nelle scelte di oggi

Dio ci ha rivelato in Gesù un grandioso progetto di vita.

Con il dono del suo Spirito ci ha offerto la forza per realizzarlo.

Se ci lasciamo guidare dallo Spirito di Dio, abbiamo già la capacità di vivere come suoi figli.

Scopriremo fin d'ora le vie della vita e della pace: "I desideri dello Spirito portano alla vita e alla pace" ( Rm 8,6 ).

Gusteremo nella nostra giornata terrena, i frutti di questo Spirito: "amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé" ( Gal 5,22 ).

Vedremo la nostra vita assomigliare sempre più a quella di Cristo, il nostro cuore assumere i suoi stessi sentimenti ( Fil 2,5 ).

Saremo già creature nuove.

Il rischio più grave è che ci sia in noi l'atteggiamento del "già visto": credere d'aver già conosciuto Gesù, d'aver già provato che cosa voglia dire accoglierlo.

C'è un tempo dell'anno liturgico in cui la Chiesa ci invita ad educarci all'attesa e all'accoglienza.

È il tempo d'Avvento e di Natale, in cui si celebra la venuta del Signore nel passato e ci si apre all'attesa della sua venuta futura e finale.

Ciò che abbiamo conosciuto di lui è così poco, che ogni nuovo incontro, ogni nuova venuta sarà una sorpresa, come scoprirlo nuovamente; sempre, per tutta la vita.

Fino al giorno in cui lo vedremo faccia a faccia.

Il cielo, che speriamo come luogo della nostra realizzazione piena, è cominciato a fiorire su questa terra.

Certo, questa assoluta novità di vita noi la sperimentiamo nei limiti di una storia ancora carica di debolezze, esposta al dolore e alla morte, sotto l'influenza del peccato e delle sue disastrose conseguenze personali e sociali.

Il peso di questi condizionamenti potrà a volte crearci momenti di oscurità e di difficoltà, ma non dovrà farci disperare.

Nella luminosità della fede, abbiamo la certezza di costruire, già dentro questo mondo opaco e passeggero, qualcosa che durerà per sempre.

Ogni passo mosso su questo cammino non sarà l'ultimo.

Ogni realizzazione resterà aperta ad altri esperimenti e tentativi.

I tratti però di quello che sarà l'esito definitivo della nostra vita si vanno già delineando attraverso le nostre scelte di oggi: "Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male" ( 2 Cor 5,10 ).

Alla libertà umana è misteriosamente possibile anche rifiutarsi al grandioso progetto di Dio, per vivere i propri miopi e vani progetti.

È possibile chiudersi alla potenza divina dello Spirito, per affidarsi orgogliosamente alle proprie capacità deboli e limitate.

Il peccato radicale di costruirei la vita da soli, chiudendoci a Dio e agli altri, di edificarla con le nostre mani, senza la forza dell'amore che viene da Dio e dai fratelli, ci espone al pericolo della morte.

Le scelte di peccato rendono vana già da ora la possibilità di una vita piena e gioiosa.

Al di là di una maschera superficiale, emerge l'egoismo, la divisione, l'ingiustizia, la schiavitù interiore, l'ombra della solitudine estrema.

Possiamo già accorgerci che non aprirsi all'amore è votare la nostra esistenza a una morte, che può alla fine diventare eterna.

"Chi non rimane in me – dice il Signore – viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano" ( Gv 15,6 ).

Alla fine della vita l'incontro con il Signore svelerà a ciascuno la verità sulla propria vita: sarà il giudizio su come avremo amato lui e i fratelli ( Mt 25,31-46 ).

La speranza di vita manifestatasi in Gesù e aperta dal dono dello Spirito ha reso il nostro tempo e le nostre decisioni cariche di possibilità e di conseguenze eterne.

Essere in tutto graditi al Signore

È Gesù il senso ultimo della storia.

Verso la sua persona e il suo avvento alla fine dei tempi va orientata la vita di ogni uomo: sudi lui occorre confrontarsi nelle scelte di ogni giorno.

"Uniti a Cristo nella Chiesa e segnati dal sigillo dello Spirito Santo "che è caparra della nostra eredità" ( Ef 1,14 ), con verità siamo chiamati, e lo siamo, figli di Dio, ma non siamo ancora apparsi con Cristo nella gloria, nella quale saremo simili a Dio, perché lo vedremo qual è.

Pertanto, "finché abitiamo in questo corpo siamo esuli lontani dal Signore" ( 2 Cor 5,6 ) e avendo le primizie dello Spirito, gemiamo dentro di noi e bramiamo di essere con Cristo.

Dalla stessa carità siamo spronati a vivere più intensamente per lui, che per noi è morto e risuscitato.

E per questo ci sforziamo di essere in tutto graditi al Signore e indossiamo l'armatura di Dio per potere star saldi contro gli agguati del diavolo e tener fronte nel giorno cattivo.

Siccome poi non conosciamo né il giorno né l'ora, bisogna, come ci avvisa il Signore, che vegliamo assiduamente, affinché, finito l'unico corso della nostra vita terrena, meritiamo con lui di entrare al banchetto nuziale ed essere annoverati fra i beati, né ci si comandi, come a servi cattivi e pigri, di andare al fuoco eterno, nelle tenebre esteriori dove "ci sarà pianto e stridore di denti" ( Mt 22,23 ).

Prima infatti di regnare con Cristo glorioso, noi tutti compariremo "davanti al tribunale di Cristo, perché ciascuno ritrovi ciò che avrà fatto quando era nel suo corpo, sia in bene che in male" ( 2 Cor 5,10 ), e alla fine del mondo "ne usciranno, chi ha operato il bene a risurrezione di vita, e chi ha operato il male a risurrezione di condanna" ( Gv 5,29 )". ( Lumen gentium, 48 )

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