Chiesa/Confer/Sdomingo/DocL/DocL.txt Documento di lavoro Santo Domingo - Vangelo e cultura della vita 1.0. Dal cuore dei popoli latinoamericani 1 L'Episcopato latinoamericano, convocato dal Santo Padre, si riunirà a Santo Domingo, in spirito di azione di grazia. La IV Conferenza sarà un'occasione propizia per riconoscere e celebrare i doni ricevuti dalla Provvidenza in Gesù Cristo, per accogliere i "segni dei tempi" della storia presente e per affrontare con ardore, speranza e docilità allo Spirito le sfide del futuro prossimo. Nel ricordare i cinquecento anni trascorsi, ci sentiamo invitati a distinguerne luci e ombre e a valutarne il significato per la nuova evangelizzazione, la promozione umana e la cultura cristiana. Dal cuore dei popoli latinoamericani ed esercitando il nostro impegno pastorale con Gesù Cristo, Primo Evangelizzatore e, Egli stesso, Vangelo, vogliamo unire alla riconoscenza piena di ammirazione e gratitudine per tanta bontà del Signore, la richiesta di perdono per le nostre mancanze e l'appello alla riconciliazione. 2 Prima di affrontare le novità della situazione sociale, politica, economica, culturale ed ecclesiale di questi ultimi anni del XX secolo, al fine di proporre opzioni pastorali, illuminati da Colui che "è lo stesso ieri, oggi e sempre", ( Eb 13,8 ) diamo un'occhiata alle radici storiche della realtà che viviamo. Non proponiamo un riassunto della storia della Chiesa in America Latina ne la commemorazione delle personalità che in essa si distinsero. Cerchiamo piuttosto di segnalare quanti, nell'itinerario di nascita e crescita del popolo di Dio in cammino, costituiscono un appello alla coscienza cristiana e cattolica per attraversare l'inizio del XXI secolo con rinnovato impegno e chiara speranza. 3 Le pagine che costituiscono questo "sguardo storico all'evangelizzazione" si prefiggono di essere una memoria evocativa e magari provocatoria affinché il compito centrale della Chiesa sia assunto con "nuovo ardore, nuovi metodi e nuova espressione". 4 Senza ignorare le differenze regionali e i problemi cronologici e tematici in gioco, proponiamo questo sguardo storico seguendo le linee generali: evangelizzazione, promozione umana e cultura cristiana, ma senza rigidità; si può facilmente notare la loro interrelazione. Ugualmente le definizioni relative ai concetti usati saranno precisate più avanti. Qui saranno usate con elasticità. 1.1. Evangelizzazione 1.1.1. Semi del Verbo 5 Dio non giunse per la prima volta nel continente americano con la spedizione scopritrice di Colombo. La sua presenza creatrice, provvidente e salvifica, accompagnava già la vita dei suoi popoli. I "semi del Verbo" attendevano la feconda rugiada dello Spirito, attratto dal profondo senso religioso delle culture precolombiane. 6 Il primo annuncio esplicito del Vangelo, la Buona Novella della proclamazione del Dio di Gesù Cristo, ci riporta alla memoria l'episodio di san Paolo nell'areopago di Atene. ( At 17,19-34 ) Giovanni Paolo II ha espresso questa realtà: "La scoperta dell'America coincide con l'inizio dell'evangelizzazione in quelle terre nuove. Da allora il mistero della salvezza, rivelato per tutta l'umanità nel Verbo fatto carne, cominciò a essere annunciato a nuovi popoli, coi quali, fino ad allora, l'Europa non aveva avuto alcun contatto. Tuttavia quei popoli erano conosciuti e abbracciati da Dio dall'eternità con la paternità che il Figlio ha rivelato nella pienezza dei tempi". 7 Nelle basi stesse dei popoli attuali che hanno radici indigene si trova l'apertura all'azione di Dio e il ringraziamento alla madre terra per i suoi doni. 1.1.2. Il primo annuncio 8 Sebbene il primo viaggio di Colombo non avesse propositi evangelizzatori, già nel secondo, nel 1493, si prospettò la necessità dell'evangelizzazione e giunsero i primi missionari. 9 La vitalità conseguita dalle comunità cattoliche della Spagna grazie alla riforma della Chiesa, guidata dal Cardinale Francisco Jiménez de Cisneros, si riflette nell'ardore, nella sensibilità pastorale e nella creatività mostrate nel primo annuncio del Vangelo. I missionari della prima ora seppero riconoscere, rispettare e far fruttificare i "semi del Verbo" seminati nella terra indigena. 10 Tuttavia, limitazioni originate dalla mentalità di "cristianità" - e di "riconquista" del sud della penisola iberica - impedirono la piena comprensione delle pratiche religiose di quei popoli. I loro miti e rituali, i sacrifici umani e vari costumi furono pratiche che si celebravano originariamente per ottenere il favore della divinità. Tali pratiche idolatriche furono considerate abominevoli e aberranti, senza distinguere all'inizio i profondi valori religiosi che esistevano in esse. Tuttavia l'astuzia e la tenacia dell'indigeno trovò il modo di conservare elementi della propria religione sotto le manifestazioni della nuova. Da questa interrelazione di credenze e miti si forgiò la religiosità tipica dei popoli con radici indigene, tuttora percepibile. 11 La prima evangelizzazione in quello che oggi è il Brasile si realizzò sotto il Patronato Regio del Portogallo e accompagnò la colonizzazione delle coste della cosiddetta "terra della Vera Cruz". Nel 1532 furono fondate le prime parrocchie, poste al servizio delle capitanerie dei coloni portoghesi; e la prima missione formale fu realizzata in Santa Catarina, dal 1538 al 1541, a opera di francescani spagnoli. Gli indigeni di questa terra erano pochi e si trovavano soprattutto in regioni remote. Perciò la loro evangelizzazione non occupò il posto centrale e si sviluppò seguendo i flussi etnici che man mano sopravvennero. 1.1.3. La presenza degli ordini e delle congregazioni religiose 12 La vita religiosa occupa uno spazio importante nella storia dell'evangelizzazione del nostro continente. Senza la mistica e l'azione dei carismi vissuti secondo uno stile peculiare di sequela di Gesù Cristo, non si potrebbero intendere ne il senso ne il carattere delle impronte evangelizzatrici. Anche la vita comunitaria è fortemente radicata nell'essenza e nell'azione ecclesiale latinoamericana. 13 Nella prima fase dell'evangelizzazione ebbero il ruolo centrale gli ordini medicanti, specialmente i francescani e i domenicani. L'attuazione concreta e dinamica dell'intuizione domenicana, "contemplare et contemplata aliis tradere", si tradusse tanto nell'attenzione a percepire la traccia di Dio e il senso della sua parola negli eventi, quanto nella necessità di difendere l'immagine divina impressa in ogni essere umano. Quando nell'Avvento del 1511, p. Antonio de Montesinos levò la voce in favore degli indigeni oppressi a Santo Domingo e quando, più avanti, la "Scuola di Salamanca" forgiò gli elementi determinanti per il "diritto delle genti", era presente la forza del carisma domenicano. L'applicazione della direttiva fondativa francescana, "vivere la perfezione del santo Vangelo" nella testimonianza personale e nell'insistenza evangelizzatrice dei primi missionari, diede un orientamento molto forte a valori che si impressero profondamente nel cuore della cultura nascente dall'incontro di diverse concezioni del mondo: l'apprezzamento per la vita, l'apertura al sacro e al gratuito, la convivenza con la natura e l'opzione per uno stile di vita povero, modesto e attento alle dimensioni interiori. 14 Altri ordini religiosi si sono impegnati nell'evangelizzazione in questi cinque secoli. Nel XVI secolo i geronimiti, gli agostiniani, i carmelitani, i cappuccini, i mercedari, i benedettini, i frati di San Giovanni di Dio, ecc. I gesuiti si stabilirono pochi anni dopo la loro fondazione con lo spirito nato dalla Controriforma, si dedicarono alla trasmissione della fede a popoli indigeni lontani dai centri urbani e istituirono un sistema educativo che formò la mentalità e le basi umane e cristiane delle élites. La loro espulsione dai domini del Portogallo nel 1759, dalla colonia francese di Santo Domingo nel 1763 e dai possedimenti della Spagna nel 1767 fu un colpo tremendo per il futuro delle aree da loro servite e della cultura cristiana in America Latina. Lo spirito creativo con cui furono applicati i metodi di evangelizzazione, soprattutto nei primi tempi, è uno dei dati più rilevanti della storia mondiale dell'evangelizzazione e un esempio valido e suggestivo. 15 Dopo l'allontanamento dei gesuiti e durante il XIX secolo, le correnti francesi di spiritualità e apostolato ( sulpiciani, eudisti, vincenziani, lasalliani e maristi ) diedero il loro contributo peculiare all'evangelizzazione delle nascenti nazioni, completando gli elementi ricevuti in precedenza e definendo la fisionomia che la cultura religiosa in buona parte dell'America Latina avrebbe avuto fino ai tempi moderni. Va anche tenuto conto dell'alto numero di congregazioni nate tra noi. 16 Non si potrebbe comprendere l'evangelizzazione nel continente senza il singolare e fecondo contributo della vita consacrata femminile, presente fin dall'inizio della sua storia ecclesiale. Per vari secoli e seguendo i condizionamenti sociali dell'epoca, nella vita monastica condivisero la vita cristiana del popolo e la animarono. La presenza ininterrotta e la grande stima di cui hanno goduto, hanno garantito la stabilità delle comunità cattoliche e testimoniato il primato della preghiera e della contemplazione gratuita del mistero di Dio. 17 Dal XIX secolo e mediante carismi diversissimi e la grande creatività apostolica, i campi bisognosi del Vangelo si videro fecondati dalla presenza e dall'azione delle religiose. Il nostro presente ha un grosso debito con questo enorme numero di donne, la cui abnegazione e dedizione rasenta spesso l'eroismo, e il nostro futuro cristiano dipende in buona parte dalla continuità della loro testimonianza e della loro attività. 1.1.4. I laici 18 Non si può fare adeguatamente memoria dell'evangelizzazione senza tener conto dei laici - l'immensa maggioranza delle nostre comunità cattoliche - non solo come destinatari del messaggio, ma come soggetti e protagonisti di esso. 19 La pietà del popolo si è nutrita dei contenuti essenziali del dogma cristiano, uniti a un ricorso affettuoso alla bontà divina, espresso nel riconoscimento della sua grandezza e nell'intuizione dei tratti della sua tenerezza. Questo è stato il contenuto principale dell'evangelizzazione, trasmesso di generazione in generazione particolarmente dalle madri di famiglia. All'interno della famiglia si alimentò per secoli la vita cristiana condivisa nei sacramenti, nelle feste e nei momenti chiave di dolore e di gioia per i suoi membri e i vicini. Perciò la trasmissione della fede si deve principalmente ai fedeli laici. 20 Durante i primi tre secoli e ancora oggi, soprattutto nelle regioni indigene, i catechisti ebbero un ruolo centrale e insostituibile. Le confraternite, in maggioranza maschili e corporative, svolsero una funzione decisiva nell'impegno cristiano di solidarietà e assistenza sociale. I Terz'ordini e quelli paragonabili a essi seppero unire insieme la crescita spirituale dei loro membri, l'apostolato e l'impegno coi poveri. 21 Nel XX secolo, man mano che la concezione cattolica della società venne differenziandosi da altre concezioni, il ruolo dei laici, e principalmente degli intellettuali, fu decisivo per sostenere l'identità dei popoli basata su un substrato fondativo cattolico. In seguito, nella maggior parte delle nazioni latinoamericane, salvo il Messico dove si soffrì un'aperta persecuzione, il ruolo dei laici organizzati nell'Azione Cattolica e la formazione di sindacati e partiti politici di ispirazione cristiana furono decisivi per l'entrata nell'epoca moderna. 22 Già con l'Azione Cattolica o ancor di più col Vaticano II e Medellin si venne prendendo coscienza del ruolo insostituibile dell'apostolato laicale, non solo per supplire alla scarsità di sacerdoti, ma come valore in sé. Si scoprirono aree pastorali bisognose e, nei luoghi più disparati del continente, un numero crescente di uomini e donne si inserì in ministeri affidati ai laici. Questa realtà rappresenta una riserva di speranza per il futuro dell'evangelizzazione. 23 Nei decenni più recenti sono sorti nuovi movimenti di spiritualità a predominanza laicale. Anche se in alcuni di essi si nota una certa tendenza a organizzarsi senza riferimento concreto alle Chiese locali e a nutrirsi di concezioni integriste, il loro dinamismo invita ad avvicinarsi a essi, a valorizzarli e a perseguirne la piena integrazione. 1.1.5. L'insediamento della Chiesa 24 Nella parte spagnola dell'America, la Chiesa si organizzò secondo il modello statale ereditato dal Medio Evo. La cura pastorale nei confronti degli spagnoli e di quanti si assimilavano a essi fu realizzata secondo lo stile delle Chiese della Penisola iberica, specialmente della Chiesa di Siviglia, della quale, a partire dal 1511, furono suffraganee le prime diocesi americane. Nel 1546 furono erette tre province ecclesiastiche che facevano capo a Santo Domingo, Messico e Lima. Man mano che nascevano, le sedi episcopali si strutturavano con capitoli, benefici, parrocchie per spagnoli e "dottrine" per indigeni, cappellanie e scuole che furono germi di università. 25 La Chiesa si organizzò in relazione alla Chiesa universale seguendo linee precedenti al Concilio di Trento. Fu un'organizzazione fondata sul "Patronato" dei Re iberici, concepito come una cessione del Papato in materia di presentazioni episcopali e di alte cariche ecclesiastiche, in cambio di appoggio fondamentalmente economico per il sostegno delle nascenti diocesi. 26 Le prime attività pastorali in quello che oggi è il Brasile dipesero dal vescovado di Funchal nelle isole Azzorre. Nel 1551 fu eretta la diocesi di Bahia, nel 1575 la prelatura di Rio de Janeiro e nel 1661 quelle di Pernambuco e Paraiba. Dal 1551 al 1676 ci fu un solo vescovo in tutta l'America portoghese e bisognerà aspettare fino al 1707 per trovare nelle "Costituzioni" dell'arcivescovado di Bahia una struttura ecclesiastica più chiara. 27 Solo molto avanti nel XVII secolo si affermarono le istituzioni per la formazione del clero diocesano. Nei seminari generalmente non furono accettati gli indigeni e solo in rari casi i meticci. Perciò il clero creolo, fortemente identificato con gli altri creoli, occupò un buon numero di parrocchie, alcune delle quali abbandonate dai religiosi via via che cresceva il clero diocesano, incrementato dalla politica della metropoli. Tuttavia solo in Colombia, e per vie molto diverse in Messico, si poté contare su un'autosufficienza del clero e su una minore dipendenza dall'aiuto straniero e di clero religioso, maggioritario in Brasile e in quasi tutti i paesi latinoamericani. 28 I movimenti indipendentisti dell'inizio del XIX secolo indussero alla politicizzazione di chierici e religiosi e precipitarono in una grave crisi il Patronato spagnolo e il ruolo dell'episcopato. Uomini di Chiesa militarono sia tra i "realisti" che tra gli "insorti" e i vescovi si videro obbligati a scegliere tra la permanenza in America, col riconoscimento del nuovo stato di cose, o il ritorno in Europa, col conseguente abbandono pastorale delle proprie diocesi. La maggioranza optò per il ritorno, giustificati dal loro giuramento di fedeltà al Re. 29 Il XIX secolo e la prima parte del XX furono di prova e di lenta ripresa per l'organizzazione della Chiesa cattolica in America Latina. Papa Gregorio XVI intuì il carattere definitivo dell'indipendenza ispanoamericana e diede soluzioni prudenti per la restaurazione dell'episcopato e la ricostruzione delle chiese. 30 L'aiuto dei religiosi e le nuove fondazioni che abbiamo già menzionato contribuirono a normalizzare la situazione. 31 Il carattere anticlericale e in alcuni casi anticattolico di correnti presenti nel XIX secolo, che furono promosse da gruppi minoritari, ma influenti e - in qualche caso - dagli stessi governi, riuscì a disgregare istituzioni derivanti dalla colonia. I membri della Chiesa patirono un'effettiva sofferenza, che, considerata in tutta la sua profondità, costituì un'esperienza di purificazione. 32 Possiamo riconoscere un aumento della qualità e del numero delle vocazioni sacerdotali, un rinnovamento e un nuovo impegno apostolico della vita consacrata. La povertà dei chierici aiutò la loro vicinanza al popolo e ridiede prestigio agli occhi della gente semplice alla loro attività evangelica. Si riprese sul serio la catechesi, soprattutto quella sacramentale. La migliore preparazione offerta nei seminari, nelle scuole e nelle università cattoliche rafforzò la riflessione su ciò che si viveva e potenziò la capacità dei cattolici di affrontare i cambiamenti sociali, economici e politici che sopravvennero. 33 In Brasile l'apertura nel 1808 dei porti agli immigranti da parte del re João VI, stabilitesi a Rio durante l'occupazione napoleonica del Portogallo, diede inizio a una nuova fase della sua organizzazione ecclesiale, nella quale, da una parte, le misure regaliste dell'imperatore Pedro I e di suo figlio Pedro II fecero diminuire i membri degli ordini religiosi e ostacolarono la formazione di nuove diocesi, dall'altra l'arrivo di correnti immigratorie da paesi cattolici e latini ( tedeschi, italiani, spagnoli ) e paesi di tradizione cattolica orientale ( russi, libanesi, armeni ) generalmente accompagnati da sacerdoti, diede nuova vitalità alla Chiesa. L'arrivo di un importante numero di religiosi e religiose dediti all'insegnamento, che fuggivano dal "Kulturkampf" prussiano, diede un significativo contributo al consolidamento di una Chiesa pluralista con nitide caratteristiche proprie. In Argentina l'entrata dei salesiani alla fine del XIX secolo fu decisiva per l'evangelizzazione della Patagonia australe. 34 La proclamazione della repubblica brasiliana nel 1889, le leggi di separazione tra Stato e Chiesa e la libertà religiosa facilitarono la libera organizzazione delle istituzioni ecclesiali, l'erezione di nuove diocesi, l'aiuto di religiosi provenienti dall'Europa, l'attenzione alle missioni tra gli indigeni, la strutturazione di un sistema educativo precedente a quello statale e varie opere di assistenza sociale. In Brasile la Chiesa cattolica apprese molto presto a convivere in una società pluralista tanto sul piano etnico quanto su quello religioso e a crescere e ad alimentarsi in uno spirito di fedeltà creativa, rispetto e integrazione. 35 La coscienza dell'appartenenza alla Chiesa di Gesù Cristo, presieduta nella carità e nella giurisdizione dal successore di Pietro, fu presente fin dalla prima organizzazione della Chiesa in America. Anche se i vescovi della Nuova Spagna vissero molto presto la collegialità episcopale in frequenti incontri di pianificazione pastorale, preludio dei concili provinciali, la distanza fu un ostacolo grandissimo per gli altri vescovi del Nuovo Mondo. E la gelosia dei re di Spagna per i diritti di Patronato rese molto difficili le relazioni dirette dei prelati col vescovo di Roma. 36 Le nascenti Chiese ispanoamericane non furono presenti al Concilio di Trento. Tuttavia l'applicazione del Concilio fu presa molto sul serio e ne fu evidente espressione il secondo Concilio dei Re presieduto da padre Jeronimo de Loaiza, e soprattutto il terzo, convocato da san Turibio de Mogrovejo, e il terzo del Messico. 37 La vita ecclesiale in queste regioni si alimentò per secoli della sua legislazione profondamente pastorale. Fu l'ascesa dell'assolutismo regio a impedire che la pratica conciliare, sancita da Trento, continuasse, e ciò provocò routine, ripetizione e, a volte, immobilità pastorale. 1.1.6. La collegialità pastorale e la comunione ecclesiale 38 Le speciali circostanze nelle quali, a causa del Patronato, si sviluppò la comunione delle Chiese particolari tra loro e di queste con la Sede Apostolica, mutarono sostanzialmente a metà del XIX secolo. 39 La relazione affettiva e di fatto col Romano Pontefice divenne pratica, solida. Anche se si può considerarne l'inizio la missione di mons. Muzi in Cile e La Plata nel 1823, essa si andò intensificando mediante molteplici contatti, tanto da parte dei governi indipendenti come, soprattutto, dell'episcopato. Di fronte alle pretese di molti governi di aver ereditato i diritti del Patronato spagnolo, la posizione chiara della Santa Sede permise, allo stesso tempo, maggiore libertà all'interno dei paesi e maggiore vicinanza al Pontefice. In Brasile questo si ottenne più lentamente soprattutto a causa della continuità dei costumi coloniali durante la monarchia. 40 L'affetto collegiale che ha caratterizzato l'episcopato latinoamericano e che si è riflesso nei cattolici in generale, ha come riferimento decisivo la fondazione, appoggiata da Pio IX, del Collegio Pio Latinoamericano a Roma. Da esso uscì una prima generazione che in breve tempo assunse posti di responsabilità nel continente, uomini con una migliore formazione teologica, zelo pastorale e adesione al Papa, che rinnovarono l'episcopato. Le generazioni successive consolidarono l'opera. 41 Nel 1899 si riunì a Roma, convocato da Leone XIII, il Concilio Plenario dell'America Latina. Prese in considerazione la diversissima situazione che la pastorale affrontava rispetto ai Concili del XVI secolo e ne aggiornò i decreti. Sotto forma di canoni, il Concilio assunse decisioni rispetto alla superstizione, al paganesimo, all'ignoranza religiosa, al socialismo, alla massoneria e si dettarono norme pratiche sulla disciplina ecclesiastica e sulla liturgia. 42 La collegialità episcopale uscì rafforzata dalla riunione romana. La Santa Sede, poco dopo la sua conclusione, premette sui vescovi affinché si riunissero periodicamente in Conferenze episcopali. Queste, pur essendo state suggerite come riunioni provinciali di vescovi, vennero, a partire dall'esempio della Colombia nel 1908, ad assumere la forma di Conferenze nazionali. 43 Dopo la dolorosa esperienza della Seconda Guerra Mondiale, l'umanità cominciò a prendere coscienza della necessità di realizzare la pace con la giustizia, del dialogo come strumento per dirimere i conflitti, del rispetto della dignità umana e dei suoi diritti inalienabili. 44 Pio XII favori con prudenza il rinnovamento della Chiesa affinché fosse all'altezza delle sfide del mondo moderno. I suoi radiomessaggi, le sue encicliche e l'appoggio dato agli studi biblici e patristici e al rinnovamento liturgico, prepararono un ambiente propizio all'aggiornamento. Giovanni XXIII decise di convocare un Concilio Ecumenico, di cui presiedette la prima sessione ( 1962 ). Le linee di riflessione e di azione da lui date nelle encicliche Mater et magistra e Pacem in terris orientarono il cammino del Concilio: esame di coscienza lucido e coraggioso della fedeltà della Chiesa al suo Fondatore e servizio all'uomo e alle culture del nostro tempo. La posizione umanista, paziente e dialogica di Paolo VI - il Papa della Ecclesiam suam e della Evangelii nuntiandi - diede un dinamismo sicuro al Concilio Vaticano II, massimo avvenimento ecclesiale di questo secolo. 45 Occasione singolare dell'esercizio collegiale fu la I Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano, riunita a Rio de Janeiro nel 1955. In essa furono trattati i principali problemi pastorali che interessavano il continente, sottolineando l'indifferentismo, l'avanzata protestante e il socialismo marxista. Fu affrontato il tema della scarsità di clero e del rischio che ciò rappresentava per il futuro del cattolicesimo. Si decise di valersi dell'aiuto di congregazioni religiose e di diocesi, soprattutto italiane e spagnole. Una delle più durevoli realizzazioni di questa riunione episcopale fu la creazione del Consiglio Episcopale Latinoamericano ( CELAM ), organismo di servizio, riflessione ed esercizio collegiale. 46 In quegli anni andò prendendo corpo un'effettiva manifestazione di solidarietà tra comunità cattoliche che non tennero conto della lontananza geografica. Ci riferiamo all'aiuto benemerito che i cattolici tedeschi hanno fornito senza interruzione per la realizzazione e lo sviluppo di opere ecclesiali e sociali nei nostri paesi, principalmente attraverso le organizzazioni "Adveniat", "Misereor" e "Kirche in Not". Senza di esse molte iniziative pastorali e di servizio sociale non potrebbero sostenersi. Anche i cattolici e gli episcopati di Stati Uniti, Canada, Olanda, Belgio, Francia, Austria, Spagna, Italia, Svizzera e di altri paesi hanno generosamente prestato il proprio aiuto. 47 Poco dopo la Conferenza di Rio, il Papa creò un organismo che stesse in contatto permanente con la situazione dell'America Latina. Si tratta della Pontificia Commissione per l'America Latina ( CAL ), che ha prestato inestimabili servizi. 48 Passato il Concilio, la sua applicazione nel nostro continente fu affrontata soprattutto nella II Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano riunita a Medellin nel 1968, la cui sessione inaugurale fu presieduta da Paolo VI. Il tema della Conferenza lasciò una traccia profonda: "La Chiesa nell'attuale trasformazione dell'America Latina alla luce del Concilio". Nell'insieme dei suoi documenti risalta la proposta di una Chiesa al servizio di tutti gli uomini, specialmente dei più bisognosi. La sua vocazione è diretta all'annuncio del Vangelo e al suo impegno nel viverlo, alla rivalutazione della parola di Dio, alla vita liturgica, alla rivitalizzazione dell'episcopato, del sacerdozio e della vita consacrata, alle comunità ecclesiali di base come spazi di nuova speranza, alla Chiesa povera e impegnata come agente di cambiamento per la giustizia sociale, orientata alla liberazione dei popoli dalle situazioni di oppressione e peccato, interne ed esterne, ostacoli allo sviluppo integrale. 49 Dopo la Conferenza di Medellin, la Chiesa dell'America Latina visse esperienze che costituirono prove alla sua comunione. Una certa politicizzazione e radicalizzazione di posizioni legate al ministero sacerdotale, alla vita religiosa e al servizio della pace, alla giustizia e all'impegno coi poveri causarono tensioni e anche rotture. Ciò portò a un permanente discernimento da parte del magistero per salvaguardare l'originalità della liberazione cristiana e le energie che tale liberazione è capace di dispiegare, ed evitare riduzionismi e ambiguità. 50 La Conferenza di Puebla del 1979, inaugurata da Giovanni Paolo II, riaffermando i principi fondamentali di quelle precedenti, mise in rilievo la necessità di annunciare, nella sua chiarezza originale, la "verità su Cristo", la "verità sulla Chiesa" e la "verità sull'uomo", al fine di prestare un servizio evangelizzatore senza confusioni. Le opzioni pastorali assunte al termine della riunione episcopale costituiscono il suo contributo preciso. 1.1.7. La devozione mariana 51 Possiamo dire senza timore: l'America Latina è un continente mariano. Da un confine all'altro si può percepire la presenza di Maria. Non solo nei santuari dedicati ai suoi diversi titoli, molte volte uniti al racconto e alla credenza radicati in un luogo e in un gruppo umano specifico, ma anche nel fatto che il ruolo materno e verginale di Maria ha formato parte integrante del contenuto dell'evangelizzazione ed è stato porta di accesso alla conoscenza di Gesù Cristo. 52 La devozione mariana accompagnò gli inizi dell'evangelizzazione. Fu stendardo di conquistadores, coloni e missionari. Però fu soprattutto punto di aggancio con gli uomini e le donne delle nuove terre, ospitati sotto una maternità comune. 53 Il patrocinio mariano, che funse da integratore di razze e culture nell'epoca coloniale, nel secolo XIX fu invocato nella ricerca di integrazione di alcune nazionalità in America Latina. 54 Più recentemente, mentre ha continuato a essere un centro di attenzione della devozione personale, familiare e collettiva, ha rappresentato un evidente marchio di identità cattolica di fronte ai tentativi di disgregazione religiosa e culturale. 55 Ha pure costituito un punto di aggancio con altri popoli, mèmbri della Chiesa universale. 1.2. Promozione umana 56 L'orma dell'evangelizzazione è impressa nella storia dei popoli latinoamericani. È pertanto visibile e soggetta al giudizio sui suoi successi e sui suoi fallimenti. Gli occhi della fede ci permettono di vedere più in là e di incontrarci anche con l'orma dell'amore di Dio e leggere in questa storia la dimensione pasquale del Vangelo: la passione, la morte e la risurrezione di Gesù Cristo avvengono all'interno della storia e continuano a segnare il ritmo della fede, della speranza e della carità che nutrono la sua Chiesa. 57 Abbiamo tenuto conto del nucleo e dello sviluppo strutturale dell'evangelizzazione nella storia dell'America Latina. Ci dobbiamo avvicinare ora agli elementi che hanno interessato il rapporto tra l'annuncio del Vangelo e la realtà umana dei mèmbri della "ecumene" latinoamericana. 1.2.1. Una sola umanità di origini diverse 58 La Rivelazione ci dice che l'umanità è una sola, nata dalla volontà amorosa del Padre. Anche il consenso contemporaneo formatesi sulla coscienza della dignità degli esseri umani lo afferma. Questa coscienza fondamentale conduce all'accettazione della pluralità arricchente dei popoli che oggi conformano la realtà umana dell'America Latina. 59 Durante i cinque secoli trascorsi dal 1492, le terre, allora scarsamente popolate, si sono andate popolando con migrazioni ininterrotte e col meticciato, soprattutto in alcune regioni. Vi è stata una mutua fecondazione tra le culture iberiche - e, più ampiamente, con le radici latine e occidentali dell'Europa - e i contributi indigeni. In epoche più recenti il contatto con la cultura anglosassone, soprattutto nella sua versione statunitense, presenta una sfida che non si deve identificare solo nei suoi aspetti negativi, ma come l'opportunità di puntare a qualcosa di nuovo e fecondo. L'America Latina deve scoprire la propria vocazione di offrire al mondo la sua esperienza pluralista e arricchente, che va vissuta e proclamata come annuncio di speranza e non come memoria amara. America Latina, ne indigena, ne europea, ne meticcia: America Latina una e molteplice. Gli Indigeni 60 L'apporto indigeno è palpabile nell'anima latinoamericana. Specialmente nei paesi andini, in America Centrale, nelle regioni centrali e meridionali del Messico. L'eredità indigena è legata a una visione della vita che riconosce la sacralità del mondo e dell'essere umano e che si realizza in una forma vicina alla terra e alla contemplazione. 61 La memoria indigena aymara, quechua, chibcha, tupi-guaram, araucana, è una mentalità viva. I contributi delle civiltà azteca e inca, e della civiltà maya già crollata al momento dell'arrivo degli europei, fanno parte del dono che il nostro continente ha fatto al mondo. Basterebbe ricordare i progressi scientifici in relazione al cosmo e ai periodi secchi e umidi della terra e gli alimenti di base che oggi sono patrimonio comune dell'umanità. Inoltre, col valore religioso che essa da alla vita, mette in discussione il mondo secolarizzato. Gli Spagnoli 62 Quando, verso il 1550, gli insediamenti spagnoli in America si consolidarono, il continente si unì strettamente alla cultura occidentale. La Spagna aveva conservato anche la propria eredità mozaraba e visigota, che univa alla grande tradizione cristiana dell'Occidente. I primi evangelizzatori, pur avendo una forte capacità di riconoscere il valore delle civiltà incontrate, le subordinarono alla fondamentale intenzione religiosa della loro missione. Erano persone del loro tempo. 63 Una corrente storica molto diffusa ha accentuato la crudeltà manifestata nella conquista e una certa presunzione e prepotenza nelle generazioni creole, ma questo non deve offuscare l'importanza per la configurazione dell'America ispanica di tanta gente di pace e di lavoro, che, venendo dall'altra parte del mare, diede la propria vita qui. I centri di formazione umanistica e cristiana, che furono principalmente le Università di Lima e Messico, sorte nel 1551, e più tardi i collegi gesuiti e quelli di Chuquisaca e Córdoba del Tucumàn, contribuirono in modo determinante a forgiare una civiltà unica, ne europea ne aborigena. Il graduale passaggio dal regime delle encomiendas alla convivenza sociale che tuttavia conservò differenze sociali, fece si che le "repubbliche" di spagnoli e indigeni entrassero in contatto, per mutuo arricchimento. I Portoghesi 64 Dopo che fu tracciata la "linea di Tordesillas" nel 1494 e davanti alla mancata accettazione di questa decisione da parte delle altre potenze marittime europee ( Francia, Inghilterra e Olanda ), l'enorme territorio toccato ai portoghesi, e che per il Regno rappresentava ancora nel 1530 un grande vuoto, pose l'alternativa: o popolarlo o perderlo. 65 Nel 1532 una spedizione colonizzatrice raccomandò a Joao III, re del Portogallo, che dividesse il territorio in porzioni, chiamate capitanerie, che furono affidate in via perpetua ed ereditaria a singoli che desiderassero sfruttarle. Così iniziò la colonizzazione e il popolamento della costa. 66 A partire dal 1549, anno della nomina di un Governatore Generale con sede a Bahia, cominciò a giungere un'eterogenea mescolanza di avventurieri, figli cadetti di famiglie nobili, orfani in età da matrimonio, africani del Dahomey ( chiamati ferreiros ), artiglieri, mercenari e persone che preferivano vivere lontani dal re o dall'Inquisizione, recentemente fondata. 67 I portoghesi avevano acquisito una grande esperienza nel commercio e nel rapporto con civiltà africane e asiatiche. Ciò contribuì alla formazione di un modo di essere, ricco e aperto: il brasiliano. La triplice unità di lingua, territorio e religione, favorita soprattutto dall'apostolato dei gesuiti, fissò la fisionomia singolare del Brasile, contributo arricchente della qualità umana dell'America Latina. Gli afroamericani 68 Non potremmo comprendere adeguatamente il volto degli uomini e delle donne dell'America Latina senza esaminare la presenza africana. Il suo carattere festoso e a volte nostalgico, le sue espressioni colorite, che contrastano col dolore lungamente patito, sono un elemento integrante dell'essenza del nostro continente. Per il Brasile, i Caraibi, le coste del Venezuela e della Colombia, il contributo africano è decisivo per l'integrazione della cultura. Non dobbiamo solo enfatizzare, osservando la storia, il significato del suo lavoro per la prosperità economica; è necessario coglierne l'apporto nelle più diverse aree dell'esistenza quotidiana. 69 Uno degli episodi più tristi della storia latinoamericana, tuttavia, fu il trasferimento forzato, come schiavi, di un enorme numero di africani. Alla tratta dei negri parteciparono enti governativi e singoli di quasi tutti i paesi europei. 70 Le condizioni disumane in cui si realizzò il traffico, la mancanza di rispetto nei confronti dell'identità personale, familiare ed etnica, sono una macchia scandalosa per la storia dell'umanità. Giovanni Paolo II ha recentemente chiesto perdono a Dio per questo "olocausto ignorato" cui "parteciparono battezzati che non vissero la propria fede". A suo tempo questa realtà negativa non fu denunciata a sufficienza dai membri della Chiesa, salvo onorevoli eccezioni. 1.2.2. Meticciato e pluralità 71 I popoli che attualmente formano la "ecumene" latinoamericana si sono configurati - come abbiamo ricordato - in seguito alla confluenza di diverse origini. Alcuni derivano quasi totalmente dai nuclei di popolazione precolombiana, differenziatisi e appena conosciutisi tra loro nel periodo della loro esistenza autonoma. Le civiltà più avanzate - per esempio gli incas e gli aztechi - lasciarono una grande eredità che si riconosce nel linguaggio, negli stili di vita e nei tratti di religiosità. Le civiltà meno avanzate hanno lasciato impressa una traccia umana poco riconoscibile, ma che ha dato al cristianesimo una sensibilità peculiare ed espressioni proprie. Queste realtà, presenti soprattutto nei paesi andini e in Messico, si possono identificare come cultura meticcia. 72 Tuttavia non si può estendere il termine "meticciato" o "cultura meticcia", in senso proprio, a tutto il continente latinoamericano. Esiste piuttosto una realtà pluriculturale, più accentuata nelle regioni del "cono sud" nelle quali si trova una numerosa popolazione di origine europea, o di provenienza africana nelle regioni come il Brasile e i Caraibi. Più recentemente la relazione con nazioni di cultura fondamentalmente anglosassone e gli interscambi sempre più frequenti provocati dall'emigrazione, propongono con maggior forza il riconoscimento della pluralità, con conseguenze determinanti per le opzioni pastorali che guardano al futuro. Neppure le decine di milioni di latinoamericani che vivono negli Stati Uniti possono essere considerati estranei al nostro dovere e alla nostra fedeltà a Gesù Cristo. 73 Stando alla storia dell'umanità, i meticciati e la convivenza pluralista non sono stati facili ne li si può incontrare senza traumi e ingiustizie. L'America Latina non è stata un'eccezione. La sofferenza patita ingiustamente, l'emarginazione giuridica e di fatto, il disprezzo e la violenza sono stati presenti. Guardando questi fatti con occhi illuminati dal Vangelo, scopriamo una mancanza di ascolto e di osservanza del precetto dell'amore per il prossimo, unito per volontà del Signore al mandato di amare Dio "sopra tutte le cose". La difesa della dignità umana: modelli sociali 74 Nello stesso secolo XVI, di fronte all'impatto umano della conquista e della schiavitù mascherata, istituita col regime delle encomiendas, la legislazione data dalla Corona spagnola tentò di mitigare la durezza della realtà vissuta, quasi sempre con effetti molto deboli. Papa Paolo III, su istanza del vescovo di Tlaxcala, p. Juliàn Garcés, nella bolla "Sublimis Deus", datata 2 giugno 1537, non solo difese apertamente la dignità umana degli indigeni americani, ma si oppose anche alla loro schiavitù e segnalò il retto cammino per l'evangelizzazione: "… gli indios e le altre genti devono essere attratte alla felice fede di Cristo con la predicazione della parola di Dio e con l'esempio della buona vita…". 75 Lo sforzo concreto per unire l'evangelizzazione alla promozione umana ha un esempio rilevante negli "hospitales pueblos" fondati da Vasco de Quiroga nella sua diocesi di Michoacàn in Messico, dove si unì l'annuncio salvatore del Vangelo di Gesù Cristo all'insegnamento di uno stile di vita realizzata in villaggi organizzati comunitariamente e al procurarsi il sostentamento mediante il lavoro della terra e le attività artigianali. La profondità stimolante dell'esempio di don Vasco si può ancora riscontrare nella regione e merita attenzione non solo come evento passato, ma come proposta possibile in tempi di necessario alternative economiche. 76 Nel III Concilio Provinciale di Lima ( 1582-1583 ) si preconizzò il metodo promozionale delle reducciones in villaggi. Si stimolò così, per gli indigeni dispersi, una vasta e pacifica politica missionaria che ebbe la più completa espressione nelle reducciones dei gesuiti del Paraguay, infelicemente troncate a causa di accordi successivi alla guerra tra Portogallo e Spagna nel XVIII secolo. Dopo il 1768 il beato Junipero Serra seguì un metodo simile per riunire i gruppi nomadi delle Californie e promuoverne l'istruzione nella dottrina cristiana. Influenze straniere: violente e pacifiche 77 L'insieme umano estremamente diversificato che vive oggi nel continente latinoamericano ha subito, col passare dei secoli, influenze provocate dalle politiche di potenze straniere, sia sotto il segno della violenza e dell'imposizione egemonica che attraverso immigrazioni pacifiche. 78 Bisogna indicare, tra le prime, le incursioni di corsari nelle isole dei Caraibi e sulle coste spagnole e portoghesi, durante l'epoca coloniale. La mappa latinoamericana, la lingua e le tradizioni religiose non cattoliche lo provano. La dipendenza dalle potenze mercantili ( Inghilterra, Francia, Olanda ) conferì una speciale fisionomia a questi popoli, che ne rese difficile l'integrazione con l'America Latina. La questione della tratta degli schiavi è molto legata a queste attività. Le popolazioni di Haiti e Giamaica ne furono colpite in modo speciale. 79 Alla fine del secolo XIX e per buona parte del XX, l'espansione del dominio degli Stati Uniti d'America e vari interventi militari hanno colpito in maniera particolare l'America Latina. 80 La guerra con la Spagna del 1898 pose sotto la diretta influenza statunitense Cuba, Puerto Rico e le isole Filippine; Puerto Rico è attualmente Stato Libero Associato. L'indipendenza di Panama fu in parte motivata dagli interessi statunitensi. Il trattato militare di Rio de Janeiro del 1948, firmato tra i paesi latinoamericani e gli Stati Uniti, li collocò, durante l'epoca della "guerra fredda", nella sfera d'influenza occidentale. In tempi più recenti la preparazione data a militari latinoamericani in accademie specializzate influì sullo sviluppo della dottrina e della pratica della sicurezza nazionale. La lotta contro il narcotraffico, dato che la distribuzione e il consumo hanno come principale ambito di sviluppo gli Stati Uniti, non può essere posta in atto con efficienza senza la mutua collaborazione. 