Comunione, comunità e disciplina ecclesiale

Indice

Capitolo III - Fonti e strumenti della Disciplina Ecclesiale

I. Vicenda storica e significato della disciplina ecclesiale

50. - Abbiamo già considerato il primo formarsi della disciplina ecclesiale nell'esperienza di vita della Chiesa nascente ( cfr Cap. I ).

Dall'epoca post-apostolica in poi, l'esigenza che la comunità ecclesiale ha di crescere, in modo da edificare se stessa nella comunione, ha provocato un progressivo sviluppo sia nell'organizzazione istituzionale che nella legislazione della Chiesa, ferma restando quella struttura essenziale che è di origine divina, poichè proviene da Cristo Signore e fondatore della Chiesa.

Le fonti di questa progressiva articolazione sono i Concili, i Sinodi, i rescritti pontifici, le disposizioni episcopali; ma anche l'esperienza dell'intero popolo di Dio, che dà forma a comportamenti stabili e diventa leggittima consuetudine.

Nasce a poco a poco anche quell'originale fenomeno di "ordinamento comunitario" che è la disciplina della vita consacrata nelle sue varie forme.

La vicenda stessa del rapporto della Chiesa con la comunità politica concorre a farne crescere la dimensione istituzionale e il patrimonio disciplinare.

In questo cammino storico emerge l'esigenza di una riflessione sistematica sul diritto della Chiesa, che va intanto ordinandosi nelle prime raccolte organiche.

La recente promulgazione del nuovo Codice di Diritto canonico per la Chiesa latina è il segno emblematico di questo ininterrotto processo di autoconfigurazione disciplinare, proprio della vita e della crescita della Chiesa.

51. - Da un'attenta considerazione di questi sviluppi si può concludere che l'ordinamento istituzionale e disciplinare della Chiesa nasce dall'esigenza della fedeltà alla missione che Cristo le ha affidato e quindi, in definitiva, dall'urgenza della salvezza degli uomini, "che nella Chiesa deve essere la legge suprema".44

Dalla storia della Chiesa si rileva inoltre che ogni autentico rinnovamento nella sua vita è partito indubbiamente dal "rinnovamento del cuore", ma si è tradotto anche in un rinnovamento della disciplina e in un aggiornamento delle sue forme.

Tale rinnovamento è richiesto da un lato dalla perenne "riforma", cui è tenuta la comunità ecclesiale per mantenersi fedele alla sua divina origine e missione, dall'altro dalla necessità di tener conto delle mutevoli circostanze sociali e culturali in cui essa opera.

Si comprende, perciò, come sia normale che le forme istituzionali e le disposizioni normative della Chiesa mutino e si rinnovino nel tempo, pur rimanendo costantemente sotto il giudizio della Parola di Dio e in continuità con la Tradizione ecclesiale.

II. Il nuovo Codice di Diritto Canonico

52. - Il tempo della Chiesa che stiamo vivendo è tempo di grande rinnovamento, che tocca anche la disciplina ecclesiale.

Ciò spiega perchè la Chiesa latina abbia rinnovato la sua legislazione generale, con l'entrata in vigore del nuovo Codice di Diritto Canonico, avvenuta il 27 novembre 1983.

Esso si sostituisce al Codice del 1917 e intende tradurre in norme generali concrete, precise, organiche i grandi valori e le autorevoli direttive che il Concilio Vaticano II ha proposto alla riflessione e alla vita della Chiesa.

Merita perciò di essere ampiamente conosciuto, seriamente studiato, fedelmente applicato, sempre nella luce dell'insegnamento complessivo del Concilio Vaticano II, che ne costituisce - come il Papa stesso ha ricordato - il fondamentale criterio di interpretazione.45

In questo modo si dà prova di prendere sul serio le disposizioni conciliari, senza interpretazioni arbitrarie e al di là di riduzioni o di enfatizzazioni di comodo.

