Uomini di culture diverse: dal conflitto alla solidarietà

Indice

Capitolo III - Dall'indifferenza e conflittualità alla solidarietà

27. - Dalla comprensione all'educazione

Individuati alcuni criteri direttivi per una convivenza rinnovata, ci chiediamo per quali vie accogliere nelle nostre comunità queste istanze, come affrontare queste novità.

L'impegno, faticoso e complesso, di fronte alle nuove forme di convivenza e di corresponsabilità esige non solo una revisione di strutture e di leggi, ma anche l'acquisizione di una mentalità rinnovata da parte della nostra gente, affinché, superando pregiudizi e abitudini antiche, sappia affrontare il nuovo con lungimiranza e capacità creativa.

La convivenza con persone e gruppi di razza e cultura diverse può essere occasione di crescita in forza degli apporti che offre non solo agli immigrati, ma anche agli stanziali; può essere però anche motivo non solo di conflitto ma di regressione, per gli atteggiamenti indifferenti che può suscitare verso i valori morali e religiosi.

Il dialogo con altre identità culturali esige infatti una solida maturità personale.

D'altra parte non si può coltivare la crescita morale e culturale di sé e del proprio gruppo senza dialogare con gli altri.

28. - La prima risposta al mondo nuovo che sta nascendo dev'essere la sua comprensione.

Comprensione sia del fenomeno in cui siamo coinvolti, sia di noi che entriamo in relazione con esso.

E questo si compie dialogando con pazienza con gli altri, conoscendo la loro storia, approfondendo le ragioni della propria cultura e della propria fede.

La comprensione impedisce che le reazioni siano cieche, che il confronto e il dialogo siano emotivi o tattici, rende più motivata la fedeltà alla propria storia, aiuta a discernere l'importante dal secondario.

È un impegno che riguarda sia gli stanziali che gli immigrati.

Per esso devono mobilitarsi tutte le forze sociali e i mezzi di comunicazione sociale; richiede tempo e mezzi, e tra questi anzitutto la conoscenza della lingua locale.

Il capire sé e gli altri è importante, ma è solo il primo passo per un incontro proficuo tra "diversi".

È necessario che le nostre comunità e gli stessi immigrati siano educati ad affrontare la realtà sociale che si va costituendo.

29. - Educare all'identità, al dialogo e alla solidarietà

L'educazione è un atto di amore attivo verso gli altri, per cui non solo li riconosciamo, li accogliamo, ma li aiutiamo anche ad essere sempre più profondamente se stessi, vale a dire coscienti, liberi, coerenti.

E poiché ogni uomo ha una sua storia, cultura, delle proprie relazioni parentali, d'amicizia, etniche, religiose, educare una persona, una gruppo, significa aiutarli a crescere nella propria identità storica e culturale.40

Più si accelera la storia, più rapidamente cambiano le condizioni di vita, più si intensifica la trama dei rapporti, e più acquista importanza disporre i singoli e le comunità al futuro che viene avanti.

30. - L'educazione, servizio alla crescita dell'identità di ciascuno, si compie costantemente nel rapporto, nell'ascolto, nel dialogo.

Noi cristiani crediamo che l'uomo viene all'esistenza per la chiamata di Dio.

Una chiamata che lo mantiene in vita.

Questa chiamata, questo rapporto, assumono poi mille espressioni e volti diversi nell'esistenza di ciascuno, da quelli dei genitori a quelli degli amici, a quelli delle persone che incontriamo nella vita.

L'uomo vive, cresce e si sviluppa in dialogo.

Da quello fondamentale con Dio a quello con gli altri uomini.

L'identità permette al dialogo di non dissolversi nell'appiattimento anonimo di una somma di notizie, e impedisce che un interlocutore venga dominato dalla cultura dell'altro.

Un problema che si pone particolarmente a livello religioso.

Di fronte ai capi di varie religioni Giovanni Paolo II ha ricordato a Jakarta nell'ottobre del 1989 varie forme di dialogo: di vita, delle azioni, dell'esperienza religiosa, e della condivisione con gli altri del dono della conoscenza della verità rivelata.41

Il dialogo permette alla persona di condividere la condizione del prossimo e contemporaneamente di crescere nella comprensione degli altri e di sé, e di prestare aiuto alle persone che si incontrano nella vita.