81 Cuba appartiene, per la conformazione del suo popolo e per la sua storia, all'America Latina. L'orma dell'evangelizzazione è presente anche nel suo popolo. Tuttavia, dopo l'instaurazione del regime rivoluzionario del 1959, che applicò un rigido sistema antireligioso, i credenti hanno sofferto e hanno visto drasticamente ridotta la propria presenza e la propria azione. Negli ultimi anni gli atteggiamenti conflittuali si sono moderati, ma la situazione dei credenti continua a essere difficile. Il rifiuto di cambiamento del regime, anche dopo la disintegrazione dell'Unione Sovietica, e la prosecuzione del blocco statunitense, hanno di recente aggravato la situazione economica del popolo che vive in condizioni di estrema precarietà. 82 D'altro canto, l'America Latina è stata terra prodiga per l'accoglienza di immigrazioni pacifiche. Argentina, Cile, Brasile e Uruguay non possono essere pienamente compresi senza l'apporto degli immigranti europei che, in cerca di migliori condizioni davanti alle crisi economiche e politiche e di fronte alla stessa pressione demografica dei loro paesi, sono giunti a popolarne campagne e città. Una buona parte di essi professava la religione cattolica, soprattutto quanti provenivano dalla Spagna, dall'Italia e dagli antichi possedimenti dell'Impero Austroungarico, come pure i libanesi e gli armeni. Questi paesi hanno ricevuto inoltre l'apporto di immigrazioni dall'Estremo Oriente. 83 Ma si trasferirono anche mèmbri di comunità protestanti ( luterani, metodisti, calvinisti ), anglicani, e un numero relativamente basso di arabi musulmani e comunità ebraiche. 84 Abbiamo già menzionato la formazione multirazziale della nazione brasiliana. È un esempio singolare delle possibilità della convivenza pacifica e del mutuo arricchimento che porta con sé. Giovanni Paolo II ne ha reso questa testimonianza: "È sorto così il cattolicesimo brasiliano, risultato, come lo stesso Brasile, di uno degli amalgami più importanti della storia umana. Qui si mescolarono, durante tre secoli, l'indio, l'europeo e l'africano e, a partire dal secolo scorso, gli immigranti europei. A essi vennero a sommarsi il sangue e la cultura degli arabi, come i cristiani maroniti. In questo senso il Brasile offre una testimonianza estremamente positiva. Qui è in costruzione, con ispirazione cristiana, una comunità multirazziale. Un vero tappeto di razze, come affermano i sociologi, amalgamate dal vincolo della stessa lingua e della stessa fede". 1.2.3. La donna 85 Lo sguardo storico che desideriamo dare alla realtà umana dell'America Latina sarebbe incompleto se non tentassimo, almeno in maniera sommaria, di avvicinarci al ruolo della donna nel nostro continente. La storia scritta è solita restare in silenzio di fronte a questo ruolo determinante, preoccupata di dar conto delle gesta eroiche e delle azioni dei "grandi". Tuttavia, oltre al fatto che uno sguardo intuitivo ci descrive la profondità dell'impronta femminile nell'essere latinoamericano, il graduale avvicinamento alle fonti che permettono di configurare la storia della vita quotidiana rivela questo ruolo singolare nella trama dell'umanità dell'America Latina. 86 Dentro l'intreccio pluralista da cui è costituita la cultura latinoamericana, il maschile ha predominato sul femminile. La figura della donna sottomessa, piena di abnegazione e silenziosa, non solo si affaccia nella letteratura, nelle canzoni e nel folklore, ma permane ancora in una specie di inconscio collettivo. Come si elogiano con facilità gli atteggiamenti sanciti favorevolmente da questa mentalità, così si giudica con speciale durezza la loro trasgressione. La discriminazione verso la donna si rende presente nella disuguaglianza di possibilità e a volte di salari. Anche nelle comunità cristiane è comune lo scarso apprezzamento della vocazione specificamente femminile e rimangono così nell'ombra e nell'anonimato un essere e un agire insostituibili. 1.2.4. L'integrazione latinoamericana 87 Partendo dalla coscienza di "Patria Grande" manifestata da Simón Bolivar, José de San Martin, Artigas e altri grandi dei primi anni del secolo XIX e delineata nel Congresso di Panama del 1826, e tenendo conto dell'intuizione "latinoamericana" di papa Pio IX e delle azioni dei vescovi riuniti in un Concilio Plenario e tre Conferenze Generali, la ricerca dell'integrazione continentale non ha solo radici politiche o economiche, ma anche umane e cristiane. 88 Sono state molteplici, in questo secolo che sta terminando, le iniziative di integrazione, generalmente sostenute dalla ricerca concreta di presentare, di fronte alle altre forme regionali di integrazione nel mondo, un modello proprio che, rafforzando gli elementi economici, sociali e politici comuni, possa propiziare uno sviluppo equilibrato. Tuttavia i successi sono stati molto deboli, poiché gli ostacoli da superare sono risultati troppo rigidi. In gran parte questa situazione è stata causata dai meccanismi economici internazionali, che hanno imposto pesanti oneri alla modernizzazione dei nostri paesi, ma hanno influito anche certi malintesi nazionalismi, limitazioni al libero transito dei cittadini e la mancata promozione di politiche solidali. La promozione umana a livello macrosociale deve affrontare tali realtà, affinché l'integrazione del continente possa essere messa effettivamente in moto. 1.2.5. La coscienza dell'impoverimento 89 Nella storia recente dell'America Latina si evidenzia la povertà di grandi moltitudini della sua popolazione, la distanza addirittura crescente tra gruppi sociali all'interno dei paesi ( fossato tra ricchi e poveri ) e tra il continente latinoamericano e altre aree del mondo. La coscienza dell'impoverimento si è andata approfondendo in settori molto diversi e ha preoccupato anche i governi, alcuni dei quali hanno favorito certi discutibili piani di controllo della natalità e programmi economici palliativi. Però dall'interno stesso dei poveri si sono andate sviluppando risposte di economia alternativa e informale e sono sorte azioni portatrici di speranza di comunitarismo e solidarietà. È divenuta palpabile la presenza del "dinamismo evangelizzatore dei poveri", annunciato nel documento finale della Conferenza di Puebla del 1979, linea fondamentale di un'autentica promozione cristiana. 1.3.1. America Latina, un continente peculiare 1.3. Cultura cristiana 90 La cultura latinoamericana di questo mezzo millennio è stata in intimo e permanente contatto col cristianesimo e più specificatamente, in più luoghi e per più tempo, col cattolicesimo. Più che un'evocazione con caratteri di trionfalismo, ciò costituisce una sfida molto seria per la Chiesa che, nel fare un bilancio storico, trova una realtà paradossale e inquietante. Da un lato, "l'azione evangelizzatrice della nostra Chiesa Latinoamericana deve avere come meta generale il costante rinnovamento evangelico della nostra cultura". Dall'altro, "a popoli di radicata fede cristiana si sono imposte strutture generatrici di ingiustizia". Richiama l'attenzione il fatto che un popolo, nel cui seno non si conosce la bestemmia, viva a un livello così elevato di ingiustizia. Il rispetto del nome di Dio non coincide col rispetto dell'essere umano, sua immagine. 91 Perciò il nostro sguardo storico deve soffermarsi su alcuni tratti, luminosi e opachi, di questa relazione, per provocare una riflessione a partire dalla fede e portare a opzioni pastorali congruenti e lucide. Guarderemo le caratteristiche di certe epoche più dense e che, in quanto epoche di cambiamento, hanno richiesto decisioni e atti impegnati e coraggiosi non sempre imitati o compresi da tutti. Non devono essere il rimpianto per la cristianità coloniale o il timore di vivere all'interno di una cultura più secolarizzata, pluralista e complessa, a predominare. Piuttosto dobbiamo sentirci incentivati dalla parola paolina: "Esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono". ( 1 Ts 5,21 ) 1.3.2. La cristianità indiana 92 A partire dalla seconda metà del secolo XVI, si radicò un modo di vita che impregnò l'intera società latinoamericana, riconosciutasi ufficialmente come cristiana. Perciò non è possibile stabilire facilmente limiti tra il religioso e il civile o tra la Chiesa e lo Stato. Questo modo di vita portò con sé un carico di ambiguità, ma anche un'evidente stabilità. 93 La "cristianità indiana" - così fu chiamata da san Turibio de Mogrovejo - si instaurò durante il secolo XVII. Il fervore missionario calò d'intensità, la vita quotidiana nelle città e nei villaggi divenne ripetitiva e vi fu in generale un abbassamento della qualità della testimonianza cristiana. Prese tuttavia forma la cultura barocca indiana, il più chiaro segno dell'identità religiosa latinoamericana e uno dei contributi più puri al patrimonio comune dell'umanità. 94 Fu principalmente in quest'epoca che sviluppò la propria attività il Tribunale dell'Inquisizione Indiana, strumento di analisi dottrinale e di decisioni giuridiche che trattò le cause di spagnoli e stranieri - non degli indigeni - legate alla fede o ai costumi. L'attenta lettura degli archivi rivela il contesto generale della società e una relativa benignità nell'applicazione delle pene, tuttavia mostra anche la mancanza di rispetto verso le persone, gli intrighi, la corruzione e le ingiustizie. 95 La caratteristica fisionomia del cattolicesimo latinoamericano, molti tratti del quale sono presenti ancor oggi, si definì nell'epoca barocca. Ricevette un apporto fondamentale dal cattolicesimo iberico medievale, caratterizzato dalla preferenza verso gli elementi religiosi concreti e dinamizzanti e dal predominio dell'aspetto affettivo su quello intellettuale. Possiamo sottolineare i pellegrinaggi ai santuari, la devozione mariana, radicata e multiforme, i sermoni e le missioni popolari che alimentavano la fede nelle regioni lontane, le confraternite di laici in cui si promuovevano la pietà e la carità verso i poveri. La passione di Cristo divenne centro di attrazione e accompagnò le sofferenze del popolo. La contemplazione e la celebrazione dell'Immacolata Concezione e dell'Assunzione di Maria erano percepiti come il trionfo della vita sulla morte, della gioia sul dolore. 96 I sacramenti, specialmente il battesimo, la cresima e la penitenza, furono amministrati a profusione. La recezione dell'Eucaristia non fu molto frequente. A fianco del matrimonio contratto "nella Chiesa", si trovavano forme di vita parafamiliari e paramatrimoniali, in genere tollerate. 1.3.3. L'impatto dell'Illuminismo 97 La cristianità indiana subì una rottura profonda con l'impatto del movimento culturale di precisi obiettivi economici e politici conosciuto come Illuminismo. Si può dire che la frattura tra la cultura delle élites e la cultura popolare, tra la comprensione intellettuale e quella più simbolica e affettiva della fede cattolica, e tra il modo di vita urbano e quello rurale, tanto evidenti negli ultimi due secoli, ricevette da qui il suo primo impulso. 98 Non è possibile fare riferimento a questa realtà senza prestare attenzione agli avvenimenti europei. Durante il secolo XVIII si vennero generando mutamenti nell'aspetto dottrinale, come il razionalismo, il deismo e la preferenza per le scienze positive rispetto a quelle speculative e umanistiche. Ugualmente, sul terreno della vita pratica venne imponendosi la separazione tra etica e politica e tra etica ed economia. Questi fenomeni diedero impulso alla strutturazione di un sistema che fu assunto in Spagna e Portogallo e iniziò, mediante "riforme modernizzatrici", la secolarizzazione della società. 99 Nell'America Iberica queste riforme, oltre alla mentalità razionalista e positivista, influirono sull'aumento dello sfruttamento delle risorse naturali e sull'esportazione dei frutti in Europa, sul controllo da parte degli organismi della Corona di certe aree tradizionalmente sotto tutela della Chiesa, sull'aumento delle imposte, sull'arrivo di funzionari e sulla professionalizzazione degli uffici. Nella stessa formazione dei sacerdoti e anche nei programmi universitari si introdusse la tendenza legalista, giustificazione ideologica dell'assolutismo. 1.3.4. La configurazione degli Stati nazionali 100 L'instaurazione dell'assolutismo e soprattutto i suoi supporti ideologici colpirono direttamente la cultura prevalente in quella che oggi è l'America Latina. Senza volerlo, aiutò a configurare un'iniziale coscienza nazionale nei popoli, rendendo evidente l'esistenza della dipendenza coloniale. Cooperò all'identificazione di un nucleo culturale proprio che, come "umanesimo creolo", si contrappose alla corrente "illuminista" e razionalista. In questo umanesimo ebbe un ruolo centrale l'eredità religiosa cattolica e, per esempio, in Messico la Vergine di Guadalupe rappresenterà la nascente coscienza nazionale, e sarà poi vessillo del primo movimento per l'indipendenza. 101 Ciò nonostante influenze straniere cooperarono a che i movimenti indipendentisti si sviluppassero più in una linea di rottura che di continuità con la cultura che si era meglio identificata con la storia dei popoli latinoamericani. L'influsso dell'indipendenza degli Stati Uniti con la sua espressione costituzionale ( 1776 e 1787 ) e della Rivoluzione Francese ( iniziata nel 1789 ) si notò sia nell'ambito del pensiero che in quello della strutturazione politica e più tardi dell'economia. 102 L'Ispanoamerica raggiunse l'indipendenza politica senza che i suoi popoli avessero la maturità richiesta per assumere completamente la vita repubblicana e democratica. Inoltre non sempre i limiti geografici dei nascenti Stati nazionali corrisposero ai popoli radicati nei loro territori. Ciò favorì l'influenza di gruppi ridotti, ma inseriti in ambienti decisionali, soprattutto le logge massoniche, che sostennero una posizione anticlericale e in alcuni casi anticattolica, che ebbe riflessi nella legislazione e nelle istituzioni. In ugual modo gli interessi delle potenze straniere - soprattutto Inghilterra e Stati Uniti - fomentarono l'ideologia liberale in materia politica, economica e religiosa, e contribuirono efficacemente, mediante interventi diplomatici e militari, alla frammentazione territoriale. 103 La concezione liberale che rendeva eguali tutti i "cittadini" e li considerava individualmente in un regime costituzionale, doveva necessariamente scontrarsi con la strutturazione tradizionale delle società, divisa in Stati e corporativa. L'intima relazione di questa realtà con la cultura sociale e religiosa e il radicamento che in essa aveva la Chiesa cattolica, spingeva il debole Stato, che voleva affermarsi, ad accordarsi o a opporsi a essa. 104 L'influenza delle correnti liberali, soprattutto fra i ceti dirigenziali delle repubbliche, costituì una seria sfida pastorale. Indirettamente favorì il distacco tra la pietà popolare e un certo cattolicesimo moralista e intellettuale. Gli Stati ispanoamericani si situarono, nei confronti della Chiesa e della religione, in uno spettro che andava dallo Stato cattolico di Garcia Moreno in Ecuador fino a quello derivato dalle "Leggi di Riforma" in Messico, ostile alla presenza sociale della Chiesa. 105 Il Brasile non soffrì una guerra d'indipendenza e rimase legato affettivamente al Portogallo, costituendo una monarchia ereditaria sorta dalla casa regnante portoghese; tuttavia subì anch'esso i colpi dell'Illuminismo e del liberalismo. L'influenza della massoneria fu molto grande e si riflette nel modo in cui venne applicato abusivamente il Patronato nella fase degli imperatori Pedro I e Pedro II. Il pluralismo etnico e religioso, frutto delle immigrazioni del XIX secolo, contribuì a far sì che la Costituzione repubblicana sancisse la separazione tra la Chiesa e lo Stato, e questo favorì la rivitalizzazione ecclesiale. 1.3.5. Stabilità apparente 106 Durante la seconda metà del XIX secolo e i primi decenni del XX secolo l'America Latina godette di apparente stabilità. Sebbene in generale fossero istituiti sistemi di istruzione pubblica e - in molti paesi - si consumasse la separazione Chiesa-Stato, si raggiunse una convivenza e un'intesa cordiali. In alcune nazioni si arrivò a un accordo tra fazioni e partiti politici che favorì la pace. 107 Tuttavia in questi anni venne a gestazione una cultura laica che preparò quella che alla fine del XX secolo è considerata da alcuni la definitiva secolarizzazione dello Stato e della società. Le decisioni prese dai governi a favore della modernizzazione e dell'industrializzazione squilibrarono la tradizionale relazione tra le città e la campagna, provocando un violento calo della qualità della vita, divenuto visibile soprattutto in città. In questi anni si pose la questione sociale che favorì il sindacalismo radicale di ispirazione populista o marxista. 108 Per la cultura cristiana questi mutamenti significarono insieme una sfida e un'opportunità. La Chiesa cattolica mostrò, da una parte, un chiaro dinamismo nell'organizzazione, nell'unità della dottrina e della disciplina, e ispirò sindacati e partiti politici. L'ambiente favorito da una sana secolarizzazione - non dal secolarismo - ha aiutato a rafforzare l'identità cattolica e a precisare il senso specifico della sua missione. L'autonomia dello Stato e dell'ambito temporale è riconosciuta dalla Chiesa. In queste nuove circostanze la dottrina sociale cristiana si rese presente e oggi costituisce una base fondamentale per l'ispirazione della cultura nascente. 109 L'aggressiva propaganda protestante e dei nuovi movimenti religiosi cominciò a incidere con forza e a provocare tensioni e deterioramento anche nella religiosità popolare, soprattutto da quando i Congressi Protestanti di Montevideo ( 1915 ) e L'Avana ( 1929 ) considerarono l'America Latina come "terra di missione". Quando i missionari protestanti statunitensi furono espulsi dalla Cina ( 1927, 1934 e 1949 ), molti di essi si diressero nel nostro continente dove cominciarono a fare adepti, soprattutto - come dissero nel 1956 i vescovi centroamericani - a causa della "ignoranza religiosa dei popoli". 1.3.6. L'impatto della modernità 110 Guardando l'epoca storica più recente, continuiamo a incontrare le tracce vive di una cultura secolare, nel cui nucleo è presente il Vangelo. Tuttavia esistono elementi di segno negativo che non erano presenti con ugual forza alcuni anni fa, o erano esclusivi di elites o gruppi speciali. L'impatto delle comunicazioni ha portato con sé desideri di maggiore fraternità, solidarietà e superamento di pregiudizi, ma ha anche favorito una cultura massificante che uniforma e riduce la capacità di discernimento; la gioventù è stata particolarmente colpita. La crescente coscienza della dignità umana e dell'autonomia dell'ambito temporale ha favorito la crescita umana e l'applicazione dei progressi della scienza e della tecnologia, ma ha anche contribuito all'emarginazione sociale della religione e dell'etica. La maggiore importanza data alla decisione individuale, al pluralismo e alla libertà di coscienza, ha contribuito a far assumere le responsabilità con maggiore serenità e convinzione, ma ha frammentato la visione cristiana globale e l'osservanza delle norme oggettive morali che la Chiesa cattolica sostiene. L'intimismo proprio del pensiero liberale, compenetrato nella cultura di un numero crescente di latinoamericani, pare essere alla base dell'entrata nei nuovi movimenti religiosi e del predominio del neoliberalismo economico tra gruppi imprenditoriali e governativi. 111 La IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano a Santo Domingo dovrà affrontare questi tratti della nuova cultura, unendoli a quelli che provengono dalla cultura popolare emergente, per orientare l'avvenire con la forza dello Spirito di Cristo, morto e risorto per liberare l'umanità dal peccato e dalla morte. La cultura cristiana non sarà in nessun modo un modello di "neocristianità"; sarà prima di tutto cultura della vita, civiltà dell'amore. 1.4. Lezioni e sfide 112 Il cristianesimo non può affacciarsi al futuro portando nel cuore il dilemma: pessimismo o ottimismo. Deve guardarlo con speranza, "dare risposta a chiunque vi chieda ragione della vostra speranza". ( 1 Pt 3,15 ) Giovanni Paolo II, nello stabilire il tema per la IV Conferenza, ha detto: "La figura e la missione del Salvatore sarà certamente il centro della Conferenza di Santo Domingo. I vescovi latinoamericani si riuniranno lì per celebrare Gesù Cristo: la fede e il messaggio del Signore diffuso in tutto il continente. La cristologia sarà quindi il fondamento dell'assemblea, in modo che, come primo frutto della stessa, il nome di Gesù Cristo, Salvatore e Redentore, rimanga sulle labbra e nei cuori di tutti i latinoamericani". 113 Lo sguardo che abbiamo rivolto agli elementi storici che hanno costituito l'evangelizzazione in America Latina ci invita a riflettere e a essere attenti alle sue lezioni in ordine alla nuova evangelizzazione. I suoi successi e le sue carenze stimolano il nostro impegno. Ne citiamo alcuni: 114 - la testimonianza dei primi evangelizzatori prova che la vita della Chiesa giunse alla sua pienezza nella santità, opera dello Spirito di Dio. I santi della nostra storia rappresentano il migliore stimolo per i membri della comunità cattolica; 115 - il rispetto mostrato da molti dei primi evangelizzatori per i "semi del Verbo" presenti nelle culture ci fa riflettere sull'importanza dell'inculturazione. Una Chiesa che non si incultura non è veramente cattolica. Le diverse culture presenti nel nostro continente - specialmente quelle indigene e afroamericane - e la cultura moderna che si profila e già influisce, ci spingono a optare per nuovi metodi ed espressioni del messaggio; 116 - l'incontro del mondo americano con il mondo europeo divenne occasione per una vigorosa riflessione di fede a partire dalla realtà umana proposta dalla nuova situazione. Numerosi teologi e pensatori si posero problemi inediti e apportarono elementi decisivi per l'elaborazione di un nuovo "diritto delle genti" e di un primo diritto internazionale. La novità del mondo che ora si affaccia, quasi alla fine del XX secolo, richiede l'applicazione di un rinnovato potenziale di riflessione; 117 - l'accidentata storia del Patronato e di altre alleanze - tra Chiesa e Stato o tra gruppi sociali e Chiesa - mostra l'ambiguità di queste situazioni, presenti in una forma o nell'altra sul suo cammino. Per la Chiesa, chiamata a essere libera, è necessario discernere con lucidità, a partire dal Vangelo, le conseguenze di certe relazioni con gli Stati, le ideologie e gli strati sociali; 118 - il consolidamento di una società pluralista, in cui la visione cristiana e cattolica del mondo è "una tra molte", richiede una riflessione a partire dalla fede. Ci invita a interrogarci sulla dimensione missionaria delle nostre comunità, sulla nostra stessa testimonianza di fedeltà al Vangelo e sulla significatività del nostro linguaggio e trasmissione di valori. Acquista grande importanza evangelizzare le culture; 119 - le divisioni interne della Chiesa sono uno scandalo che, in diverse forme, è stato presente durante questi cinquecento anni. È urgente cercarne, con spirito di carità, le radici e compiere passi decisi per la riconciliazione. 120 Lo sguardo storico ci pone sfide da considerare attentamente. Ne segnaliamo alcune: 121 - la necessità di rendere effettivo il primato della preghiera e della contemplazione. Senza questo non ci potrà essere un discernimento autentico ne si potranno compiere opzioni pastorali solide. L'identità più profonda dell'America Latina è d'indole spirituale; 122 - la necessità di apportare tutto ciò che sia necessario per l'integrazione dei popoli latinoamericani, di questi col mondo e dei gruppi all'interno di ciascun paese. La comunità cristiana dovrà essere segno di pace, giustizia e riconciliazione; 123 - dall'interno di una società pluralista, la Chiesa deve cercare vie di dialogo, dando contenuto tangibile alla cultura della vita e alla cultura della solidarietà, di fronte a una cultura della morte e della dispersione. La nuova evangelizzazione dovrà apportare significato alla vita dei latinoamericani che, alle soglie del secolo XXI e del terzo millennio del cristianesimo, richiede ragioni per credere, per sperare e per amare. 2.1. La dimensione etica 2. Sguardo pastorale alla realtà sociale in America Latina 124 Siamo stati chiamati dal Signore per realizzare la nostra missione evangelizzatrice nel continente latinoamericano con rinnovato entusiasmo, accompagnando un popolo che vive in situazioni concrete. Come si affermò a Medellin e Puebla, è assolutamente necessario ribadire che siamo pastori di paesi poveri e impoveriti. 2.1. La dimensione etica 125 Lo sguardo pastorale significa vedere la realtà con gli occhi di Dio, cioè tentare di compiere, a partire dalla fede, una lettura dei segni dei tempi per scoprire la presenza divina in tutto ciò che esalta la dignità di ogni uomo e ogni donna, come anche denunciare, con indignazione, ogni situazione che non rispetta l'autentica realizzazione integrale di ogni essere umano. 126 La persona umana e la sua situazione concreta sono il criterio dello sguardo divino sulla realtà del nostro continente. Pertanto è a partire dalla realtà della persona e, con maggior ragione, a partire dalla realtà della situazione del povero che ci apprestiamo a considerare i fatti che configurano la nostra condizione di subcontinente. Le parole di Giovanni Paolo II ci interpellano profondamente: "La Chiesa, in virtù del suo impegno evangelico, si sente chiamata a stare unita a queste moltitudini povere, a discernere la giustizia dei loro reclami e ad aiutare a renderli realtà senza perdere di vista il bene dei gruppi in funzione del bene comune". 127 Senza avere la pretesa di presentare una visione completa della realtà dei nostri paesi, ci poniamo all'interno della condizione economica, politica, culturale ed ecclesiale per offrire uno sguardo pastorale degli eventi trascorsi da Puebla a Santo Domingo. 2.2. La situazione economica 128 Il sottosviluppo dei nostri paesi non è semplicemente un fenomeno di "ritardo" di fronte allo sviluppo sperimentato nei paesi del Primo Mondo, ma il risultato di tutto un processo storico e strutturale che colpisce negativamente l'insieme delle nostre economie. 2.2.1. Il decennio perduto 129 Da un punto di vista economico, gli anni Ottanta sono stati significativamente chiamati "il decennio perduto", a causa del regresso nel potere d'acquisto che i nostri popoli hanno sperimentato, col conseguente degrado dei loro livelli di vita. Il peso del debito estero, la caduta del reddito medio prò capite in questi ultimi tredici anni, il flagello dell'inflazione, la riduzione negli investimenti sia nazionali che stranieri, l'intervento dei sistemi finanziari per evitarne il fallimento, la drammatica contrazione dei salari, l'aumento reale della sottoccupazione e della disoccupazione, le situazioni di miseria dei pensionati e l'impotenza dello Stato nell'affrontare gli enormi problemi sociali, costituiscono realtà tragiche che giustificano l'aggettivo applicato agli anni Ottanta e che implicano non tanto cifre statistiche quanto situazioni dolorose che colpiscono tanti uomini, donne, anziani, giovani e bambini dei nostri popoli. 130 Mentre si verifica un'espansione della politica economica europea e del Sud-Est asiatico, i mercati latinoamericani sono considerati meno attraenti per la povertà e la limitazione della loro capacità d'acquisto. La relazione dei prezzi a livello internazionale tra le materie prime e i prodotti finiti è sempre più diseguale e discriminatoria, colpendo molto sfavorevolmente l'economia dei paesi non industrializzati. Questa situazione tende ad aggravarsi per il mantenimento di sussidi e dazi che ritardano e impediscono un ordine economico mondiale più fraterno, giusto e solidale. 2.2.2. Paesi indebitati 131 Si stima che il valore totale del debito estero dei nostri paesi abbia raggiunto la cifra di 429.174 milioni di dollari nel 1991. Il problema del debito estero non è solo ne principalmente economico, ma umano, perché porta a un impoverimento sempre maggiore e impedisce lo sviluppo e ritarda la promozione dei più poveri. Coscienti dell'obbligo morale di pagare i debiti, ci interroghiamo sulla sua validità quando il suo pagamento mette seriamente in pericolo la sopravvivenza dei popoli, e la stessa popolazione non è stata consultata prima di contrarre il debito. Facciamo nostra la preoccupazione di Giovanni Paolo II quando afferma che "è necessario trovare modalità di riduzione, dilazione o estinzione del debito compatibili col fondamentale diritto dei popoli alla sussistenza e al progresso". 132 I paesi sviluppati, pur contando meno di un terzo della popolazione mondiale, beneficiano di oltre l'80% del reddito totale e i loro abitanti possiedono attualmente beni 25 volte superiori alla media di quelli dei paesi del Terzo Mondo. 2.2.3. La concentrazione della ricchezza 133 All'interno dei nostri stessi paesi si registra una concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi e una massiccia fuga di capitali che non risulta a favore della grande maggioranza impoverita. Ciò costituisce una grave mancanza di solidarietà con coloro che hanno reso possibile l'accumulazione di questi capitali. Purtroppo il fossato tra i paesi ricchi e quelli poveri, e tra ricchi e poveri all'interno degli stessi paesi, continua a essere una realtà che contraddice la fraternità che dovrebbe imperare tra tutti. 134 In alcuni dei nostri popoli il problema della terra è drammatico. Già Medellin aveva richiamato l'attenzione sulla necessità di "un'autentica e urgente riforma delle strutture e della politica agraria". Serve una giusta legislazione agraria per formare, proteggere e rendere tanti contadini e indigeni partecipi del destino universale dei beni. Nel suo Messaggio per la Quaresima di quest'anno, Giovanni Paolo II ha invitato a condividere tra tutti "la mensa della creazione". E riferendosi alla realtà nei nostri paesi ha denunciato che "cinque secoli di presenza del Vangelo in quel continente non hanno ancora ottenuto un'equa distribuzione dei beni della terra; e ciò è particolarmente doloroso quando si pensa ai più poveri tra i poveri: i gruppi indigeni e con essi molti contadini, feriti nella loro dignità per essere mantenuti al margine perfino dell'esercizio dei più elementari diritti". 135 Preoccupa il fatto che il fallimento del modello economico basato sulla centralizzazione statale abbia prodotto un'esaltazione del mercato come unico criterio. La disuguaglianza tra chi ha e chi è nella necessità, lo sfrenato desiderio di profitti rapidi ottenuti senza alcuna preoccupazione per considerazioni di ordine morale, la frequente burocratizzazione inefficiente e corrotta dei servizi statali rappresentano seri ostacoli al progresso autentico e condiviso, Nei nostri paesi poveri la responsabilità sussidiaria dello Stato per garantire l'equa distribuzione dei benefici e del progresso, e la mentalità solidale dell'impresa privata sono assolutamente necessario. 136 Le caratteristiche delle economie dei nostri paesi sono quelle tipiche delle nazioni povere: diseguale distribuzione dei beni, bassi livelli di produttività, ridotto consumo di beni, servizi pubblici deboli e insufficienti e un'economia fondata principalmente sull'esportazione di materie prime; tutto ciò provoca l'emarginazione di grandi settori della popolazione, che soffrono gravi problemi di abitazione, vestiario, insicurezza sociale, malattie endemiche, alti indici di mortalità, crescente emigrazione dalle campagne verso le città, alti tassi di analfabetismo e disoccupazione e salari che rendono impossibile il dignitoso mantenimento di una famiglia, col conseguente deterioramento della stessa. 2.2.4. Il mondo del lavoro 137 Un'attenzione speciale merita la realtà del lavoro, problema fondamentale di tutta la questione sociale, giacché è mediante il salario che la persona ha accesso ai beni di cui ha bisogno per soddisfare le proprie necessità fondamentali ( casa, alimentazione, salute, educazione, vestiario, risparmio e riposo ). Ancora di più, il giusto salario - che non va confuso col salario minimo o legale, che generalmente non è giusto - costituisce la "verifica concreta della giustizia di tutto il sistema socioeconomico e, a ogni modo, del suo giusto funzionamento. 138 La realtà del lavoro è definita da nuovi fattori: mutamenti nei sistemi di produzione, trasformazione del sistema di lavoro tradizionale, instaurazione di un nuovo tipo di relazioni tra le persone e il lavoro, comparsa di grandi settori emarginati, e cambiamento di mentalità, che ha sostituito il senso cristiano del lavoro come servizio agli altri con una mentalità di puro profitto che giunge a disconoscere l'inalienabile dignità del lavoratore. Troppo spesso siamo testimoni di situazioni in cui si da priorità al capitale rispetto al lavoro, riducendo la persona del lavoratore a mero strumento di produzione. 139 La crisi del mondo del lavoro si evidenzia nelle grandi masse che non riescono a soddisfare le proprie necessità fondamentali col salario ricevuto. Il lavoro intellettuale ha visto l'incremento di lavoratori di concetto in situazioni di crisi di impiego per la propria professione. 140 La speranza in un processo di rapida crescita industriale non si è realizzata. La trasformazione della società agraria in urbana e industriale fu accompagnata da un'emigrazione verso le città a un ritmo che superò quello della stessa industrializzazione, provocando la presenza urbana di grandi settori emarginati che non riescono a integrarsi nei benefici dell'industrializzazione. 2.2.5. L'economia informale 141 La mancanza di investimenti e l'incapacità di crescere al ritmo delle necessità sociali, l'impossibilità dello Stato di assumere il grande numero di disoccupati e l'imposizione di condizioni dall'estero, hanno fatto sì che, all'interno di questa crisi, si ristrutturassero le forme tradizionali di lavoro, con la nascita di un'economia "informale" ai margini dell'economia ufficiale. Quest'economia informale e popolare occupa attualmente in alcuni paesi il 30% e in altri fino al 50% della popolazione economicamente attiva. Tale fenomeno esprime la creatività degli impoveriti per assicurarsi la sopravvivenza. Inoltre la sua presenza ha significato nuove forme di cooperazione, organizzazione e cogestione in attività di iniziativa comunitaria. Sebbene questi sforzi siano significativi in ordine alla "sussistenza", risultano marginali e insufficienti per un progetto economico il cui centro sia effettivamente lo sviluppo delle persone umane e la loro dignità. 2.2.6. L'impresa 142 L'impresa affronta la sfida di unire l'innovazione tecnologica e lo sviluppo alla giustizia, alla partecipazione e al rispetto per la soggettività e i diritti della persona lavoratrice. Nonostante lo sforzo onesto di alcuni per riconciliare il necessario beneficio dell'impresa con un salario giusto, duole constatare che siamo ancora lontani dal vedere l'impresa come una comunità di persone. 143 Il pensiero sociale della Chiesa postula come finalità dell'impresa la produzione di benefici che permettano la crescita e un maggiore servizio alla comunità, come pure l'esistenza di un gruppo di persone che mediante il lavoro cerca di realizzarsi con dignità e soddisfare le proprie necessità. "I benefici sono un elemento regolatore della vita dell'impresa, ma non l'unico; insieme a essi vanno considerati altri fattori umani e morali che, a lungo termine, sono per lo meno ugualmente essenziali per la vita dell'impresa". 2.2.7. Verso un 'economia di solidarietà 144 La precaria situazione economica dei nostri paesi significa la quotidiana sofferenza di tanti uomini, donne e bambini che patiscono la fame. Inoltre la mancanza di lavoro o il lavoro mal retribuito hanno fatto crescere in vari dei nostri paesi il numero di persone legate, direttamente o indirettamente, alla produzione e alla commercializzazione della droga, come anche ad altre forme di economia fondate sul contrabbando. I salari insufficienti che lo Stato offre non di rado sono la prima causa della generalizzata corruzione amministrativa. 145 Un desiderato cambiamento di mentalità nelle relazioni economiche, che non si fissino solo con criteri di mercato tra i paesi industrializzati e i nostri, la crescente coscienza della necessità di un nuovo tipo di sviluppo basato sulla giustizia, le nuove forme di sussistenza, prodotto della creatività popolare, la ricerca di un nuovo tipo di impresa, conforme alla dignità del lavoratore, la creazione di una piccola e media impresa con migliori livelli di produttività e la coscienza della necessità di un'ampia integrazione regionale per affrontare i problemi e l'inserimento nel mercato mondiale, sono alcuni passi positivi che si stanno abbozzando per far fronte al dramma della presenza dei grandi settori emarginati nelle nostre società. 2.3. La situazione politica 146 Il tratto che definisce la società politica internazionale alla fine del secolo XX è la presenza dei gruppi emergenti ( per esempio la Comunità Economica Europea ) in contrasto coi blocchi antagonisti tradizionali ( Est-Ovest ). Le grandi nazioni del mondo sono venute compiendo da anni questo processo d'integrazione; al contrario, i nostri paesi sono stati assenti. Quindi alcuni già parlano del superamento del concetto di "dipendenza" con quello di "prescindenza" per quanto si riferisce al ruolo del nostro continente nel futuro. 147 Il crollo del muro di Berlino è un simbolo della crisi delle ideologie classiche che predomina in campo politico. Attualmente il fattore economico pare essere determinante nell'azione politica, dando luogo a un'ideologia di taglio pragmatico in cui il concetto di Stato si confonde con quello dell'imprenditore. Il valore dell'efficienza per risolvere i problemi diventa oppressivo quando non è accompagnato da una corretta scala di valori, fondata sul rispetto per la dignità di tutte e di ciascuna delle persone. In nome dell'efficienza non si possono ritenere in esubero ne persone ne popoli. 2.3.1. La necessaria integrazione 148 Non è nuova l'idea dell'integrazione tra i nostri paesi, però manca ancora una decisa volontà politica per realizzarla. Questa assenza di integrazione si constata anche all'interno di ciascun paese nel fossato tra ricchi e poveri, tra campagna e città, tra regioni prospere e regioni abbandonate: nella discriminazione razziale e nella tragica massa emigrante composta da oltre trenta milioni di latinoamericani espulsi dai propri paesi a causa della povertà o della violenza politica. 149 Nel processo d'integrazione ci si dovrà interrogare sul tipo di sviluppo che desideriamo. Non possiamo trascurare l'esperienza vissuta da molti paesi cosiddetti sviluppati, asfissiati dal consumismo e da una competizione senza limiti. Lo sviluppo e l'integrazione, perché non cessino di essere autenticamente umani, devono realizzarsi nel quadro della libertà e della solidarietà, senza sacrificare l'una all'altra, per nessun pretesto. 2.3.2. Il passaggio alla democrazia 150 Gli anni Ottanta si sono caratterizzati per il passaggio dai regimi militari a sistemi di governo democratici. Questo passaggio ha significato l'esercizio della libertà civica in contrasto con l'insicurezza che si sperimentava nei regimi anteriori. Tuttavia esiste un clima di disillusione e frustrazione a causa di una lotta tra partiti segnata dal settarismo, dall'ambizione personale, dal clientelismo di partito e dal mancato adempimento delle promesse elettorali. 151 In alcuni dei nostri paesi la presenza della Chiesa ha facilitato l'accesso alla democrazia e in altri ha partecipato attivamente ai dialoghi di pace tra le guerriglie e il governo per facilitare una convivenza sociale fondata sul dialogo e il consenso in un quadro di riconciliazione, che esige il riconoscimento della verità, l'instaurazione della giustizia e l'opzione generosa del perdono. 152 La separazione dei tre poteri - legislativo, esecutivo e giudiziario - costituisce il principio dello Stato di diritto che distingue la democrazia da qualunque sistema totalitario. Pertanto l'esecutivo deve rispettare l'indipendenza degli altri due poteri; il legislativo deve essere responsabile delle proprie deliberazioni pensando al bene di coloro che rappresenta; e il giudiziario deve agire in funzione della giustizia che considera tutti i cittadini uguali davanti alla legge. Nei nostri paesi non sempre si rispetta questa divisione dei poteri e si riduce il sistema democratico a una pura formalità in cui l'esecutivo e il legislativo non vegliano sugli interessi dei cittadini e il giudiziario non esercita con imparzialità le sue decisioni. 