Volto missionario delle parrocchie nel mondo che cambia

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Servitori della missione in una comunità responsabile

12 Il cammino missionario della parrocchia è affidato alla responsabilità di tutta la comunità parrocchiale.

La parrocchia non è solo una presenza della Chiesa in un territorio, ma "una determinata comunità di fedeli",22 comunione di persone che si riconoscono nella memoria cristiana vissuta e trasmessa in quel luogo.

Singolarmente e insieme, ciascuno è lì responsabile del Vangelo e della sua comunicazione, secondo il dono che Dio gli ha dato e il servizio che la Chiesa gli ha affidato.

Si ribadisce così il ruolo del sacerdote, specie del parroco, nel rinnovamento missionario della parrocchia.

Egli è associato al vescovo nel servizio di presidenza,23 e la esercita come "pastore proprio"24 della comunità nel territorio che gli è affidato, mediante l'ufficio di insegnare, santificare e governare.

Il rinnovamento della parrocchia in prospettiva missionaria non sminuisce affatto il ruolo di presidenza del presbitero, ma chiede che egli lo eserciti nel senso evangelico del servizio a tutti, nel riconoscimento e nella valorizzazione di tutti i doni che il Signore ha diffuso nella comunità, facendo crescere la corresponsabilità.

In questi decenni i sacerdoti hanno visto moltiplicarsi i loro impegni.

Ciò è spesso avvenuto senza che venisse ripensato in modo globale e coerente il loro servizio al Vangelo.

Spesso perciò sono affaticati da una molteplicità di impegni che tolgono loro la pacatezza necessaria per svolgere con frutto il proprio ministero e per curare convenientemente la propria vita spirituale.

Il rischio di un attivismo esasperato non può essere trascurato, anche in considerazione della diminuzione delle vocazioni sacerdotali, realtà con cui tutte le diocesi devono fare i conti.

In alcune va affrontata anche la novità di un crescente numero di sacerdoti provenienti da altre nazioni.

Sentiamo di dover esprimere la gratitudine di tutta la comunità cristiana per il servizio prezioso dei nostri preti, reso spesso in condizioni difficili e sempre meno riconosciuto socialmente.

Senza sacerdoti le nostre comunità presto perderebbero la loro identità evangelica, quella che scaturisce dall'Eucaristia che solo attraverso le mani del presbitero viene donata a tutti.

La gratitudine però non basta.

Occorre creare condizioni perché ai nostri preti non manchino spazi di interiorità e contesti di relazioni umane.

Occorre offrire occasioni di vita di comunione e di fraternità presbiterale, iniziative di formazione permanente per sostenere spiritualità e competenza ministeriale.

a è richiesto anche un ripensamento dell'esercizio del ministero presbiterale e di quello del parroco.

Se è finita l'epoca della parrocchia autonoma, è finito anche il tempo del parroco che pensa il suo ministero in modo isolato; se è superata la parrocchia che si limita alla cura pastorale dei credenti, anche il parroco dovrà aprirsi alle attese di non credenti e di cristiani "della soglia".

Anche in questo caso si riparte dal Vangelo, riletto nelle mutate situazioni.

Ai capi della comunità, nel vangelo di Matteo ( Mt 18,12-14 ), la parabola del pastore e della pecora perduta ricorda che per il pastore evangelico il gregge che gli è affidato non è costituito solo dalle pecore vicine ma anche - e allo stesso titolo - da quelle lontane o smarrite.

Al pastore sono richieste la custodia e la ricerca, perché il Padre celeste "non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli" ( Mt 18,14 ).

Il ministero presbiterale deve essere ripensato in questo spirito di servizio comunitario a tutti.

Sono atteggiamenti da coltivare fin dalla formazione nei seminari.

I sacerdoti dovranno vedersi sempre più all'interno di un presbiterio e dentro una sinfonia di ministeri e di iniziative: nella parrocchia, nella diocesi e nelle sue articolazioni.

Il parroco sarà meno l'uomo del fare e dell'intervento diretto e più l'uomo della comunione; e perciò avrà cura di promuovere vocazioni, ministeri e carismi.

La sua passione sarà far passare i carismi dalla collaborazione alla corresponsabilità, da figure che danno una mano a presenze che pensano insieme e camminano dentro un comune progetto pastorale.

Il suo specifico ministero di guida della comunità parrocchiale va esercitato tessendo la trama delle missioni e dei servizi: non è possibile essere parrocchia missionaria da soli.

Soltanto in tale quadro più ampio si possono pensare criteri di ridistribuzione del clero, immaginando la presenza sul territorio di un presbiterio, almeno zonale, dove le varie capacità e inclinazioni vengono esaltate.