Così la "diversità" da potenziale antagonismo può divenire sorgente di arricchimento e di crescita.42

L'educazione al dialogo per noi credenti parte dalla stessa paternità di Dio, per cui, come insegna il Concilio Vaticano II, "non possiamo invocare Dio Padre di tutti, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni".43

31. - Dal convincimento che ogni uomo è portatore di valori e nello stesso tempo è limitato, che cresce e fa crescere nel suo rapporto con gli altri, e soprattutto che siamo tutti figli dello stesso Padre, scaturisce l'esigenza della solidarietà umana.

Essere solidali non significa favorire l'integrazione di singoli o di gruppi "diversi" nel proprio processo di sviluppo, né solo elargire beni e servizi, ma lasciarsi coinvolgere dalle ricchezze e dalle povertà degli altri, sapendo comprendere, accogliere, collaborare.

Una educazione che inizia fin dai primi anni della vita, che richiede un comune riferimento di valori, che esige il superamento di una concezione gelosamente privatistica dei propri beni e della stessa propria esistenza, che domanda di saper guardare oltre gli stretti confini del proprio paese.

32. - Questo processo educativo che, partendo dalla conoscenza reciproca, punta alla cura dell'identità, del dialogo, della solidarietà, non si compie soltanto parlando, scrivendo, ma anche e soprattutto operando.

Non c'è solo il dialogo della parola, ma anche quello del gesto; non c'è solo l'identità dichiarata, ma anche quella mostrata con la vita, con il comportamento.

La solidarietà non è solo discorso sugli altri, ma anche esperienza d'incontro, di attenzione, di collaborazione, d'ascolto, di aiuto.

Per questa via concreta, complessa, deve avvenire l'educazione degli accoglienti e degli accolti, degli stanziali e degli immigrati.

Anzi, è avviandosi per questa via esperienziale che la solidarietà con i "diversi" trova le sue prospettive future.

33. - Gradualità di un cammino

Nell'educazione all'identità, al dialogo, alla solidarietà, vi è un costante rapporto reciproco, per cui queste tre dimensioni della persona e dei gruppi crescono e si rafforzano insieme, e perciò vanno coltivate contemporaneamente.

Esse però non solo crescono insieme, ma anche gradualmente.

Contrasta con questa gradualità di un cammino la rapida immissione nel nostro territorio di numerosi immigrati.

Di fronte ad una tale emergenza è necessario che si sappia rispondere con una proporzionata mobilitazione delle forze sociali e politiche dell'intera nazione.

Non va però dimenticata la necessità di regole e di tempi adeguati per l'assimilazione di questa nuova forma di convivenza, perché l'accoglienza senza regole non si trasformi in dolorosi conflitti.

Sia il rifiuto del "nuovo" come il suo accoglimento non organizzato sono spesso, alla fine, motivo di ritardi storici.

34. - La solidarietà in famiglia

L'ambiente in cui l'uomo inizia la sua esperienza del complesso rapporto tra identità e dialogo, è chiamato a compiere i primi passi di solidarietà e prova le prime difficoltà nei rapporti umani, il luogo nel quale vengono mediate le varie tensioni della società e la persona riceve la sua prima educazione alla convivenza sociale, è la famiglia.

La forte disomogeneità culturale e le spinte alla disgregazione che caratterizzano la situazione sociale odierna, si riflettono nella vita dei singoli componenti la famiglia, inducendo tensioni, mettendo per esempio in discussione i tradizionali ruoli della donna-madre e dell'uomo-padre.

Il rapido mutamento dei costumi, dello stile di vita, nonché dei riferimenti valoriali, fanno si che i genitori e i figli trovino a fatica un comune terreno d'intesa.

D'altra parte la famiglia è il luogo d'incontro di più generazioni, di professioni diverse e motivo del vario impegno dei suoi membri, e di esperienze sociali molteplici; essa è la comunità dove più si fa memoria del passato e insieme ci si apre al futuro in forza dei figli che crescono.

La famiglia risulta così come il "crogiuolo" in cui si ripercuotono tutte le variazioni e le tensioni della società, e insieme dove questa continuamente ricomincia.

Così la sua coesione, la sua solidarietà non sono mai un frutto automatico, ma una continua, faticosa conquista,44 che esige un contributo educativo di tutti i suoi membri.45

Essa può contribuire in maniera decisiva al senso della continuità, dell'identità e dell'accoglienza degli uomini nella società contemporanea.