153 Preoccupano oltre misura due realtà: primo, gli attuali regolamenti dell'attività parlamentare che, a causa di motivazioni di partito o pressioni di gruppi di potere, permettono di ritardare l'emanazione di leggi che sarebbero vitali per il bene comune; secondo, la debolezza del potere giudiziario a causa della sua lentezza, dei sospetti di corruzione e la mancanza di libertà di fronte ai gruppi di potere. Questa mancanza di credibilità nella giustizia giudiziaria ha gravi conseguenze per la vita sociale dei nostri popoli, sia perché non tutti i cittadini hanno lo stesso accesso a essa, sia per la decisione di alcuni di farsi giustizia da sé. 2.3.3. Risultati e disillusione 154 Un sistema democratico rappresentativo mediante il voto elettorale, ma che non è ancora riuscito a promuovere la partecipazione reale della cittadinanza, l'incapacità dello Stato di rispondere in maniera opportuna alle domande sociali, la progressiva perdita di fiducia nei politici, la corruzione, la burocrazia inefficiente della pubblica amministrazione, riducono la pratica del sistema democratico a una mera formalità che non aiuta le grandi masse della nostra società. Inoltre, la disillusione di fronte ai governi democratici accresce la violenza terrorista. L'evidente debolezza e la corruzione delle istituzioni pubbliche della maggioranza dei nostri paesi genera alti livelli di violenza nella misura in cui si perde fiducia in esse e si agisce ai loro margini. 155 La democrazia è uno stile di vita civile in cui la partecipazione libera e responsabile costituisce un'espressione del rispetto dovuto a tutte e a ciascuna persona umana nello spirito di solidarietà che si traduce nell'assumersi i problemi che riguardano il bene di tutti, con una mentalità comunitaria. La forza del dialogo politico e la ricerca di consensi sociali intorno ai problemi nazionali per trovare soluzioni giuste e pacifiche sono passi essenziali perché i nostri popoli vivano maggiormente secondo la loro dignità di persone umane. 2.3.4. La partecipazione locale 156 La sfiducia nei confronti dei partiti politici e la debolezza dei sindacati sono state accompagnate dalla nascita di altre organizzazioni di origine comunitaria. La coscienza della necessità della partecipazione locale, al municipio e ad altri corpi intermedi tra l'individuo e lo Stato, rivela un cambiamento nella concezione della democrazia, da una semplice azione elettorale a un'altra in cui la comunità cerca forme per organizzarsi e far fronte alle proprie necessità. Le marce e altre forme di partecipazione popolare, attiva e nonviolenta, sono segni positivi. 157 Il riconoscimento dei nuovi movimenti sociali emergenti deve essere unito alla valorizzazione dell'attività politica come un servizio alla comunità nella promozione della giustizia, nella difesa dei diritti umani, nella ricerca di un progetto di bene comune in cui tutti abbiano spazio e possano avvantaggiarsi del progresso nazionale. A tale proposito, il fenomeno del populismo politico risulta alienante quando mobilita le masse senza avere un progetto definito e percorribile. 2.3.5. I diritti umani 158 La sicurezza della nazione è responsabilità di tutti i cittadini. Le Forze Armate, sottoposte alla legittima autorità civile, devono essere garanti del sistema democratico e promuovere la pace. Il militarismo, come dottrina di guerra totale, ha lasciato molti cadaveri nella storia recente dei nostri paesi, violando seriamente i diritti fondamentali dei cittadini. È anche necessario riconoscere il ruolo decisivo delle Forze Armate nella lotta contro il terrorismo e il narcotraffico, nella misura in cui agiscono nel rispetto dello Stato di diritto. 159 I diritti umani si violano con la repressione, gli assassini, la tortura e le sparizioni, anche con l'esistenza di condizioni di estrema povertà e di strutture economiche che stimolano la disuguaglianza. L'intolleranza politica, l'azione terrorista e l'indifferenza di fronte alla situazione di impoverimento generalizzato, manifestano un disprezzo verso la vita umana concreta che non possiamo tacere. Nel nome del Dio della Vita dobbiamo condannare con forza queste mancanze di elementare rispetto per la persona umana. 160 Una delle violazioni dei diritti umani che arriverà fino alle generazioni future, ai futuri figli e figlie dei nostri paesi, è il saccheggio dell'ambiente, con la distruzione delle risorse naturali per la ricerca di benefici rapidi e immediati. Gli anni a venire saranno determinanti per l'ecologia e, pertanto, per la sopravvivenza. 161 L'attuale denutrizione infantile, la diserzione scolastica, i bassi livelli d'istruzione, la grave difficoltà dei giovani a trovare lavoro e formare una famiglia stabile e la disgregazione della famiglia stessa sono una drammatica minaccia per il futuro dei nostri popoli. 2.4. I nuovi volti della povertà 162 In questi ultimi anni è stato riconosciuto retoricamente, in forma sempre più ampia e universale, il principio del rispetto per i diritti umani come anche per la dignità che spetta a ogni persona e a tutti i popoli. Il passaggio dai regimi dittatoriali o autoritari a sistemi politici democratici è un'espressione collettiva di questa sensibilità. Tuttavia si può affermare che rimane ancora un lungo cammino da compiere, popolato dal volto dolente di troppe persone rispetto alle quali questo principio non smette di essere un enunciato teorico che non si è riusciti a concretizzare. 163 A Santo Domingo dovremo allungare la lista dei volti sofferenti che già erano stati presentati a Puebla. Nella fede riconosciamo in questi volti gli stessi tratti dolenti di Cristo che ci interpellano e ci mettono profondamente in discussione ( Mt 25,44-45 ) come pastori, credenti e semplicemente come persone. Alle soglie del terzo millennio incontriamo i volti sfigurati dalla fame, conseguenza dell'inflazione, del debito estero e di ingiustizie sociali; i volti disillusi dai politici che promettono e non mantengono; i volti umiliati per il mancato rispetto e persino per il disprezzo della propria cultura; i volti terrorizzati dalla violenza quotidiana e indiscriminata; i volti angosciati dei minorenni abbandonati che camminano nelle nostre strade e dormono sotto i nostri ponti; i volti sofferenti delle donne umiliate e trascurate; i volti stanchi degli emigranti che non trovano un'accoglienza dignitosa; i volti invecchiati dal tempo e dal lavoro di quanti non hanno il minimo per sopravvivere degnamente. 164 Dietro ciascuno di questi volti incontriamo la vita di persone concrete, tragedie anonime occultate sotto le cifre, ma sofferenza reale per quanti la vivono. Più ancora, queste situazioni di povertà si verificano in paesi che si dicono cattolici. Questa contraddizione è scandalosa e ferisce profondamente la nostra anima di pastori. 165 Una parola di ringraziamento e incoraggiamento a tante istituzioni e persone che, ponendo in pericolo persino la propria vita, si dedicano quotidianamente ai più impoveriti dei nostri popoli. Non basta più regalare il pesce e neppure insegnare a pescare perché, prima di tutto, bisogna creare le condizioni affinché sia possibile andare a pescare. È responsabilità di tutti, non solo di alcuni. 3.1. La cultura come modo di vita 3. Sguardo pastorale alla realtà culturale in America Latina 166 La cultura ingloba tutti quei fattori che costituiscono l'identità di un gruppo umano; è un modo di vivere in cui si trovano le radici più profonde della propria identità e del senso della vita in un gruppo che condivide gli stessi riferimenti vitali. La cultura è "la vita di un popolo"; all'interno della propria cultura uno si sente a casa propria , poiché la cultura comprende lo stile di vita comune che caratterizza un popolo. 3.2. Unità e pluralismo culturale 167 Il pluralismo culturale definisce il popolo latinoamericano. La nostra missione evangelizzatrice giungerà a comunicare un'autentica Buona Novella solo se sarà capace di assumere i diversi linguaggi e le diverse pratiche culturali per annunciare a partire da esse la parola e l'opera di Gesù Cristo. Insieme a Giovanni Paolo II siamo coscienti che "solo dall'interno e attraverso la cultura la fede cristiana arriva a farsi storica e creatrice di storia". 168 All'interno di un pluralismo culturale troviamo alcuni tratti comuni, specialmente tra i più poveri e semplici, che ci permettono di parlare di una cultura latinoamericana che ci distingue da altri popoli: un atteggiamento accogliente, una solidarietà spontanea di fronte ai disastri naturali e alla malattia, una valorizzazione della famiglia e dell'amicizia, un predominio dell'elemento intuitivo su quello razionale e un'apertura al trascendente. Tuttavia anche il maschilismo, che non rispetta l'uguale dignità della donna, e la scarsa valorizzazione di ciò che è proprio rispetto a ciò che viene da fuori, cosi come l'incostanza e l'improvvisazione, sono pure nostre caratteristiche. 3.3. Le culture originarie 169 Negli ultimi decenni, di fronte a un accelerato processo di trasformazione e di progressi tecnologici, a prima vista, i popoli indigeni e neri parevano abbandonare la lotta per la difesa della loro cultura, proseguita per secoli. Ma quella apparente capitolazione si manifesta attualmente piuttosto come un segno di flessibilità e di capacità di adattamento. Di fatto oggi - molto più che nei decenni passati - in tutti i nostri paesi fioriscono con vigore numerose organizzazioni indigene e movimenti della negritudine, coordinati a livello internazionale, non sempre estranei alla manipolazione ideologica e politica. 170 Alla luce di questa rinascita è prevedibile che ci troviamo solo all'inizio di movimenti etnici permanenti, di massa e forti. In molti nostri paesi la maggiore sfida sarà il dialogo rispettoso con essi perché possano occupare il proprio posto nella convivenza comune. 171 D'altra parte è ora di prendere sul serio i loro giusti reclami, evitando una posizione folclorica di accondiscendenza, come pure una visione archeologica che confonde il rispetto con la statica conservazione del passato. Sono persone che hanno sofferto molto; sono i poveri, sebbene originari abitanti delle nostre terre. Con onestà chiediamo perdono come pastori della Chiesa cattolica per le volte in cui non abbiamo saputo riconoscere la presenza dei "semi del Verbo" in queste culture, per le volte in cui abbiamo confuso l'annuncio del Vangelo con l'imposizione della cultura occidentale, per le volte in cui non li abbiamo trattati come figli dello stesso Dio Padre: essi rappresentano il passato dei nostri paesi. 3.4. La cultura moderna 172 Il nostro presente è configurato anche dalla cultura moderna, principalmente frutto della crescente industrializzazione, della concentrazione nelle città, dei progressi tecnologici e dei mezzi di comunicazione sociale di massa. 173 Il mutamento culturale più profondo che si sperimenta nei nostri popoli è quello relativo al senso della vita. In una società preindustriale come la nostra all'inizio del secolo, il senso della vita ( il "come", il "perché" e "a che scopo" vivere ) era ampiamente condiviso perché aveva - maggioritariamente - lo stesso referente cristiano. Il passaggio alla società industriale ha implicato la presenza di una diversità e un pluralismo - a volte contraddittori - sul senso della vita, che mina l'adesione incondizionata alle forme più tradizionali di intendere il mondo e le relazioni tra le persone, producendo un vero sconcerto culturale. Tale cultura della modernità, giungendoci dall'estero, penetra inizialmente mediante i canali economici, sociali e culturali del mondo urbano, in particolare degli Stati Uniti e dell'Europa. 174 Questa cultura moderna sottolinea il protagonismo del soggetto in un mondo da costruire, mettendo in risalto i valori della libertà, dell'uguaglianza e della fraternità. Il riconoscimento dell'uguaglianza ha permesso una maggiore coscienza dei diritti umani. L'adesione alla libertà ha consacrato la democrazia come un sistema di governo di ampia partecipazione. La proclamazione della fraternità ha inaugurato una mentalità più universale nella considerazione del mondo come un villaggio planetario. 175 Tuttavia la cultura moderna ha generato anche nuovi idoli: un materialismo che prescinde dal trascendente e si affanna per la soddisfazione del "qui e ora", il consumismo sfrenato che valorizza l'"avere" al di sopra dell'essere", l'acquisizione delle "cose" al di sopra della dignità delle "persone", l'ansia di potere col proposito di dominare gli altri secondo la propria volontà, un ambiente di permissivismo morale che non riesce a fondare la libertà nella ricerca della verità e, pertanto, finisce per essere espressione di un individualismo soggettivista e solitario; il meccanismo della società industrializzata entra in una frenetica dinamica di produzione e consumo per la propria sopravvivenza, facendo del consumo un fine e non un mezzo. Questi idoli stanno disumanizzando le relazioni tra le persone, creano dipendenze e necessità artificiali in forma progressiva e frammentano ancora di più qualunque identità latinoamericana. 176 La modernità, come ogni realtà umana, ha portato con sé conseguenze positive e negative. La mancanza di discernimento e un'ingenua acriticità di fronte a essa confonde il nuovo col buono e il poter fare col dover fare. Il nuovo è buono in quanto umanizza la persona in comunità e l'aumento della capacità tecnica si può considerare un autentico sviluppo umano solo nella misura in cui è al servizio di una retta comprensione del senso della vita della donna e dell'uomo reali. 177 Sorge inoltre un interrogativo postmoderno che mette in discussione la fiducia nella ragione e l'individualismo soggettivista, tipici della modernità, che si apre alla preoccupazione ecologica e a forme alternative di ricerca e contatto col trascendente e il misterioso. Tuttavia la modernità ha ereditato anche la crisi di senso e il regno dello scetticismo. Il ricorso alla droga come rifugio dal non-senso, la pretesa di un'etica senza solidarietà e il ritorno a un fondamentalismo religioso fanatico e magico come ricerca di sicurezza, sono manifestazioni della postmodernità. 3.5. La cultura dei poveri 178 L'emarginazione economica e sociale di grandi settori dei nostri popoli ha creato una vera cultura dei poveri. Il volto di questa cultura è nero o mulatto, giallo o bianco. Però la stessa situazione di povertà ha insegnato loro a convivere con la loro realtà concreta. Insieme a gesti di commovente solidarietà, sorgono atteggiamenti egoisti e persino di sfruttamento, che prima erano assolutamente estranei alla cultura dei poveri. 179 La precarietà caratterizza la vita quotidiana del povero. La fame di oggi e l'incertezza del domani, il sovraffollamento che rende impossibile la necessaria intimità e confonde la strada con la casa, la denutrizione che rende facile vittima di ogni malattia, l'anonimato sociale, umiliante e che espone al sospetto a causa del colore della pelle o del vestito, il mancato accesso all'educazione e la mancanza di preparazione tecnica, sono alcuni elementi che configurano la quotidianità del povero. 180 Tuttavia la stessa situazione di povertà insegna il valore della solidarietà come condizione di sopravvivenza, l'apprezzamento per le relazioni interpersonali al di sopra dei beni materiali, la fiducia nella Divina Provvidenza e uno spirito festoso, nonostante i problemi. È impressionante osservare come a coloro che hanno molto non ne avanza mai, mentre quelli che hanno poco trovano sempre qualcosa da condividere. 3.6. La cultura dei giovani 181 Nelle diverse culture, i giovani cercano una propria identità culturale. La cultura dei giovani non costituisce una cultura differente, perché fa parte della cultura del loro popolo, anche se ha tratti caratteristici specifici: parlano un linguaggio proprio, amano la musica, le feste, vestire diversamente, vivere in gruppo e sono aperti al nuovo. 182 I giovani, un gruppo numericamente molto importante nei nostri paesi, vivono la fase in cui costruiscono la propria personalità, definiscono la propria scala di valori e concretizzano il proprio progetto di futuro. La gioventù è un tempo fondamentale di decisioni e di assimilazione di valori per la vita. Le caratteristiche di questa fase rendono i giovani più sensibili di fronte alla cultura e in loro si manifestano - più che in altri settori sociali - gli effetti negativi e positivi che questa produce. 183 La realtà giovanile del continente è segnata dalla problematica delle famiglie, da un'educazione che non sempre risponde alle esigenze della vita e ai livelli superiori diventa irraggiungibile per le grandi masse, da una violenza istituzionalizzata ( povertà, repressione, guerriglia, narcotraffico, dogmatismo ideologico dei partiti, ecc. ) che genera in alcuni nuove risposte violente, sentendosi delusi dall'azione dei nuovi governi democratici. 184 I nostri giovani sono aperti al dialogo e paiono desiderosi di trasformare la realtà sociale in una società più umana e giusta. Sono disposti a impegnarsi, hanno idee nuove e mete da raggiungere, hanno conquistato spazi di partecipazione, riflesso di un crescente protagonismo, nonostante le limitazioni loro imposte. Hanno bisogno di riconoscimento e di constatare la fiducia nella loro capacità di essere autentici leader e portatori della forza giovanile perché vogliono assumere impegni concreti dentro e fuori la Chiesa. 3.7. Una cultura audiovisiva 185 I mezzi di comunicazione sociale hanno superato le barriere nazionali, comunicando all'istante ciò che avviene in altri paesi. Essi sono l'espressione più chiara del fatto che il mondo si sta trasformando in un villaggio planetario. La diffusione di informazioni, la capacità educativa e la trasmissione di valori fanno di questi potenti mezzi una fonte di creazione di cultura. Però in questa progressiva configurazione di una cultura universale non sempre rispettano l'originalità e la ricchezza di ciascuna cultura; a volte offrono una visione della vita distorta e superficiale e troppo spesso sono un semplice strumento di manipolazione, nelle mani di piccoli gruppi interessati al potere ideologico o al potere economico, al servizio di un'emergente cultura transnazionale di ispirazione neoliberale. 3.8. Una cultura di morte 186 La massiccia presenza dell'aborto, che viola il diritto alla vita indifesa e nascente, la strage di bambini, il terrorismo, gli squadroni della morte, i gruppi paramilitari, le bande di delinquenti, i sequestri a scopo di estorsione e il traffico di droga sono tutti segni di una cultura di morte che ci minaccia quotidianamente. La vita è il bene più grande dell'umanità. Il suo disprezzo in qualunque forma è un'offesa alla paternità del Dio della vita su ogni persona e alla solidarietà che dovrebbe caratterizzare l'umanità. 3.9. Verso una cultura cristiana 187 Il pensiero e i valori cristiani sono ancora presenti nei nostri popoli. La nuova evangelizzazione della cultura non significa una nuova cristianità, cioè la costruzione di un modello di società estraneo alle - e dominante sulle - culture, ma uno spirito impregnato dei valori cristiani che, incarnandosi nelle diverse culture, rende possibile che ciascuna trovi le proprie espressioni specifiche. 188 La religiosità popolare, la fede in Dio, espressa nella preghiera, il culto mariano, la devozione per i santi, il rispetto per la vita come dono di Dio, il senso comunitario, l'ospitalità e l'accoglienza, il neocomunitarismo di base sono alcuni valori cristiani che troviamo, specialmente tra i poveri. Ma il Vangelo deve essere lievito per purificare altri elementi negativi come la rassegnazione, il fatalismo, la passività, il conformismo e un senso spesso magico superstizioso della religione. 189 La cultura cristiana è la sfida che vuoi rendere presente, in modo progressivo e rispettoso, il Vangelo - mediante la testimonianza vitale dei cristiani - che va trasformando dal di dentro "i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita che sono in contrasto con la parola di Dio e col disegno di salvezza". 190 In fondo è la sfida di collocare la liberazione autentica e la realizzazione integrale della persona umana - nei suoi aspetti individuali e sociali - al centro della preoccupazione dell'agire culturale, economico, politico e sociale. 4.1. Il profetismo 4. Sguardo pastorale alla realtà ecclesiale in America Latina 191 Così come osserviamo criticamente la realtà storica e socio-culturale del continente, guardiamo ora la nostra Chiesa con un atteggiamento simile, fiduciosi che questo sguardo possa servire da stimolo per accrescere in noi la conversione. 192 Lo sguardo pastorale alla Chiesa implica necessariamente una relazione con la realtà concreta di ogni paese. Il mondo latinoamericano interroga permanentemente la Chiesa, e questa, a sua volta, cerca di dare una risposta a partire dal Vangelo. 193 Apprezzeremo meglio la realtà ecclesiale se la osserveremo attraverso le mediazioni essenziali della pastorale fondamentale di Gesù, che sono normative per la comunità cristiana di ogni tempo: la mediazione profetica, la mediazione della comunione, la mediazione celebrativa e la mediazione diaconale. ( Lc 4,16-21; Eb 8-9; Gv 13,1-16; Gv 17,20-26 ) 4.1. Il profetismo 194 Il profetismo è da sempre la mediazione primordiale che rende accessibile alla storia e al cuore di ogni essere umano il disegno amoroso del Padre rivelato al mondo. ( Eb 1,1-2 ) 4.1.1. La parola di Dio 195 Abbiamo una ricca esperienza di incontro assiduo con la parola di Dio contenuta nella Scrittura. La centralità della parola di Dio cresce progressivamente nella vita della Chiesa. La riflessione, lo studio e l'orazione sulla Scrittura sono stati un elemento sostanziale nei processi evangelizzatori del continente. È notevole l'amore dei poveri e dei semplici per la Bibbia. Il desiderio di diffonderla ha propiziato la circolazione di edizioni popolari, la traduzione in lingue indigene e l'elaborazione di materiali e metodi per porla alla portata del popolo. A livello di diocesi, di paesi e di continente sorgono iniziative per promuovere la pastorale biblica. 196 Per contrasto oggi notiamo anche una mancanza di formazione biblica, sistematica e adeguata, fra gli agenti di pastorale. Le omelie, essendo poco bibliche, non riescono ad alimentare la vita della comunità. C'è, d'altra parte, la tendenza a un nuovo fondamentalismo e il pericolo di assolutizzare la Bibbia. L'assenza della parola di Dio nella pastorale spinge molti cattolici verso il protestantesimo nell'anelito di conoscerla. Nonostante gli sforzi compiuti, i più poveri non sempre hanno accesso a edizioni economiche della Bibbia. 4.1.2. La testimonianza dei cristiani 197 Riconosciamo ciò che molti cristiani hanno fatto come testimoni del Vangelo con la loro opera missionaria, il loro sacrificio personale, la loro dedizione al lavoro, l'autenticità della loro vita e, in molti casi, l'offerta del loro sangue. L'esempio dei confessori e dei martiri, che proclamano profeticamente i valori del regno di Dio, è presente tra noi. La società attuale, particolarmente i giovani, è molto sensibile alla testimonianza personale e comunitaria di quanti propongono il Vangelo come programma di vita. 198 Le controtestimonianze scandalizzano e impediscono l'efficacia dell'evangelizzazione. Molti cristiani spesso dimenticano che la testimonianza di vita autenticamente cristiana è il primo mezzo di evangelizzazione. 4.1.3. Il magistero dei pastori 199 Papa Giovanni Paolo II si manifesta con la sua parola e i suoi gesti come vero profeta che evangelizza il mondo contemporaneo. Egli edifica la Chiesa col suo primato al servizio della comunione, esprime la cattolicità e la dimensione missionaria del popolo di Dio. 200 In una pluralità di situazioni culturali, i pastori delle diverse Chiese particolari, uniti collegialmente a Pietro, esprimono frequentemente la loro parola profetica per illuminare e confortare il popolo di Dio che soffre in America Latina. È vero che ciò non è stato privo di conflitti, di malintesi e anche di attacchi provenienti dall'interno e dall'esterno della Chiesa. Tuttavia come pastori della Chiesa aspirano a essere vicini al popolo che intendono servire in nome e alla maniera di Gesù. 4.1.4. La riflessione dei teologi 201 Bisogna sottolineare la continuità di una riflessione teologica, inculturata a partire dalla realtà del continente, fatto che è stato estremamente fecondo per le nostre Chiese. 202 La riflessione dei teologi opera sull'insieme del mistero cristiano, dandone una visione organica, sistematica e attualizzata; inoltre si occupa della realtà socio-culturale, arricchendo il metodo teologico classico con la mediazione delle scienze umane. In America Latina si è compiuto un grande sforzo di riflessione teologica su temi come la religiosità popolare, la cultura, la riconciliazione e i diritti umani. 203 La riflessione teologica nel continente ha avuto la propria espressione più nota nelle teologie della liberazione, nate su impulso di Medellin e sviluppatesi con un forte radicamento nella problematica sociale dell'America Latina. 204 Nella prospettiva della nuova evangelizzazione acquista forza tra esse una teologia della liberazione fondata sulla dottrina sociale della Chiesa, come prassi di liberazione, "soteriologica ed etico-sociale",54 capace di dare impulso a una pastorale a favore della giustizia sociale, i diritti umani e la solidarietà coi più poveri. 205 Alcune teologie della liberazione non sono state senza errori, conflitti e sospetti, derivati tra l'altro dal ricorso - insufficientemente critico - all'analisi marxista e a un insufficiente dialogo tra teologi, pastori e magistero ecclesiastico. Perciò è stato necessario un processo di chiarificazione dottrinale, espresso nelle due Istruzioni della Congregazione per la Dottrina della Fede ( 1984 e 1986 ) e nella lettera di Giovanni Paolo II alla Conferenza Episcopale del Brasile del 9 aprile 1986. 4.1.5. La parola dei catechisti 206 La catechesi in America Latina ci si presenta nel segno del continuo rinnovamento, fondato principalmente su un maggiore contatto con la Scrittura, una conoscenza più profonda delle realtà socio-culturali, un insegnamento più chiaro del Magistero della Chiesa, una migliore creatività dei catechisti, un ricorso più frequente alle scienze teologiche e umane e una conoscenza attualizzata della nostra tradizione catechetica. 207 La catechesi, in molte parti, continua a essere il servizio laicale più importante ed efficiente nell'opera evangelizzatrice della Chiesa. È un campo dove si sono realizzati sforzi di inculturazione del Vangelo, non solo nei contenuti, ma anche nei metodi e negli agenti. 208 La catechesi latinoamericana possiede alcuni tratti tipici. Si presenta come una forma di evangelizzazione che parte dalla comunità. Perfeziona il senso della fede nel popolo di Dio. Conduce al mistero di Dio e si esprime nella vita dei cristiani, essendo un mezzo privilegiato di educazione all'autentica religiosità e pietà popolare. Si nutre della parola di Dio per promuovere l'inculturazione del Vangelo. Esplicita la dimensione sociale della fede, offrendo gli elementi necessari perché questa dimensione possa essere vissuta. Ogni giorno si esprime meglio come itinerario permanente ed educazione ordinata e progressiva della fede. 209 Certamente persiste ancora una mancanza di unità nei criteri dei catechisti circa età, tappe, testi, tempo, contenuto e metodi. Ciò provoca spesso anarchia e confusione. Ci mancano inoltre catechisti meglio formati. 210 Esistono ancora catechesi troppo concettuali. Alcune metodologie hanno lasciato la catechesi priva di contenuti seri. La catechesi spesso non illumina ne mette in discussione la vita attuale del credente. Non educa alla coscienza di Chiesa ne forma alla vita morale. Essa non è inserita nella pastorale organica ed è frequentemente vista con sguardo riduzionista o distorto. Molto rimane da fare nel campo della catechesi degli adulti e della formazione permanente. 4.1.6. La dottrina sociale della Chiesa 211 Siamo coscienti della validità della dottrina sociale della Chiesa come strumento profetico di azione liberatrice. I recenti pronunciamenti sociali del Magistero universale della Chiesa, dalla Mater et Magistra, passando per la Octogesima adveniens fino alla Centesimus annus, hanno avuto particolare risonanza in America Latina, continente segnato da tutte le forme di ingiustizia e oppressione. 212 Si compiono sforzi per diffondere la dottrina sociale della Chiesa nella base, nelle comunità cristiane, nelle regioni popolari, nelle campagne e in altri ambiti. Ma i risultati finora sono ancora scarsi. Pur avendo il buon proposito di porla al servizio della liberazione integrale, la dottrina sociale della Chiesa è conosciuta solo da ridotti gruppi di cristiani e da alcuni intellettuali che si interessano all'opera della Chiesa. 4.1.7. Il profetismo della comunicazione sociale 213 La comunicazione sociale è uno spazio privilegiato per esercitare il nostro ministero profetico di pastori. In molti luoghi i comunicatori sociali cristiani lottano per ottenere una maggiore presenza in questo difficile campo. In altri la Chiesa dispone di eccellenti mezzi di comunicazione sociale. 214 Tuttavia esistono grandi difficoltà per comprendere la civiltà dell'immagine e del suono e per impiegare il linguaggio televisivo e audiovisivo, tanto influente ai nostri giorni, fatto che blocca, o rende inefficiente, l'utilizzazione dei media. Non si crede nell'efficacia dei media e spesso non si sa che fare con essi. Da parte loro, i gruppi religiosi non cattolici li impiegano efficacemente, confondendo la fede del popolo, offrendogli un messaggio spiritualista e fondamentalista. 4.1.8. L'educazione che serve la persona 215 La Chiesa ha un compito profetico importante da svolgere tramite la propria attività educativa, formale e informale. Nel suo insieme è stata a favore dell'educazione liberatrice ed evangelizzatrice che include l'opzione preferenziale per i poveri. È encomiabile lo sforzo che compiono molte istituzioni nell'educazione popolare e nel campo assistenziale promozionale, come risposta a necessità reali dei settori emarginati. 216 Nella pratica però si percepiscono ancora molte reticenze ad assumere le opzioni pastorali della Chiesa, la cui azione nell'educazione formale è significativa, sebbene piena di ostacoli nel coordinamento e nella definizione di criteri unificanti. Alcune comunità religiose privilegiano ancora, con la propria presenza e il proprio servizio, i settori urbani del nostro popolo, e certi criteri - specialmente economici - impediscono un'educazione effettivamente cattolica. Infine va sottolineata la mancanza di risorse e, in alcune parti, di riconoscimento da parte dello Stato della funzione sociale che adempiono le istituzioni educative cattoliche. 4.1.9. I contenuti della predicazione 217 Tra noi la predicazione, nelle diverse forme, ha registrato un progresso qualitativo in molti agenti pastorali del popolo di Dio: omelie, catechesi, celebrazioni della Parola, insegnamento della religione, ecc. 218 Grazie a una maggiore sensibilità per la parola di Dio, la realtà e la formazione permanente, riscopriamo nel Vangelo il nocciolo del nostro annuncio: Gesù Cristo, culmine dell'esperienza cristiana, la Chiesa, luogo dove si concentra al massimo l'azione del Padre, e l'uomo, primo cammino che la Chiesa deve percorrere per compiere la propria missione. 219 Insieme a quanto sopra restano alcune forme di predicazione che fanno passare sotto silenzio, mutilano o deformano il messaggio di Gesù, sia perché accentuano un orizzontalismo senza trascendenza o uno spiritualismo senza incarnazione, sia perché lo ideologizzano deliberatamente, o infine perché lo interpretano soggettivamente, senza alcun riferimento alla fede e alla vita quotidiana della comunità ecclesiale. 4.2. La "koinonia" o comunione ecclesiale 220 La comunione ( koinonia ) è il risultato immediato della Parola proclamata, che riunisce nel nome di Gesù, infiamma per l'amore fraterno e rende i discepoli testimoni del Signore. ( At 2,42; At 4,32-36; 1 Pt 1,22-24 ) 4.2.1. Chiesa domestica 221 La famiglia in America Latina - nonostante la sua accelerata disgregazione - continua a essere uno spazio privilegiato per la crescita delle persone e un solido supporto della comunità cristiana. A ragione la si è chiamata "Chiesa domestica". Al fine di promuoverla esistono in America Latina molte esperienze di pastorale familiare, di catechesi sistematica e di evangelizzazione attraverso movimenti che vi si dedicano. 222 Non ignoriamo le nuove situazioni che modificano il profilo tradizionale della famiglia e incidono direttamente nella sua vita di fede. Bisogna segnalare i diversi tipi di famiglia latinoamericana, le filosofie disgregatrici della famiglia tradizionale, le condizioni della vita moderna, l'influsso dei mezzi di comunicazione sociale, la perdita dell'influenza familiare nei processi educativi, le campagne antinataliste, ecc. 223 Il futuro della famiglia ci pone abbondanti sfide pastorali ancora non risolte. L'attenzione pastorale alle famiglie lascia ancora molto a desiderare, soprattutto negli aspetti che la interessano più direttamente: etica sessuale, natalità, educazione, lavoro. Siamo carenti inoltre di un'attenzione pastorale e coordinata verso quelle famiglie che vivono in situazioni difficili: i divorziati risposati, i matrimoni interconfessionali, i separati temporaneamente o indefinitamente, il crescente numero di coppie che convivono, anche senza unione civile. 4.2.2. Le comunità ecclesiali di base 224 La maggioranza dei cattolici ha solo un'appartenenza vaga e generica alla comunità ecclesiale. Per rispondere a questa situazione nacquero le comunità ecclesiali di base che sono una delle nostre esperienze evangelizzatrici più originali. Sono il risultato di un lungo e difficile cammino che muove dal Vaticano II e prosegue attraverso Medellin, Evangelii nuntiandi e Puebla. Nelle comunità ecclesiali di base vi sono diversi stili. I loro contributi sono stati preziosi e ci hanno sensibilizzato ai valori centrali del Vangelo. 225 Le comunità ecclesiali di base aspirano a essere la base di una comunità parrocchiale, intesa come comunità di comunità. Non pensano se stesse come un movimento di Chiesa, ma come modo di essere e di esprimere la Chiesa, nello stile della primitiva comunità cristiana. 226 Le comunità ecclesiali di base si costruiscono a partire dalle comunità naturali e fioriscono principalmente nei quartieri periferici delle città e nei settori contadini. Spesso sono presiedute da laici debitamente preparati e autorizzati, generano ministeri laicali, sono strumento di inculturazione ed esprimono la propria fede, secondo il metodo comunitario del vedere, giudicare, agire, valutare e celebrare. 227 Di solito le comunità ecclesiali di base sono più forti tra i poveri, che si riuniscono per riflettere sulla realtà alla luce della parola di Dio, formando una comunità di fede e preghiera orientata alla trasformazione liberatrice delle persone e della loro situazione. 228 Le comunità ecclesiali di base suscitano anche timori, conflitti e sospetti in alcuni settori della Chiesa, a causa, tra l'altro, del rischio di manipolazione o ideologizzazione. In alcuni paesi sono messe in discussione per la loro visione di Chiesa, la relazione con la gerarchia e un certo parallelismo pastorale. Hanno bisogno di consolidare la propria identità ecclesiale, assumendo più profondamente gli orientamenti della Chiesa per essere strumenti efficaci di evangelizzazione. 4.2.3. I movimenti di Chiesa 229 Negli ultimi anni, come una fioritura di carismi, sono comparsi movimenti ecclesiali che cercano di rispondere agli aneliti di spiritualità, partecipazione e impegno dei laici, ai quali intendono offrire un vissuto più cosciente della propria fede e una formazione più profonda. Mettono l'accento sulla parola di Dio, sulla conversione, sulla preghiera in comune e l'azione dello Spirito, come base di un'evangelizzazione realizzata in forma organizzata. Molti sono stati i frutti che hanno prodotto nelle nostre Chiese. 230 I movimenti tuttavia possono in alcuni casi chiudersi troppo in se stessi, senza integrarsi positivamente nell'azione pastorale organica della comunità ecclesiale, promuovere spiritualità insufficienti e favorire un atteggiamento di competizione reciproca, che contraddice l'unità. 4.2.4. La comunità educativa 231 Una visione globale della Chiesa in America Latina ci permette di scoprire l'importante sforzo di evangelizzazione che si sta realizzando attraverso le istituzioni cattoliche. La scuola e le università cattoliche sono parte della vita culturale dei nostri popoli. È significativo il numero di operatori che lavorano in questo campo. 232 Tuttavia sono molte le istituzioni che hanno un'identità cristiana insufficientemente chiara. Molti dei loro servizi restano solo a livello di élites. Le aspirazioni delle università cattoliche di formare professionisti che incarnino un nuovo umanesimo cristiano al servizio del bene comune non sempre raggiungono risultati. 233 L'ispirazione cattolica della comunità educativa spesso è debole nel dialogo fede-cultura. La sua identità cattolica non risalta sufficientemente. Non sempre colloca i valori cristiani come base di integrazione nella vita sociale. Non stimola il senso critico, in un mondo che resiste al Vangelo, ne promuove la solidarietà e il servizio comunitario come centro di una vera educazione cristiana. La stessa catechesi, tanto meritoria, non riesce a permeare l'insieme dell'educazione delle nostre scuole, collegi e centri superiori. 234 La scuola cattolica è sottoposta a forti pressioni e a grandi controversie che le impongono di ridefinire la propria identità, dando vita ad altre forme di espressione evangelizzatrice. 4.2.5. La comunione nella parrocchia 235 Nonostante le difficoltà, la parrocchia continua a essere lo spazio ordinario in cui si nutre la fede della maggioranza dei cristiani e allo stesso tempo l'origine e il riferimento delle nuove esperienze comunitarie. Da anni è in corso un processo di rinnovamento sia in campagna sia in città. Vi sono parrocchie molto dinamiche e aggiornate dal punto di vista pastorale. 236 Tuttavia le nostre parrocchie - nella loro maggioranza - esigono un'urgente conversione a causa del centralismo clericale, dell'estensione geografica, della mobilità della popolazione principalmente urbana, della competitivita, dello scarso aggiornamento dei pastori, dell'isolamento e della sfasatura tra il ritmo della vita moderna e i criteri che animano la parrocchia. Tante parrocchie sono molto lontane dall'essere centri evangelizzatori e la loro capacità di "accoglienza" e dinamismo missionario lasciano molto a desiderare. 4.2.6. La Chiesa particolare 237 Le diocesi latinoamericane hanno progredito nella propria identità ecclesiale e sperimentato un grande impulso nei propri compiti pastorali. Molte si inculturano sempre più nella pluralità di situazioni socio-culturali che si presentano loro. 238 Con consigli presbiterali, sinodi, commissioni di pastorale, iniziative e organismi diversi aiutano i propri membri a rispondere ecclesialmente alle necessità concrete. Molti piani tendono a riflettersi ad altri livelli di Chiesa, in modo che l'azione pastorale si orienti progressivamente verso una pastorale organica e coordinata. 239 D'altra parte l'improvvisazione, la dispersione, l'individualismo e altri vizi ancestrali permangono come anti-segni che manifestano mancanza di senso ecclesiale. Nella maggioranza delle nostre diocesi resta ancora da percorrere un lungo cammino di comunione e partecipazione. 4.3. La celebrazione 240 La comunità cristiana celebra le meraviglie del Dio che la salva nella sua storia mediante fatti, prodigi e parole. Così si costituisce una testimonianza permanente dell'alleanza che vuole vivere il Regno in tutte le sue dimensioni. 4.3.1. La vita liturgica del popolo di Dio 241 In molte Chiese il rinnovamento liturgico del Vaticano II, di Medellin e Puebla sta riuscendo a mutare lentamente la mentalità e la prassi liturgica del popolo di Dio. Si va comprendendo che la liturgia ha una necessaria dimensione evangelizzatrice e l'evangelizzazione un'indispensabile dimensione liturgica. 