53. - Ci pare doveroso proporre all'impegno di tutti alcune indicazioni:

- una conoscenza almeno sintetica del significato e delle linee essenziali del Codice di Diritto canonico dovrebbe far parte di una completa e matura catechesi per i giovani e per gli adulti, con qualche opportuno sviluppo per coloro che sono chiamati a vivere speciali responsabilità nella Chiesa ( preparazione ai matrimonio e alla famiglia, responsabilità educative, compiti di insegnamento, esercizio di ministeri );

- uno studio più approfondito è richiesto nelle scuole di formazione qualificata, dagli Istituti di scienze religiose sino ai Seminari teologici;

così pure una particolare conoscenza degli aspetti specifici che li riguardano va assicurata a quanti operano in settori della pastorale di una certa complessità ( consigli pastorali e per gli affari economici, collaborazione nelle curie diocesane e negli Istituti per il sostentamento del clero, consulte pas torali );

- deve essere favorito l'approfondimento teologico e scientifico del nuovo Codice nelle Facoltà teologiche; e le diocesi e le famiglie religiose non dovrebbero mancare di preparare sacerdoti, religiosi e religiose, laici, esperti nel diritto della Chiesa, anche per assicurare una recezione nelle Chiese particolari e negli Istituti di vita consacrata che sia nello stesso tempo illuminata e sicura.

III. La legislazione delle Chiese particolari

54. - Dopo il Concilio è cresciuta in Italia la consapevolezza del valore della Chiesa particolare, in stretto collegamento con il "senso della Chiesa cattolica".

In conformità alle disposizioni generali della Chiesa universale, le nostre Chiese particolari, attraverso i Sinodi, le Commissioni, i Consigli e altre forme di partecipazione, non hanno esitato a darsi, negli ambiti di loro competenza e sotto la guida dei Vescovi, nuove strutture e nuove norme.

Con apertura alle molteplici urgenze presenti nel contesto nel quale vivono, esse stanno così riprendendo l'abitudine di darsi una propria disciplina.

Si pensi

agli adattamenti in campo liturgico,

alla riorganizzazione della catechesi,

alla disciplina degli itinerari sacramentali,

all'organizzazione sempre più partecipata delle strutture diocesane e parrocchiali,

al rinnovamento dei servizi della carità,

alle innovazioni che hanno fatto seguito al nuovo Concordato tra la Santa Sede e l'Italia in materia di insegnamento della religione nella scuola, di sostentamento del clero e di amministrazione dei beni axlesiastici.

55. - Come è noto, l'esercizio della potestà legislativa nelle Chiese particolari compete ai singoli Vescovi.46

Non ci nascondiamo la grave responsabilità che questo esercizio comporta, ma ci conforta sapere che nella Chiesa tutti i fedeli "in modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa".47

Nella formulazione delle leggi sarà nostro dovere promuovere il dialogo il più ampio possibile, così da leggere e interpretare insieme, sotto la guida dello Spirito, il disegno di Dio sulla vita delle nostre comunità.

Siamo convinti che si debba arrivare alla promulgazione delle leggi e alle successive necessarie modificazioni attraverso un cammino di comunione, assicurando sia la partecipazione attiva della comunità, sia il servizio di guida e di governo dei Pastori, a cui spetta deliberare.

56. - Uno degli strumenti più qualificati che la tradizione ci ha consegnato, allo scopo di progettare insieme, Pastori e fedeli, le vie che le nostre Chiese devono percorrere per realizzare la missione a cui sono chiamate, è il Sinodo diocesano.

Esso è una particolare assemblea di fedeli i quali, mentre celebrano il Signore che si fa presente nella Parola, nell'Eucaristia e nella comunità stessa adunata nel suo nome, si lasciano illuminare dal suo Spirito per discernere le vie più adatte e i comportamenti più opportuni per servire il Signore e costruire il suo Regno tra gli uomini in un determinato contesto.

In ragione del suo ufficio, solo il Vescovo diocesano è il legislatore del Sinodo, colui che dà vigore alle sue dichiarazioni e decreti.48

Il discernimento che si compie nel Sinodo può sfociare infatti nella statuizione di norme vincolanti anche giuridicamente, che vengono a costituire il patrimonio disciplinare della Chiesa particolare.

Esso godrà di una certa stabilità, per essere ripreso e aggiornato di Sinodo in Sinodo.

IV. La normativa della Conferenza Episcopale Italiana

57. - Uno strumento di espressione e di promozione della comunione della Chiesa in Italia è la Conferenza Episcopale Italiana.