35. - La solidarietà della famiglia

La famiglia, chiamata a trasmettere e ad educare la vita, deve inoltre, coerentemente, impegnarsi in prima persona ad essere strumento di accoglienza nei confronti di persone che provengono da altri paesi.

Tra i numerosi problemi che si profilano al riguardo, tre appaiono immediatamente evidenti.

Il primo è connesso con il largo utilizzo di collaboratrici domestiche provenienti dai paesi in via di sviluppo: la famiglia italiana non può non interrogarsi se ha sempre e in modo adeguato assicurato oppure ostacolato significativi rapporti tra la donna lavoratrice, suo marito e i suoi figli.

Un secondo problema è connesso con il dilagare delle adozioni internazionali.

Il desiderio di avere un bambino, difficilmente reperibile sul territorio italiano, porta molte coppie a cercarlo sul "mercato" straniero.

E non sempre si seguono strade limpide e legali, anzi a volte si utilizzano mezzi illeciti, giustificandosi con l'autoconvincimento di avere fatto un'opera di bene perché si è sottratto comunque un bambino ad una morte sicura nel suo paese.

Ma anche il bambino straniero ha dei diritti che devono essere rispettati.

La famiglia adottante è spesso tentata, per sentirlo più suo, di imporre sul bambino una "maschera bianca" e cioè di negare sostanzialmente la sua origine, il suo precedente vissuto, di convincerlo di essere bianco, il che comporta una costruzione distorta della sua identità e quindi una limitazione della sua reale socializzazione e insufficienti meccanismi difensivi per il successivo adattamento alla realtà.

Un terzo problema è dato dalla capacità della famiglia italiana ad aprirsi ad una reale accoglienza dei figli di immigrati stranieri che siano impossibilitati a rimanere nella propria famiglia.

36. - È ormai riconosciuto da tutti che il ragazzo ha bisogno di un ambiente familiare per poter crescere in umanità e che l'istituto educativo, anche il migliore, non può dare quella sicurezza interiore, quella esperienza di un dialogo interpersonale, quella ricchezza di rapporti stimolanti che soli consentono la costruzione di personalità strutturate, non passive né ribelli.

Se ciò è vero per il ragazzo italiano, lo è ancor di più per il ragazzo straniero che maggiormente ha bisogno di trovare radici e un "humus" favorevole per sviluppare una identità e realizzare un processo di socializzazione adeguati, e che deve vedere facilitato al massimo il suo rapporto con i genitori.

Poiché invece le difficoltà ( lavorative ed abitative ) degli immigrati sono rilevanti, molti ragazzi che non possono vivere con i propri genitori vengono ricoverati in istituti assistenziali, certamente meritori perché comunque danno una risposta ad esigenze di mantenimento di un minimo di contatto tra genitori stranieri e figli, ma non in grado di dare risposte esaustive alla domanda di vita di questi bambini.

La famiglia italiana, che comincia ad aprirsi a quell'importante servizio sociale che è l'affidamento familiare, con vero atteggiamento oblativo, dovrebbe esprimere la sua solidarietà e il suo spirito di reale accoglienza dell'uomo sofferente aprendosi all'affidamento familiare anche dei ragazzi stranieri, sostenendo cosi adeguatamente sia i bambini che le loro famiglie.

E questo non solo per superare un tradizionale familismo che spesso chiude la famiglia nell'egoismo di gruppo, ma anche per sperimentare, e far sperimentare a tutti i suoi membri, la ricchezza di un incontro con uomini di etnie e culture diverse, e per far cadere cosi nella concretezza della vita, pregiudizi radicati e chiusure spesso sterili.

Affinché però le famiglie che con più generosità si aprono al di là dei confini e dei legami di sangue, non si smarriscano di fronte alle difficoltà che incontrano, è importante che si stabiliscano solidarietà efficaci e sincere con le altre famiglie e che sia costante verso di esse l'attenzione della comunità ecclesiale.

37. - La scuola

Un altro luogo fondamentale per l'educazione degli uomini è costituito dalla scuola.

In essa i ragazzi fanno anzitutto l'esperienza di una prolungata e quotidiana vicinanza tra persone diverse per origine e per estrazione sociale, messe insieme da un comune interesse: imparare, crescere, acquistare pienezza di umanità.