242 Si sono compiuti considerevoli sforzi per rinnovare la pastorale liturgica. Un buon numero di comunità ecclesiali di base e di movimenti laicali sono riusciti a dar vita alle celebrazioni liturgiche in molti luoghi. Le norme liturgiche sono molto chiare. Esistono libri liturgici preparati con cura. Vi sono esperienze di celebrazioni presiedute da laici, per esempio celebrazioni domenicali in assenza del sacerdote, in conformità alle norme della Chiesa. La predicazione ne ha guadagnato in semplicità e ricchezza biblica. In generale vi è una preoccupazione di celebrare liturgie vive, ben preparate e partecipative. 243 Il rinnovamento liturgico, in molti posti, è rimasto tuttavia a livelli abbastanza superficiali. Esiste un'arbitrarietà, frutto di scarsa formazione liturgica, poca conoscenza della realtà culturale e degli orientamenti liturgici della Chiesa. In alcune regioni osserviamo un affanno di adattamenti ricercati che si pretende di identificare con la creatività. 244 In alcune Chiese e ambienti si teme che l'unificazione di testi liturgici possa rafforzare un'occidentalizzazione della liturgia, limitandone l'inculturazione e la sana creatività. 4.3.2. L'esperienza della religiosità popolare 245 Nelle Conferenze episcopali sono stati assunti gli orientamenti teologicopastorali di Medellin, Evangelii nuntiandi e Puebla. Mentre li riaffermiamo, vediamo la convenienza di invitare a una seria riflessione su alcuni fenomeni nuovi relativi alla religiosità popolare. 246 In primo luogo un crescente pluralismo religioso, situazione nuova che ci invita a un atteggiamento diverso, senza chiuderci nell'intolleranza. L'identità latinoamericana fondata sull'elemento cattolico tende gradualmente a diversificarsi, rompendo l'unità, a causa di altre opzioni religiose che si propongono come alternative. 247 Non è più sufficiente rivalutare la religiosità popolare di fronte alle tendenze del secolarismo e al fenomeno dei nuovi gruppi religiosi. Vediamo la necessità di evangelizzare la stessa religiosità popolare e superare l'ignoranza religiosa, affinché possa resistere - rafforzata e purificata - alla tentazione di cedere all'attrazione che tali gruppi esercitano su di essa. 248 Vi è una rinascita dell'elemento religioso non cristiano. Si tratta di correnti orientali di spiritualità e di esperienze religiose esoteriche che favoriscono un neosincretismo in grado di confondere molti settori del popolo di Dio. 249 È in corso un dialogo con le religioni autoctone, al fine di comprenderne il significato profondo, valorizzando il positivo e offrendo il Vangelo non semplicemente come un sostituto, ma come un progresso che libera ed esprime la pienezza di Dio nella storia di salvezza di tutti i popoli. 250 In America Latina la religiosità popolare è una sfida pastorale ancora aperta. Non si è riusciti a stimolarla sufficientemente con adeguate strategie pastorali per promuoverne la dimensione liberatrice. L'abbondanza di studi e orientamenti sul tema non sempre è accompagnata da una prassi pastorale coerente, a causa - in non poche occasioni - di ragioni di natura economica, specialmente in alcuni santuari. 4.4. La "diaconia" o servizio 251 Diaconia è la parola storica che esprime la missione nelle circostanze concrete dell'esistenza. Attraverso di essa le persone incarnano, in carismi e ministeri, la vocazione universale per il servizio che la Chiesa ha ricevuto da Gesù. ( Mt 20,24-28 ) 4.4.1. Gli agenti evangelizzatori e i loro ministeri I pastori del popolo di Dio 252 In America Latina si venera e si ama il successore di Pietro. Papa Giovanni Paolo II è stato accolto con grande affetto in tutti i nostri paesi. Il suo carisma di evangelizzatore universale è riconosciuto, ammirato e apprezzato da tutti. Si avverte anche un cambiamento nell'immagine dei nostri vescovi presso il popolo di Dio. Li si vede sempre più riflettere la figura di Cristo Pastore. 253 Tra i presbiteri vi sono segni di progresso nella loro identità come pastori che presiedono e animano le comunità e come agenti che promuovono il cambiamento sociale. Si va superando la figura del presbitero esclusivamente legata al culto e si stanno trovando nuove forme di spiritualità sacerdotale e di vita pastorale, unite a un crescente desiderio di aggiornamento teologicopastorale. 254 Tuttavia l'immagine del presbitero-pastore è ancora carente in molte regioni. Esistono incoerenze, abitudinarietà ed equivoci nella vita dei presbiteri, con profonde ripercussioni nelle comunità cristiane. Tra essi si registrano conflitti, antagonismi e polarizzazioni. È ancora frequente incontrare presbiteri poco rinnovati, che impediscono la partecipazione reale dei laici, specialmente delle donne. Se non si trovano soluzioni con rapidità, in molte regioni la scarsità di presbiteri può diventare drammaticamente cronica. 255 Il Ministero del Diaconato permanente ha cominciato a produrre frutti in alcune Chiese. Si va delineando meglio l'identità di questo ministero, che ha permesso l'attenzione pastorale a livelli più circoscritti; nelle parrocchie molti servizi laicali sono stati germe di diaconi permanenti. 256 Tuttavia questa realtà è ancora un'esperienza limitata e disparata. In alcune Chiese il diacono si è ridotto a un semplice aiutante del presbitero e in altre a un mero sacrestano. Il carattere "ordinato" del diaconato ha "clericalizzato" molti diaconi permanenti. La vita consacrata 257 La vita consacrata conserva il proprio posto di rilievo nell'evangelizzazione dell'America Latina. Negli ultimi anni si è vissuta un'esperienza di ricerca per ridefinirne l'identità e carismi, reinterpretandoli nel nuovo contesto socio-culturale ed ecclesiale dei nostri popoli. 258 Vi sono esperienze che puntano a una spiritualità inculturata, all'inserimento in zone di maggiore povertà, alla moltiplicazione di impegni concreti per la giustizia e nuove forme di lavoro pastorale. La vita consacrata si rinnova ogni giorno attraverso molte forme di organizzazione e comunione tra gli istituti religiosi, coi vescovi, il clero diocesano e i laici. 259 Nei diversi paesi si sono moltiplicate le fondazioni di comunità religiose con grande spirito di incarnazione nella nostra realtà. Nuove congregazioni sono nate nel continente per rispondere alle sue necessità concrete. Aumentano le vocazioni autoctone sia alla vita religiosa tradizionale che ad altre esperienze di vita consacrata. 260 La donna consacrata contribuisce a umanizzare i nostri processi di liberazione integrale e a rendere dinamica la pastorale della Chiesa. Ella si trova di frequente nei posti di maggiore difficoltà ed è particolarmente sensibile al grido dei poveri. Partecipa ampiamente all'evangelizzazione, sebbene spesso ai diversi livelli decisionali della Chiesa non la si prenda in considerazione. Accanto a questa forma di inserimento, ne esistono altre che pure si prefiggono di promuovere i valori del Vangelo. 261 In mezzo a questo processo di rinnovamento e di ricerca di ciò che Dio vuole, non mancano aspetti che frenano il dinamismo profetico della vita consacrata. Permangono alcuni modelli di vita consacrata legati alle proprie grandi opere e alle classi sociali più favorite, resistendo al cambiamento, all'inserimento, all'inculturazione e all'urgenza di partecipare alla pastorale d'insieme. Vi è anche chi adotta solo aspetti esterni del cambiamento, rimanendo nella superficialità. 262 Esistono alcune parrocchie e centri di culto presieduti da religiosi che non si inseriscono nella pastorale d'insieme, non si aggiornano ne incentivano la partecipazione attiva dei laici, limitandosi a promuovere, senza criteri pastorali, la religiosità popolare. 263 Alcune comunità hanno difficoltà nei rapporti con la gerarchia. Nelle relazioni reciproche si sono viste spesso registrate incomprensioni a livelli diocesani, nazionali e latinoamericani, fatto che non favorisce assolutamente l'impegno per la nuova evangelizzazione. 264 Vogliamo sottolineare il ruolo della vita consacrata contemplativa e della vita monastica coi loro carismi specifici. Nella prospettiva della nuova evangelizzazione la loro presenza ci stimola a tornare alle fonti primordiali dell'esperienza di Dio, condizione indispensabile per l'annuncio del Vangelo. 265 Tutta la vita consacrata è evangelizzatrice in quanto anticipa l'assoluto del Regno nella sua dimensione escatologica. Istituti secolari 266 L'esperienza degli istituti secolari è significativa ed essi sono in crescita. Con la loro consacrazione cercano di armonizzare i valori autentici del mondo contemporaneo con la sequela di Gesù vissuta nella vita secolare. Tale atteggiamento li espone alle crisi del nostro tempo e al contagio del secolarismo. 267 Tali istituti hanno cominciato a coordinare la propria azione a livello nazionale e latinoamericano, il che ha permesso un migliore interscambio tra loro. I fedeli cristiani laici 268 La presenza attiva, responsabile e impegnata dei laici acquista sempre più forza. Essi crescono nella coscienza della loro identità ecclesiale, della loro appartenenza essenziale al popolo di Dio e dei loro compiti evangelizzatori. A questo proposito sottolineiamo la vocazione e la missione dei laici, chiamati a trasformare il mondo con la forza del Vangelo. Sono molti i segni della loro partecipazione attiva. 269 Uno degli aspetti più rilevanti è quello dei ministeri affidati ai laici. Sono frutto della vitalità del popolo di Dio, che cerca di esprimersi nella totalità dei propri carismi, talenti e servizi. 270 Questi ministeri sono il frutto maturo di un processo iniziato nel Concilio, sancito dal Diritto Canonico e maturato nella Christifìdeles laici. È prassi frequente affidare a laici debitamente preparati e autorizzati funzioni specifiche, come, ad esempio, presiedere le comunità cristiane e fare i ministri della Parola, dell'Eucaristia e della Carità. 271 Vi sono tuttavia ostacoli come: la sfiducia e le gelosie da parte di alcuni presbiteri che vedono nei laici possibili rivali; l'emarginazione della donna come soggetto di ministeri affidati ai laici; la dedizione esclusiva a ministeri intraecclesiali e la mancanza di formazione. In alcuni casi c'è anche una ricerca di prestigio personale attraverso lo svolgimento di questi ministeri. La donna 272 La presa di coscienza della donna nel mondo latinoamericano è una realtà che cerca canali propri di espressione. Nella fase attuale del laicato la donna ha una particolare importanza, non solo perché costituisce la metà circa della popolazione, ma per la sua insostituibile vocazione femminile, per le sue speciali qualità, per la sua dimensione spirituale e la sua guida silenziosa nella famiglia, nella Chiesa e nella società. 273 Su di lei ricade il maggior peso e la maggiore responsabilità rispetto alla famiglia e all'educazione in generale. In lei esiste una crescente coscienza della propria dignità e dei propri diritti. 274 D'altra parte sta nascendo in America Latina un nuovo modo di essere donna. Coscienti della propria dignità, dei propri talenti e diritti, è sempre più grande il numero delle donne che assumono responsabilità sociali, in condizioni di parità con gli uomini, offrendo il proprio contributo femminile al progresso dei popoli nella scienza, nell'arte, nella politica, nell'economia e in generale in tutti gli ambiti della convivenza umana. 275 Osservando la vitalità delle organizzazioni popolari, i processi di educazione e promozione integrale e la maggiore valorizzazione delle culture, vediamo la donna come anima di tutto questo camminare. Con tenacia e amore perseverante sostiene la speranza e la fede nella vita. Le donne sono il volto femminile, vicino, accogliente e pieno di abnegazione, del nostro Dio. La Chiesa deve in buona parte a loro la risposta generosa ai valori del Vangelo e l'efficacia nelle attività evangelizzatrici. 276 Tuttavia la donna di solito è ancora discriminata, a livello delle grandi decisioni, nella società e nella nostra Chiesa. Si riconosce la qualità del suo servizio e a lei si ricorre continuamente, ma non se ne apprezza sempre debitamente la capacità di ispirazione, direzione e riflessione. Le vocazioni 277 La pastorale vocazionale è dinamica nella maggioranza delle nostre Chiese. Un gran numero di diocesi è riuscito a promuoverla in stretta relazione con la pastorale giovanile e familiare, sottolineando la vocazione nel suo senso cristiano più ampio. 278 Conseguenza di quanto sopra è la moltiplicazione di Seminari maggiori e minori e di altri centri di formazione, tra i quali alcuni dedicati alla formazione di presbiteri indigeni e contadini. Al servizio della pastorale dei seminari esistono organizzazioni nazionali e continentali come il Dipartimento di Vocazioni e Ministeri ( DEVYM ) del CELAM e l'Organizzazione di Seminari Latinoamericani ( OSLAM ). 279 Non mancano però le lacune: il limitato numero di formatori e l'insufficiente competenza di molti di essi. La formazione dei seminari non sempre è adeguata alle sfide pastorali presenti e future. I criteri utilizzati per il discernimento sono molto lontani dalle attese e dalle necessità reali del popolo di Dio. Manca una pastorale vocazionale negli ambienti indigeni e afroamericani. 4.4.2. Gli imperativi dell'annuncio in America Latina. Opzioni vigenti e ancora pendenti 280 L'opzione per i poveri, i giovani e la famiglia, l'azione evangelizzatrice tra i costruttori della società pluralista e la difesa della persona umana ci si presentano ancora come sfide ed esigenze, in larga misura insoddisfatte, che meritano un'attenzione rinnovata e un'azione pastorale più coerente e decisa. Gli accenti nuovi Le culture indigene e afroamericane 281 La celebrazione del V Centenario ci pone di fronte a situazioni contraddittorie rispetto a queste culture. Da un lato si verifica una loro riscoperta, uno sforzo di conservarne i valori e una promozione all'interno di un grande pluralismo di etnie; dall'altro vi sono grandi minacce per questi stessi valori, emarginazione e manipolazione. Tra i loro membri c'è malessere e ansia di rivendicazioni di fronte al V Centenario. 282 La Chiesa si sente sempre più sfidata da questa realtà, perché è molto lontana dall'aver raggiunto una presenza pastorale ed evangelizzatrice efficace in mezzo a queste culture. Davanti al persistere di situazioni strutturali di ingiustizia, sono necessari punti di dialogo e di incontro che ci permettano di superare i conflitti, i sincretismi e le situazioni ancestrali di oppressione che i nostri fratelli di queste culture indigene e afroamericane hanno sofferto per secoli. Cultura urbana 283 Le culture della modernità e della post-modernità sono già una realtà nelle grandi metropoli dell'America Latina e nell'immensa maggioranza della sua popolazione. La città vive accelerati processi di sviluppo tecnologico, è centro di decisioni e luogo di anonimato massificante. I suoi problemi sono in larga misura noti: emarginazione, inquinamento, disoccupazione, violenza, amoralità, ecc. 284 A livello culturale si presentano elementi assolutamente eterogenei. Mentre vi è un aumento del secolarismo, si registra una rinascita della religiosità popolare. Ci troviamo davanti a una cultura complessa che la Chiesa deve evangelizzare, considerando la città come un tutto interconnesso che esige risposte complessive. 285 La Chiesa, per ragioni di diversa natura, non è ancora riuscita a creare una pastorale all'altezza della problematica della grande città. La cultura della vita e della solidarietà 286 Una delle preoccupazioni pastorali più pressanti oggi nella Chiesa latinoamericana è la difesa della vita in tutte le sue forme, fasi e situazioni. Particolare attenzione merita la vita umana minacciata gravemente dal narcotraffico, dalla violenza, dalle campagne antinataliste, dall'eutanasia e dalla distruzione delle risorse naturali che appartengono a tutti. 287 Non è difficile rilevare in questi fenomeni realtà occulte, ancora più preoccupanti: un'etica permissiva e un'incoerenza tra fede e vita che scatena una cultura della morte, apertamente opposta al senso cristiano, come se fosse possibile conciliare la fede in Dio col disprezzo della vita. C'è una grave crisi etica e una perdita della coscienza morale anche in quanti dicono di appartenere alla Chiesa. I diritti umani 288 In risposta a una persistente violazione dei diritti umani, la loro difesa e promozione è stata un campo di particolare importanza per la Pastorale Sociale Latinoamericana. Molti cristiani hanno dato una testimonianza encomiabile, arrivando perfino a offrire la propria vita. È avvenuto spesso che la Chiesa fosse l'unico spazio per difendere i diritti dell'uomo e della donna di fronte a sistemi politici repressivi. Ciò le ha procurato conflitti con tali sistemi e con alcune classi sociali. 289 Si compiono sforzi per sviluppare un'educazione per i diritti umani risvegliando anche una coscienza di solidarietà con gli organismi non ecclesiali che li difendono. 290 Tuttavia dobbiamo riconoscere che non tutti noi cristiani, pastori e fedeli, siamo ugualmente sensibili ne impegnati in questa realtà che costituisce una sfida per la Chiesa. Evangelizzazione di gruppi speciali 291 La Pastorale Sociale ha compiuto significativi passi in avanti in quasi tutti i nostri paesi, facendo uno sforzo per passare da un approccio assistenziale a quello promozionale. Sono stati creati organismi di ogni genere per potenziare la dimensione sociale del Vangelo. Si realizzano incontri di coordinamento. Vi è un'ampia riflessione che cerca di realizzarsi nell'azione. Esistono istituti di formazione nella dottrina sociale della Chiesa e in altri campi della Pastorale Sociale. 292 I ricchi e abbondanti insegnamenti sociali della Chiesa sono stati in questi anni determinanti per la Pastorale Sociale, sebbene la maggioranza dei cristiani sia ancora poco sensibile a essa. 293 In questo ambito collochiamo le molteplici situazioni speciali nelle quali deve giungere la Buona Novella col suo messaggio concreto di liberazione e speranza: i politici e i militari, gli intellettuali e gli artisti, i lavoratori e gli emigranti, i detenuti, i tossicodipendenti e gli alcolisti, gli anziani, gli infermi, i portatori di handicap e i malati di AIDS o di colera, ecc. I gruppi religiosi non cattolici 294 Questo fenomeno è una realtà ricorrente in America Latina, non solo come percezione pastorale, ma soprattutto come sfida quotidiana. Il problema ha acquistato proporzioni drammatiche ed è giunto a essere veramente preoccupante soprattutto in relazione al fanatico e crescente proselitismo. 295 Il problema è complesso, dato che riveste caratteristiche di tipo economico, politico, culturale, sociale e religioso. Merita da parte nostra una seria analisi globale che ci permetta di diagnosticarne le cause profonde e le sfide che ci pone, al fine di promuovere un'azione evangelizzatrice che risani le carenze che hanno lasciato indifeso il popolo credente di fronte alle aggressioni alla sua fede. La missione "ad gentes" 296 La missione ad gentes, in quanto elemento consostanziale alla vita della Chiesa, conserva tutto il proprio valore, non solo dal punto di vista teologico e storico, ma anche a partire dalla prospettiva della congiuntura socio-culturale del continente e del mondo. 297 L'America Latina è cosciente della sua chiamata a dare, a partire dalla propria povertà, allargando lo sguardo al di là delle proprie frontiere, essendo in gioco la dimensione cattolica della sua fede. Il dialogo ecumenico 298 Nel contesto della missione "ad gentes", sottolineiamo il dialogo ecumenico coi gruppi non cattolici di diversa natura e origine, appoggiandoci sugli orientamenti specifici del magistero degli ultimi decenni. 299 Il dialogo ecumenico in America Latina, tranne casi eccezionali, è condizionato da circostanze che lo rendono particolarmente difficile e ambiguo, a causa dell'intenzione, dei metodi e degli atteggiamenti negativi di certi gruppi nei confronti della Chiesa cattolica. 4.4.3. Strutture di servizio Le strutture diocesane: Consigli, Curie e organismi di pastorale 300 Queste realtà sono sempre più penetrate da una corrente di ecclesialità che sfocia in una mistica di servizio pastorale. L'ecclesiologia del post-concilio forgia un profilo più pastorale delle nostre Chiese particolari, liberandole dalla tentazione di essere istanze di pura gestione amministrativa e giuridica, chiuse in se stesse e senza contatto con la vita reale del popolo, specialmente dei più poveri. 301 È opportuno chiedersi se non si dovrebbero rivedere tutte le istanze di comunione e partecipazione affinché attraverso di esse circolino con più forza i venti della nuova evangelizzazione. Le Conferenze Episcopali 302 Le Conferenze episcopali sono segno visibile di comunione e partecipazione tra pastori e Chiese particolari. Sono riferimento fondamentale nella vita di ogni paese. Offrono ai vescovi linee di pastorale organica a livello nazionale e preziosi servizi pastorali, rispettando l'autonomia di ciascuna diocesi e un sano pluralismo pastorale. Le loro commissioni dottrinali e pastorali prestano grandi servizi. 303 Non mancano tuttavia alcune difficoltà: lentezza nei progetti, difficoltà nel trovare un giusto equilibrio tra autonomia diocesana e visione pastorale nazionale e nell'ottenere una migliore comunicazione tra la Conferenza e ciascuna diocesi, in vista di un migliore adeguamento e di una migliore efficienza dei servizi prestati. Il CELAM 304 Il Consiglio Episcopale Latinoamericano ( CELAM ) continua a essere organismo di contatto, riflessione, collaborazione e servizio delle Conferenze episcopali. Favorisce la collegialità episcopale e l'intercomunione, servendo la dinamica delle Chiese di questo continente nel loro processo storico. Il CELAM è luogo di discernimento episcopale sui fatti della realtà latinoamericana e sulle sfide pastorali che ne derivano. 4.5. Da Rio, Medellin e Puebla a Santo Domingo 305 L'America Latina traccia il proprio cammino di fede nell'ascolto dello Spirito che si rivolge a tutte le Chiese. ( Ap 1,10-11 ) Partendo dall'evangelizzazione fondante, oggi si lega ai grandi avvenimenti ecclesiali del nostro secolo: Rio de Janeiro, Medellin e Puebla. 306 Ciascuno pose un accento sull'annuncio del Vangelo e offrì così il proprio contributo originale: agenti evangelizzatori meglio preparati, la difficile situazione di povertà e di ingiustizia degli uomini e delle donne dell'America Latina, la comunione e la partecipazione come condizione di credibilità nella proclamazione del Vangelo del Regno. 307 Insieme a questi tre accenti emergono alcune linee comuni che configurano la connessione interna della storia delle nostre Chiese: la preoccupazione per la persona come filo conduttore, l'evangelizzazione come irrinunciabile vocazione di tutto il popolo di Dio, la liberazione integrale come espressione di conversione, riconciliazione, lotta per la giustizia e vissuto di fraternità. 308 Santo Domingo si dispone a riprendere quelle aspettative per tradurle in progetti nuovi, capaci di dar risposta alla congiuntura storica che vive il continente. 309 In fondo troviamo la stessa preoccupazione centrale: annunciare il Vangelo ( Nuova Evangelizzazione ), difendere la persona umana ( Promozione Umana ), conversione radicale del cuore all'interno della cultura ( Cultura Cristiana ). 1.1. Gesù Cristo, salvezza di Dio 1. Gesù Cristo, salvezza di Dio nella storia 310 Dio ha creato l'uomo per mezzo di Gesù Cristo ( Col 1,16 ) a immagine e somiglianza sua, ( Gen 1,26 ) per farlo partecipe alla sua felicità eterna. Nonostante il peccato. Dio si è dimostrato fedele a se stesso, fedele nel suo amore verso l'umanità e il mondo, ( Gv 3,16-17 ) inviando il suo stesso Figlio per salvarci: "In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo Unigenito nel mondo, perché noi avessimo la vita per mezzo di Lui". ( 1 Gv 4,9 ) Pertanto, Gesù Cristo è la salvezza di Dio nella nostra storia, la "via, la verità e la vita" ( Gv 14,6 ) per l'essere umano, l'unico che rivela all'uomo il suo mistero "e gli fa scoprire la sublimità della sua vocazione", "la piena coscienza della sua dignità, del valore trascendente della stessa umanità, del senso della sua esistenza". 1.2. Gesù Cristo, realizzazione delle promesse del Regno 311 Gesù Cristo inizia la propria vita pubblica con l'annuncio della venuta del Regno: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo". ( Mc 1,15 ) Così Gesù Cristo si pone in continuità con l'azione salvifica di Dio nella storia del popolo di Israele, scelto e formato da Dio per portare a tutti gli uomini e a tutte le donne il suo disegno d'amore. 312 Le promesse ricevute dai Patriarchi e ampliate dai Profeti, dell'attesa del regno di Dio e del Messia annunciato, trovano compimento in Gesù Cristo. Affermando il Regno come già presente ( Lc 17,20ss ) pone fine al tempo della Promessa e dell'Attesa. Legandolo alla propria persona, applicando a sé la profezia di Isaia ( Lc 4,21 ) si presenta come il Messia atteso che viene a instaurare definitivamente il Regno. Quando nella sua azione manifesta gli avvenimenti annunciati dai Profeti per l'irruzione del Regno, le sue parole vengono comprovate dagli stessi fatti: "Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella, e beato colui che non si scandalizza di me". ( Mt 11,5-6 ) Così è tutto l'agire salvifico di Gesù che appare come la realizzazione delle promesse fatte al popolo eletto. 1.3. Gesù Cristo e il regno di Dio 313 Il vincolo tra il regno di Dio e la persona di Gesù Cristo è affermato nei Vangeli. Di fatto, lasciare tutto per il Regno ( Lc 18,29 ) è lasciare tutto per causa del suo nome. ( Mt 20,29 ) Ma c'è anche una chiara identità tra il regno del Padre e il regno del "Figlio dell'Uomo". ( Mt 13,41-43 ) Così è lo stesso Gesù la "Buona Novella", stabilendo "una piena identità tra messaggio e messaggero", tra la salvezza e la sua Persona, tra il Regno e la sua vita. 314 Questo fatto è molto importante per la nostra fede: non si può capire veramente che cos'è il regno di Dio ne sapere come avviene prescindendo dalla persona di Gesù Cristo. Slegare Gesù Cristo dal regno di Dio impedisce la corretta comprensione delle sue azioni e delle sue parole che vanno tutte verso la realizzazione definitiva del Regno. Immaginare un regno di Dio separato dalla persona di Gesù Cristo sarebbe ridurlo a una concezione meramente umana, variabile secondo l'epoca storica o l'ideologia soggiacente, e incentrata "sui bisogni terreni dell'uomo". 1.4. Il Regno come dono del Padre 315 Il Regno è conseguenza dell'azione salvifica di Dio e non dello sforzo ne delle realizzazioni umane. L'uomo può invocare la sua venuta, ( Mt 6,10 ) cercarlo, ( Lc 12,31 ) essere preparato a esso, ( Mt 24,44 ) ma è il Padre che lo da. ( Lc 12,32; Mt 20,23 ) In verità, questo Regno è dono del Padre, è "liberazione da tutto ciò che opprime l'uomo, ma è soprattutto liberazione dal peccato e dal Maligno, nella gioia di conoscere Dio e di essere conosciuto da Lui, di vederlo, di darsi a Lui". 316 Il regno di Dio passa attraverso realizzazioni storiche, ma offre una salvezza che trascende le necessità umane affinché il Regno si realizzi nella comunione, gratuitamente offerta, dell'essere umano con Dio, cominciando in questa vita e realizzandosi in pienezza nell'eternità. Il regno di Dio è la consegna libera di Dio all'uomo e alla donna per farli partecipare alla sua vita. 1.5. Gesù Cristo, contenuto centrale dell'evangelizzazione 317 La persona, la vita e il messaggio di Gesù Cristo sono il contenuto centrale della missione evangelizzatrice della Chiesa, dato che tutta la sua attività e tutto il suo senso consistono nel portare all'umanità la salvezza di Gesù Cristo. Solo Lui ha "parole di vita eterna", ( Gv 6,68 ) solo Lui è "l'unico mediatore tra Dio e gli uomini" ( 1 Tm 2,5 ) e Colui "per mezzo del quale è stabilito che possiamo salvarci". ( At 4,12 ) Pertanto, è responsabilità dei cristiani proclamare e conoscere in profondità la persona, le azioni e le parole di Gesù Cristo, e renderle vive e attive nella propria esistenza. È anche compito della Chiesa, come "sacramento di salvezza per il mondo", portare all'umanità il mistero di Cristo. 2.1. La preparazione evangelica 2. Gesù Cristo, rivelazione perfetta del Padre 318 "Dio vuole che tutti gli uomini si salvino", ( 1 Tm 2,4 ) partecipando alla pienezza della sua vita.105 Per mezzo della sua incarnazione, Gesù Cristo "si è unito, in un certo modo, con ogni uomo" e per mezzo della sua morte offre a tutti la salvezza. "Di conseguenza, dobbiamo credere che lo Spirito Santo offre a tutti, in un modo conosciuto solo da Dio, la possibilità di associarsi a questo mistero pasquale". Quest'affermazione vale per tutti gli uomini e le donne che sono vissuti prima della venuta di Cristo o che non hanno avuto nessuna conoscenza esplicita di Lui. 319 Sintetizzando la dottrina conciliare, si può dire che "attraverso la pratica di ciò che è buono nelle proprie tradizioni religiose, e seguendo i dettami della propria coscienza, i membri di altre religioni rispondono positivamente all'invito di Dio e ricevono la salvezza in Gesù Cristo, anche quando non lo riconoscono come il proprio Salvatore". 320 L'azione dello Spirito in ogni uomo, che si estende a ogni tempo e luogo, è quindi intimamente unita al mistero dell'incarnazione e della redenzione. Da qui la Chiesa riconosce nelle tradizioni religiose non cristiane la presenza di "semi del Verbo", "lampi di quella verità che illumina tutti gli uomini". Quanto c'è di buono e vero "nei riti e nelle culture dei popoli" si rivela così "come una preparazione del Vangelo". Dio ha sparso nelle culture e religioni dei popoli aspirazioni, tendenze e speranze che si compiono pienamente solo nella manifestazione di Gesù Cristo come Figlio di Dio incarnato e Signore. 2.2. La rivelazione di Dio nell'Antico Testamento 321 Ogni tema, ogni personaggio, ogni avvenimento dell'Antico Testamento mostra un aspetto del volto di Dio che va salvando coloro ai quali si manifesta. Nei Patriarchi, Dio si fa vicino e personale; parla con Abramo, Isacco e Giacobbe; sceglie, promette, stringe alleanza. ( Gen 12,1-3 ) Conoscere Dio è accoglierlo vicino e intimo. Nonostante la sua vicinanza, è un Dio inafferrabile e non manipolabile. ( Gen 18,22-23 ) A Mosè si manifesta come Colui che ascolta il clamore degli oppressi, ( Es 3,7 ) libera il suo popolo, legifera per il bene comune, determina il culto ( Es 12-13 ) e, soprattutto, offre un'alleanza, ( Es 19,3-6 ) rimanendo tuttavia un mistero imperscrutabile. ( Is 58 ) 322 Conoscere Dio è fare l'esperienza di essere salvati dalla propria schiavitù. Dio si va manifestando nei Re e nei Profeti come il difensore del povero, della vedova e dell'orfano, ( Ger 7,4-7 ) come Colui che si trova nel cuore e non sulle labbra. ( Is 49,15 ) I Profeti rivelano i tratti più intimi e teneri di Dio: è Padre, sposo, pastore e il suo amore è come quello di una madre. ( Is 49,15 ) 323 I Salmi testimoniano la profondità e la ricchezza della preghiera di Israele. L'incontro di Giobbe con la libertà di Dio lo rende più libero in una conoscenza esperienziale di Dio. Il Saggio, senza trovare un chiarimento in questa vita, spera in un aldilà nel quale Dio regnerà eternamente. 324 Tutti questi tratti, manifestazioni dell'agire e dell'essere di Dio nella storia, possono sempre arricchirsi e ampliarsi. E tuttavia l'uomo dell'Antico Testamento, nel suo dialogo con Dio, non poteva sapere dove questo dialogo avrebbe portato. Il segreto ci è stato rivelato con Gesù Cristo. 2.3. Il Dio del Regno, il Padre di Gesù Cristo 325 Proclamando la venuta del regno di Dio ( Mc 1,15 ) Gesù Cristo riprende un'aspettativa fondamentale della fede israelita e molto viva tra i suoi contemporanei. ( Lc 17,20 ) Questa espressione sintetizza l'azione salvifica di Dio, nella creazione e nella storia, a favore del suo popolo, la quale deve culminare in una salvezza futura e piena. Identificando il Regno con la sua persona indica che il contenuto e la novità di questa espressione saranno date proprio dalla sua vita e dalle sue parole. 326 Il comportamento di Gesù Cristo relativizza le tradizioni religiose umane, quando si tratta di fare il bene a qualcuno nel bisogno. ( Mt 12,9-14 ) Tratta con uomini e donne socialmente emarginati, considerati lontani da Dio e dalla società, perché sono segnati dal peccato: pubblicani di cui frequentava la mensa, ( Mt 11,19; Lc 15,2; Mc 2,14-17 ) peccatori ai quali perdonava, ( Lc 7,36-50 ) lebbrosi, ( Lc 17,11-19 ) pagani, ( Lc 7,1-10 ) fino ai poveri che, non conoscendo la legge, la infrangevano. ( Gv 7,49 ) 327 Questo atteggiamento di Gesù è spiegato e confermato dalle sue parole ( Mc 2,13-17; Lc 15 ) che ci rivelano un Dio pieno di amore per tutti e ognuno degli esseri umani, di ogni condizione religiosa o sociale. In questo modo, con la sua azione e la sua dottrina, Gesù rivelava una determinata immagine di Dio, il volto del suo Dio. Questi appare come qualcuno che accoglie l'uomo perché è un uomo, che lo ama e lo perdona senza imporre condizioni, ( Mt 5,45; Rm 5,8 ) che predilige i peccatori ( Lc 5,32 ) e i poveri. ( Mt 11,25 ) 328 Nella vita e nelle parole di Gesù abbiamo così accesso all'atteggiamento di Dio nei nostri confronti. ( Lc 18,9-14 ) L'irruzione del Regno nella persona di Gesù rivela chi è Dio, facendo germinare la novità del regno di Dio e distinguendola dalle altre interpretazioni, compresa quella di Giovanni Battista. ( Mt 3,1-12 ) 329 L'immagine di Dio rivelata in Gesù Cristo implica una grande intimità con Lui quale fonte di questa conoscenza. "Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, nessuno conosce il Padre se non il Figlio". ( Mt 11,27 ) Gesù usava anche chiamare Dio "mio Padre" ( Mt 7,21; Mt 11,27 ) o presentarsi come "il Figlio". ( Mc 13,32 ) Questa profonda unione traspare soprattutto nella sua preghiera a Dio come "abbà" ( papa ), ( Mc 14,36 ) espressione, questa, mai usata dagli Ebrei come invocazione individuale nella preghiera. Quindi Gesù Cristo è la rivelazione perfetta del Padre, ( Gv 14,9 ) "immagine di Dio", ( 2 Cor 4,4 ) "immagine del Dio invisibile". ( Col 1,15 ) Di conseguenza il vocabolo Dio, se prescinde dalla vita e dal messaggio di Gesù, diventa vuoto di contenuto, dando facilmente luogo a utilizzazioni idolatriche. 2.4. La vocazione ultima dell'uomo e della donna 330 Gesù Cristo insiste che il Regno deve essere la realtà centrale della vita umana: lo si deve cercare come valore supremo, ( Mt 6,33 ) senza risparmiare sforzi, ( Mt 11,12 ) fino al sacrificio di tutto ciò che si possiede ( Mt 13,44ss ) e anche a costo di persecuzioni. ( Mt 5,10 ) Già la prima generazione di cristiani concluderà da questo insegnamento sul primato del Regno che la persona umana è stata creata per entrare in questo Regno, ossia per accogliere l'evento Gesù Cristo. Così l'umanità fonda la propria esistenza in quella del Figlio di Dio. ( Col 1,16 ) 331 Cristo appare qui come "il primogenito di tutta la creazione", ( Col 1,15 ) come "il primogenito tra molti fratelli". ( Rm 8,29 ) In Lui siamo stati scelti, adottati come figli, costituiti eredi, perdonati dei nostri peccati, chiamati alla santità. ( Ef 1,3-12 ) "Tutti gli uomini sono chiamati a questa unione con Cristo, luce del mondo, dal quale procediamo, per mezzo del quale viviamo e verso il quale camminiamo". Solo in Cristo l'uomo e la donna possono arrivare alla loro piena realizzazione. ( Rm 8,29 ) 2.5. Il senso cristiano della natura 332 Anche la natura, come l'uomo, è in relazione con Gesù Cristo quale suo fondamento. ( Col 1,16 ) Dio l'ha dotata di un valore proprio: "Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona". ( Gen 1,31 ) Il dominio che l'uomo e la donna, quali esseri razionali creati a immagine e somiglianza di Dio, esercitano sulle realtà create ( Gen 1,28 ) dovrebbe rispettarne le caratteristiche e le leggi, conservando una necessaria armonia tra se stessi e il proprio habitat. 333 A causa del peccato, l'uomo pretende di essere il centro di tutto, rompendo la convivenza pacifica con la natura e sottomettendola alle sue finalità egoiste. Da allora "tutta la creazione geme e soffre fino a oggi nelle doglie del parto", "e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione". ( Rm 8,20-22 ) Questa stessa creazione è stata riconciliata ( Col 1,20 ) e rinnovata ( Ap 21,5 ) da Cristo, affinché Egli sia la pienezza di tutto. ( Col 1,19 ) Lo squilibrio ecologico riflette, pertanto, l'irresponsabilità dell'uomo nei confronti della natura e l'insensibilità fraterna verso le generazioni future. 3.1. Gesù Cristo, una vita per il Padre 3. Gesù Cristo, realizzazione piena dell'uomo e della donna 334 Ciò che attira la nostra attenzione sulla persona di Cristo è innanzitutto il suo amore totale per il Padre. Infatti il Padre è il centro di tutta la sua vita e della sua azione, il contenuto continuo della sua predicazione, delle esortazioni e delle parabole, la fonte del suo insegnamento. ( Gv 14,24 ) La storia di Gesù è la storia della sua consegna totale al Padre, espressa nella fedeltà libera e piena alla sua volontà, ( Gv 4,34 ) nelle frequenti preghiere realizzate prima di prendere decisioni importanti per la propria missione, ( Lc 3,21; Lc 6,12; Lc 9,29; Lc 11,1; Lc 22,41 ss ) nell'obbedienza ai suoi disegni che arriva all'eroismo ( Mc 14,36 ) e nell'identità del proprio agire con quello di Dio: "Il Figlio da sé non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre". ( Gv 5,19 ) Gesù Cristo è quindi la rivelazione piena del Padre: "Chi ha visto me ha visto il Padre" ( Gv 14,9 ) o la manifestazione perfetta del comportamento di Dio davanti agli uomini e alle donne. 3.2. Gesù Cristo, amore incondizionato per l'essere umano 335 Tale consegna totale di Gesù al Padre è accompagnata da un amore incondizionato per tutti e per ogni persona. Lo rivela il rapporto di Gesù con i più disprezzati ed emarginati del suo tempo, con i poveri, ( At 1,5; Gv 7,49 ) i peccatori, ( Mt 11,19; Mc 2,16 ) gli infermi, ( Mt 8,1-4 ) i pagani, ( Lc 7,1-10 ) le donne. ( Lc 8,1-3 ) "Inoltre, fa vivere a questi emarginati un'esperienza di liberazione, restando a mangiare con loro, ( Lc 7,34 ) trattandoli come pari e amici, ( Lc 15,1-32 ) facendoli sentire amati da Dio e manifestando così la sua immensa tenerezza verso i bisognosi e i peccatori ". 