Sarà così possibile realizzare anche una valorizzazione delle competenze, un risparmio delle risorse e un riequilibrio dei carichi di lavoro.

Istruttive in tal senso sono le esperienze delle "unità pastorali", come già ricordato.

Si mantenga, per quanto possibile, anche la figura del vicario parrocchiale, ruolo importante nella pastorale giovanile e tirocinio opportuno per assumere in seguito la responsabilità di parroco.

Altrettanto importante è definire gli ambiti ministeriali da affidare ai diaconi permanenti, secondo una figura propria e non derivata rispetto a quella del sacerdote ma coordinata con il suo ministero, nella prospettiva dell'animazione del servizio su tutti i fronti della vita ecclesiale.

Quanto fin qui detto va verificato in ogni singola diocesi, in vista di elaborare proposte realisticamente praticabili e condivise.

Ma la missionarietà della parrocchia esige che gli spazi della pastorale si aprano anche a nuove figure ministeriali, riconoscendo compiti di responsabilità a tutte le forme di vita cristiana e a tutti i carismi che lo Spirito suscita.

Figure nuove al servizio della parrocchia missionaria stanno nascendo e dovranno diffondersi: nell'ambito catechistico e in quello liturgico, nell'animazione caritativa e nella pastorale familiare, ecc.

Non si tratta di fare supplenza ai ministeri ordinati, ma di promuovere la molteplicità dei doni che il Signore offre e la varietà dei servizi di cui la Chiesa ha bisogno.

Una comunità con pochi ministeri non può essere attenta a situazioni tanto diverse e complesse.

Solo con un laicato corresponsabile, la comunità può diventare effettivamente missionaria.

La cura e la formazione del laicato rappresentano un impegno urgente da attuare nell'ottica della "pastorale integrata" e in una duplice direzione.

La prima richiede una formazione ampia e disinteressata del laicato, non indirizzata subito a un incarico pastorale e/o missionario ma alla crescita della qualità testimoniale della fede cristiana.

La seconda esige di promuovere su questo sfondo anche una capacità di servizio ecclesiale, sia in forma occasionale e diffusa sia con impegno a tempo parziale o pieno.

Bisogna peraltro dire con franchezza che non c'è ministero nella Chiesa che non debba alimentarsi a un'intensa corrente di spiritualità e di oblatività.

La Chiesa non ha bisogno di professionisti della pastorale, ma di una vasta area di gratuità nella quale chi svolge un servizio lo accompagna con uno stile di vita evangelico.

La formazione dovrà coprire tutte le dimensioni necessarie per l'esercizio del ministero - spirituali, intellettuali, pastorali -, perché cresca in tutti una vera coscienza ecclesiale.

Forme specifiche di corresponsabilità nella parrocchia sono, infine, quelle che si configurano negli organismi di partecipazione, specialmente i consigli pastorali parrocchiali.

La loro identità di luogo deputato al discernimento comunitario manifesta la natura della Chiesa come comunione.

Essi possono diventare progressivamente lo spazio in cui far maturare la capacità di progettazione e verifica pastorale.

Altrettanto importante è il regolare funzionamento del consiglio per gli affari economici.

Il coinvolgimento dei fedeli negli aspetti economici della vita della parrocchia è un segno concreto di appartenenza ecclesiale: si esprime nel contribuire con generosità ai suoi bisogni, nel collaborare per una corretta e trasparente amministrazione, nel venire incontro alle necessità di tutta la Chiesa mediante le forme attuali del "sovvenire" ( otto per mille e offerte per il sostentamento ).

Una parrocchia che valorizza i doni del Signore per l'evangelizzazione, non può dimenticare la vita consacrata e il suo ruolo nella testimonianza del Vangelo.

Non si tratta di chiedere ai consacrati cose da fare, ma piuttosto che essi siano ciò che il carisma di ciascun istituto rappresenta per la Chiesa, con il richiamo alla radice della carità e alla destinazione escatologica, espresso mediante i consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza.

Questa forma di vita non si chiude in se stessa, ma si apre alla comunicazione con i fratelli.

Ogni parrocchia dia spazio alle varie forme di vita consacrata, accogliendo in particolare il dono di cammini di preghiera e di servizio.

Ne valorizzi le diverse forme, riconosca la dedizione di tante donne consacrate, che nella catechesi o nella carità hanno costruito un tessuto di relazioni che continua a fare della parrocchia una comunità.

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22 Cod. Diritto Can. 515, §1
23 Sacrosanctum Concilium 42
24 Cod. Diritto Can. 519