La loro giovane età, senza una lunga storia personale dietro le spalle e particolari ruoli nella società, li fa disponibili all'incontro con altri ragazzi, indipendentemente dalla loro razza, specialmente se gli insegnanti e le famiglie sanno accogliere tutti con uguale attenzione e favorire un clima di fraternità.

Si tratta di una esperienza di convivenza che può iniziare già in giovanissima età e che, se viene bene impostata, potrà preparare positivamente il futuro dei giovani quando questi si troveranno a vivere tra gente di razza e provenienza diverse.

Nella scuola i ragazzi possono fare non solo una esperienza di convivenza tra "diversi", ma anche ricevere una educazione al riconoscimento del valore della persona, indipendentemente dalla sua provenienza, cultura, religione.

E ciò in particolare nello studio della storia, dell'etnologia, dell'arte, cercando di comprendere comportamenti, culture, espressioni di vita e di arte partendo da chi li compie e non da modelli culturali ad essi estranei.

Nella scuola ha poi un ruolo particolarmente significativo l'insegnamento della religione.

Essa fa parte della profonda identità di un popolo, ne ispira i comportamenti, i costumi, le espressioni culturali ed artistiche.

Ignorarla significa non comprendere a pieno un popolo.

Le grandi religioni monoteistiche, offrendo la visione di un Dio creatore e salvatore dell'uomo, sottolineano le ragioni di una fraternità tra tutti gli uomini.

Nel caso del cristianesimo e del cattolicesimo, religione di grandissima parte degli italiani, la fraternità degli uomini si presenta quale insegnamento centrale.

Per questi motivi, la scuola, fedele a se stessa, può educare a comprendere le ragioni degli altri, ad approfondire le proprie, a convivere con persone di estrazione sociale e razziale diverse e quindi a disporre i nostri ragazzi alla società multiculturale che sta sorgendo.

Accanto alla scuola va poi ricordato il ruolo educativo e culturale rappresentato dalle varie editorie.

38. - I mezzi di comunicazione sociale

Una nuova forma di insegnamento si va sempre più diffondendo tra gli uomini, entra nelle case, compete con la scuola, insegna per la strada, nei bar: i mezzi di comunicazione sociale.

L'uomo ne è circondato tutto il giorno.

Non c'è realtà che si sottragga al loro servizio informativo, al loro giudizio critico, manifesto oppure occulto.

Gran parte dei fatti che accadono, delle parole che vengono dette, l'uomo li vede, ascolta e valuta, con gli occhi, le orecchie, i criteri di giudizio di questi strumenti.

I mass media possono informare sull'ambiente donde viene un popolo, sulla sua mentalità, sulle sue tradizioni e sulla sua cultura; possono mostrare incontri e scontri nel suo impatto con il nostro paese.

Possono dilatare le notizie oppure restringerle, mostrare come amico o come nemico un gruppo, una categoria, una popolazione.

Coloro che dispongono dei mass media hanno un ruolo determinante nella formazione dell'opinione pubblica, nel creare comprensione reciproca oppure dissensi e conflitti.

I mezzi di comunicazione sociale sono diventati, con la loro diffusione, con il loro potere suggestivo, i grandi educatori della mentalità popolare.

In un mondo che tende a farsi sempre più multirazziale e pluriculturale, i mezzi di informazione hanno un ruolo decisivo per l'accoglienza o per il rifiuto reciproco.

Per evitare il pericolo che essi diventino strumenti di parte è necessario che non finiscano concentrati in poche mani.

La televisione, la radio, il giornale devono riflettere i problemi reali del paese nella varietà delle loro sfaccettature.

Ma perché ciò avvenga occorre che vi sia un'effettiva libertà di informazione, che sia data voce non solo ai ricchi e ai potenti, ma anche ai poveri e alle minoranze.

39. - Le parrocchie e le associazioni

Tra i vari soggetti che hanno un ruolo importante nell'educazione alla convivenza tra persone "diverse" hanno un particolare rilievo la parrocchia e le associazioni cattoliche.

La parrocchia è una comunità legata insieme da un'unica fede, da un riferimento morale e religioso comune, da una propria unitaria organizzazione locale, da un comune territorio, in cui si incontrano e vivono persone di età, cultura, condizione sociale diverse.

La varietà dei suoi componenti che convivono nello stesso territorio, che partecipano alle feste religiose nella stessa chiesa, sollecita ogni giorno la conoscenza e l'accoglienza reciproche.