3.3. Gesù Cristo, compassione per l'essere umano che soffre 336 Di fronte alla persona umana che soffre per mancanza di pastori ( Mt 9,36 ) o di alimenti, ( Mc 8,12 ) di fronte a un essere umano colpito da una malattia ( Mc 1,41 ) o da una situazione di dolore, ( Lc 7,13 ) Gesù si commuove e offre alla persona guarigione, perdono, liberazione, vita. Arriva persino a relativizzare tradizioni religiose ( Mc 2,23 ) e costumi sociali, ( Mc 7,1-23 ) se la posta in gioco è fare del bene a un uomo o a una donna. Il Regno è offerto a tutti. Le sue parole e le sue azioni sono un invito alla conversione e alla fede nella sua persona in quanto Messia di Dio. 3.4. La dottrina di Gesù Cristo 337 A volte questo comportamento di Gesù scandalizzava i suoi contemporanei, ( Mc 2,24; Gv 7,15 ) portandolo a darne spiegazione con le sue parole che, in fondo, esprimono l'atteggiamento di Dio nei confronti dell'essere umano. ( Gv 8,28 ) Così Gesù spiega il suo rapporto con i peccatori mediante le parabole della misericordia, ( Lc 15,1-32 ) il suo amore gratuito e incondizionato per ogni persona umana come fondato in Dio stesso, ( Mt 20,1-15; Lc 18,9-14 ) la sua predilezione per i più poveri come i felici destinatari del Regno. ( Lc 6,20 ) 3.5. La presenza dello Spirito nella vita di Gesù 338 Adempiendo la profezia di Isaia, ( Is 11,1-3 ) che mette in relazione la sua persona e la sua missione con un'azione speciale dello Spirito di Dio, Gesù, concepito dallo Spirito Santo, ( Lc 1,35 ) è unto dallo stesso Spirito all'inizio della sua opera salvifica. La teofania del suo battesimo significa una presenza continua durante la sua vita: nelle tentazioni, ( Mc 1,12; Lc 4,14 ) nella proclamazione del Regno, ( Lc 4,18 ) nell'espulsione dei demoni, ( Mt 12,28 ) nella gioia della rivelazione di questo Regno ai piccoli. ( Lc 10,21 ) 339 Questo Spirito, concesso abbondantemente dal Padre, ( Gv 3,34 ) è la "fonte intima della vita e dell'azione messianica di Gesù Cristo". La sua consegna a Dio si è realizzata "con lo Spirito Eterno". ( Eb 9,14 ) Così come afferma san Pietro: sapete "come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo". ( At 10,38 ) A sua volta, Gesù promette il proprio Spirito ( Gv 10,26; Gv 15,26 ) e lo invia, dopo la sua glorificazione, ai discepoli, ( Gv 20,20-23 ) come principio vitale per la sua sequela, ( 1 Cor 12,3 ) per l'unione con il Padre ( Rm 8,14-16; Gal 4,6 ) e come garanzia della nostra risurrezione. ( 2 Cor 5,5; Rm 8,11 ) 3.6. La morte di Gesù e il regno di Dio 340 Gesù Cristo ha vissuto fedelmente "sino alla fine" ( Gv 13,1 ) la missione di proclamare e instaurare il regno di Dio. Il suo messaggio salvifico e i segni che compiva portarono i Sommi Sacerdoti e i farisei a cercare la sua morte. ( Gv 11,47-50 ) La fedeltà al mandato del Padre di far germogliare il Regno nella sua persona, ovvero il suo amore per gli uomini, trovano l'espressione suprema nel dono della sua vita per gli uomini, ( Gv 15,13 ) manifestando così l'amore del Padre per il mondo. ( Gv 3,16 ) 341 Ciò significa l'offerta della propria vita in sacrificio, che Gesù compie Coscientemente ( Gv 13,1 ) e liberamente. "Il Figlio dell'Uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti". ( Mt 20,28 ) Questa fedeltà totale ne dimostra l'unità con il Padre ( Gv 10,30 ) e si esprime pienamente nell'affermazione della sua divinità, che ne provocherà la condanna. ( Mt 26,63-66 ) Gesù Cristo offre così la sua morte come l'unica via verso la vita. 3.7. Il significato della risurrezione di Gesù Cristo 342 Gesù Cristo è stato risuscitato da Dio. Così ha proclamato la Chiesa come primo kérygma. ( At 2,32 ) "La risurrezione conferisce una portata universale al messaggio di Cristo, alla sua azione e a tutta la sua missione". Significa anche che Dio ha sconfitto la morte e in Lui ha inaugurato definitivamente il suo Regno salvandoci dal peccato e dalla morte e dandoci accesso alla vita eterna. ( Rm 6,20-23 ) "Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti". ( 1 Cor 15,20 ) 3.8. Gesù Cristo, Signore del Regno 343 Gesù Cristo si mostra durante la sua vita come il Signore del Regno proclamandolo come già presente, ( Mc 1,15 ) facendolo irrompere attraverso le sue azioni, ( Mt 12,28 ) legandolo alla propria persona, ( Mt 19,28ss ) presentandosi come il giudice escatologico, ( Mt 25,31-46 ) rivelandosi signore della legge ( Mc 2,28 ) e suo interprete autorevole. ( Mt 5,21-48 ) Risuscitato e proclamato "Signore e Cristo", ( At 2,36 ) "Figlio di Dio", ( At 9,20 ) partecipa al potere di Dio, ( Ef 1,19-22 ) in modo che i primi cristiani annunciano il "regno di Cristo e di Dio", ( Ef 5,5 ) o anche il "regno eterno del Signore nostro Gesù Cristo". ( 2 Pt 1,11 ) 344 I suoi discepoli confessano che Gesù Cristo è "Dio", ( Gv 20,28 ) che dall'inizio era in Dio ed era Dio ( Gv 1,1 ) e che in Lui "abita tutta la pienezza della Divinità". ( Col 2,9 ) Così Gesù Cristo è il Signore di tutto l'universo, di tutta la storia, di tutta l'umanità, "La pienezza di colui che si realizza pienamente in tutte le cose". ( Ef 1,23 ) Nella sua persona si concentra il kérygma della Chiesa primitiva sul Regno, in modo che anche oggi la proclamazione del Regno deve essere unita alla proclamazione dell'evento Gesù Cristo. 4.1. Coloro che assumono la vita di Cristo 4. I discepoli di Gesù Cristo 345 L'adesione alla persona di Gesù Cristo si realizza mediante un processo autentico iniziato dalla fede nel suo potere di fare miracoli ( Lc 7,50; Lc 8,48 ) ed espellere demoni, ( Mt 12,28 ) dalla fede nell'autorità delle sue parole, ( Mt 7,29 ) infine dalla fede nella sua persona, testimoniata nella sequela, nel condividere la sua vita, la sua morte e la sua risurrezione. ( Rm 6,4 ) "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna". ( Gv 6,68 ) Così, la vita concreta di Gesù Cristo in quanto unico cammino verso il Padre ( Gv 10,9; Gv 14,6 ) appare decisiva in ordine alla salvezza; solo cercando di assumerla nella sua totalità gli uomini e le donne possono chiamarsi veramente "discepoli di Cristo". 346 Inoltre, al contrario dei discepoli dei farisei, che cercavano i loro maestri per aumentare le proprie conoscenze della legge, i discepoli di Gesù Cristo sono chiamati da Lui stesso ( Mc 1,17-20; Gv 1,38-50 ) a partecipare al suo modo di vita ( Mc 10,21 ) e adattare la propria condotta a quella di Gesù Cristo: "Se qualcuno vuoi venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua". ( Mc 8,34; Lc 9,57ss ) Pertanto, seguire Gesù Cristo è condividerne il destino, conformandosi a Lui nel mistero della sua vita, passione, morte e risurrezione. ( Rm 6,33ss; Fil 3,10ss ) Infatti, Gesù Cristo non è risuscitato da solo, ne per profitto proprio; ma è risuscitato "dai morti, primizia di coloro che sono morti". ( 1 Cor 15,20 ) Per questo il cristiano ha la ferma speranza che le sofferenze passeggere di questa vita porteranno alla felicità eterna; ( 2 Cor 4,16-18; 1 Pt 4,12ss ) questa speranza è fonte della sua gioia. ( Rm 12,12 ) 4.2. La necessaria conversione 347 L'assunzione dell'esistenza di Gesù Cristo non si può realizzare senza una profonda conversione, ( Mc 1,15; Mt 4,17 ) senza una rottura con ogni forma di egoismo in un mondo segnato dal peccato. Così non si può entrare nel Regno solo perché si fa parte di un popolo o di una religione, ma giocandosi la propria vita. "Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei Cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei Cieli". ( Mt 7,21; Gv 14,15.21 ) 348 La fede cristiana accettata passivamente come un fatto culturale non offre nessuna garanzia di salvezza. Il discepolo di Gesù Cristo deve lasciarsi guidare dallo Spirito di Cristo, ( Gal 5,25 ) attualizzando in sé l'esistenza pasquale del Figlio di Dio, per poter affermare come l'Apostolo "per me il vivere è Cristo". ( Fil 1,21 ) Ed è esattamente questa vita cristiana che è celebrata nei sacramenti, specialmente nel battesimo ( Rm 6,3ss ) e nell'Eucaristia, ( 1 Cor 11,17-34 ) garantendole fecondità salvifica. 4.3. La liberazione portata da Gesù 349 L'esistenza di Gesù, le sue azioni e le sue parole hanno significato per i suoi contemporanei la liberazione dal potere del demonio, espresso nel peccato, nella possessione, nella malattia e nella morte; sono state il segno del regno di Dio in azione. ( Mt 11,2-6; Mt 12,28 ) Hanno significato anche la liberazione dal peso oppressore delle tradizioni che ne ostacolavano il messaggio, ( Mc 2,23; Mc 7,1-23 ) dando la possibilità all'essere umano di assumere la propria responsabilità etica di fronte ai suoi simili. Liberazione anche dalle cure eccessive per se stessi, ( Mt 6,25-34 ) rendendo gli uomini e le donne capaci di diventare solidali con il prossimo bisognoso. 350 Così san Paolo potrà esprimere l'azione salvifica di Gesù Cristo con l'affermazione che per mezzo di Lui veniamo liberati dalla legge, dal peccato e dalla morte. ( Rm 8,2 ) "Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi", ( Gal 5,1 ) liberi per rispondere a Dio che ci ha amati per primo ( Gv 4,19; Rm 5,8 ) e rimanere in comunione con Lui, corrispondendo così al suo disegno salvifico per il quale ci ha creati. Solo consegnandosi totalmente a Dio, la persona umana trova la propria realizzazione piena. 4.4. La risposta a Dio nell'amore fraterno 351 La principale risposta a Dio nostro Padre, per la liberazione che Cristo ci ha portato, è l'amore, ( Mt 22,37 ) che si esprime nella preghiera. Unendoci a Cristo morto e risorto, ci prostriamo davanti al Padre in adorazione, azione di grazia, lode, riconciliazione e richiesta. Noi ci uniamo così alla volontà del Padre e testimoniamo di fronte a un mondo secolarizzato la trascendenza storica di Cristo nella cultura che viviamo, pieni dell'amore dello Spirito che è stato sparso nei nostri cuori. ( Rm 5,5 ) 352 L'autentico amore per Dio non consiste solo in sentimenti o parole; ( 1 Gv 3,17ss ) si prova con azioni concrete: "Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama". ( Gv 14,21; Gv 14,15; Gv 15,10; 1 Gv 2,4ss ) E il comandamento fondamentale per Gesù Cristo, sempre unito all'amore per Dio, è comandamento della carità fraterna. ( 1 Gv 4,20 ) La conseguenza è la frequente affermazione dell'unità dei due comandamenti. ( Mt 22,37-40 ) 353 Pertanto, il criterio decisivo per la salvezza si troverà nel comportamento della persona umana davanti a Dio e ai suoi simili, poiché Gesù Cristo si identifica col prossimo bisognoso; tale è il suo amore per l'uomo e la donna. ( Mt 25,31-46 ) "Nessuno ha mai visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri. Dio rimane in noi e l'amore di lui è perfetto in noi". ( 1 Gv 4,12 ) 354 Da qui l'affermazione di san Paolo che la carità è il compimento della legge ( Rm 13,8-10; Gal 5,14 ) e che, senza amore, nessuna azione umana, per nobile e generosa che sia, può essere considerata salvifica. ( 1 Cor 13,1-5 ) Vivendo la carità, i cristiani costituivano comunità fraterne nelle quali tutti erano "un cuore solo e un'anima sola", ( At 4,32 ) aiutandosi mutuamente ( At 4,34; 2 Cor 8,13; Rm 12,13 ) e celebrando questa comunione con il Signore e con i fratelli ( 1 Gv 4,12 ) nello spezzare il pane. ( 1 Cor 11,17-34 ) "Pertanto, la natura del Regno è la comunione di tutti gli esseri umani fra loro e con Dio". 4.5. Il Regno e le strutture di peccato 355 Il cristiano deve vivere la propria fede in un mondo segnato dal peccato. Vi si trovano i peccati personali che, in fondo, significano un rifiuto all'iniziativa salvifica di Dio e confermano la tentazione dell'essere umano di farsi, egli stesso centro della realtà. Questa pretesa autosufficienza, "diventereste come Dio", ( Gen 3,5 ) allontana l'uomo e la donna da Dio e dai propri simili ed è la causa dei mali sociali e della diminuzione della qualità della vita delle persone umane. 356 Tuttavia i peccati personali non si limitano ai fatti; generano mentalità e strutture che, a loro volta, ostacolano oltre misura il vivere i valori del Regno. Il "peccato sociale" si rivela doppiamente nocivo. Da un lato condiziona "la condotta degli uomini", attirandoli nel peccato, dato che strutture inique tendono a produrre nuove ingiustizie, dall'altro le giustificazioni teoriche tendono a generare comportamenti peccaminosi. 357 Le strutture ingiuste oggi presenti in America Latina, frutto soprattutto "dell'affanno di guadagno esclusivo" e "della sete di potere", rendono impossibile in qualche caso la pratica della giustizia. D'altra parte, il "peccato sociale" mantiene e aumenta la povertà, l'insicurezza, la mancanza di salute e di lavoro, la limitazione della libertà, insomma, la sofferenza di grandi maggioranze impoverite del nostro continente. 4.6. La solidarietà e la lotta per la giustizia che nascono dall'amore fraterno 358 Corrispondendo alla crescente coscienza della dipendenza mutua tra gli esseri umani e tra le nazioni, deve germogliare nel cuore dell'uomo un atteggiamento di solidarietà, un sapersi e un sentirsi responsabile degli altri, una "determinazione ferma e perseverante a impegnarsi per il bene comune", in definitiva, quella virtù cristiana che implica la gratuità totale, il perdono e la riconciliazione. L'azione dello Spirito di Dio nei cristiani genera libertà, ( 2 Cor 3,17 ) benevolenza, bontà, amabilità, in una parola, amore. ( Gal 5,22ss ) 359 Di fronte ai "volti molto concreti nei quali dovremmo riconoscere i tratti sofferenti di Cristo",283 lo Spirito porta il cristiano all'atteggiamento critico, alla denuncia profetica, alla lotta per la trasformazione sociale, alla solidarietà con gli emarginati. Mettersi al fianco dei più deboli è conseguenza di un'autentica esperienza di Dio, di un sentirsi totalmente accolti e chiamati da Lui. ( Rm 8,39 ) L'impegno per la giustizia appare quindi come elemento intrinseco dell'amore cristiano, cosa che era già stata affermata nell'Antico Testamento. ( Ger 22,13-16; Os 4,1ss; Is 1,10-17; Lv 19,18 ) Cristo stesso, spiegando il precetto dell'amore fraterno, ci pone davanti a un uomo che ha sofferto ingiustizia e violenza. ( Lc 10,25-37 ) 360 Già a Medellin si era affermato che "nella storia della salvezza l'opera divina è un'azione di liberazione integrale e di promozione dell'uomo in tutte le sue dimensioni, che ha come unico movente l'amore". A Puebla questa verità si approfondisce: "Il Vangelo ci deve insegnare che, davanti alle realtà che viviamo, non si può oggi in America Latina amare veramente il fratello e pertanto Dio, senza impegnarsi a livello personale e in molti casi anche a livello di strutture, nel servizio e nella promozione dei gruppi umani e degli strati sociali più spossessati e umiliati". Conseguentemente, "non esiste distanza tra l'amore al prossimo e la volontà di giustizia. Opponendoli tra loro si snaturano sia l'amore che la giustizia". 4.7. La liberazione cristiana non si riduce alla promozione sociale 361 Limitare la salvezza cristiana allo sradicamento dei mali sociali sarebbe ridurla a un progetto meramente temporale, realizzazione delle limitate aspettative umane e conseguenza di misure sociali, politiche ed economiche. Non dimentichiamo che le condizioni ingiuste nelle quali vivono tanti esseri umani sono state causate dall'uomo stesso, sono frutto del peccato. 362 Essendo "l'uomo il protagonista dello sviluppo", se non realizza la conversione del cuore e della mente, cioè la liberazione della libertà, portata da Cristo, dalle catene del peccato, ( Rm 6,6; Rm 7,23 ) non ci sarà autentica promozione umana. Perché movimenti di liberazione iniziati con molte speranze risultano oppressori della libertà? Più ancora, la promozione umana non si limita all'abbondanza dei beni materiali e nemmeno a un ideale di consumo, ma deve essere costruita con i valori evangelici di giustizia, di solidarietà e di amore. Solo allora le moltitudini impoverite potranno sperimentare una vita degna di esseri umani e di figli di Dio. 4.8. Amore preferenziale per i poveri 363 L'amore preferenziale per i poveri è la pietra di paragone della carità cristiana. ( Mt 25,31-46 ) In sostanza afferma che il cristiano deve amare il suo simile bisognoso, non per le sue qualità o beni, ma semplicemente perché è un essere umano, la cui dignità non può essere distrutta da nessuna miseria, disprezzo, rifiuto o impotenza nella quale si trovi. Più ancora, i poveri sono i preferiti da Dio, come ben si afferma in tutto l'Antico Testamento. Dio li protegge, non perché siano necessariamente buoni, ma perché sono vittime della povertà e a volte perché sono vittime dei peccati dei loro simili. 364 Gesù Cristo si è fatto povero per noi, ( 2 Cor 8,9 ) scegliendo di vivere poveramente, ( Lc 2,7; Lc 9,58 ) apparendo come il Messia dei poveri, ( Is 11,4; Is 61,1; Lc 4,18 ) esigendo lo stesso stile di vita dai suoi seguaci. ( Lc 5,11.28; Mt 19,27 ) Gesù ha scelto i poveri come i primi destinatari della sua missione, dimostrando che l'opzione preferenziale per i poveri è di matrice evangelica, e il cristiano non può sottrarvisi. Naturalmente, questa opzione ammette varie modalità di realizzazione, dato che oggi si rivela fondamentale la partecipazione dei costruttori della società per promuovere cambiamenti sociali a favore dei più abbandonati e poveri. 4.9. La speranza dei poveri: Gesù Cristo glorificato 365 La grande moltitudine di crocifissi latinoamericani che attraversa questa vita in condizioni disumane, disillusa dalle promesse dei suoi governanti e sperimentando difficoltà socio-economiche crescenti, si sente molto vicina a Gesù Cristo, il Servo povero e sofferente, che, come loro, ha vissuto situazioni angosciose ed è passato attraverso le sofferenze. ( Eb 5,1ss ) 366 Questo popolo di Dio che vive nella povertà sa che, in mezzo alle tensioni e contrarietà, Gesù Cristo ha sempre confidato nell'amore del Padre ( Gv 16,32 ) che l'avrebbe glorificato, ( Gv 17,15 ) manifestandosi come "l'autore e perfezionatore della fede". ( Eb 12,2 ) "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto". ( Gv 12,24 ) Il cammino del mistero pasquale percorso da Gesù ( Fil 2,6-11 ) è lo stesso per il cristiano ( Rm 6,5 ) che, come Gesù, sarà ugualmente risuscitato ( Rm 8,11 ) e glorificato. ( Rm 8,30 ) 367 I poveri del nostro continente sanno che Gesù Cristo glorificato non si allontana da loro: "Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo". ( Mt 28,20 ) Sarà soprattutto con i più bisognosi, con i quali si identifica. ( Mt 25,40 ) Perciò essi possono sperimentare la gioia della speranza, anche nelle prove, ( 1 Pt 1,5ss ) chiamati a partecipare un giorno alla felicità di Gesù Cristo e alla sua vita in Dio, certi, come l'Apostolo, che la nostra angoscia, che è lieve e passeggera, ci prepara una gloria eterna, che supera qualsiasi misura. ( 2 Cor 4,17 ) 5.1. L'incarnazione culturale del Verbo di Dio 5. Gesù Cristo, pienezza di ogni cultura 368 Assumendo la condizione umana con l'incarnazione, ( Gv 1,14 ) il Figlio di Dio entra in un popolo, in una storia, in una cultura. "Nato da donna, nato sotto la legge", ( Gal 4,4 ) si sottomette alla circoncisione ( Lc 2,21 ) e alla presentazione al Tempio, ( Lc 2,22ss ) si integra pienamente nella vita della sua famiglia e del suo popolo. Durante la sua vita celebra con il suo popolo le feste religiose ( Mt 26,17-19; Mc 14,12-16; Lc 22,7-13; Gv 2,13ss; Gv 5,1; Gv 10,22ss ) e conferma il valore dei comandamenti, soprattutto di quelli più centrali, ( Mt 22,34-40 ) per la salvezza. ( Mt 19,23 ) Ammira la natura del suo paese, condivide la vita con i pescatori, i contadini, i commercianti e i pubblicani, convive con i poveri e si commuove per gli infermi e per i peccatori. 369 Compie la propria missione nella cultura del suo popolo. E utilizza i generi letterari in voga: parabole, allegorie, beatitudini, parodie e proverbi. Si esprime con immagini proprie del suo ambiente, ispirate dal contesto agricolo, ( Mt 14,3-33; Mc 4,20.30-32 ) dalla vita dei pescatori, ( Mt 13,47-50 ) dall'attività dei pastori, ( Gv 10,1-16 ) dalla vita familiare. ( Mt 24,45-51 ) Compie segni e miracoli, come i profeti, per attestare la presenza del Regno di Dio in azione. Perdona i peccati ed evangelizza i poveri, rispondendo alle aspettative della cultura religiosa del suo popolo circa la venuta del Regno. ( Lc 4,6-21; Lc 7,18-23 ) 5.2. Gesù Cristo corregge e perfeziona la cultura del suo popolo 370 Ciò nonostante. Gesù non accetta completamente le abitudini, le tradizioni e le istituzioni che costituiscono la cultura nella quale vive. Quando queste pregiudicano le persone, ( Mc 7,9-13 ) o ne sminuiscono la dignità, ( Gv 8,1-11 ) Gesù le critica. Non si lascia legare dagli insegnamenti dei rabbini, ma, parlando con la propria autorità, ( Mt 7,28ss ) corregge l'interpretazione usuale dell'osservanza del sabato, ( Mt 12,1-7 ) relativizza anche la legge di Mosè, ( Mt 5,21-48 ) denuncia l'osservanza meramente esteriore dei precetti ( Mt 6,1-4.6-18 ) e infrange i tabù della purità rituale. ( Mc 7,1-23 ) 371 Entra in contatto con i gruppi religiosi del suo tempo, senza identificarsi con nessuno di questi; introduce una nuova immagine di Dio; ( Lc 18,9-14; Mt 20,1-15 ) e tratta con coloro che erano socialmente emarginati: lebbrosi, peccatori, pubblicani, donne, poveri. L'autonomia che dimostra nel suo agire e nei suoi insegnamenti rispetto alle tradizioni religioso-culturali del suo tempo gli procurano frequenti scontri con le autorità religiose. Da qui nascono le cause storiche della sua passione e morte. 5.3. L'inculturazione nella Chiesa primitiva 372 La venuta dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste rispetta la diversità culturale dei fedeli, facendoli parlare in varie lingue. ( At 2,1-11 ) Si costituisce così la comunità cristiana, non nell'uniformità, ma nell'unità della fede. Testimonianze della pluralità di espressioni di una stessa fede ci vengono offerte dagli scritti del Nuovo Testamento, in special modo le cristologie e le ecclesiologie li presenti, che riflettono culture e contesti diversi. 373 Ciò nonostante l'inculturazione non avvenne senza difficoltà. La prima grave crisi della Chiesa apostolica fu provocata dall'inculturazione. La decisione del Concilio di Gerusalemme fu preceduta da frequenti tensioni tra cristiani provenienti dall'ebraismo e pagani convertiti al cristianesimo. "Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi, di non impervi nessun altro obbligo al di fuori di queste cose necessario". ( At 15,28 ) Con questo si dispensavano i non ebrei dalla circoncisione e da altre tradizioni ebraiche. Tuttavia sappiamo che questa risoluzione non si tradusse subito in pratica, portando san Paolo a un intervento energico. ( Gal 2,11-21 ) Tuttavia, la crescente coscienza dell'autonomia del cristianesimo in relazione all'ebraismo ( Eb 13,10-13 ) non fece scomparire le tensioni tra "ellenisti" ed "ebrei", avvisandoci che ogni processo di inculturazione è difficile e delicato. 5.4. Gesù Cristo, fonte, criterio e pienezza di ogni cultura autentica 374 L'incontro del Vangelo con una cultura determinata implica simultaneamente che lo stesso sia compreso, accettato e professato all'interno di questa cultura, e che si possa situare autonomamente rispetto alle caratteristiche proprie della stessa. L'inculturazione della fede "è una trasformazione inferiore degli autentici valori culturali per la loro integrazione nel cristianesimo e per il radicamento del cristianesimo nelle diverse culture umane". Ma allora potrebbe sorgere la domanda: perché il Vangelo può essere vissuto ed espresso in qualunque cultura umana? O anche: perché può criticare alcuni elementi di una cultura e promuoverne altri? Nascondi 375 La fede ci insegna che Gesù Cristo è la ragione ultima dell'esistenza umana, ( Col 1,16 ) e ogni uomo ha nel Figlio di Dio il suo prototipo. "Perché Adamo, il primo uomo, era figura di colui che doveva venire, ( Rm 5,14 ) cioè Cristo nostro Signore". Così, "il mistero dell'uomo si chiarisce solo nel mistero del Verbo incarnato". Pertanto ciò "manifesta pienamente l'uomo allo stesso uomo e gli mostra la sublimità della sua vocazione". Di fatto Gesù Cristo ci rivela il senso della vita, illumina la storia e ci apre all'eternità. In questo modo Cristo è il valore massimo di ogni cultura che dovrà rivelarsi nelle diverse espressioni e strutture di ogni popolo. Così l'uomo che voglia comprendere se stesso fino in fondo deve avvicinarsi a Cristo, deve assimilare tutta la realtà dell'incarnazione e della redenzione per trovare se stesso. 376 In conseguenza di ciò, ogni cultura, in quanto espressione integrale dell'uomo, nella sua dimensione fisica e spirituale, è intimamente legata a Gesù Cristo. Questi non è solo la pienezza dell'uomo, ma anche quella della cultura, con i suoi valori, le sue istituzioni e tradizioni. Gesù Cristo è l'Unico che riunisce in sé tutti i valori di tutte le culture (Giovanni Paolo II, Discorso ai vescovi della Nigeria, Lagos, 15 febbraio 1982). Come fonte di cultura Gesù Cristo rivela più profondamente a una determinata cultura i propri valori, promuovendoli e rinnovandoli. 377 Da qui la nostra convinzione che il contatto del Vangelo con l'uomo e con la società crei cultura autentica, umana e umanizzatrice. Per la stessa ragione, il Vangelo purifica le culture dai loro elementi disumanizzanti, impregnandole e rigenerandole. L'evangelizzazione delle culture assomiglia quindi al processo dinamico del mistero pasquale: l'incarnazione dell'evento Gesù Cristo in una cultura esige la morte degli elementi non compatibili con la fede cristiana e il risorgere di altri, in vista di una cultura rinnovata e di ispirazione cristiana. 6.1. La Chiesa, comunità salvifica 6. La Chiesa, presenza di Gesù Cristo nel mondo 6.1.1. La Chiesa animata dallo Spirito di Cristo risorto 378 Gesù Cristo, quando proclamò la venuta e iniziò il regno di Dio, chiamò uomini e donne a condividere la sua vita e a divenire suoi discepoli. In modo particolare chiamò i Dodici e li costituì apostoli, ( Mc 3,13-19; Mt 19,28 ) colonne della sua Chiesa, promettendo loro lo Spirito Santo dopo la risurrezione. ( Gv 7,19; Gv 16,7 ) 379 Lo Spirito Santo è stato diffuso abbondantemente dal Signore dopo la sua glorificazione, ( Gv 20,22; At 2,1-4 ) spingendo Pietro - nel giorno di Pentecoste - ad affermare che "innalzato alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire". ( At 2,33 ) Lo Spirito di Cristo risorto è la fonte interiore che plasma l'esistenza dei primi cristiani, spingendoli a credere nel Figlio di Dio ( 1 Cor 12,3 ) e ad assumere lo stile di vita di Gesù nell'amore fraterno, ( At 2,44ss ) nella preghiera, ( At 7,59ss; At 21,14 ) nell'annuncio della sua Parola. ( At 3,1-10 ) Realmente, è lo Spirito Santo che ci rende possibile vincere il peccato, ( Rm 8,5-13 ) ci spinge all'amore fraterno ( Gal 5,22-25 ) e ci conduce al Dio di Gesù Cristo. ( Gal 4,6; Rm 8,16 ) 380 Lo Spirito Santo, essendo il principio interiore della nostra esistenza cristiana, esige da noi la massima sensibilità e docilità alla sua azione nei nostri cuori. Siamo membri della Chiesa grazie allo Spirito dato che Egli "produce e stimola la carità tra i fedeli, unificando il corpo con la sua forza e mediante la connessione interna delle membra". Di conseguenza, abita nei cuori dei fedeli e nella Chiesa come nel suo tempio. 6.1.2. La Chiesa: mistero di Dio nella storia 381 La comunità dei fedeli battezzati, mediante la relazione con la persona di Gesù Cristo e l'esperienza dello Spirito Santo, ( Gal 3,2-4; Rm 8,16 ) prende coscienza dell'immensa ricchezza della sua vocazione cristiana. Questa si fonda sull'insondabile disegno di amore di Dio che, prima della creazione del mondo, ci ha eletti in Cristo come suoi figli adottivi, ( Ef 1,3-6 ) e ci "ha predestinati a essere conformi all'immagine del suo Figlio, perché egli sia il primogenito fra molti fratelli". ( Rm 8,29 ) La conseguenza di questo piano di amore salvifico, che ha origine nella Santissima Trinità, è che chi crede in Cristo è convocato a costituire la sua Chiesa. 382 Così la Chiesa manifesta nella storia il mistero di Cristo, che è il mistero del disegno salvifico di Dio rimasto nascosto fino ad allora. ( Ef 3,3-5 ) "In questo consiste il "mistero" della Chiesa: è una realtà umana, formata da uomini limitati e poveri, ma penetrata dall'insondabile presenza e forza del Dio Trino che in essa risplende, convoca e salva". Per questo è considerata "come un sacramento, ossia segno e strumento dell'unione intima con Dio e dell'unità di tutto il genere umano". Con questa forza divina Dio convoca e realizza la Chiesa in America Latina dandole, attraverso di essa, l'unità continentale cui oggi aspira. 383 La Chiesa rappresenta, quindi, una realtà spirituale che trascende la mera istituzione umana, così come nel Verbo incarnato la divinità trascende l'umanità. Considerarla esclusivamente nella sua dimensione visibile, sarebbe disconoscere il suo essere più intimo e ridurla a un'organizzazione filantropica. Rifiutarla, per avervi scoperto le manifestazioni delle limitazioni umane e del peccato, sarebbe non accettare l'ordine salvifico voluto da Dio, manifestato nell'incarnazione del Verbo e che si prolunga nella Chiesa - sacramento di Gesù Cristo - come mediazione salvifica nel corso della storia umana. 384 È la Chiesa - cioè tutti i battezzati - che ci risveglia alla fede, ci illumina con la Parola di Dio e ci alimenta con i sacramenti, ci orienta affinché possiamo corrispondere all'amore di Dio e raggiungere la felicità eterna. Per tutto questo, dobbiamo amarla, rispettarla e servirla, cosi com'è. "Come sarà possibile amare Cristo senza amare la Chiesa, quando la più bella testimonianza in favore di Cristo è quella di san Paolo: "amò la Chiesa e si è donato per lei"?". 6.1.3. La Chiesa: comunità per la salvezza del mondo 385. Il compito dell'evangelizzazione costituisce la missione essenziale della Chiesa, dato che essa deve portare il Vangelo "fino agli estremi confini della terra" ( At 1,8 ) e "ammaestrare tutte le nazioni". ( Mt 28,19 ) La sua vita intima ha pienezza di senso solo quando diventa testimonianza, provoca la conversione e conduce gli uomini e le donne alla salvezza. Questa missione evangelizzatrice - essendo essenziale e costitutiva della Chiesa - compete a tutti i fedeli, dato che il Signore ci "chiama a condividere con gli altri i beni che abbiamo, cominciando dal più prezioso che è la fede". 386 La Chiesa è la più intima manifestazione del regno di Dio qui in terra e si costituisce nell'Eucaristia, memoriale della morte e risurrezione del Signore. Con questa forza sacramentale, i cristiani formano la comunità del popolo di Dio che, nella misura in cui vive e proclama i valori del Regno, rende questo Regno una realtà presente tra gli uomini. "Sarà mediante la sua condotta, la sua vita, che la Chiesa evangelizzerà innanzitutto il mondo, cioè mediante la sua testimonianza vissuta di fedeltà a Gesù Cristo, di povertà e disinteresse per i beni materiali, di libertà di fronte ai poteri del mondo, in una parola, di santità". 387 La santità dei fedeli battezzati accresce la credibilità e la forza di attrazione della Chiesa, in seno a una società poco credente, costituendo "il germe e il principio di questo Regno in terra". Un cattolico che non abbia la fede cristiana come fattore strutturante della propria vita, non solo può soccombere alle tentazioni delle sette, ma indebolisce anche - con il suo atteggiamento - la ragion d'essere della stessa comunità ecclesiale come comunità salvifica. 388 La Chiesa evangelizza mediante la necessaria proclamazione della parola di Dio, l'amministrazione dei sacramenti, la liturgia, la catechesi e i mezzi di comunicazione sociale. Anche il contatto e la testimonianza personale hanno efficacia salvifica, largamente comprovata nei secoli. "C'è forse in fondo un altro modo di comunicare il Vangelo che non trasmettere ad altri la propria esperienza di fede?". 389 La liturgia annuncia e realizza la vita, la passione e la morte di Gesù Cristo, inserendo i cristiani nel mistero pasquale. In essa avviene un incontro con Dio e con i fratelli. Con i sacramenti, nei quali è presente Gesù Cristo con la sua virtù, e soprattutto attraverso l'Eucaristia, la comunità ecclesiale si riunisce per offrire culto a Dio celebrando la sua salvezza. I sacramenti, debitamente ricevuti, rafforzano e rinnovano l'unione dei cristiani in Gesù Cristo, facendoli crescere nella carità e stimolandoli all'evangelizzazione. Così la liturgia è il culmine e la fonte della comunità salvifica. 6.2. La Chiesa, comunione di comunità 6.2.1. La Chiesa: comunione di carismi diversi 390 Animati dallo stesso Spirito, fratelli di Gesù Cristo e figli dello stesso Padre, professando una stessa fede, sostenuti dalla stessa speranza e vivendo nell'amore della carità, i membri della Chiesa costituiscono l'unico popolo di Dio. Popolo che esprime la Santissima Trinità nella storia ed è stato chiamato "per essere comunione di vita, di carità e di verità" dei credenti fra loro, che prende significato e si realizza nella comunione del Corpo eucaristico di Cristo. ( 1 Cor 10,16ss ) Nella Chiesa "esiste un'autentica uguaglianza tra tutti in relazione alla dignità e all'azione comune a tutti i fedeli in ordine all'edificazione del Corpo di Cristo". Questa uguaglianza fondamentale, ( Gal 3,28; Col 3,11 ) frutto dell'azione di "un unico e identico Spirito", ( 1 Cor 12,5 ) non esclude la diversità di doni, ministeri e attività in funzione del bene comune. ( 1 Cor 12,4-7 ) Di fronte al problema delle sette e del loro proselitismo dobbiamo ricordare che chi non sta con il Papa e i Vescovi non si incorpora nella Chiesa che Cristo ha fondato. Il ministero del Papa e dei Vescovi è una funzione a favore di tutto il popolo di Dio e non ostacola la dignità e l'uguaglianza fondamentali di tutti nella Chiesa. 391 Ci sono ministeri che derivano dal sacramento dell'Ordinazione - episcopato, sacerdozio e diaconato - e ministeri che hanno il proprio fondamento sacramentale nel Battesimo, nella Confermazione e - per molti - nel Matrimonio; questi ultimi sono ministeri dei laici. Il campo specifico dei servizi al Vangelo realizzati dai laici "è il mondo vasto e complesso della politica, del sociale, dell'economia, e anche della cultura, delle scienze e delle arti, della vita internazionale, dei mezzi di comunicazione sociale di massa, così come altre realtà aperte all'evangelizzazione: l'amore, la famiglia, l'educazione dei bambini e dei giovani, il lavoro professionale, la sofferenza". 392 La società contemporanea - tanto complessa e pluralista - può essere raggiunta e trasformata dai valori del Vangelo in tutti i suoi diversi settori solo dalla testimonianza e dall'attività evangelizzatrice dei cristiani laici. Sono loro che nella famiglia, nel lavoro e nella società, possono unire esistenzialmente la vita con il Vangelo, manifestando così che la fede cristiana è una risposta, pienamente valida, ai problemi e alle aspettative delle donne e degli uomini dei nostri tempi. 393 Se il Vaticano II ha affermato che la Chiesa non è veramente formata, non vive pienamente, non è segno perfetto di Cristo fra gli uomini, fintanto che non esista e lavori con la Gerarchia un laicato propriamente detto, è importante che si animino, promuovano e rispettino i fedeli battezzati laici nella loro attività evangelizzatrice, e si abbia fiducia in loro. 394 In quanto membri a pieno titolo del popolo di Dio, i fedeli laici, donne e uomini, ricevono doni e carismi dallo Spirito Santo per l'edificazione della comunità ecclesiale. I carismi sono oggetto di discernimento da parte della Gerarchia, che non può ridurre al silenzio lo Spirito, ma assumere quanto è buono. ( 1 Ts 5,19-21 ) Questo discernimento garantisce che tali carismi provengano autenticamente dallo Spirito Santo. 395 La Vita Consacrata costituisce uno dei carismi con cui lo Spirito Santo arricchisce la Chiesa. Con una vita fedele ai precetti evangelici, i consacrati irradiano i valori del Regno, animano la stessa comunità ecclesiale e interpellano la società. Molte religiose e religiosi si dedicano totalmente all'attività evangelizzatrice, offrendo un contributo importante al compito missionario della Chiesa, il quale deve sempre essere realizzato sotto la direzione dei pastori nel clima di "una sincera comunione e collaborazione". 6.2.2. La Chiesa: comunione collegiale 396 Scegliendo i dodici apostoli perché condividessero la sua vita e proclamassero con Lui il regno di Dio, ( Mc 3,13-19; Mt 10,42 ) Gesù ha stabilito la struttura collegiale della Chiesa, che ha in Pietro "il principio e fondamento, perpetuo e visibile, dell'unità di fede e di comunione". 397 La Chiesa particolare è una porzione del popolo di Dio riunita dal Vescovo con il suo presbiterio, con la forza dello Spirito Santo, dalla parola di Dio e dall'Eucaristia, nella quale vive la Chiesa universale che è una, santa, cattolica e apostolica. L'unione collegiale proviene "dal servizio a un unico Signore, dall'animazione di un unico Spirito, dall'amore verso un'unica e stessa Chiesa". La collegialità si manifesta nella sollecitudine di ogni Chiesa verso la Chiesa universale, che si concretizza in un effettivo aiuto reciproco, assunto "in tutte le sue dimensioni e conseguenze", e nell'"affetto collegiale". Un'autentica collegialità ecclesiale è molto importante in un continente che lotta per raggiungere la sua unità e integrazione socio-politica. 398 In una cultura segnata da un esagerato senso di autonomia, l'affetto che i popoli dell'America Latina manifestano verso il Papa e i vescovi richiede di concretizzarsi nel rispetto e nell'obbedienza ai loro orientamenti e insegnamenti. 399 Le sfide che la società contemporanea presenta esigono che i pastori, i vescovi, con i loro sacerdoti e diaconi, abbiano una spiritualità profonda e posseggano una solida formazione teologica e spirituale, permanentemente attualizzata. Questo senza disconoscere che sono, in generale, sovraccaricati di lavoro. 6.2.3. La Chiesa: comunione nel segno della croce 400 Gesù Cristo ha realizzato la sua missione di instaurare il regno di Dio mediante la povertà, ( 2 Cor 8,9 ) l'umiltà ( Fil 2,6 ) e la persecuzione; ( Gv 8,19.37.40 ) "allo stesso modo la Chiesa è destinata a percorrere lo stesso cammino al fine di comunicare i frutti della salvezza agli uomini". Un gran numero di cattolici latinoamericani, donne e uomini, non possiedono i beni indispensabili alla vita del proprio corpo e del proprio spirito e conoscono la prova dell'umiliazione e, a volte, della persecuzione. 401 La situazione vissuta dai figli della Chiesa richiede un'attenzione pastorale preferenziale conforme all'esempio del suo Fondatore. ( Lc 4,18 ) In ragione di questo la Chiesa ha dovuto subire "in non pochi casi, persecuzioni e vessazioni di diverso tipo: gli stessi poveri sono stati le prime vittime" di queste. 402 Realizzando la sua missione salvifica - senza il potere o la sapienza umana - la Chiesa manifesta la propria fiducia nella forza dello Spirito e nel potere di Dio, ( 1 Cor 2,1-5 ) liberando "il dolore dal dolore, cioè, assumendo la croce e trasformandola in fonte di vita pasquale". In questo modo, essa procede nel corso della storia annunciando la morte e risurrezione di Gesù fino al suo ritorno e celebrandola nell'Eucaristia. ( 1 Cor 11,26 ) 6.3. La Chiesa, comunità per la missione 6.3.1. Evangelizzazione 403 La missione evangelizzatrice della Chiesa costituisce il suo più profondo dinamismo vitale. Nel cuore della sua esistenza lo Spirito ha depositato il carisma della missione, per il quale la Chiesa non solo nasce, ma anche riceve la sua vocazione irrinunciabile ed esercita il compito essenziale che la trasforma in sacramento del Regno per tutte le genti, ( Mt 28,19 ) fino ai confini della terra. ( At 1,8 ) 404 Per questo tutti i membri della comunità cristiana sono protagonisti della missione, che realizzano in modi diversi, con carismi distinti, a partire da situazioni differenti e mirando a destinatari diversificati. "Il Signore chiama sempre a uscire da noi stessi, a condividere con gli altri i beni che abbiamo, cominciando dal più prezioso che è la fede". 6.3.2. Promozione umana 405 Con la forza del suo carisma missionario la comunità dei discepoli va incontro agli uomini e alle donne del suo tempo, vive in mezzo a loro e li ascolta, progredisce con loro e fa proprie le gioie e le speranze, le tristezze e le angustie di tutti, al fine di offrire loro il servizio della liberazione in Cristo e il senso più umano della loro vita e della loro storia. 406 Dove esistono persone umiliate nella loro dignità, situazioni personali o strutturali di peccato e mancanza di opportunità per tutti, la Chiesa è chiamata a testimoniare il Vangelo della promozione dell'uomo integrale, non come una semplice appendice, ma come elemento costitutivo della propria missione evangelizzatrice. 6.3.3. Cultura cristiana 407 Ogni cultura, a partire dalla propria originalità, si manifesta come spazio, interlocutore e destinatario della Buona Novella. ( At 2,1-11 ) La Chiesa, da parte sua, si propone essa stessa come parola, messaggio e colloquio capace di stabilire uno scambio reciproco e fecondo. 408 Il Figlio di Dio, cominciando la sua vita terrena per mezzo dell'Incarnazione inculturata, ( Gal 4,4 ) segnala alla sua Chiesa il cammino normativo per trasformare le culture a partire dall'interno: assumerle, discernerle, elevarle e condurle alla pienezza. 409 La Chiesa proclama i valori evangelici nel cuore delle culture perché diventino fonti ispiratrici della vita, ma crea anche le condizioni perché i valori culturali contribuiscano a una maggiore comprensione, espressione e pratica dei valori del Vangelo. 7.1. Maria in America Latina 7. Maria, Vangelo vivente nella Chiesa e nella cultura 410 Il Vangelo non si comprende senza Maria. Maria, nell'incarnazione del Verbo, ci da la Buona Novella radicale, il Vangelo fondamentale: il Signore ha redento il suo popolo. 411 Così Gesù Cristo associa Maria al mistero della redenzione. Dio ha scelto la mediazione umana per salvare il suo popolo e la sua forza redentrice passa per Maria. Cristo è l'unico mediatore e unisce alla sua unica mediazione l'uomo e la donna, in accordo alla funzione che assegna loro. A Maria ha assegnato la funzione materna. Ed è a partire da questa che Maria rimane associata alla storia della salvezza in America Latina. 7.1. Maria in America Latina 412 Con la venuta del Vangelo di Gesù Cristo in America Latina, Maria ha dato inizio e ha accompagnato la configurazione storica dei popoli attuali, con tutto ciò che Maria significa per la fede della Chiesa. La pietà mariana fa parte dell'identità culturale del continente. "Nei nostri popoli il Vangelo è stato annunciato, presentando la Vergine Maria come la sua realizzazione più alta" e la sua espressione più concreta. Per questo si è potuto dire della Vergine Maria che è "il Vangelo del popolo". 