Essa ha il compito di promuovere l'azione concorde dell'Episcopato italiano, in speciale sintonia con il successore di Pietro, Vescovo di Roma e Primate d'Italia favorendo "l'affetto collegiale, la comunione fraterna e la formazione permanente dei Vescovi" e stimolando "l'azione concorde e la collaborazione tra le Chiese particolari, perchè possano meglio adempiere la loro missione".49

Dopo oltre vent'anni dalla sua costituzione, essa si pone ormai come un importante punto d'incontro, di dialogo, di comune lavoro dei Vescovi e delle Chiese che essi rappresentano.

58. - Tra le funzioni pastorali che i Vescovi italiani attuano congiuntamente nella Conferenza Episcopale, vi è anche quella legislativa, attribuita alla competenza della Conferenza medesima dal Codice di Diritto canonico e dalle disposizioni concordatarie.

Il suo esercizio ha prodotto un corpo di norme ormai notevolmente sviluppato, che regola in forma impegnativa alcuni ambiti delle relazioni comunitarie, con efficacia per tutte le Chiese che sono nel territorio nazionale.

È di grande importanza tradurre in comportamenti concreti le linee di questa legislazione della C.E.I., promuovendo così la comunione ecclesiale, a un livello particolarmente significativo perchè nazionale.

In una società come quella italiana che, senza negare la diversità delle culture e delle situazioni, ricerca un'unità più dinamica e indirizzi convergenti di soluzione per i grandi problemi, la Conferenza Episcopale si propone come figura concreta dell'unità della Chiesa, che concorre, a suo modo, a far crescere quella del popolo italiano, nel rispetto delle legittime diversità e autonomie.

V. Le nuove disposizioni concordatarie

59. - Un ulteriore strumento che concorre a definire storicamente il volto della Chiesa in Italia è costituito dagli Accordi di revisione del Concordato Lateranense, sottoscritti il 18 febbraio e il 15 novembre 1984.

Essi hanno aperto una nuova stagione dei rapporti della Chiesa con la comunità politica nel nostro Paese e hanno profondamente rinnovato il quadro normativo entro il quale quei rapporti si svolgono.

Siamo convinti che in Italia la presenza di un Concordato si motiva fondamentalmente per due ragioni, non estranee ai grandi valori proclamati dal Concilio: la libertà della Chiesa e la corretta collaborazione tra la Chiesa e la comunità politica.50

- Una Chiesa che, segnata da una storia secolare, presenta una fisionomia fortemente strutturata, ricca di articolazioni organizzative e di iniziative pastorali, non può trovare la possibilità di esprimersi compiutamente secondo il proprio volto e le proprie esigenze in un semplice ordinamento di diritto comune, ma ha bisogno di una disciplina "speciale", anche se non "priviligiaria".

- Una Chiesa che vive l'inscindibile connessione tra evangelizzazione e promozione umana non può non ricercare forme e strumenti concreti di collaborazione con la comunità politicamente organizzata dentro la quale esiste, al fine di assicurare "la promozione dell'uomo e il bene del Paese", come programmaticamente dichiara l'art. 1 del nuovo Concordato.

60. - Le norme concordate, che hanno nello stesso tempo efficacia civile e valore di legge canonica particolare per la Chiesa in Italia, chiedono di essere attuate in forma completa e concreta, anche mediante la stipulazione delle necessarie ulteriori intese, e di essere osservate con reciproca lealtà e chiarezza.

Per la Chiesa in Italia il Concordato rappresenterà negli anni a venire una sfida e nello stesso tempo una grande occasione di crescita.

Esso rende la nostra Chiesa piu libera e perciò più responsabile.

Le apre grandi possibilità di presenza, ma le toglie ogni automatica garanzia.

La tocca anche in talune garanzie di tipo economico, che erano il portato di antiche vicende e di diverse situazioni, e la "costringe" a ritrovare innanzitutto in se stessa l'assicurazione delle risorse necessarie all'esercizio molteplice della sua missione, confidando in quel "centuplo" evangelico che non è promessa retorica o impossibile utopia, ma esperienza e segno di una comunità che si apre alla logica del Regno di Dio.

Indice

44 C.I.C., can. 1752.
45 Cfr Giovanni Paolo II, Cost. Ap. Sacrae disciplinae leges
46 Cfr C.I.C., can. 391.
47 C.I.C., can. 212, par. 3.
48 Cfr C.I.C., can. 466.
49 C.E.I., Statuto, C.E.I., art. 3, par. 1.
50 Cfr Dignitatis humanae, 13;
Gaudium et spes, n. 76.