Iniziative religiose, caritative, di educazione e catechesi, ricreative, favoriscono l'incontro e la collaborazione anche tra persone "diverse".

In forza della sua unità morale e della varietà dei suoi componenti, la parrocchia può mobilitare piccoli e grandi, persone anche di razza diversa per comuni gesti di accoglienza e di solidarietà.

Per questo, accanto alla famiglia, essa rappresenta una delle prime fondamentali scuole di convivenza umana tra persone e gruppi diversi, occasione propizia per vivere piccoli e grandi gesti di condivisione.

Le associazioni, d'altro canto, se per un verso nel loro interno hanno più omogeneità della parrocchia, nel loro impegno per gli altri si fanno spesso scuola attiva di solidarietà per i più emarginati.

Così, movimenti, associazioni, organismi di volontariato nazionali ed internazionali, enti che si occupano dei problemi della fame, degli immigrati, della pace dell'ambiente, del disarmo, costituiscono spesso dei luoghi privilegiati per l'educazione alla giustizia e l'elaborazione di progetti di cooperazione, dei segni di speranza per il futuro, poiché rappresentano come le avanguardie di un mondo che presto tutti dovranno affrontare.

40. - Le istituzioni pubbliche

Insieme e in collaborazione con i soggetti e le istituzioni ricordati, devono impegnarsi nell'accoglienza degli immigrati stranieri e delle minoranze soprattutto le autorità pubbliche, quali gli amministratori dello stato, delle regioni, dei comuni, i politici, e tutte le altre forze sociali.

Non è sufficiente l'impegno della famiglia, della scuola, dei mass media, della Chiesa, per risolvere un problema di tale rilevanza sociale, che ha così complessi risvolti economici, organizzativi e culturali.

La nuova società che sta nascendo esige anzitutto un aggiornamento culturale, di mentalità, per essere gestita secondo le condizioni dell'umanità contemporanea.

Nello stesso tempo però ha bisogno di strutture, di norme e di mezzi, che solo le istituzioni pubbliche possono fornire, come i servizi sanitari, il lavoro, l'abitazione o zone adeguate di sosta per i nomadi, l'accesso alla scuola.

La legge sull'immigrazione, approvata recentemente dai due rami del Parlamento,46 costituisce un passo avanti nell'impegno da parte del Governo italiano di accoglienza degli immigrati.

Si tratta ora di rendere operative queste norme in modo che non ci si fermi alla semplice affermazione di principio.

Vanno infine favoriti, pur gradualmente, l'accesso degli immigrati, secondo le loro possibilità, alla vita della nostra società47 e l'associazionismo degli stranieri all'interno delle loro etnie di provenienza, perché possano salvaguardare, tra l'altro, la loro cultura originaria.

Indice

40 Cf Gravissimum educationis, n. 1.
41 Cf Giovanni Paolo II, Discorso nell'incontro con i capi religiosi nella sala riunioni del Taman Mini Indonesia Indah.
Questo discorso, nel viaggio apostolico in Estremo Oriente e a Mauritius, riguarda molto direttamente il nostro problema perché era rivolto a persone di religione diversa conviventi nello stesso territorio.
42 Cf Pont. Cons. Per il Dialogo Inter-religioso L'atteggiamento della Chiesa verso i fedeli di altre religioni, 1984.
Il Pontificio Consiglio così parla del dialogo al n. 29 del documento: "Prima di ogni altra cosa, il dialogo è un modo di agire, un atteggiamento e uno spirito che guida la propria condotta; esso comporta interesse, rispetto e ospitalità nei confronti del prossimo".
43 Nostra aetate, n. 5.
44 Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, n. 34:
"L'armonia di mentalità e di comportamento esige non poca pazienza, simpatia e tempo".
45 Cf Ivi, n. 21: "Tutti i membri della famiglia, ognuno secondo il proprio dono, hanno la grazia e la responsabilità di costruire, giorno per giorno, la comunione delle persone, facendo della famiglia una 'scuola di umanità' più completa e più ricca".
46 Questo decreto legge, modificato con la legge di conversione del 28 febbraio 1990 ( cf sopra, nota 16 ), cerca di meglio disciplinare l'ingresso dei cittadini non comunitari e di regolamentare la presenza di quelli già presenti nel territorio dello stato, pur lasciando aperti alcuni problemi.
47 Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, n. 6.