413 Riconosciamo in molti segni il profondo radicamento culturale di Maria, nella cui persona vediamo la trasparenza più fedele di Gesù Cristo e il modello di una Chiesa che crede e obbedisce, che contempla, prega e annuncia a ogni generazione le grandi opere della misericordia liberatrice di Dio, compiute in lei. ( Lc 1,48-50 ) La fede mariana si è radicata per secoli nell'esperienza cristiana delle comunità cattoliche latinoamericane. 7.2. Maria nella nuova evangelizzazione 414 L'evangelizzazione nuova che l'America Latina chiede ci fa scoprire in Maria tratti particolarmente essenziali della Buona Novella: la sua intima relazione con Gesù Cristo, ( Mt 1,18-25 ) la sua completa disponibilità e rinuncia, ( Lc 1,39-45 ) la sua sequela radicale, ( Gv 19,25-27 ) l'incarnazione del Vangelo nella sua vita, ( Lc 11,27-28 ) la preoccupazione per ogni uomo e per tutti gli uomini, ( Gv 2,1-12 ) e il riferimento a valori più centrali nella costruzione di una nuova società. ( Lc 1,46-55 ) Essa è stata la costante pedagoga del Vangelo, educatrice della fede e maestra della vita spirituale. 415 La Chiesa dell'America Latina deve imparare a leggere in Maria gli atteggiamenti richiesti dalla nuova evangelizzazione: prima di tutto una profonda esperienza di relazione con Gesù Cristo come base dell'annuncio del Vangelo liberatore; un atteggiamento di povertà interiore per ascoltare nel silenzio contemplativo e amare con una carità operante. Bisogna imparare da lei la fedeltà incondizionata al disegno del Padre, donandosi anche senza comprendere del tutto. Occorre imparare a obbedire allo Spirito per agire con libertà profetica e ad annunciare la Buona Novella a partire dalla vita condivisa coi poveri e con tutto ciò che necessita di essere accompagnato. 7.3. Maria e la promozione umana 416 L'azione evangelizzatrice di Maria in relazione alla promozione umana è stata principalmente quella di affermare e dare dignità alla persona, specialmente alla donna. 417 I Vangeli ci presentano Maria tra gli umili e i poveri di Jahvè. Depone suo Figlio in una mangiatoia, ( Lc 2,7 ) conosce la fuga e l'esilio, ( Mt 2,14 ) presenta nel tempio l'elemosina per i poveri. ( Lc 2,23 ) La sua disponibilità ad aiutare e condividere la pone al fianco dei bisognosi. In Maria riconosciamo "colei che, dopo Cristo, occupa nella Santa Chiesa il posto più alto e, allo stesso tempo, il più vicino a noi". 418 Nelle attuali condizioni di sofferenza in cui vive l'America Latina, Maria si manifesta come la credente che ha osato cantare la speranza a quanti non vogliono accettare passivamente le circostanze avverse della vita personale e sociale, ne si rassegnano a essere vittime dell'alienazione. È insieme a quanti cercano il Dio che li libera, sollevando i piccoli e abbattendo i forti. 419 Vergine e Madre, Maria è il modello della donna consacrata a Dio nella sua totalità, della madre dedita alla sua famiglia e della donna del nostro tempo, compagna attiva, libera e animatrice della società. Come Madre trasmette il rispetto per la vita; come Vergine la sua dedizione esclusiva a Dio; ( 1 Cor 7,34 ) come Sposa unifica la famiglia; come Donna partecipa attivamente alla storia. 420 Maria si innalza come segno della predilezione di Dio per i derelitti di questo mondo. Il nostro popolo, in maggioranza povero, lo intuisce, lo vive e lo celebra, dando a Maria un posto centrale nella sua esistenza cristiana. Riconosce la sua vicinanza ai poveri e agli abbandonati; la percepisce semplice, diretta e raggiungibile. Per questo non deve meravigliare che si identifichi spontaneamente con lei e in lei trovi forza spirituale e speranza per la lotta quotidiana. 7.4. Maria, realizzazione della cultura cristiana 421 In Maria il Verbo si è fatto carne. Alla sua accettazione della parola del Signore, inizia in lei l'incarnazione della Parola che toccherà le radici della sua esistenza, e con le sue, quelle di tutta l'umanità. La presenza del Figlio di Dio nelle sue viscere ha cambiato inaspettatamente la sua vita, ( Lc 1,34; Lc 2,33 ) segnandola, in qualche modo, come porta e chiave per ogni inculturazione del Vangelo. 422 Maria, quando viene introdotta nel mistero di Cristo, inizia l'itinerario dell'obbedienza alla fede,459 che la porta a identificarsi con lo stesso Vangelo. Diventa così prototipo di quell'umanità i cui criteri, valori, interessi, pensieri, fonti ispiratrici e modelli di vita sono raggiunti e trasformati con la forza del Vangelo. Così quando un popolo accoglie la Buona Novella di Maria, da inizio anche in se stesso all'inculturazione dei valori che la Vergine Madre rappresenta. Accettando Maria, vangelo vissuto, questo assume carne culturale nella vita concreta degli uomini e delle donne. La "Vergine Morena", la "Vergine Meticcia", la "Vergine di Guadalupe", come tante altre immagini di Maria, sono il segno evidente dell'incarnazione del Vangelo nella cultura dei popoli, nell'accoglienza riservata a Maria. 423 A sua volta. Maria introduce nella Chiesa quei valori che si trovano nel cuore di ogni cultura. Se i valori culturali più profondi sono quelli religiosi, quelli morali, quelli che pongono la persona al centro, Maria fa presenti nel popolo di Dio questi valori che sono indissolubilmente legati alla sua persona, rivestita dal volto delle culture in cui la sua presenza mette radici. 424 La Chiesa vede in Maria la donna attraverso la quale lo Spirito Santo, in ogni epoca, popolo e cultura, rende vive in modo speciale le parole e la persona di Gesù Cristo, incarnato in lei come in nessun'altra creatura. 8.1. America Latina, culla della nuova evangelizzazione 8. La nuova evangelizzazione 425 Il primo appello a intraprendere una nuova evangelizzazione è diventato subito un principio generatore di riflessione teologico-pastorale, fonte di spiritualità per coloro che evangelizzano e ispirazione per una rinnovata azione missionaria. 426 Nel corso di questi ultimi nove anni, abbiamo visto come il progetto della nuova evangelizzazione sia andato crescendo nel nostro interesse e in quello di tutto il popolo di Dio. Lo stesso Santo Padre è andato progressivamente rendendolo centrale all'interno del suo insegnamento per l'America Latina, e lo ha esteso poi alla Chiesa universale. 427 Nella Chiesa pellegrina in America Latina è nata l'intenzione di compiere un gran passo in avanti nell'evangelizzazione e di entrare in una nuova fase storica del dinamismo missionario del popolo di Dio, riconoscendo serenamente il passato, assumendo le sfide del presente e contemplando con speranza l'avvenire. 8.1. America Latina, culla della nuova evangelizzazione 428 Noi, pastori e fedeli della Chiesa, abbiamo assunto la nuova evangelizzazione come l'impegno fondamentale capace di dare pieno significato al V Centenario della presenza del Vangelo in queste terre. 429 La nuova evangelizzazione è nata con il chiaro proposito di inserirsi nel cammino storico del nostro continente, nella sua realtà socio-culturale e nella congiuntura particolare in cui vivono le nostre Chiese. È inquadrata nel contesto di un popolo profondamente religioso, che soffre "ingiustizie oltraggiose" di ogni genere, fino a livelli disumani di miseria. Un popolo nel quale i poveri sperano di avere le preferenze della Chiesa, chiamata a essere "promotrice di sviluppo umano integrale, di giustizia ed equità, a beneficio dei più bisognosi". 430 Si tratta di celebrare la fede cinque volte centenaria con "uno sguardo di gratitudine a Dio per la vocazione cristiana e cattolica dell'America Latina", per i primi araldi del Vangelo e per la Buona Novella che abbiamo ereditato. Sguardo lucido sulle sfide del presente e gli sforzi che si realizzano. Sguardo verso il futuro per vedere come consolidare l'opera iniziata. Sguardo che ci permetta di scoprire l'intento amoroso di Dio, nonostante gli aspetti di ombra del passato, poiché nel fiume della storia c'è una coesistenza misteriosa di peccato e di grazia. 8.2. La nuova evangelizzazione è venuta maturando nella Chiesa 431 La storia recente ci dice che il progetto di nuova evangelizzazione non è il risultato di circostanze fortuite, ma è la conseguenza di una maturazione vissuta dalla Chiesa universale e latinoamericana negli ultimi decenni. 432 L'intuizione di Giovanni Paolo II ha le sue radici immediate nel Vaticano II e nei Sinodi universali, nelle Conferenze di Medellin e Puebla, che hanno riletto il Concilio e la Evangelii nuntiandi alla luce delle situazioni storiche e delle aspirazioni autenticamente umane del continente, e negli orientamenti e documenti pastorali degli ultimi Pontefici. 433 D'altra parte, le esperienze evangelizzatrici del popolo di Dio, la sua sensibilità storica e il suo atteggiamento profetico, la sua esperienza del martirio, la sua creatività teologica e le sue nuove forme di spiritualità, sono state seme fecondo di un'evangelizzazione che, tra successi ed errori, mirava alla novità. 434 La nuova evangelizzazione aspira a essere la risposta chiara alla domanda fondamentale che Paolo VI ci poneva dieci anni dopo il Concilio: "Qual è l'efficacia ai nostri giorni dell'energia nascosta della Buona Novella, capace di scuotere profondamente la coscienza dell'uomo?". 8.3. La nuova evangelizzazione richiede una corretta comprensione 435 La nuova evangelizzazione esige una giusta comprensione al fine di non essere travisata ne deformata. Il Papa afferma che non è una pura e semplice rievangelizzazione. 436 Rievangelizzazione, in effetti, presupporrebbe che nella prima evangelizzazione non ci siano stati risultati significativi o che questi siano stati totalmente superati dagli avvenimenti successivi. La realtà latinoamericana ci dice il contrario: che partiamo da un fatto evangelizzatore innegabile e da una cultura fondamentalmente evangelizzata, sebbene con una formazione religiosa debole, un'assimilazione carente e un insieme di fattori avversi che la minacciano gravemente. 437 Pertanto, con la nuova evangelizzazione non si inaugurerà qualcosa di totalmente inedito, qualcosa che non si sia mai fatto prima nella Chiesa latinoamericana. Non la intendiamo nemmeno come una strategia per sopravvivere in un mondo critico e refrattario alla fede. Non è un passeggero entusiasmo emotivo, non è una crociata, non è il desiderio di ritornare a situazioni di cristianità proprie di altre epoche. 438 La nuova evangelizzazione è considerata una fase nuova dell'evangelizzazione iniziata mezzo millennio fa, spinta di incarnazione nei segni della nostra epoca, nelle nuove circostanze della sequela di Gesù e nelle sfide derivanti dai problemi che oggi affliggono i nostri popoli 439 Con la nuova evangelizzazione non si versa vino nuovo in otri vecchi, ( Mt 9,17 ) ma si ritorna continuamente allo Spirito che è, essenzialmente, generatore di vita e fonte inesauribile di creatività. 8.4. La nuova evangelizzazione annuncia un'antica novità 440 In comunione collegiale con il successore di Pietro, i vescovi adottano la nuova evangelizzazione come la sfida essenziale che li porta ad "affrontare il grandioso compito di infondere nuove energie al cristianesimo latinoamericano". Questo implica lasciarsi interpellare dallo Spirito che chiede loro di tornare alla perenne novità del Vangelo, all'annuncio originale del kérygma cristiano ( Eb 2,12-18; Eb 3,12-26 ) come nucleo insostituibile della Buona Notizia, la cui "energia nascosta è capace di scuotere profondamente la coscienza dell'uomo attuale". Non c'è altra novità da annunciare. 441 Perciò ogni evangelizzazione, antica o nuova, deve includere nella sostanza del suo dinamismo la chiara proclamazione di Gesù Cristo, salvezza di Dio nella storia, rivelazione perfetta del Padre e realizzazione delle promesse del Regno, con il quale Gesù si identifica totalmente. 442 Questo Gesù, Unigenito di Dio e Primogenito di Maria, ( Lc 1,31-32 ) si è rivelato a noi come dono supremo dell'Amore del Padre, ( Gv 3,15 ) per illuminare ogni uomo, ( Gv 1,9 ) convocarlo al progetto del suo Regno, ( Mt 5,1-12; Mt 11,25-27 ) liberarlo da ogni schiavitù per opera dello Spirito ( Lc 4,1-19 ) e offrirgli l'abbondanza della vita, ( Gv 10,10 ) che nasce dalla croce come condizione di glorificazione e di signoria sopra ogni creatura. ( Fil 2,5-11 ) 443 Non esiste pertanto vera evangelizzazione se non si annunciano chiaramente il nome, la vita, le promesse, il Regno, l'amore del Padre rivelato nell'umanità visibile di Gesù di Nazaret, l'Unto dallo Spirito, ( Lc 4,18-19; At 2,32-33; Gv 14,15-17; Gv 16,5-15 ) attraverso la cui morte e risurrezione si concede la salvezza a tutti, specialmente ai piccoli ( Mt 11,25-27 ) come dono della grazia e della misericordia di Dio. 444 Questa è l'unica e antica novità del Vangelo che, accolta dalla fede e dalla conversione del cuore, fa nascere la comunità di coloro che si riuniscono nel nome di Gesù ( Mt 18,19-20; At 2,42-47 ) per essere nel mondo segni dell'uomo nuovo e della nuova umanità. ( Col 3,9-10 ) 8.5. Le coordinate della nuova evangelizzazione 445 La forza della nuova evangelizzazione può germogliare solo da una Chiesa che si concentri intensamente sulla propria missione evangelizzatrice, realizzando così il gesto più maturo della sua obbedienza allo Spirito, precursore, accompagnatore e continuatore di ogni evangelizzazione autentica e sempre attuale. 446 Nella nostra realtà storica, socio-culturale ed ecclesiale esistono sfide cui occorre rispondere, mete da raggiungere, tensioni alle quali non si deve cedere e opzioni prioritarie sulle quali non si può sorvolare. Perciò possiamo determinare le linee della nuova evangelizzazione, basandoci su una sensibilità fondamentale verso i segni del tempo contenuti proprio nella situazione dei nostri popoli immersi nell'insieme delle altre nazioni. 447 Di fronte alla moltitudine di uomini e donne latinoamericani sottomessi a tutti i poteri dell'iniquità, la nuova evangelizzazione proclama che il Vangelo della giustizia è condizione indispensabile per riconoscere l'altro come uguale, rispettarlo e così accoglierlo come fratello. Essa rivela che nell'esperienza del Signore Gesù Cristo si trova la base, il centro e il culmine della civiltà dell'amore che nasce dal disegno di Dio per tutti i suoi figli. La nuova evangelizzazione considera le culture, antiche e nuove, come spazi, interlocutori e destinatari del Vangelo, che aspira a trasformarle a partire dalle loro stesse radici. La nuova evangelizzazione vuole consolidare l'innegabile vocazione cristiana dell'America Latina e ravvivare una coscienza missionaria che conduca ad assumere l'evangelizzazione come compito di tutti, destinato a tutti. 448 Perciò dobbiamo assicurare nella Chiesa dell'America Latina l'unità sostanziale della sua fede; consolidare il nostro amore e servizio preferenziale ai poveri, l'impegno radicale per i diritti della persona, il sostegno alle comunità ecclesiali di base e la decisione di illuminare i problemi attuali con la dottrina sociale della Chiesa. 449 Occorre promuovere, ancor di più, la presenza e il ruolo del laico nell'evangelizzazione; dare impulso alle vocazioni per il ministero pastorale; elevare la qualità della fede, minacciata da gruppi religiosi non cattolici e dal secolarismo crescente, riaffermando con la nuova evangelizzazione l'impronta che Medellin e Puebla hanno lasciato nelle nostre Chiese. 8.6. La nuova evangelizzazione è continuità, rottura e scelta 450 Possiamo comprendere meglio l'originalità della nuova evangelizzazione se la rapportiamo all'evangelizzazione anteriore, vista da angolazioni diverse. Questo ci permetterà di misurare la portata che oggi ha per noi. 451 In primo luogo la vincoliamo all'evangelizzazione perenne, che consiste nell'annunciare la sostanza della Buona Novella di Gesù Cristo, e che ha costituito, da sempre, "la grazia e vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda". L'evangelizzazione sarà nuova nella misura in cui proporrà con fedeltà questa unica, perenne e assoluta novità di Gesù Cristo, del quale la Chiesa è sacramento evangelizzatore. 452 Di fronte all'evangelizzazione fondante dell'America Latina, che ha posto le basi evangeliche del cristianesimo nei nostri popoli, l'evangelizzazione sarà nuova se raccoglierà, discernerà e consoliderà i più diversi valori di quella prima fase dell'annuncio della fede in Gesù Cristo. 453 Davanti a una certa evangelizzazione invecchiata, che ha subito il logorio del tempo, perduto il suo dinamismo missionario e la sua capacità di trasformazione profonda, l'evangelizzazione ne recupererà la novità quando ne riscatterà la primitiva vitalità, l'efficacia originale e persino la fascinazione nascosta della Buona Novella che ha prodotto frutti di eroismo e santità in molti uomini e donne latinoamericani per cinque secoli. 454 Ugualmente, l'evangelizzazione sarà nuova per l'assimilazione dell'agente: sia perché l'assimila con maggior vigore, la riscopre, se aveva perduto il senso della fede; sia perché comprende in essa e a partire da essa le variabili della propria storia e della propria cultura. 455 Infine, rispetto a una nuova evangelizzazione riduzionista, che suole prendere la parte per il tutto, la nuova evangelizzazione ci chiede una permanente revisione teologica, spirituale e pastorale, al fine di arrivare a proclamarla integralmente, senza sacrificare nessuno dei suoi valori, elementi o aspetti essenziali. 8.7. L'originalità della nuova evangelizzazione 456 Il Papa ha espresso l'originalità della nuova evangelizzazione nella nota formula: l'ardore, il metodo e l'espressione. E noi vediamo la necessità di approfondirla al fine di precisarne il contenuto e determinarne le conseguenze. 8.7.1. L'ardore 457 Il nuovo ardore significa fondamentalmente aver fame di contagiare gli altri con la gioia della fede, fondata su una profonda esperienza del Dio di Gesù Cristo, che ci chiama a cercare continuamente la perfezione del Padre. ( Mt 5,48 ) L'ardore apostolico della nuova evangelizzazione nasce da una radicale identificazione con Gesù Cristo, il primo evangelizzatore, che seguiamo e dal quale riceviamo una parola che è come il fuoco che incendia la terra e aspira a propagarsi ovunque. ( Lc 12,45 ) È la testimonianza ardente di uno zelo apostolico che procede da una certezza venuta da Dio e si traduce in coerenza di vita e in servizio al mondo come segno di pienezza cristiana, lungi da qualsiasi fanatismo. 458 L'ardore, pertanto, ha le radici in una solida spiritualità della contemplazione, ( 1 Gv 1,1-4 ) che si riflette nell'entusiasmo profetico ( Ger 31,28; 1 Cor 9,16 ) e nella vitalità apostolica di chi combatte la buona battaglia della fede. ( 1 Tm 6,11-16; 2 Tm 4,1-5 ) Si manifesta con tutta la sua forza nella santità della vita ( Mt 7,21-23 ) capace di risvegliare la credibilità in chi accoglie la Buona Novella della salvezza. 8.7.2. Il metodo 459 Il nuovo metodo della nuova evangelizzazione sarà possibile se ciascuno dei membri della Chiesa si farà protagonista del messaggio di Cristo, se si considererà evangelizzatore secondo la propria condizione e la propria capacità, se ognuno realizzerà l'apostolato che è alla sua portata, facendo propria la parola universale di Gesù di andare per il mondo proclamando la Buona Novella a tutta la creazione. ( Mc 16,15 ) 460 La novità del metodo esige in primo luogo che l'evangelizzazione riscopra la propria ampiezza e portata universale: che arrivi geograficamente dove non è arrivata o è arrivata debolmente, cioè fino ai confini della terra. ( At 1,8 ) Che incontri ogni individuo nella singolarità della sua persona, ( Mt 4,18-21; Mc 13,3-9; Lc 19,1-10; Gv 4,5-42 ) che si faccia presente in ogni gruppo umano, sociale e culturale: gli ebrei e i pagani, ( Gal 2,7-8 ) i poveri e abbandonati, ( Mt 11,1-6 ) tutte le culture, razze e popoli, ( Mt 28,18-20; At 2,5-11 ) quelli vicini e quelli lontani, poiché tutti hanno diritto al Vangelo della liberazione integrale. 461 Il metodo della nuova evangelizzazione esige anche qualità nel nostro annuncio universale del Vangelo: tornare a predicare il kérygma come nucleo della Buona Novella; riconoscere allo Spirito la sua condizione di principale evangelizzatore; ( Is 61,1-2; Mt 3,17; Mt 4,1; Lc 4,14; Gv 20,22; At 4,8 ) incarnarsi evangelicamente nelle realtà umane; ( Gal 4,4; Eb 2,16-18 ) studiare e praticare le leggi della pedagogia divina della Rivelazione; ( Eb 1,1-2 ) accettare che solo in Gesù, Vangelo del Padre, ( Mc 1,1; Rm 1,1-3 ) si trova il modello normativo dell'autentica evangelizzazione per tutti i tempi. ( Lc 4,8-10; 1 Pt 2,21; Gv 10,25 ) 462 La novità nel metodo richiama infine un'attenzione particolare alla profondità da perseguire nel proclamare il Vangelo. Si tratta di superare un'evangelizzazione che spesso opera come vernice superficiale, per arrivare alla profondità dei centri vitali della persona e delle radici stesse della sua cultura. ( At 8,26-40; At 17,22-34 ) Bisognerà studiare come proiettarlo nelle culture, facendo sì che il messaggio di Cristo liberatore e redentore penetri con maggior profondità ed efficacia. L'inculturazione è esigenza consostanziale del Vangelo. 463 Dobbiamo mettere bene in chiaro davanti agli occhi di tutti che la nuova evangelizzazione può ispirare un progetto originale di uomo, di società e di cultura, in accordo con le aspettative più profonde dei nostri popoli che coincidono frequentemente con il disegno di Dio. 8.7.3. L'espressione 464 La nuova espressione dell'evangelizzazione implica innanzitutto lo stare con le orecchie attente, in atteggiamento di ascolto, a quanto dice il Signore nei segni della storia, per saper annunciare la Buona Novella in un linguaggio che tutti possano comprendere. Questo esige profonda formazione cristiana e comunione ecclesiale, senso di appartenenza alla Chiesa e fedeltà al suo Magistero, coscienza della nostra vocazione universalista e missionaria unita a un deciso impegno per la giustizia. Dobbiamo ugualmente accettare la nostra condizione simultanea di destinatari ed evangelizzatori in ogni atto evangelizzatore. 465 Senza una viva sensibilità per i segni dei tempi non sarà facile stabilire un'efficace comunicazione della fede, poiché ci mancherà un linguaggio adeguato per esprimerla. Non possiamo smettere di parlare perché dobbiamo suscitare la fede in chi ci ascolta. ( 1 Cor 9,16; Rm 10,14-17 ) Ma dobbiamo farlo, non in un modo qualunque, ma con accenti di attualità se vogliamo veramente aver risonanza nel cuore e nella vita. Per questo è urgente imparare a parlare, secondo la mentalità e le culture di chi ascolta, in accordo con le forme di comunicazione e coi mezzi che sono in uso. ( Mt 13 ) 466 Infine, ai nostri giorni occorre promuovere una grande creatività - segno del nostro tempo - affinché la nuova evangelizzazione si esprima in linguaggi che mettano in discussione e allo stesso tempo offrano speranza. In nome di questa creatività bisogna assumere i linguaggi contemporanei senza sacrificare valori essenziali; armonizzare forme di comunicazione, vecchie e nuove, che siano in se stesse portatrici del Vangelo. Dobbiamo incorporare nella nostra evangelizzazione espressioni e simboli delle culture dei nostri popoli, addentrarci nella difficile arte del linguaggio totale della vita per porlo al servizio della fede. È urgente rivitalizzare i linguaggi tradizionali della fede: la testimonianza, la catechesi, la liturgia, i ministeri, la preghiera, creando spazi per nuovi linguaggi ancora, al fine di essere più persuasivi e credibili per gli uomini e le donne della nostra generazione. 8.8. Verso la IV Conferenza, guardando alla nuova evangelizzazione 467 Siamo stati testimoni del fecondo itinerario percorso dalla nuova evangelizzazione. Progrediamo in profondità teologica. Rifiniamo con maggior chiarezza il suo contenuto. Ne svisceriamo le implicazioni. Precisiamo la sua portata. E tutto ciò attraverso un lungo processo di consultazione, riflessione e dialogo ecclesiale. 468 La IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano fisserà la sua attenzione sulla nuova evangelizzazione, la promozione umana e la cultura cristiana, sintetizzando in questo modo i tre elementi che faranno parte della sua tematica fondamentale. La nuova evangelizzazione, come elemento inglobante e illuminante. La promozione umana, come riferimento alla difficile situazione del continente. La cultura cristiana come elemento che centra l'attenzione sull'inculturazione del Vangelo. 469 D'altra parte la professione di fede in Gesù Cristo ieri, oggi e sempre ( Eb 13,8 ) sarà il centro di gravita e il filo conduttore che ci porterà a porre il nome di Gesù Cristo sulle labbra e nel cuore di tutti i latinoamericani. ( Rm 10,9-10 ) 470 Per questo pensiamo con il Santo Padre che quanto la Chiesa si accinge a celebrare è l'Evangelizzazione: la venuta e la proclamazione della fede e del messaggio di Gesù, l'instaurazione e lo sviluppo della Chiesa; realtà splendide e permanenti che non si possono negare o sottovalutare. E si dispone a celebrarle nel senso più profondo e teologico del termine: come si celebra Gesù Cristo, Signore della storia, il primo e il più grande Evangelizzatore giacché Egli stesso è il Vangelo di Dio. 9.1. Coerenza tra fede e vita 9. Nuova evangelizzazione e promozione umana 471 La nostra fede nel Dio di Gesù Cristo deve tradursi in opere concrete. La sequela di Cristo significa impegnarsi a vivere secondo lo stile di Gesù. "Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli". ( Mt 7,21; Mt 12,50; Gv 4,34; Gv 6,38 ) 9.1. Coerenza tra fede e vita 472 Questa preoccupazione di coerenza tra la fede e la vita è sempre stata presente nelle comunità cristiane. Già l'apostolo Giacomo scriveva: "Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Forse che quella fede può salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: "Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi", ma non da loro il necessario per il corpo, che giova? Così anche la fede: se non ha le opere, è morta in se stessa". E conclude scrivendo: "Infatti come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta". ( Gc 2,14-17.26 ) 473 La mancanza di coerenza tra la fede che si professa e la vita quotidiana è una delle cause che genera povertà nei nostri paesi, perché la fede non ha avuto la forza necessaria per penetrare i criteri e le decisioni dei settori responsabili della direzione ideologica e dell'organizzazione della convivenza sociale ed economica dei nostri popoli. "In popoli di radicata fede cristiana si sono imposte strutture generatrici di ingiustizia". 474 La preoccupazione della Chiesa per il sociale, "orientata allo sviluppo autentico dell'uomo e della società, che rispetti e promuova in ogni sua dimensione la persona umana", fa parte della sua missione evangelizzatrice. La sua fedeltà alla vita e all'opera di Gesù la invita ad assumere il ruolo del buon samaritano: ( Lc 10,25-37 ) di fronte al caduto latinoamericano si riempie di compassione e fa di esso un prossimo, perché l'amore verso Dio si mostra nell'amore verso la persona umana. 9.2. L'insegnamento sociale della Chiesa 475 Un'elaborazione storica di questa preoccupazione concreta per l'uomo e la donna è la dottrina sociale della Chiesa. "Negli ultimi cent'anni", scrive Giovanni Paolo II celebrando il centenario della prima enciclica sociale di Leone XIII, "la Chiesa ha manifestato più volte il suo pensiero, seguendo da vicino la continua evoluzione della questione sociale, e certamente non ha fatto questo per recuperare privilegi del passato o per imporre la propria concezione. La sua unica finalità è stata l'attenzione alla responsabilità verso l'uomo, affidatele da Cristo stesso, verso quest'uomo che, come ricorda il Concilio Vaticano II, è l'unica creatura che Dio ha voluto per se stessa e sulla quale ha un suo progetto, cioè la partecipazione alla salvezza eterna. Non si tratta dell'uomo astratto, ma dell'uomo reale, concreto e storico: si tratta di ogni uomo, perché a ognuno giunge il mistero della redenzione e a ognuno si è unito Cristo per sempre attraverso questo mistero. Ne deriva che la Chiesa non può abbandonare l'uomo e che "quest'uomo è la prima via che la Chiesa deve percorrere nel compimento della sua missione" ". 476 La dottrina sociale della Chiesa è l'insegnamento del magistero in materia sociale e contiene principi, criteri e orientamenti per l'azione del credente nel compito di trasformazione del mondo secondo il progetto di Dio. Il suo insegnamento "fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa" e "ha come conseguenza l'impegno per la giustizia secondo la funzione, la vocazione e le circostanze di ognuno". 477 La generalizzata mancanza di conoscenza del pensiero sociale della Chiesa preoccupa. Si deve fare un appello a "studiare, approfondire e divulgare la dottrina sociale della Chiesa" in tutte le comunità cristiane, gli istituti educativi e i mezzi di comunicazione sociale che si trovano sotto la nostra responsabilità. Questo insegnamento deve essere un fondamento etico per la formazione professionale e civile. 478 Giovanni Paolo II scrive: "In concreto è assolutamente indispensabile - soprattutto per i fedeli laici impegnati in vari modi nel campo sociale e politico - una conoscenza più esatta della dottrina sociale della Chiesa, come ripetutamente i Padri Sinodali hanno sollecitato nei loro interventi. Parlando della partecipazione politica dei fedeli laici, si sono espressi nel seguente modo: "Affinché i laici possano realizzare attivamente questo nobile proposito nella politica ( cioè il proposito di far riconoscere e stimare i valori umani e cristiani ), non bastano le esortazioni, ma è necessario offrire loro la debita formazione della coscienza sociale, specialmente nella dottrina sociale della Chiesa, la quale contiene spunti di riflessione, criteri di giudizio e direttive pratiche". Tale dottrina sociale deve essere già presente nell'istruzione catechetica generale, nelle riunioni specializzate e nelle scuole e università. Questa dottrina sociale della Chiesa è, tuttavia, dinamica, cioè adattata alle circostanze dei tempi e luoghi. È diritto e dovere dei pastori proporre i principi morali anche nell'ordine sociale e dovere di tutti i cristiani dedicarsi alla difesa dei diritti umani; la partecipazione attiva nei partiti politici è comunque riservata ai laici". 479 L'insegnamento del pensiero sociale della Chiesa "fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa" e ha "il valore di uno strumento di evangelizzazione", perché illumina il vissuto concreto della nostra fede. 480 La sua presentazione deve essere dinamica, giacché contiene elementi di continuità come pure di rinnovamento: l'aspetto costante è costituito dai principi etici posti dal Vangelo, quello nuovo è portato dall'applicazione a situazioni diverse della realtà concreta. Allo stesso tempo non deve confondersi con un discorso ideologico, giacché essa non vuole giustificare nessun sistema politico ne economico, ma piuttosto porsi come un'istanza critica di fronte a essi per poter difendere gli autentici valori umani e cristiani nella costruzione di una società per tutti, in cui tutti abbiano spazio e possano godere dei beni prodotti. Infine, non dispensa da uno studio interdisciplinare serio della realtà per poter comprendere in tutta la loro complessità i fenomeni sociali. 9.3. L'opzione preferenziale per i poveri 481 L'opzione preferenziale per i poveri è un'espressione della carità cristiana e ha un'applicazione diretta nelle nostre responsabilità sociali al momento di prendere decisioni concrete. "Questo amore preferenziale, con le decisioni che ci ispira, non può smettere di accogliere le immense moltitudini di affamati e mendicanti, di uomini e donne senza tetto, senza assistenza medica e, soprattutto, senza speranza di un futuro migliore: non si può dimenticare l'esistenza di questa realtà. Ignorarla significherebbe diventare come il ricco Epulone che fingeva di non conoscere il mendicante Lazzaro, prostrato alla sua porta ". ( Lc 16,19-31 ) 482 A partire dalla nostra fede nel Dio di Gesù, rinnoviamo e ribadiamo l'opzione preferenziale per i poveri del nostro continente. Essi sono i "prediletti di Dio" per la loro situazione di povertà ed emarginazione. Questa opzione esige una profonda conversione di tutti noi, perché nasce dalla nostra fede ed è segno della sua autenticità. ( Mt 25,31-46 ) Pertanto bisogna invitare tutti ad assumere insieme la promozione e la difesa dei legittimi diritti dei poveri, valutando lo sviluppo autentico a partire dalla loro situazione e impegnandosi a creare o consolidare quelle strutture sociali che danno loro dignità. 483 Conviene ribadire l'affermazione di Puebla: "Il Vangelo ci deve insegnare che, di fronte alle realtà che viviamo, non si può oggi in America Latina amare veramente il fratello e quindi Dio, senza impegnarsi a livello personale e, in molti casi, a livello di strutture, nel servizio e nella promozione dei gruppi umani e degli strati sociali più spossessati e umiliati, con tutte le conseguenze che ne seguono sul piano di queste realtà temporali". 484 Duole profondamente ascoltare frasi dispregiative su queste persone emarginate. Lo sforzo per inserirle nella società è un dovere di umanità perché la loro emarginazione denuncia l'inumanità della società. È assolutamente urgente e "necessario abbandonare una mentalità che considera i poveri - persone e popoli - come un fardello o come molesti e importuni". In verità, "la promozione dei poveri è una grande occasione per la crescita morale, culturale e anche economica dell'umanità intera". 485 Alcuni settori della società, anche cattolici, hanno criticato i vescovi dicendo che optano per i poveri e non per i ceti medi che superano la povertà. Si deve tuttavia affermare, con molta chiarezza, che la nostra opzione preferenziale per i poveri sorge dalla fede nel Dio Padre di tutti e che è un'opzione a favore dei poveri delle nostre terre perché superino la loro condizione di emarginati sociali. Pertanto la concezione cristiana del progresso è includente, cioè considera autentico sviluppo solo quello che comporta il benessere di tutti e la corretta integrazione di tutte le dimensioni della persona umana. Non si è contro il progresso quando è per tutti gli uomini e le donne, e per tutta la persona umana nella sua dignità di creatura di Dio. 486 L'opzione preferenziale per i poveri esige la creazione delle condizioni sociali che ne permettono la promozione. Pertanto è un'opzione contro quei meccanismi che impediscono il loro inserimento protagonistico nella società, come cittadini con uguali condizioni, diritti e doveri. È opportuno ricordare che Dio non vuole la miseria per nessuno, ma esiste una povertà evangelica, cui tutti, poveri e ricchi, siamo chiamati e che prevede la sobrietà e l'austerità di vita, la disponibilità a condividere e la piena fiducia in Dio. Così come tutti, poveri e ricchi, siamo chiamati a coltivare le virtù che tanto contribuiscono a far uscire dalla miseria e ad assicurare il benessere e la dignità di tutti: la laboriosità, l'abilitazione, la responsabilità, l'onestà, lo spirito di iniziativa. 9.4. Il discernimento etico 487 Ogni comunità cristiana ha la responsabilità di "analizzare con obiettività la situazione del proprio paese, di chiarirla con la luce della parola inalterabile del Vangelo, di dedurre spunti di riflessione, norme di giudizio e direttive di azione secondo gli insegnamenti sociali della Chiesa". Aperte all'azione dello Spirito e unite ai propri pastori, le comunità cristiane devono discernere "le opzioni e gli impegni che conviene assumere per realizzare le trasformazioni sociali, politiche ed economiche che sembrano necessarie con urgenza caso per caso". 9.5. La promozione della persona umana 488 La dignità inviolabile di ogni uomo e di ogni donna, essendo creati a "immagine e somiglianza" di Dio, ( Gen 1,27 ) invita a creare relazioni fraterne per costruire una società solidale nelle sue strutture e istituzioni. Pertanto, sono tre le relazioni inseparabili: "la relazione dell'uomo con il mondo, come signore; con le persone come fratello e con Dio come figlio". 489 Più che mai sentiamo l'obbligo di affermare con Giovanni Paolo II che "riscoprire e far riscoprire la dignità inviolabile di ogni persona umana costituisce un compito essenziale; di più, in un certo senso è il compito centrale e unificante del servizio che la Chiesa, e in essa i fedeli laici, sono chiamati a prestare alla famiglia umana". Il rispetto per la dignità di ogni persona è il fondamento dell'uguaglianza tra tutti gli esseri umani e, pertanto, della partecipazione alla costruzione della società e della solidarietà nella distribuzione dei beni. 490 La difesa dei diritti umani è l'espressione concreta del rispetto per la dignità di ogni uomo e di ogni donna. Si deve rinnovare l'impegno di Puebla: "La Chiesa assume la difesa dei diritti umani e si fa solidale con chi li propugna". 491 Nel momento attuale vogliamo sottolineare: a) il diritto alla vita che comprende l'impegno per una qualità della vita che includa le condizioni necessarie perché sia degna di chiamarsi umana; b) il diritto alla famiglia, tanto quello di nascere all'interno di una famiglia quanto quello di poter formare e mantenere una famiglia; c) il diritto a un'educazione adeguata, condizione fondamentale del vero sviluppo; d) il diritto al lavoro per aver accesso ai beni necessari per vivere degnamente e dare il proprio apporto alla società; e) il diritto all'identità culturale per realizzarsi ed esprimersi secondo quanto è proprio; f) il diritto alla coscienza religiosa per vivere e celebrare il senso profondo della propria esistenza. Tutti questi diritti implicano dei doveri corrispondenti. È opportuno mettere in rilievo anche il diritto a essere donna, rispettando la differenza nell'uguaglianza, e il diritto all'ambiente, come rispetto per la qualità della vita. 9.6. Il conflitto sociale 492 Nel compito di costruire una società più umana e più giusta sorge inevitabilmente il conflitto sociale dovuto alla presenza di distinti interessi nei diversi gruppi sociali. Il conflitto ha un ruolo dinamico e creativo in quanto esprime una preoccupazione di tutti per la giustizia sociale. Pertanto, la conflittualità sociale non può sfociare in una mentalità bellica ma, in accordo con i criteri etici di ricerca del bene comune, nel rispetto in ogni momento della dignità della persona umana e in spirito di solidarietà. 493 La preoccupazione per i più bisognosi nella società dovrebbe essere un fattore di unità fra tutti, nella misura in cui tutti assumiamo le loro legittime aspirazioni. Non basta essere "la voce dei senza voce" nella società; più importante ancora è creare le condizioni necessarie per ascoltare la voce di coloro che non sono riusciti a farsi sentire. 494 In tempo di conflitti conviene che chi si impegna per la causa del riconoscimento della dignità di ogni uomo e di ogni donna sia allo stesso tempo un uomo impegnato con Dio. La mistica ( la vicinanza a Dio ) e l'azione ( la vicinanza alla persona ) si completano mutuamente per il credente, perché la nostra fede consiste nell'amare Dio nell'altro e amare l'altro in Dio. ( Gv 13,34-35 ) 9.7. La ricerca del bene comune 495 Il criterio del bene comune non si riduce alla somma degli interessi sociali, ma richiede una loro gerarchizzazione. Il principio del bene comune "non è la semplice somma degli interessi particolari, ma implica la loro valorizzazione e armonizzazione, fatta secondo un'equilibrata gerarchia di valori e, in ultima istanza, secondo un'esatta comprensione della dignità e dei diritti della persona". 496 La ricerca del bene comune non è autentica se non ha il proprio punto di partenza nella solidarietà. "Questa non è, quindi, un sentimento superficiale per i mali di tante persone, vicine o lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune; cioè per il bene di tutti e di ognuno, affinché tutti siamo veramente responsabili di tutti". 497 In questo contesto si comprende che l'opzione per i poveri non è esclusiva ne escludente, perché significa una conversione di tutti i gruppi sociali affinché assumano la loro causa: realizzarsi, secondo la dignità della propria persona, all'interno di una società che ci appartiene e alla quale si può collaborare. Con le stesse parole di Puebla, bisogna invitare "tutti, senza distinzioni di classe, ad accettare e assumere la causa dei poveri, come se stessero accettando e assumendo la propria causa, la causa stessa di Cristo. "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" ". ( Mt 25,40 ) 9.8. L'impegno sociale 498 Continuano a essere valide le parole di Pio XI, che il 15 maggio 1931 scrisse: "È davvero deplorevole, venerabili fratelli, che ci sia stato e ci sia tuttora chi, chiamandosi cattolico, si ricorda appena della sublime legge della giustizia e della carità, in virtù della quale ci è stato comandato, non solo di dare a ognuno quanto gli appartiene, ma anche di soccorrere i nostri fratelli bisognosi, come Cristo stesso; ( Gc 2,8-13 ) costoro, e questo è più grave, non temono di opprimere gli operai per desiderio di lucro. C'è poi chi abusa della religione stessa e si nasconde dietro al suo nome, nelle sue estorsioni ingiuste, per difendersi dai reclami completamente giusti degli operai. Non smetteremo mai di condannare comportamenti simili; questi uomini sono la causa del fatto che la Chiesa, immeritatamente, abbia potuto sembrare ed essere accusata di propendere per i ricchi, senza commuoversi davanti alle necessità e alle ristrettezze di chi si trovava diseredato della propria parte di benessere in questa vita". 499 Il pensiero teologico, che è nato nel nostro continente come uno sforzo per parlare di Dio in modo significativo in mezzo alla povertà dei nostri popoli, è stato un valido apporto per mettere in relazione la nostra fede con la realtà concreta dei nostri paesi. La liberazione costituisce un anelito profondo di ogni essere umano perché è un'espressione della sua dignità. In ogni momento dobbiamo porci a fianco dell'oppresso ( Mt 25,31-46 ) in un'opzione determinata a conseguire la sua liberazione da ogni schiavitù. Non possiamo mai dimenticare che Dio è la fonte di ogni autentica liberazione e, pertanto, dobbiamo cercare la costruzione del suo regno, nel suo modo, senza ricorrere a soluzioni facili che hanno identificato, totalmente, un determinato processo storico con la venuta del regno di Dio. 500 L'impegno sociale di chi vuole essere discepolo di Gesù il Cristo, trova nella formulazione del profeta Michea un vero progetto di vita: praticare la giustizia, amare con tenerezza e camminare con fedeltà a Dio nel cammino quotidiano della vita. ( Mi 6,8 ) Con le parole di Giovanni Paolo II, l'identificazione di Gesù con i più bisognosi, quando dice: "Quanto avete fatto a uno di questi fratelli miei più piccoli, lo avete fatto a me" ( Mt 25,40 ) "non deve rimanere un pio desiderio, ma diventare impegno concreto di vita". 10.1. L'importanza della cultura 10. Nuova evangelizzazione e cultura cristiana 501 "L'uomo vive una vita veramente umana grazie alla cultura". La cultura gli permette di dominare la natura, organizzare la vita familiare e sociale, esprimere le sue aspirazioni e le sue esperienze spirituali. "Quello che caratterizza un popolo è proprio la cultura, i suoi modi di esprimere il proprio essere e sentire, i suoi valori e disvalori, le sue creazioni, i suoi modi di relazionarsi, di lavorare, di celebrare la vita". In una parola, "è un modo specifico dell'"esistere" e dell'"essere" dell'uomo". 502 La cultura è un insieme di diversi sistemi: quelli di rappresentanza, quelli normativi, quelli d'espressione e quelli d'azione; un processo costante in cui la società prende significato dal gruppo umano, ma, allo stesso tempo, la persona è configurata dalla società significante. Così, noi latinoamericani ci vediamo in un certo modo, seguiamo certe norme, abbiamo la nostra peculiarità nell'esprimerci e il nostro modo d'agire. Valori, espressioni e strutture, sono i tre pilastri della cultura. Secondo la loro varietà e unità si può parlare di diversità e unità culturale in America Latina. Quindi, data la varietà di etnie e gruppi sociali, si può parlare anche di diversità di culture in America Latina e di influenze fra loro. 503 Attraverso la cultura l'uomo si fa più uomo, gioca il proprio destino; da qui la sua importanza. In quanto realtà storica e sociale, la cultura è in continua trasformazione, mediante nuove sintesi vitali provocate dal sorgere di nuove questioni e dall'incontro con altre culture. 10.2. L'inculturazione della fede 504 Anche se vengono trattate separatamente, l'inculturazione della fede e l'evangelizzazione delle culture costituiscono un unico processo. Di fatto, l'inculturazione della fede è una trasformazione interiore degli autentici valori culturali per la loro integrazione nel cristianesimo e per il radicamento del cristianesimo nelle diverse culture umane. 10.2.1. La cultura, veicolo di salvezza 505 La Buona Novella della nostra salvezza in Gesù Cristo "deve trovarsi nella vera disponibilità di tutti", ma potrà essere ricevuta e compresa, come tale, solo nella misura in cui sia compresa da chi la ode e accettata in modo che ne configuri il modo di essere, di agire e di esistere. "Una fede che non si fa cultura è una fede che non è stata pienamente ricevuta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta". 506 La cultura è l'indispensabile mezzo di incontro salvifico dell'uomo e della donna con Gesù Cristo. Per questo la fede cristiana ha sempre avuto la necessità di forme culturali per esprimersi, prendendo il linguaggio delle culture, poiché solo così "arriva a farsi storica e creatrice di storia". 507 Inculturare la fede presuppone - principalmente - che il kerygma primitivo, nonostante sia espresso in una cultura biblica, non si identifichi con nessuna cultura, potendo e dovendo essere compreso, vissuto e celebrato in qualunque cultura. Anche la cultura biblica contiene diversità dovute alla pluralità di esperienze e situazioni delle prime comunità. Nessuna cultura può considerarsi mezzo obbligatorio per evangelizzare, come nessuna è esclusa dall'essere veicolo di annuncio del Vangelo. In questo modo, le perenni espressioni cristiane di una cultura possono aiutare l'espressione cristiana in un'altra cultura; non così le circostanze proprie e specifiche della stessa. 508 La Chiesa di Pentecoste è una nella diversità: esiste una pluralità di lingue che esprimono la stessa fede e lo stesso amore. ( At 2,5-11 ) "Da quel momento la Chiesa apre le sue porte e diventa la casa in cui tutti possono entrare e sentirsi a proprio agio, conservando la propria cultura e le proprie tradizioni, sempre che non siano in contrasto con il Vangelo". ( At 14,11-17; At 17,22-31 ) 509 Inculturare la fede significa - di conseguenza - non solo esprimerla nei linguaggi e nei simboli di una determinata cultura, ma anche accogliere e vivere il Vangelo a partire dai valori profondi, le aspirazioni vitali, le radici antropologiche e i simboli di una determinata cultura perché Gesù Cristo - valore, espressione e realizzazione somma della fede - trascende qualsiasi cultura e, allo stesso tempo, deve incarnarsi nei valori e nelle espressioni profonde di ogni cultura. Processo difficile e delicato, ma indispensabile, poiché solo allora il mistero di Gesù Cristo è rivelato, proclamato, compreso, accettato e vissuto in tutta la sua pienezza. Mediante questi elementi culturali si "conosce ed esprime anche meglio il mistero di Cristo" e si rinnovano i "differenti settori della vita cristiana come l'evangelizzazione, il culto, la teologia, la carità". Quindi, l'inculturazione attualizza la "cattolicità" della Chiesa universale, arricchendola con nuovi popoli e culture. 10.2.2. Il processo di inculturazione della fede 510 Il compito dell'inculturazione della fede è un processo difficile. Dovendo essere profondo e globale, comprende: il messaggio cristiano, la riflessione e la prassi della Chiesa. 511 Il criterio-chiave in questo delicato processo - che necessita di tempo, dato che si realizza gradualmente - è la "sintonia con le esigenze obiettive della fede stessa" al fine di non produrre ne riduzioni ne deformazioni della verità rivelata. Un altro criterio che si deve tener presente è l'apertura e la comunione con la Chiesa universale. 512 La sintonia significa che il valore cristiano non deve diluirsi nella cultura, ma continuare a essere sempre orizzonte culturale di progresso per la stessa. L'apertura e la comunione con la Chiesa universale seguiranno la via della partecipazione di espressioni e strutture culturali - alle quali si è fatto riferimento - per arrivare così all'unità cristiana, dato che quanto maggiore è l'unità, più capacità avrà la Chiesa particolare per "tradurre il tesoro della fede nella legittima varietà di espressioni della professione di fede, della preghiera e del culto, della vita e dell'impegno cristiani, dello splendore del popolo in cui essa si inserisce". 513 L'inculturazione si realizza mediante l'annuncio kerigmatico nel linguaggio appropriato, le celebrazioni liturgiche, la sequela di Gesù Cristo nella vita quotidiana, conseguenza di una pienezza che è il regno di Dio. L'inculturazione cristiana è frutto dell'evangelizzazione e ne segue i passi. È l'incontro della storia di un popolo con la storia dell'incarnazione del Verbo. È il modo in cui il Vangelo si fa cultura. Per questo richiede l'impegno nella storia del popolo e deve maturare ed esprimersi in seno alla comunità in cui si realizza più intensamente l'interazione tra fede e vita. 514 Il compito dell'inculturazione della fede è proprio delle Chiese particolari - guidate dai propri pastori - con la partecipazione di tutto il popolo di Dio. Un ruolo importante, in tutto questo processo, potrebbe essere assunto dalle Conferenze episcopali. Nella misura in cui l'inculturazione deve maturare ed esprimersi nel seno delle comunità, ci si deve attendere dalle comunità ecclesiali di base - forza evangelizzatrice attiva in America Latina - un valido contributo a questo compito perché in esse si realizza con maggiore intensità l'interazione tra fede e vita. Per questa stessa ragione, altri gruppi di fedeli cattolici che si riuniscono per arrivare a vivere e irradiare meglio la propria fede - in seno a una società pluralista e frazionata - potranno essere protagonisti di questo paziente e delicato compito. 10.2.3. Cultura cristiana 515 Questa cultura evangelicamente nuova, Giovanni Paolo II la chiama "cultura cristiana", cioè "che abbia riferimento e si inspiri a Cristo e al suo messaggio". 516 Il cristianesimo è un modo di vivere ispirato a quello di Gesù Cristo, "via, verità e vita", ( Gv 14,6 ) incarnato in qualunque cultura. La cultura cristiana non consiste in un processo di sacralizzazione indebita della realtà, ma nel vissuto della fede e delle altre virtù teologali per evangelizzare, partendo da lì, il cuore etico delle culture, il loro nucleo di senso umano globale e le sue espressioni. La fede cristiana porta al credente il fondamento per orientare la sua azione nel mondo. ( Rm 8,22-24; 2 Pt 3,12-13 ) 517 Una cultura cristiana in America Latina aiuta l'unità culturale del continente. Questa unità culturale non implica uniformità, ma arricchimento a partire dalla diversità. La fede che ci unisce è la stessa. Sono gli stessi valori cristiani. Questi si incarnano in espressioni e strutture dei nostri popoli - tanto identici quanto distinti - convergendo tutti nel sacramento di unità che è la Chiesa pellegrina in America Latina. 10.2.4. Alcuni spazi dell'inculturazione della fede in America Latina 518 I diversi gruppi culturali esistenti in America Latina devono poter vivere ed esprimere la fede cristiana nelle proprie categorie e coi propri simboli. Tra questi gruppi meritano un'attenzione particolare i popoli indigeni, primi abitanti e destinatari originali dell'evangelizzazione in queste terre. Anche gli afroamericani, tante volte emarginati e dimenticati. Senza trascurare la religiosità popolare, che deve essere alimentata e reinterpretata in modo più esplicito a partire dalla verità rivelata. 519 Tra i processi culturali esistenti oggi in America Latina bisogna sottolineare: la omogeneizzazione derivata da un mercato di beni culturali che tocca tutti; le forme culturali emergenti, non ancora chiaramente definite, particolarmente negli spazi urbani e negli ambiti giovanili; la creatività nella multiforme cultura popolare. Non pochi si sentono in balia di una crisi di sradicamento e di perdita dei fini, soffrendo un certo oblio delle proprie origini, sperimentando che molto di quanto hanno ricevuto pare non servire di fronte alle nuove sfide ed è come se non si sapesse molto bene verso dove si va, ne perché si vive. 520 Forse è la moltitudine urbano-popolare la principale creatrice di cultura latinoamericana. Tuttavia non possiamo disconoscere che vive in una cultura plurale, segnata dalla razionalità funzionale, accerchiata da un crescente pluralismo religioso e condizionata dall'individualismo consumista, diffuso dai mezzi di comunicazione sociale. Tale insieme di influenze tende a generare un certo indifferentismo religioso - e anche un ateismo pratico - insieme a un'esperienza di angoscia e malessere, per il ritrovarsi incapaci di rispondere alla domanda fondamentale riguardo al senso della vita. 521 Tuttavia occorre mettere in rilievo che la cultura moderna presenta anche valori positivi, i quali nascono tanto da una maggiore conoscenza dell'universo, quanto da una maggiore penetrazione nel mistero dell'uomo, producendo anche nuovi sensi economici, sociali e culturali che dovrebbero essere assunti seriamente nella Chiesa - nella misura in cui non siano incompatibili con le verità cristiane - come elementi nei quali dovrà inculturarsi la fede cristiana, perché possa diventare più comprensibile ai nostri contemporanei. 522 Fra gli aspetti indicati, la cultura moderna sperimenta oggi anche una seria crisi, provocata dall'affermarsi di fattori disumanizzanti nati dal suo stesso seno. Di fronte a questo sorgono reazioni che comportano elementi di una nuova cultura, come il movimento ecologico, il pacifismo, il rinascere della religiosità, il riconoscimento delle minoranze etniche e culturali, e la tendenza ad associarsi a diversi livelli. In tutte queste nuove manifestazioni socio-culturali - in quanto cercano di difendere l'uomo e la sua integrità - può e deve arrivare a inculturarsi il Vangelo. 10.3. L'evangelizzazione delle culture 10.3.1. L'offerta del Vangelo 523 Il Vangelo, dono gratuito di Dio, non si identifica con nessuna cultura e con nessuna dimensione culturale. Deve redimerle e trasformarle tutte, poiché il Padre ha inviato il Figlio nel mondo perché questo abbia vita in abbondanza ( Gv 10,10 ) e lo Spirito, in particolare, perché prolunghi in qualche modo l'incarnazione redentrice di Cristo, attraverso il popolo di Dio, fermento evangelico nella vita storica concreta. Assolutizzare una cultura come l'unica adatta a vivere la fede sarebbe idolatria. Per questo nemmeno la Chiesa può identificarsi con una sola cultura, giacché sarebbe togliere a se stessa la cattolicità e al Vangelo l'universalismo. 524 Evangelizzare implica compiere un'opzione radicale per il regno di Dio ed esige, ineludibilmente, l'opzione per la persona umana. Cultura è occupazione umana, Vangelo è annuncio nato da Dio; ciò nonostante, le due cose non sono antagoniste. Nell'evangelizzazione della cultura si trova espressa la problematica della relazione tra fede e vita, punto capitale della missione evangelizzatrice della Chiesa. 525 L'evangelizzazione delle culture è inseparabile dall'evangelizzazione delle persone, dato che queste sono modellate e formate dalla cultura e a loro volta contribuiscono a formare e modellare la cultura. È al cuore dell'uomo, dal quale nasce la cultura, che si dirige il Vangelo. La cultura è l'orizzonte nel quale si costituisce e si fa vita la fede cristiana, essendo l'evangelizzazione della cultura "la forma più radicale, globale e profonda dell'evangelizzazione di un popolo". Siccome il messaggio cristiano ci giunge già incarnato in una storia e in una cultura determinata, l'evangelizzazione della cultura si realizza attraverso l'incontro di una fede inculturata - quella degli evangelizzatori - con la cultura degli evangelizzati. ( Gv 4,1-43 ) 526 Gli agenti evangelizzatori compiono la propria missione in primo luogo mediante la testimonianza personale; la nuova evangelizzazione è un richiamo "a un nuovo potenziale di santità". Allora sarà possibile una conoscenza rispettosa della situazione di un determinato popolo o gruppo umano, la ricerca di punti di contatto. In definitiva, credere a Gesù che bussa alla nostra porta; ( Ap 3,20 ) credere nella forza dello Spirito di Gesù che agisce con la soavità serena e paziente dell'Amore, perché la parola di Dio che annunciamo sia veramente fonte di vita, di liberazione e di speranza per i nostri popoli, ( Lc 1,38; Lc 8,20-21 ) perché "la Chiesa propone, non impone nulla". 10.3.2. La presenza della limitazione del peccato nelle culture 527 Senza smettere di riconoscere l'autonomia e la libertà delle culture, troviamo culture che contengono elementi disumanizzanti. La storia ci insegna che l'essere umano ha impiegato secoli per arrivare a formulare quelli che oggi chiamiamo "i diritti fondamentali dell'uomo". I mali e le sofferenze causati da alcuni fattori culturali, testimoniano la presenza del peccato e dell'egoismo nell'ethos culturale, nel mancato rispetto della dignità e dei diritti della persona umana. 528 Nessuno sviluppo culturale - benché apparentemente si veda come progresso - porta in se stesso una maggiore prossimità al Vangelo, perché può trattarsi di uno sviluppo unilaterale che, alla fine, invece di coltivare l'uomo, lo distrugge. Ne deriva la necessità che il Vangelo si faccia presente alla nascita delle nuove culture o delle nuove sintesi culturali, perché dalle loro matrici siano più efficacemente evangelizzate. 529 Ogni tentativo di identificare la realizzazione piena della persona umana con un'attività culturale estranea al cristianesimo sfocia nella disillusione e nella frustrazione. La cultura senza il Vangelo non può dare una risposta piena: ne alla morte, ne all'amore non compiuto, ne alla coscienza della colpa. Non può decidere che l'altro ci ami o no, ne vincere definitivamente la morte, ne riconciliarci con noi stessi. La risposta, per i cristiani, non la possiede l'uomo, ma il Vangelo. In esso la cultura trova il suo limite e allo stesso tempo il punto attraverso il quale può trasformarsi in trascendenza, perché è la realtà dell'uomo in quanto "essere per Dio", realtà non annullatrice, ma liberatrice, che lo incita ad aprirsi a un nuovo e definitivo orizzonte. 530 Essendo opera umana, la cultura ha i propri limiti e conosce anche la realtà del peccato. C'è molto da esorcizzare. ( Lc 11,20 ) Sappiamo, per dolorosa esperienza, che "l'uomo può organizzare la terra senza Dio, ma senza Dio può organizzarla solo contro l'uomo. L'umanesimo esclusivo è umanesimo disumano". L'attuale cultura occidentale della modernità, essendo segnata dagli antivalori dell'individualismo materialista, consumista ed edonista, ci si presenta come disumanizzante. 10.3.3. Le culture sono chiamate alla pienezza 531 "La vera cultura è l'umanizzazione". Ogni cultura, in quanto espressione dell'uomo integrale, è intimamente legata a Gesù Cristo, giacché ogni uomo e ogni donna sono "il primo cammino che la Chiesa deve percorrere nel compimento della propria missione". In particolare, nella mediazione culturale della persona la Chiesa trova 1'"Unico che riunisce in sé i valori di tutte le culture e all'uomo di ogni cultura rivela pienamente se stesso". 532 Ne deriva che "la forza del Vangelo è ovunque trasformatrice e rigeneratrice", rinnova la vita e la cultura dell'uomo decaduto, purifica ed eleva la moralità dei popoli, feconda e valorizza dall'interno le qualità di ogni cultura. Gesù Cristo evangelizza dialogando e il suo dialogo è evangelizzatore perché è accompagnato dalla sua testimonianza, soprattutto la testimonianza fondamentale dell'amore fraterno, che supera ogni discriminazione e divisione. Egli evangelizza incarnando la misericordia di Dio il cui frutto è il Regno che esige anche la misericordia come condizione per entrarvi. Qui ha la sua radice profonda la chiamata a ogni cultura perché si converta in cultura di solidarietà. 533 La fede cristiana, demitizzando l'universo a partire dall'unicità di Dio, toglie i tabù magici alla creazione e la consegna all'uomo e alla donna perché la trasformino secondo tutte le potenzialità che si trovano in essa. Il cammino della scienza e della tecnica è un cammino corretto; il loro avanzamento e il loro progresso sono desiderabili. Ma sempre che siano in accordo con lo sviluppo inerente alle potenzialità dello stesso essere creato e non le violentino. L'uomo è il lavoratore saggio della creazione, non il padrone dispotico che violenta l'ecosistema e lo distrugge, distruggendosi a sua volta. La fede cristiana non si oppone alla scienza ne alla tecnica, ma le orienta verso la costruzione, e non verso l'annichilimento, della persona umana. 10.4. Cultura cristiana e promozione umana 534 L'obiettivo della cultura cristiana è umanizzare pienamente la persona umana. Esige per la sua stessa natura di cultura e di cristiana che l'uomo e la donna siano promossi. Quanto più bisognosa è la persona, tanto più grande dovrà essere lo sforzo di tale cultura per promuoverla. Per questo la cultura cristiana esige, a partire dal suo stesso dinamismo, l'opzione preferenziale per i poveri; non solo per gli individui, ma anche per i popoli. Per questo la cultura cristiana esige un'azione preferenziale verso i poveri dell'America Latina, specialmente verso gli indigeni. È l'esigenza culturale cristiana di costruire pienamente il corpo misterioso di Cristo. 535 Un'evangelizzazione della cultura deve penetrare il substrato del senso della vita che costituisce la base di ogni cultura; ugualmente deve arrivare al substrato del senso umano globale che si trova nel fondamento delle differenti attività umane. Il Vangelo, per sua stessa natura, è e deve essere solidale con gli uomini, ma, in fin dei conti, è la comunità cristiana attiva quella che lo trasforma in fonte di cultura. Una delle sue manifestazioni è la difesa e la promozione dei diritti umani che sono valori evangelici. La violazione della dignità umana è peccato. Il regno di Dio - regno di grazia, di giustizia e di amore - significa anche rispetto per la dignità di ogni uomo e donna. 536 La radice delle nostre crisi non è primariamente socio-economica, ma etico-culturale e per questo si manifesta con tanta aggressività nel campo socioeconomico. Le povertà e gli impoverimenti del nostro tempo si radicano ugualmente nell'espressione politica. Noi cristiani, specialmente, dobbiamo stare attenti a non cadere in "una idolatria di mercato", ma consacrarci a trasformare la cultura del consumismo, della morte, della violenza e dell'emarginazione, in una cultura della solidarietà, efficace nel servizio al bene comune; in definitiva, si tratta di una cultura della speranza, che da priorità a chi più soffre la miseria. 10.5. Alcuni campi specifici 10.5.1. Guardando la nostra Chiesa 537 Per essere nuovi evangelizzatori, partendo dalle radici della nostra cultura, e costruttori di una cultura della solidarietà, dobbiamo cominciare a vivere nel seno della nostra Chiesa lo spirito che animò le comunità dei nostri primi fratelli nella fede, ( At 2,42-47; At 4,32-36 ) formando quelle comunità ecclesiali nelle nostre parrocchie e movimenti. Contribuire in ogni modo affinché la parte visibile del sacramento della Chiesa la faccia riconoscere come un luogo abitabile per gli uomini e le donne di oggi, come focolare effettivo di libertà, che ha qualcosa di divinamente umano da dire, aperta ai poveri e socialmente efficace; senza cadere in tentazioni di potere ne di spirito settario. Senza una rivitalizzazione della Chiesa nella vita dei suoi mèmbri e nel suo essere segno, come istituzione, qualunque progetto di evangelizzazione, per perfetto che sia dal punto di vista dei mezzi, delle azioni e delle strutture, risulterà inoperante. ( 1 Cor 11,17ss ) 538 La nostra sensibilità pastorale deve indurci a rivedere i nostri attuali modelli di organizzazione ecclesiale, al fine di dar risposta alle sfide di un'inculturazione più profonda nella religiosità popolare, nella fede degli adulti e di fronte ai diversi sincretismi latinoamericani e ai nuovi gruppi religiosi. 10.5.2. Politica ed economia 539 Da una parte, si tratta di andare verso una società pacifica; dall'altra si tratta di superare la povertà come ingiustizia oppressiva e il mancato rispetto della dignità umana, unendo le due cose nell'esigenza di un cambiamento che ci porti a passare da una cultura di morte a una di vita per tutti. 10.5.3. Famiglia 540 La famiglia deve continuare a mantenere l'ideale di essere la chiesa domestica in cui si evangelizza, si impara a pregare, dialogare, condividere, soffrire, amare, perdonare, operare per trasformare il mondo, affrontare la morte. Essa è un importante agente di inculturazione evangelica quando è centro di irradiazione della fede. Alcuni tratti di identificazione: rispetto della dignità delle persone, fedeltà, attenzione ai più deboli, promozione della vita, laboriosità e inglobando tutto: l'amore. Un amore che è comunicazione dell'amore di Dio per noi. 10.5.4. Educazione 541 Educarsi è assimilare la cultura. Educare cristianamente è lo stesso che inculturare il Vangelo nell'educando. Se parliamo ora di un sistema educativo scolare cattolico, in uno qualunque dei suoi gradi, questo avrà l'obiettivo di inculturare sistematicamente il Vangelo nella cultura attuale, con uno sforzo che conduce a una vera sapienza; dovrà sistematizzare i valori ricevuti, enunciarli criticamente alla luce del Vangelo e introdurvi il Vangelo, seguire la creatività dei nuovi valori che illuminino nuove situazioni, esaminarne le espressioni e criticarne gli adattamenti, creare nuove espressioni; occuparsi delle strutture esistenti in tutti i campi della cultura, giudicarle alla luce dei valori e delle espressioni cristiane e indicare piste per sviluppare la creatività nel futuro. 10.5.5. Università cattolica 542 Ha a sua disposizione le migliori condizioni e circostanze per l'evangelizzazione della cultura. Lo spazio universitario racchiude e controlla importanti fonti di cultura, come lo studio delle scienze, lo sviluppo delle arti e delle lettere, la divulgazione delle correnti di pensiero, la proposta di schemi di organizzazione culturale, sociale, politica ed economica. 543 L'università stessa è generatrice di cultura. Essa ha una posizione privilegiata per la conoscenza, la ricerca e la trasmissione delle culture. È proprio questo lo spazio strategico che deve essere sfruttato dai membri dell'Università cattolica per spargere le sementi del Vangelo nella radice della cultura, nelle coscienze che si formano e che poi avranno il potere di creare modi di vita. 10.5.6. Comunicazione sociale 544 Dio è il primo comunicatore, il comunicatore per eccellenza, e la sua Buona Novella, così come l'inculturazione della fede, sono impensabili senza la comunicazione. L'evangelizzazione è un processo di comunicazione e la cultura è frutto della comunicazione tra persone. Uno dei nuovi spazi per evangelizzare è quello degli operatori dei mezzi di comunicazione sociale, così come uno dei compiti imprescindibili è quello di inculturare la fede nel linguaggio di questi mezzi. 10.5.7. Religiosità popolare 545 Costituisce - specialmente nelle manifestazioni della pietà popolare - una delle espressioni dell'inculturazione della fede. Il tema è già stato ampiamente analizzato. Lo consideriamo ora, perché è un esempio che permette di comprendere come l'inculturazione della fede sia un processo e, come tale, richieda continuità, purificazione e pianificazione permanenti. Insieme a espressioni superficiali e ambigue, troviamo anche manifestazioni di pietà popolare che riflettono una più piena inculturazione del Vangelo. Sempre, il processo deve essere pazientemente continuato. 11.1. Realtà del peccato: pentimento e riconciliazione 11. Una realizzazione imperfetta in cammino verso la pienezza 546 La Chiesa di Gesù Cristo, che è una, ( Ef 4,3-6 ) santa, ( Ef 5,26-27 ) cattolica ( Rm 10,12 ) e apostolica, ( Ef 2,20 ) mentre i suoi membri sono pellegrini nel tempo della storia, realizza in modo imperfetto il Regno che è cominciato; ( Mt 4,17 ) è l'esperienza della mancanza e del peccato. ( Rm 7,15-23; 1 Gv 1,8 ) 547 Questa esperienza della nostra libertà rende manifesto il potere salvatore di Dio ( Ef 2,8-9; Rm 1,16 ) che, nella sua amorosa provvidenza e misericordia, trae massimi benefici persino dal male. ( 2 Cor 5,21; 2 Cor 8,9 ) Rivela, allo stesso tempo, la gravita del peccato: sfiducia e infedeltà a Dio, ( Eb 3,12.19; Eb 12,25 ) mancanza di rispetto per la dignità delle persone e rottura col mondo creato. 548 Questa dolorosa realtà è e rimane presente nei fedeli battezzati, membri di questa porzione della Chiesa cattolica, pellegrina in America. 549 Sarebbe anacronistico giudicare i fatti del passato a partire dalla coscienza che ne abbiamo attualmente. Tuttavia, un rinnovato desiderio di fedeltà a Gesù Cristo e a tutte e ognuna delle persone che fanno parte dei nostri popoli ci spinge ad assumere e riconoscere - con sentimenti di profonda solidarietà ( Rm 5,19 ) - il mistero e la realtà del peccato: "personale e sociale". Chiediamo al "Padre misericordioso" ( 2 Cor 1,3 ) la grazia del pentimento e del perdono. Pentimento che assume come propri i peccati e le infedeltà commessi dai figli della Chiesa, contro Dio, contro le donne e gli uomini, contro la vita e la natura, durante la presenza del cristianesimo in America. 550 Confidiamo in Dio, "ricco di misericordia", ( Ef 2,4 ) imploriamo il perdono per tutto questo e, anche, per le lotte, gli scontri e le divisioni nei nostri popoli, come pure nel seno delle nostre Chiese particolari. ( 1 Cor 1,10 ) La superbia e l'egoismo umani rompono l'unità, disturbano l'integrazione e la complementarità reciproca, contraddicendo apertamente la volontà di Gesù Cristo. ( Fil 2,1-5 ) È uno scandalo ( Mc 9,42-44 ) che offusca la predicazione del Vangelo e ostacola la fede di molti. È tempo di approfondire l'esame di coscienza. A quasi un secolo dal Primo Concilio Plenario ( 1899 ), ricordiamo le Conferenze dell'Episcopato latinoamericano - Rio de Janeiro ( 1955 ), Medellin ( 1968 ) e Puebla ( 1979 ) -, e alla luce di un'assimilazione rinnovata del Vaticano II, abbiamo bisogno di esaminarci, ancora una volta. 551 In America Latina, la Chiesa cattolica è ben inserita nel cuore del mondo ( Mt 5,13-14 ) ed è sufficientemente libera e indipendente per interpellarlo a partire dal Vangelo? Diamo testimonianza di fedeltà a Gesù Cristo e di solidarietà con tutti, specialmente verso i poveri e i giovani? Siamo cresciuti in ardore contemplativo e spirito di adorazione? Il nostro modo di seguire Gesù Cristo suscita vocazioni sante, competenti e numerose? Poniamo maggior zelo nell'attività missionaria, mediante il "dare dalla nostra povertà", perché Gesù Cristo sia conosciuto e creduto in "tutte le nazioni"? ( Ef 2,4.9 ) Svolgiamo con maggior fervore, creatività, unità e tenace perseveranza, la nostra missione evangelizzatrice, liberatrice e caritativa? Tutti noi fedeli battezzati siamo corresponsabili delle risposte che risultano da questi interrogativi. 552 Celebrando i primi cinquecento anni di evangelizzazione in America, vogliamo ascoltare, in modo nuovo, l'esigenza di riconciliazione ( Mt 5,23-24 ) evangelica. Con animo grato, riconosciamo il regalo di Dio "che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione". ( 2 Cor 5,18 ) 553 Spinti da un ardente desiderio di essere fedeli a questo ministero che, senza merito alcuno, riceviamo, siamo fermamente decisi a mettere in pratica gli atti e i gesti di umiltà, servizio e immolazione, ( Fil 2,5-8 ) che il presente e futuro dei nostri popoli e Chiese particolari richiedono, per costruire e perfezionare sempre la riconciliazione, l'unità e la pace. 554 Vogliamo realizzarli, con l'aiuto della grazia, offrendoli al Padre in Gesù Cristo come penitenza, soddisfazione e riparazione, nella speranza che costituiscano un'oblazione viva e gradita a Dio. ( Rm 15,16 ) 555 Riconciliazione, unità e pace non meramente umane, ma conformi alla verità che è Gesù Cristo ieri, oggi e sempre. ( Eb 13,8 ) È da Lui che impariamo a perdonare ( Lc 11,4 ) e ad amare anche i nemici. ( Lc 6,27-38 ) Seguendo Gesù Cristo, i pastori della Chiesa cattolica vogliono promuovere, animare e guidare "una fraterna apertura verso gli altri, capace di riconoscere volentieri le attitudini di ciascuno e permettere a tutti di dare il proprio contributo", tanto per il conseguimento del bene comune, lo sviluppo umano e l'integrazione dei nostri popoli, quanto per accrescere e vivificare l'unità interna della Chiesa, perché la nuova evangelizzazione generi una credibilità più trasparente. 11.2. Conversione nella speranza 556 La missione della Chiesa - nella realizzazione del fatto salvifico - è stata, è e sarà sempre ardua e difficile. Più ancora, impossibile per le forze umane, ma possibile a Dio ( Lc 1,37 ) e a coloro che collaborano con Lui perché vivono di fede, ( Rm 1,17 ) diffondendo il Vangelo, ( 1 Ts 1,3 ) colmi di fiducia. ( Rm 5,5 ) Infatti "abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi". ( 2 Cor 4,7 ) 557 La durezza del presente e la grandezza delle sfide, lungi dallo scoraggiarci, ci esortano a vivere un processo di conversione. ( Mc 1,15 ) continuo e pieno di speranza. Dal giorno del nostro battesimo ( Rm 6,4 ) siamo creature nuove, corresponsabili nel cammino verso "un cielo nuovo e una terra nuova". ( Ap 21,1 ) 558 Cielo e terra nuovi che saranno realtà completa, alla fine della storia, quando ci sarà data "la piena maturità di Cristo". ( Ef 4,13 ) Intanto attendiamo con pazienza, sperando ciò che non vediamo, ( Rm 6,4 ) confidando che il nostro lavoro non sia vano. ( 1 Cor 15,58 ) 559 Questa conversione alla speranza ci è assolutamente necessaria per poter dare il nostro contributo all'edificazione della civiltà dell'amore, come frutto gustoso e condiviso, di un'azione evangelizzatrice che promuove e libera integralmente tutto l'uomo e tutti gli uomini, uomini e donne, popoli razze e culture, in Gesù Cristo ieri, oggi e sempre. ( Eb 13,8 ) 560 Evangelizzazione inculturata, capace di arrivare alla radice di ogni cultura, per comunicarle la vitalità unica che nasce dalla fede, la speranza e l'amore di carità, per la sola efficacia del Vangelo, "potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede". ( Rm 1,16 ) Così, le culture potranno plasmare umanesimi sempre più pieni e integrali, che meritino il nome di cultura cristiana. 561 Per collaborare fedelmente a quest'opera di Dio, la conversione della nostra mente, sensibilità e volontà - secondo l'esortazione dell'apostolo Paolo ( Ef 4,1-7 ) - deve condurci a ricostruire la comunione e l'unità, riconoscere e discernere i carismi, riorientare e coordinare le energie disperse e conciliare senza posa le diversità di animi con nobiltà, flessibilità e fermezza di spirito. 562 Ciò dovrà generare una dinamica di comunione e partecipazione più trasparente e autentica. Tale clima ecclesiale faciliterà a ogni fedele battezzato, la scoperta del proprio posto e del proprio personale apporto all'unica missione evangelizzatrice. La comunione dei fratelli che sanno condividere ( At 2,44; At 4,32 ) sarà anima e sostegno nelle difficoltà della vita ( 2 Cor 4,16-18 ) e nei patimenti ( Col 1,24; 2 Cor 4,8-9 ) che la testimonianza e la predicazione del Vangelo comportano. 563 La conversione alla speranza ( Ef 4,21-24 ) implica, anche, concertare gli spiriti e unire i cuori attorno a proposte organiche, possibili e percorribili, ma globali e non frammentarie; capaci di accogliere e non di allontanare; grandi e non speculative; umili e semplici, ma non deboli o timide, perché lo Spirito Santo ci conceda di incarnare anche oggi il fervore dei santi. ( At 4,33 ) 11.3. Ringraziamenti 564 Ringraziamo Dio onnipotente ( Ap 11,17 ) per il dono inestimabile della fede in suo Figlio Gesù Cristo, via, verità e vita, ( Gv 14,6 ) attraverso il quale abbiamo ricevuto la grazia ( Rm 1,4 ) e siamo stati accolti nella comunione dello Spirito Santo, ( 2 Cor 13,13 ) con il battesimo che ci ha inseriti nella Chiesa. 565 Lodiamo Dio, Santissima Trinità, per quanti ci hanno preceduto nella professione della fede, nel martirio e nell'ardore missionario della carità apostolica. 566 Imploriamo la saggezza e la forza di cui abbiamo bisogno per diffondere la Buona Notizia della salvezza, vivendo "in modo degno del Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio". ( Col 1,10 ) 1. Lo spirito che deve animarci 567 Sotto l'impulso dello Spirito Santo, richiamata con urgenza dal successore di Pietro e dalle sfide contemporanee, la nuova evangelizzazione deve contagiare, consolidare e maturare nei nostri popoli la fede in Dio, Padre di Gesù Cristo, inculturandola e testimoniandola come forza che risana, sostiene e promuove la dignità, la liberazione e il pieno sviluppo di ogni persona umana. Questo significa auspicare una nuova cultura, della vita e della solidarietà, mediante la verità, la giustizia e la libertà, progettate dall'amore fraterno della carità. Nelle parole di Paolo VI: la civiltà dell'amore. 568 La nuova evangelizzazione, la promozione umana e la cultura cristiana, pur essendo realtà di natura diversa, non dovranno essere realizzate storicamente in maniera dissociata e men che meno contrapposta o alternativa: queste "Proposte Pastorali" si orientano a far sì che - in modo esistenziale e operativo - siano chiaramente testimoniate, proclamate e vissute come derivanti dal Vangelo e dall'unica missione della Chiesa cattolica. 569 Questa terza parte è prioritaria al fine di orientare, animare e guidare l'azione evangelizzatrice. Ispirata da quelle precedenti, tenta di formulare nuclei operativi fondamentali e suscitare interrogativi che accendano una creativa immaginazione di mediazioni pastorali organiche: percorribili, audaci e concrete. 570 Il carattere aperto del presente "strumento di lavoro" è finalizzato a far si che la IV Conferenza Generale di Santo Domingo possa essere un avvenimento - decisivo e fondativo - per la nuova evangelizzazione dei nostri popoli in rinnovata fedeltà a Gesù Cristo ieri, oggi e sempre. ( Eb 13,8 ) 571 Il titolo esprime un doppio riferimento: allo Spirito Santo, anima della Chiesa e principale evangelizzatore, e all'impulso, mistica o spirito, che spinge i fedeli battezzati a una maggiore fedeltà al Vangelo e a condividere l'esperienza di Gesù Cristo, assumendo in maniera intrepida il compito di essere evangelizzatori, apostoli e missionari. 572 I due significati sono strettamente e intimamente collegati. È lo Spirito Santo che spinge tutti i battezzati a testimoniare Gesù Cristo. Lo spirito o la mistica che deve sempre animarci è opera sua: abbiamo bisogno di implorarla con fervore e disporci a lasciarci sollecitare da Lui, con docilità e generosità crescenti. 1.1. Coltivare l'ardore missionario 573 Essere cristiano è un dono, un regalo immeritatamente ricevuto nel nostro battesimo. Lungi dal costituire un'assicurazione di salvezza individuale ed egoista, è un'amorosa predilezione, un appello, una vocazione di Dio per vivere l'esperienza di Gesù Cristo e comunicarla apostolicamente agli altri. È fonte di gioia interiore, pace e serena allegria. 574 Dio ci ha eletto in Cristo e unto con lo Spirito Santo, invitandoci a condividere la sua santità. Rispondiamo a tale invito coltivando l'entusiasmo e l'ardore missionari, dedicandoci e preoccupandoci di condividere il regalo personale che Dio ci offre: "L'universale vocazione alla santità è strettamente collegata all'universale vocazione alla missione. Ogni fedele è chiamato alla santità e alla missione". 575 La fedeltà della nostra risposta esige eroismo per approfondire l'esperienza di Gesù Cristo e incarnare il suo Vangelo in ogni circostanza. "Non basta rinnovare i metodi pastorali, ne organizzare e coordinare meglio le forze ecclesiali, ne esplorare con maggiore acutezza le basi bibliche e teologiche della fede: occorre suscitare un nuovo "ardore di santità" fra i missionari e in tutta la comunità cristiana". 1.2. Suscitare una maturità di fede 576 L'esistenza cristiana - come la vita - è un processo dinamico: dono e, al tempo stesso, compito. Esige altrettanto impegno che il quotidiano sforzo per guadagnare il pane, il tetto, il vestito, la sanità e l'educazione. 577 Amare Dio - sopra ogni cosa - implica un insieme di libere scelte, che dispongono la persona a poter crescere nell'esperienza della maturità di fede: la vita nella fede si alimenta della Parola di Dio, si ossigena nella preghiera e nella contemplazione, cresce attraverso la catechesi e la formazione permanenti, si purifica nella riconciliazione frequente, si nutre alla mensa eucaristica, si condivide nella comunità cristiana, si irrobustisce e tempra nell'evangelizzare gli altri, diventando luce che, in Cristo, illumina il senso di ogni vita umana. 578 La fede è adulta quando è centrata nella persona di Gesù Cristo e, essendo docile allo Spirito Santo, confida con la semplicità di un bambino nell'amore, provvidenziale e misericordioso, del Padre. Una fede adulta è intimamente unita alla vita nella speranza e nell'amore di carità. 579 Quanto più attecchisce la vita della fede nel cuore di una donna o di un uomo, tanto più nitidamente si percepiscono in loro i tratti umani di Gesù. La fede adulta genera comunione e trasforma il quotidiano. Il Vangelo è tanto più facilmente creduto, quanto più nitidamente lo si percepisce vissuto. 580 Perché la gioia di credere possa essere condivisa da molti che, come a tentoni, cercano Dio in America Latina, è urgente precisare le modalità storiche di inculturare la fede e sostenere ogni processo di conversione, mediante una saggia pedagogia: accogliente, paziente, salda e perseverante al tempo stesso. 581 Così i popoli del nostro continente potranno soddisfare la fame di Dio e la sete di giustizia, mediante una fede adulta e una solidarietà nell'amore che è pienezza di ogni giustizia. 1.3. Costruire l'unità della Chiesa 582 Crediamo che la supplica di Gesù: "Che tutti siano una cosa sola" ( Gv 17,21 ) sarà un giorno realtà. Ora è grave responsabilità di ciascun battezzato contribuire con quanto è alla sua portata a superare "le divisioni ecclesiali che creano evidente scandalo", ostacolando la credibilità del Vangelo. 583 È assolutamente necessario che tutti affrontiamo, con ferma determinazione, l'ascesi dell'umiltà, che esige: dialogo verace, rispetto del legittimo pluralismo, fraterna collegialità, istanze di consultazione e partecipazione effettiva e generosa riconciliazione, a causa della nostra comune fragilità. ( Gv 8,7 ) 584 Gesù Cristo "non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti". ( Mt 20,28 ) Come suoi discepoli abbiamo bisogno di spogliarci di ogni stile mondano di autorità ( Mc 10,42-43 ) o prestigio sociale, perché risplenda in noi il volto del Buon Pastore, che seppe farsi l'ultimo di tutti e il servitore di tutti, ( Mc 9,35 ) per la cristallina autenticità del suo amore. 1.4. Rafforzati da una buona speranza 585 Molteplici e ardui sono i compiti, le prove e le sfide che dovremo affrontare, finché la nuova evangelizzazione cominci a spuntare come la primavera in America Latina. 586 Non siamo soli in questa missione. Lo Spirito Santo ci da forza e ci sostiene. Che in ogni difficoltà il Signore "Gesù Cristo e Dio, nostro Padre, che ci ha amato e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene". ( 2 Ts 2,16 ) 587 Il "padre della menzogna" ( Gv 8,44 ) può infonderci paura o piuttosto cercare che lo ignoriamo. È presente e agisce. Abbiamo bisogno di riconoscerlo, come "mistero dell'iniquità" ( 2 Ts 2,7 ) e "Principe di questo mondo" ( Gv 12,31 ) e smascherarne il nome: Satana. 588 Egli tenta al male: genera divisioni, sconforto, isolamento, tristezza, ingiustizia, secolarismo, scoraggiamento, individualismo, imborghesimento. In una parola: cerca di paralizzarci. 589 La parola di Dio - che ci arriva attraverso Pietro - deve risuonare nel nostro intimo con serena costanza: "Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il Diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede, sapendo che i vostri fratelli sparsi per il mondo subiscono le stesse sofferenze". ( 1 Pt 5,8-9 ) 590 Insieme preghiamo ardentemente perché un giorno, di ogni battezzato e di ogni comunità cristiana - di questo continente della speranza - si possa arrivare a dire con verità: "Siete forti e la parola di Dio dimora in voi e avete vinto il Maligno". ( 1 Gv 2,14 ) 2. Le grandi sfide 591 La Prima Lettera di san Giovanni ci ricorda che "questo è il messaggio che avete udito fin dal principio: che ci amiamo gli uni gli altri"; ma ci avverte anche affinché "non amiamo a parole ne con la lingua, ma coi fatti e nella verità". ( 1 Gv 3,11.18 ) 592 Con questa intenzione passiamo in rassegna alcune delle grandi sfide che, con la loro carica che ci interpella fortemente, ci incalzano ed esigono da noi risposte immediate. 2.1. Rispetto alla comunità cristiana 2.1.1. Analisi permanente dei segni dei tempi 593 La Chiesa deve porre attenzione a queste realtà colme della presenza di Dio che interpella. In esse Egli ci manifesta le sue intenzioni di salvezza, contenute nelle profonde aspettative degli uomini e delle donne del continente. Assumendo i ritmi che lo Spirito traccia per la nostra storia, potremo proclamare una parola sempre opportuna e chiarificatrice e ci lasceremo educare dal Dio la cui Parola è sempre storica. 2.1.2. Le culture antiche e nuove come appello all'inculturazione del Vangelo 594 Queste culture ci sfidano a rivalutarle come interlocutrici e destinatarie del Vangelo, che cerca di mettervi radici per purificarle e portarle alla loro pienezza. 2.1.3. La dottrina sociale della Chiesa 595 La dottrina sociale della Chiesa è una sfida che esige da noi, da una parte, di prendere seriamente in considerazione la dimensione sociale costitutiva della fede; dall'altra, offre a tutti noi la possibilità di diventare agenti di cambiamento, ispirandoci ai valori centrali del Vangelo sempre rivestito della necessaria proiezione sociale. 2.1.4. I nuovi gruppi religiosi 596 La loro presenza e progresso nel proselitismo devono mettere profondamente in discussione i nostri attuali modelli di pastorale e spingerci a superare posizioni di semplice allarme, di angoscia inerte o di impotenza davanti al loro incalzare. La prossimità della fine del millennio potrebbe far risorgere antichi atteggiamenti apocalittici, propugnati da alcuni gruppi. I nuovi gruppi religiosi sono un allarme che ci sfida a offrire una Buona Notizia capace di raggiungere le profonde speranze di coloro che appartengono alla fede cattolica. 2.1.5. Il consolidamento delle comunità ecclesiali di base e dei ministeri affidati ai laici 597 Essendo le comunità ecclesiali di base "segno di vitalità della Chiesa, strumento di formazione e di evangelizzazione, valido punto di partenza per una nuova società fondata sulla civiltà dell'amore"; essendo anche fermento di vita cristiana, fonte di ministeri e centro d'irradiazione missionaria, è necessario che tutti le riconosciamo come una sfida dello Spirito, il quale chiede alle nostre Chiese discernimento, ma anche atteggiamenti evangelici per non asfissiarne l'opera. 2.1.6. Rafforzamento della pastorale biblica, unita alla catechesi e alla liturgia inculturata 598 La Sacra Scrittura deve continuare a conquistare il posto centrale nella vita della Chiesa. La pastorale biblica non deve essere considerata una pastorale in più tra le molte che esistono. È piuttosto l'elemento ispiratore di ogni azione pastorale. La catechesi e la liturgia, da parte loro, continuano a cercare una creatività che permetta loro di esprimere l'unica fede del Vangelo nei modelli culturali di ogni popolo. 2.1.7. La situazione della donna nella Chiesa e nella società 599 Esiste per tutti l'imperativo di sforzarci con la parola e coi fatti perché le donne dell'America Latina siano valorizzate e riconosciute pienamente nella Chiesa e nella società. È necessario pertanto modificare la mentalità e gli atteggiamenti nei loro confronti, sebbene ciò presupponga un profondo mutamento culturale, dato che sono in gioco l'equità e la giustizia come principi di convivenza cristiana. 2.1.8. L'educazione come generatrice di cultura 600 L'educazione è un mezzo privilegiato nella creazione e nella trasmissione della cultura. I padri e le madri, i responsabili delle politiche educative e gli educatori hanno la grande sfida di formare le future generazioni per preparare gli agenti di cambiamento sociale impegnati nella costruzione di una società più umana e giusta. 2.1.9. L'attività politica come servizio alla comunità 601 L'attività politica deve essere svolta come una vera vocazione di servizio alla comunità. La presenza della corruzione, la ricerca di potere personale e la dimenticanza della dimensione etica non possono giustificare l'assenza di evangelizzazione in questo campo tanto importante, dove si prendono decisioni che riguardano la vita di tutti i cittadini. 2.1.10. La comunicazione sociale e i suoi mezzi 602 È necessario rafforzare nella Chiesa la coscienza sulla comunicazione in se stessa, come fenomeno socio-culturale, e sull'importanza e l'influenza dei mezzi come modellatori di comportamenti e consumi culturali. 603 Le parole di Paolo VI sull'importanza dei mezzi di comunicazione sociale nell'evangelizzazione restano ancora molto valide come sfida. "Posti al servizio del Vangelo, essi offrono la possibilità di estendere quasi senza limiti il campo di ascolto della parola di Dio, facendo giungere la Buona Novella a milioni di persone. La Chiesa si sentirebbe colpevole davanti a Dio se non impiegasse questi poderosi mezzi, che l'intelligenza umana perfeziona sempre più". 604 Nel quadro del crescente pluralismo vissuto dai nostri popoli, la Chiesa diventa una voce tra le altre, spesso considerata solo un'opinione in più. 2.1.11. Il rispetto per la diversità a partire dall'unità 605 L'unità non è uniformità, la diversità non è anarchia. L'unità arriva a essere tale nel momento in cui si raggiunge la convergenza della diversità. Il rispetto per la diversità nella ricerca di un'unità fondamentale fondata sul rispetto per la dignità della persona e la costruzione di un progetto che includa tutti e ciascuno, è una sfida legata all'aspetto culturale, politico e religioso. 606 L'unità, che scaturisce dalla fede nella persona di Gesù Cristo e ci rende membri della sua Chiesa, è criterio di discernimento per lasciare spazio alla pluralità di espressioni che arricchiscono questa unità senza tradire l'autenticità del contributo di ciascuno. Unità nella fede, diversità di carismi: un'unica fede, diverse espressioni culturali; una sola umanità nella complementarità del maschile e del femminile. 2.1.12. La città come spazio abitabile 607 La città è una creazione umana, ma non si è raggiunta in essa una sufficiente umanizzazione perché sia uno spazio abitabile per tutti e ciascuno. Perciò la città e la cultura urbana sono una grande sfida per l'evangelizzazione dell'uomo e della donna urbani. 2.2. Rispetto alla comunità latinoamericana 2.2.1. La necessità di una politica di integrazione 608 L'integrazione gioca un ruolo importante in ogni paese. La maggior integrazione di tutti i settori sociali mediante la partecipazione locale rende più effettiva e vera la democrazia, nella misura in cui il maggior numero possibile di persone si sente responsabile e protagonista nella soluzione dei problemi che colpiscono il paese. 609 Il rafforzamento delle politiche di integrazione nei nostri paesi e a livello regionale è un imperativo storico per far fronte ai problemi nazionali, perché consolida la posizione dei nostri paesi nello scenario mondiale. L'integrazione non può significare una nuova forma di sfruttamento nello stesso continente, come neppure un'uniformità che asfissi l'originalità di ciascun popolo, ma la ricchezza della pluralità nel quadro di un progetto comune che giovi a tutti i partecipanti. 2.2.2. Il dramma della droga 610 La produzione, la commercializzazione e il consumo della droga nei nostri paesi è un autentico dramma. Le vittime principali sono i giovani. Non comprendiamo come qualcuno osi arricchirsi con la morte altrui. Un'azione concertata tra i nostri paesi per eliminare questo male e cercare coltivazioni alternative per i contadini è una sfida urgente. 2.2.3. L'etica nelle relazioni pubbliche 611 Di fronte al notevole deterioramento che soffre l'etica in tutti i campi della società latinoamericana ( economia, politica, educazione, ecc. ), c'è la sfida di proporre un Vangelo che riscatti i valori etici che hanno smesso di essere criteri normativi di comportamento sociale. L'assenza di una sana etica può portare a una profonda decomposizione della convivenza e persino risolversi in una grave patologia sociale. 2.2.4. La creazione di fonti di lavoro 612 La progressiva e sostenuta creazione di fonti di lavoro è una strada sicura per ridurre la povertà nei nostri paesi. In maniera molto speciale facciamo appello agli economisti e agli imprenditori affinché cerchino modelli alternativi percorribili, che siano capaci di far convergere la necessaria crescita economica con il dovuto giusto salario e una riduzione della disoccupazione. 2.2.5. La cultura della vita 613 Sradicare dai nostri paesi la violenza e la morte è una sfida indifferibile. Gesù continua a invitarci all'amore per i nemici, ( Mt 5,43-48 ) mettendo in pratica nella propria morte l'insegnamento che ci ha lasciato. ( Lc 23,34 ) In nome del Dio della Vita, facciamo un appello a rispettarla in ogni momento perché solo Dio ne è l'autore e il padrone. Questa sfida ci porta a esaltare l'amore che accoglie ogni vita nascente, a sottolineare la giustizia che si gioca interamente al fine di superare la morte introdotta dalla povertà, a difendere un ambiente sano in tutte le sue dimensioni per rendere possibile il futuro. 2.2.6. L'austerità come stile di vita e il dovere morale di condividere 614 L'attuale società dei consumi contraddice la nostra situazione di povertà, dove la maggioranza non trova l'opportunità di realizzarsi degnamente. In questo contesto facciamo nostro l'appello all'austerità e alla semplicità come stile di vita. 615 Conviene sottolineare il dovere cristiano di condividere con chi non ha nulla: una sfida che può arrivare persino al distacco dal necessario per offrire al fratello povero l'indispensabile per vivere. 616 La testimonianza che troviamo nelle prime comunità è eloquente, dato che "non c'era tra loro nessun bisognoso, perché tutti quelli che possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato della vendita e lo deponevano ai piedi degli apostoli, e questo si ripartiva a ciascuno secondo le proprie necessità". ( At 4,34-35 ) Vi sono diversi modi di condividere: dal gesto generoso di aiutare il bisognoso fino a fissare una giusta retribuzione e pagare onestamente le imposte. 2.3. Rispetto alla comunità internazionale 2.3.1. Il pagamento del debito estero 617 Il pagamento del debito estero opprime i nostri popoli. Senza essere esperti di economia, comprendiamo che i nostri paesi non possono crescere ne trovare sufficienti risorse per l'educazione, la sanità, la casa e la previdenza sociale finché resta pendente un oneroso debito da saldare. Noi, Pastori della Chiesa cattolica, facciamo un nuovo appello affinché si trovino soluzioni umane a questo problema drammatico, sia nel senso di un pagamento che permetta al tempo stesso la crescita economica, sia nel senso di cercare un'alternativa al pagamento. 2.3.2. La sfida della pace 618 La distruzione ci minaccia tutti i giorni. In nome di Dio, facciamo un appello a disarmare il mondo. Come possiamo giustificare le spese in armamenti mentre fratelli nostri soffrono la fame? Facciamo nostra la denuncia di Giovanni Paolo II: "Come giustificare il fatto che grandi quantità di denaro, che potrebbero e dovrebbero essere destinate a incrementare lo sviluppo dei popoli, sono, al contrario, utilizzate per l'arricchimento di individui o gruppi, o addirittura assegnati all'aumento degli arsenali, tanto nei paesi sviluppati come in quelli in via di sviluppo, sconvolgendo in questo modo le vere priorità? Ciò è ancora più grave viste le difficoltà che spesso ostacolano il passaggio diretto dei capitali destinati ad aiutare i paesi bisognosi. Se lo sviluppo è il nuovo nome della pace, la guerra e i preparativi militari sono il maggior nemico dello sviluppo integrale dei popoli". 2.3.3. La solidarietà effettiva coi paesi poveri 619 La distanza tra paesi ricchi e paesi poveri manifesta un profondo squilibrio nell'equa distribuzione dei beni e delle opportunità, fatto che offende in molte forme la giustizia tra i popoli. La sfida della solidarietà nella giustizia reclama da tutte le nazioni, specialmente da quelle più favorite, politiche che impediscano i privilegi di pochi a costo della miseria di moltitudini. Attendiamo la comprensione e la decisiva azione di tutti i nostri fratelli cristiani che vivono nei paesi più sviluppati per dare impulso a un nuovo ordine economico internazionale, il quale abbia come obiettivo quello di promuovere una cultura della vita e della solidarietà, a livello planetario. 3. Opzioni preferenziali vigenti da Medellin e Puebla 620 Le opzioni di Medellin e Puebla sono penetrate profondamente nelle Chiese del continente, specialmente quelle che si riferiscono ai poveri, ai giovani e alla famiglia. L'azione coi costruttori della società pluralista e l'azione per la persona nell'ambito nazionale e internazionale, sebbene conservino tutto il proprio valore, non sempre hanno avuto la stessa forza nell'agglutinare in modo coordinato i compiti di evangelizzazione. 621. La Chiesa latinoamericana si sente spinta dalla nuova evangelizzazione a tornare con rinnovato impegno a quelle opzioni che hanno costituito un impegno storico, uno stile di vita e un programma di lavoro. 3.1. Opzione preferenziale per i poveri 622 L'opzione preferenziale per i poveri ci invita ad approfondire questo tratto consustanziale della vita di Gesù, tratto che chiede di riflettersi in una Chiesa capace di vivere l'esperienza, l'atteggiamento e lo stile di Gesù povero. Solo così potrà esercitare pienamente la propria autorità profetica e rendere credibile il regno di Dio che annuncia con la propria testimonianza. 623 Questo implicherà che solidarizziamo evangelicamente coi più deboli e poveri dell'America Latina, impegnandoci con efficacia perché ricuperino la loro voce, il loro posto e i loro diritti, e che creiamo iniziative di appoggio alle loro lotte per la giustizia come condizione di dignità. I poveri sono protagonisti e al tempo stesso destinatari dell'evangelizzazione. 624 Riteniamo opportuno ricordare che le cause della povertà sono molte e alcune di esse dipendono dai poveri stessi. Lo stesso avviene coi mezzi per superarla. Tocca ai pastori animare e aiutare, tanto i poveri quanto quelli che detengono il potere politico, a fare ciascuno la propria parte e facilitare il dialogo costruttivo tra loro. La "cultura del lavoro" e la "economia della solidarietà" di cui parla il Santo Padre si appoggiano e completano reciprocamente. 3.2. Opzione per i giovani 625 È particolarmente urgente tornare a questa opzione che ha piena validità tra noi. Ragioni di natura demografica ( popolazione maggioritaria ), sociale ( vittime della società degli adulti ), culturale ( impatti negativi sul loro senso della vita ) e pastorale ( attenzione insufficiente ), ci consigliano di riaffermare questa opzione all'interno della nuova evangelizzazione. I giovani latinoamericani sono, per la maggior parte, poveri, 626 Conseguenze di questa opzione sono: assumere lealmente la realtà dei giovani, partendo dalla loro cultura, che è, soprattutto, la cultura moderna; presentare alternative per i loro grandi interrogativi e conflitti; creare spazi perché esercitino il loro protagonismo nella Chiesa; legare la pastorale giovanile alla pastorale vocazionale. 627 In questo contesto preoccupano i bambini e gli adolescenti, settore ancor più abbandonato, che subisce violenza persino in casa. 3.3. Opzione per la famiglia 628 È necessario ratificare la priorità della pastorale familiare nella pastorale organica quale opzione fondamentale, poggiata sulla convinzione che l'evangelizzazione nel futuro dipende in gran parte dalla Chiesa domestica, santuario della vita e frontiera decisiva della nuova evangelizzazione. 629 Tale opzione richiede un'estesa e profonda comprensione della complessissima situazione che vive la famiglia, scossa oggi da ogni sorta di aggressione e di mutamento. La maggioranza delle famiglie dell'America Latina vive in condizioni di povertà spesso estrema. 630 È urgente creare pedagogie che ne salvaguardino i valori essenziali, dare dignità, a partire dalla famiglia, alla vita in tutte le sue espressioni, coltivare il senso critico-evangelico davanti alle ambiguità della cultura contemporanea, appoggiare le nuove forme di spiritualità familiare e i movimenti familiari, promuovere l'esercizio dell'uguaglianza dell'uomo e della donna, educando al sano senso della sessualità come elemento rilevante della cultura. 3.4. Opzione per i costruttori della società pluralista 631 La Chiesa vuole essere collaboratrice che aspira a trasformare dal di dentro le strutture della società pluralista. Con l'annuncio della Buona Novella e la radicale conversione alla giustizia e alla fraternità, cerca di servire gli uomini e le donne latinoamericane, permettendo loro di realizzare pienamente la propria vocazione. Bisogna valorizzare artisti, scienziati, ricercatori, professionisti, politici e altri. 632 In nome di questa opzione vanno aperte molte discussioni intra ed extraecclesiali per instaurare una nuova relazione con la società pluralista dei nostri giorni e rilevare gli imperativi fondamentali che derivano da una situazione piena di sfide. Si richiede un'onesta revisione dei nostri atteggiamenti ( manichei, dualisti, squalificanti? ), di fronte a una realtà che è cresciuta come interlocutrice matura della Chiesa; infine vanno inventate iniziative pastorali adeguate, concrete e opportune, affinché la Chiesa si manifesti come un vero Sacramento della solidarietà, del dialogo e del servizio. 3.5. Opzione per la persona nella società nazionale e internazionale 633 Questa opzione si centra sulla difesa della dignità della persona umana e sulla promozione della giustizia. Risponde, da una parte, al particolare momento storico di un'epoca prolungatasi fino al presente e, dall'altro, alla linea tracciata da Giovanni Paolo II, dagli inizi del suo pontificato e dall'inaugurazione della Conferenza di Puebla; ma soprattutto risponde alla necessità di esplicitare una dimensione intrinseca della Rivelazione divina. 634 È necessario attualizzare operativamente questa opzione per mantenere senza equivoci la persona umana come valore supremo della creazione: la persona nella sua dimensione individuale, comunitaria e sociale, nel suo carattere trascendente e immanente, nella sua condizione di membro di una nazionalità, di una minoranza o della comunità internazionale. Ogni uomo e ogni donna, in ogni circostanza della loro vita, "è l'unica creatura che Dio ha voluto per se stessa e per cui Dio ha il suo progetto" di salvezza. 4. Opzioni nuove 635 La Chiesa in America Latina si riconosce chiamata a essere attenta ai segni dei tempi e ad ascoltare il clamore dei popoli. Di fronte a queste realtà dovrà rispondere con la forza del Vangelo. 636 I cambiamenti - a livello internazionale, continentale e nazionale - avvenuti tra Puebla e Santo Domingo esigono il rinnovamento dello sforzo di evangelizzazione, promozione umana e configurazione di una cultura cristiana. 637 Questo sforzo, realizzato dall'interno di nuove sfide, dovrà orientarsi verso opzioni nuove. In concreto: 638 - vitalizzare la vocazione e missione dei fedeli laici, dando spazio allo stimolo dello Spirito, manifestato in vari doni e carismi, in modo che esso impregni tutta la realtà umana del continente; 639 - evangelizzare la cultura urbana, dandole, mediante la testimonianza personale e comunitaria, ambiti di esperienza di Dio, senso religioso, illuminazione della vita con la Parola divina e solidarietà. Questo sarà un contributo concreto di fronte alla massificazione, alla dispersione, alla solitudine e alle emarginazioni; 640 - essere presenti nel mondo della comunicazione, riconoscendo l'importanza dell'immagine e della parola nella formazione della cultura e nell'introduzione di valori, ed essendo convinti apostoli della verità, delle cause giuste e del rispetto integrale della vita secondo il Vangelo; 641 - rispettare e promuovere le culture amerinde e afroamericane. Non solo come testimonianza di un passato straordinario, ma come modelli di un'esistenza ricca in senso di Dio e in possibilità d'integrazione tra Vangelo e vita quotidiana. Ascoltare la loro parola e difenderne l'identità di fronte all'impatto della massificazione. 4.1. Vita e missione dei laici Obiettivi 642 Gesù Cristo fondò la Chiesa, dotandola, dalla prima Pentecoste, di una molteplicità di doni, carismi e ministeri, ma con una vocazione unica, comune a tutti: alla santità nell'amore di carità. 643 I fedeli cristiani laici - maggioranza assoluta del Popolo di Dio - costituiscono il tessuto vitale del Corpo di Cristo risorto. Sono essi che, principalmente, rendono presente la Chiesa e il Vangelo nel mondo. 644 Gesù Cristo istituì il sacramento dell'Ordine Sacro per il servizio di tutti. Il sacerdozio non è un'istituzione che esiste "insieme" al laicato o addirittura "al di sopra" di esso. Il sacerdozio dei vescovi e dei presbiteri, come il ministero dei diaconi, è "per" i laici e, proprio per questo, possiede il carattere "ministeriale", cioè "di servizio". 645 Da ciò deriva che, parlando con proprietà, non serve realizzare un'opzione per i laici, ma facilitarne il legittimo protagonismo nella missione evangelizzatrice. È urgente una profonda trasformazione nel modo di comprendere, sentire e vivere la Chiesa, perché tutti vi trovino lo spazio e il rispetto che, per il battesimo e la cresima, spetta loro. 646 La nuova evangelizzazione, la promozione umana e la cultura cristiana diventeranno realtà solo e nella misura in cui ciascun fedele battezzato potrà essere lucido agente evangelizzatore e attivo protagonista nella quotidiana costruzione della civiltà dell'amore. Mezzi 647 Le azioni pastorali sono le seguenti. Rispetto ai battezzati non praticanti: accompagnarli nella scoperta del senso, della dignità e della missione che hanno ricevuto dal Battesimo e dalla Cresima, mostrando loro il volto di una Chiesa purificata dal Vangelo e dall'esperienza di comunità aperte e accoglienti. 648 Rispetto ai battezzati che esprimono la propria fede mediante i gesti della pietà popolare: condividere la loro preghiera e illuminare questa fede con la parola di Dio, promuovendo l'amore solidale e aiutandoli, con una pedagogia graduale, a vivere fruttuosamente i sacramenti della Riconciliazione e dell'Eucaristia domenicale. 649 Rispetto alle comunità ecclesiali di base: in molte regioni urge moltiplicarne il numero, come nuclei vitali della parrocchia, evitando che siano strumentalizzate e promuovendole come centro di accoglienza aperta, cosicché la gioia sperimentata dai fratelli di vivere in comunione sia fonte di vocazioni missionarie, particolarmente "ad gentes". 650 Rispetto ai battezzati praticanti: offrire loro la possibilità di una formazione permanente, che li formi come agenti di evangelizzazione, riconoscendo loro il diritto di incontrare nella propria parrocchia una comunità che li accolga e fornisca loro un affettivo ed effettivo aiuto fraterno, che potenzi e sostenga la loro presenza apostolica nel mondo, nella famiglia e nei rapporti di amicizia, diventando "prossimo" di tutti. 651 Rispetto ai membri di movimenti e associazioni laicali: accompagnarli nei processi di inculturazione della fede e negli sforzi per inserirsi nella pastorale organica di ciascuna Chiesa particolare, in intima comunione coi loro pastori. 652 Particolare menzione merita la donna, per ciò che ella è e per quello che la sua femminilità significa, nell'esistenza umana e per la Chiesa. La sua intuizione e fiducia nella vita sostengono la sua fede nella grazia e in una prolungata pazienza, indispensabile per ogni forma di servizio. La sua presenza è insostituibile. 653 In tutte le istanze, insieme a una promozione delle vocazioni al ministero ordinato e alla vita consacrata, è necessario dispiegare una creativa moltiplicazione e formazione di agenti evangelizzatori nel mondo del lavoro, nella comunicazione, nell'arte, nell'educazione, nella giustizia, nella politica e nell'economia. 654 Allo stesso modo occorre suscitare e formare vocazioni di "servitori del Vangelo" - ministri non ordinati - come catechisti, delegati della Parola, animatori di comunità, accoglienza, soccorso, volontariato, difensori della giustizia, amici dei poveri, promotori di salute, pedagoghi di nuova umanità, visitatori a domicilio, missionari popolari e "ad gentes", ospitanti, oranti, ecc. 655 L'insieme di queste iniziative, specificamente laicali, costituirà uno stimolo vivo per i presbiteri, animandoli a essere ancora più autentici "sacramenti di Dio" e saggi "esperti in umanità". 4.2. Evangelizzazione della cultura moderna Obiettivi 656 Far penetrare nella cultura urbana i valori evangelici, dato che "esistono ancora ambienti e mentalità da evangelizzare". La cultura urbana si caratterizza, tra l'altro, per il pluralismo di visioni coesistenti della realtà, per la razionalità tecnico-funzionale, per la valorizzazione della soggettività. Questi fattori derivano dalla stessa espansione del sapere umano; perciò non hanno un valore negativo, essendo, al contrario, benefici per la Chiesa e l'umanità. Tuttavia pongono una sfida seria all'evangelizzazione dal momento che presentano nuove matrici culturali. 657 Bisogna prendere coscienza del fatto che questi stessi fattori possono degenerare, come di fatto avviene, in una mentalità relativista e secolarizzata, senza radici, contrassegnata da un individualismo utilitarista, che genera personalità fragili, carenti di valori sostanziali e di solide convinzioni, facili prede del consumismo e avide di benessere personale. Da ciò derivano solitudine affettiva, insensibilità di fronte alla sofferenza altrui, disprezzo per la vita umana, crisi della famiglia, indebolimento dell'etica professionale, insicurezza collettiva e altri sintomi percepiti da tutti noi. Anche questo complesso campo culturale ha bisogno di essere oggetto di evangelizzazione. 658 Nella misura in cui il messaggio cristiano ci esorta ad amare l'uomo per se stesso, il Vangelo può entrare in qualunque cultura. "L'evangelizzazione della cultura è uno sforzo per comprendere le mentalità e gli atteggiamenti del mondo attuale e illuminarli con il Vangelo. È la volontà di raggiungere tutti i livelli della vita umana per renderla più degna". 659 La complessa cultura urbana, con le sue luci e ombre, offre sia matrici culturali valide per la comprensione ed espressione della fede che riduzioni o degenerazioni culturali che impediscono la realizzazione integrale dell'uomo e, pertanto, devono essere corrette. È compito urgente degli uomini e delle donne della città, che sono la grande maggioranza della popolazione latinoamericana, guidati e orientali dai propri pastori, cercare di comprendere ed esprimere, dall'interno della propria cultura, l'avvenimento Gesù Cristo. In questo "processo difficile" e lento, ma necessario, emergeranno gli elementi disumanizzanti e anti-cristiani che dovranno essere evangelizzati. Mezzi 660 La pastorale urbana cerchi, nella pluralità delle proprie attività, di condurre uomini e donne a un'autentica esperienza di Dio, fondamento ultimo della fede e della vita cristiana. L'attuale società pluralista non offre loro il sostegno sociale alla loro fede e anzi diminuisce l'appoggio dato dalla Chiesa. Senza il confronto con l'Assoluto, senza questo incontro personale con Gesù Cristo, senza questa esperienza profonda dello Spirito, il vissuto cristiano manca di solidità e stabilità. Solo a partire da questa ha senso l'inculturazione della fede nella cultura urbana e la sua conseguente evangelizzazione. 661 La pastorale urbana cerchi di moltiplicare la formazione di gruppi di vita cristiana. L'uomo riceve sempre la fede cristiana da una comunità ecclesiale, che la vive e la testimonia. Questa offre espressioni, modelli di comportamento, identità cristiana, aiuto fraterno. L'enorme diversità di situazioni e settori culturali all'interno della città rende più difficile per la parrocchia e per altre strutture di pastorale offrire al cristiano urbano lo spazio e l'atmosfera comunitaria di cui ha bisogno. "I gruppi di vita cristiana" riuniti attorno alla parola di Dio, e nei quali ognuno può confrontare vita e fede, fattori culturali e Vangelo, esperienze penose o gratificanti e messaggio cristiano, renderanno possibile che i laici, immersi nella cultura urbana e pluralista, abbiano da un lato una comunità ecclesiale di appoggio e, dall'altro, uno spazio per esprimere la propria fede in un linguaggio che sia loro più familiare. Naturalmente questi gruppi di vita potranno formarsi attorno a interessi o attività pastorali. Si distinguono tra questi gruppi di vita cristiana i grandi movimenti, spirituali e apostolici, a volte clericali e laicali, altre volte a gran predominio laicale, che costituiscono nella Chiesa di oggi una grande fonte di spiritualità profonda e di apostolato metodico e impegnato. 662 La pastorale urbana cerchi di stimolare l'incontro dei cristiani con la situazione concreta vissuta dai poveri nelle nostre città. Solo le immagini concrete della sofferenza umana, sottoprodotto, in parte, della produttività capitalista, saranno capaci di neutralizzare la forza delle sofisticate immagini trasmesse dai moderni mezzi di comunicazione sociale, che esaltano l'individualismo edonista e il consumismo sfrenato. Ma il contatto con i poveri significa anche assumere l'esperienza del loro "potenziale evangelizzatore", l'incontro con i valori cristiani di fraternità, di aiuto reciproco, di generosità per condividere, di fede solida e della gioia di essere buono. Naturalmente, l'esperienza di Dio e i gruppi di vita cristiana, che si condizionano mutuamente, saranno a loro volta segnati anche da questo contatto con i poveri. 663 La pastorale urbana cerchi di promuovere la creazione di entità ecclesiali che, con la partecipazione dei mèmbri della gerarchia, possano percorrere, valorizzare, apprezzare e diffondere le caratteristiche urbane di questa vita cristiana. 4.3. Una nuova comunicazione per una nuova evangelizzazione Obiettivi 664 Tra l'evangelizzazione, la promozione umana e la cultura esiste una relazione intrinseca fondata sulla corrente vitale della comunicazione. 665 Nel cuore della Rivelazione divina troviamo il Mistero Trinitario della comunicazione eternamente interpersonale, la cui Parola si fa dialogo, incarnato nella storia per opera dello Spirito, inaugurandosi così un mondo nuovo di incontri, scambi, comunicazione e comunione. 666 "L'evangelizzazione, annuncio del Regno, è comunicazione". Questo esige che ci inseriamo profondamente nei processi di interrelazione umana nei quali si condividono significati, come condizione per creare cultura. La cultura, in effetti, è il risultato della ripetuta comunicazione tra persone che costruiscono insieme il senso della propria vita, configurando così la propria identità. 667 È necessario che la Chiesa, nel suo insieme, assuma efficacemente il mondo della comunicazione come elemento costitutivo della propria missione evangelizzatrice, poiché per mezzo di essa si manifesta al tempo stesso come realtà salvifica comunicata, avvenimento comunicabile e segno comunicante, cioè come dono che si riceve, messaggio che si proclama e compito che si realizza. 668 L'urgenza di assumere, come opzione, il mondo della comunicazione risiede nel ruolo che gioca nella convivenza umana. Il primo areopago del tempo moderno è il mondo della comunicazione che sta unificando l'umanità e trasformandola in un villaggio globale. La fede e la cultura sono chiamate a interagire proprio sul terreno della comunicazione, del dialogo, dello scambio. 669 C'è la necessità di sensibilizzare tutti gli evangelizzatori e persuaderli che sono comunicatori pubblici e giungeranno a essere migliori divulgatori del Vangelo se diventeranno esperti nella scienza e nell'arte della comunicazione. 670 La nuova evangelizzazione che Giovanni Paolo II ha definito come "un nuovo ardore, un nuovo metodo e una nuova espressione", è, in fondo, un appello urgente a rivedere la nostra capacità come comunicatori del Vangelo e ad attualizzare i nostri modi, linguaggi, canali e mezzi di comunicazione. Non pare che possa esistere nuova evangelizzazione senza nuova comunicazione e nuovi comunicatori di migliore qualità. 671 In relazione ai moderni mezzi di comunicazione, la cui influenza è innegabile, basterebbe ricordare le parole di Paolo VI: "La Chiesa si sentirà colpevole davanti a Dio, se non impiegherà questi potenti mezzi", che devono arrivare simultaneamente alle moltitudini, ma anche alla coscienza personale di ognuno, in forme culturali adeguate, e subordinandole tutte allo Spirito. Mezzi 672 È necessario continuare la riflessione teologica riguardo alla comunicazione che è costitutiva della vocazione umana e fenomeno socio-culturale; approfondirla come matrice culturale, elemento centrale della Rivelazione e compito della Chiesa, che esiste solo per comunicare la Buona Novella di Gesù Cristo. 673 Si richiedono istanze di formazione veramente efficaci ( scuole, centri, facoltà, programmi ) che coscientizzino e formino nella scienza, nell'arte e nell'esercizio di una comunicazione che, a partire dal Vangelo, stimoli la promozione umana e ispiri la cultura perché arrivi a essere cristiana. È ora di suscitare vocazioni e formare veri professionisti della comunicazione. 674 Essendo la comunicazione una realtà che ingloba tutti i compiti evangelizzatori, si sente la necessità di elaborare politiche serie di comunicazione e informazione attraverso la pianificazione pastorale. Le comunicazioni devono formare parte integrante di ogni piano pastorale, poiché devono dare il loro contributo a ogni apostolato, ministero o programma. 675 La produzione fa parte di un processo globale di comunicazione pastorale. Questo implica notevoli risorse finanziarie, conoscenza delle necessità, qualità di quanto si produce, sistemi di distribuzione, e soprattutto, rispetto delle culture alle quali sono destinati i mezzi e i loro prodotti. 676 Data l'influenza della comunicazione e dei suoi mezzi, si devono sottolineare alcuni aspetti senza i quali la nuova evangelizzazione mancherebbe di proiezione: la libera opinione pubblica, necessaria nella Chiesa, fondata sull'informazione affidabile e rispettosa; la formazione di agenti pastorali della comunicazione che sappiano diffondere i valori del Vangelo; la dimensione etica della comunicazione e dell'informazione; l'appoggio e l'accompagnamento pastorale a chi lavora nel mondo della comunicazione e dell'informatica; l'educazione del senso critico nell'uso dei mezzi; e la vicinanza ai giovani che sono i maggiori consumatori dei messaggi da questi forniti. 4.4. Le culture americane e afroamericane Obiettivi 677 La Chiesa, in un mondo pluralistico, e costituendosi promotrice di libertà religiosa, definisce se stessa come "sacramento o segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano". Essa è portatrice dell'annuncio della salvezza cristiana, della filiazione divina e della fraternità umana, che ci spinge verso una nuova e rinnovata relazione con tutti i popoli e culture amerinde e afroamericane. Questi hanno sofferto sia per la povertà materiale che per il disconoscimento e il disprezzo delle loro culture. Per questo optiamo per un'evangelizzazione inculturata, solidale, partecipativa, dialogante con le diverse culture e i diversi vissuti della fede esistenti in questi popoli, dei quali siamo tutti parte. 678 Sia le religioni di origine africana che le amerinde, benché siano integrate e siano una vera matrice per l'identità dei rispettivi gruppi, non sono state, tuttavia, una mediazione cristiana ed ecclesiale sufficientemente valida. Rispettiamo l'atteggiamento soggettivo dei cristiani che le vivono; si richiede però un cambiamento perché si viva pienamente in esse l'adorazione di Dio "in spirito e in verità". ( Gv 4,23 ) Si deve approfittare di tutto quanto c'è in esse di autentico atto religioso: l'uomo religioso si scopre nella sua relazione con il Trascendente, da la sua risposta e poi la istituzionalizza per mezzo di un sistema simbolico e sociale. 679 Di conseguenza, valorizzare positivamente i riti, gli usi e i costumi delle religioni amerinde e afroamericane, il loro senso della festa, i loro riti di passaggio; scoprire in esse con gioia i semi della rivelazione; sottolineare tutto il buono che c'è in esse e purificare quanto è in disaccordo con il Vangelo; cercare le possibilità liturgiche proprie, per esempio riscoprire il senso religioso della danza, incorporare preghiere, simboli sacri, atteggiamenti penitenziali, compresi certi riti di guarigione, ma con la catechesi corrispondente che impedisca di cadere in formule magiche; insegnare i contenuti della fede in modo che possano essere captati dalle culture amerinde e afroamericane, così, per esempio, assumere alcune tradizioni mitiche proprie di queste culture. Non può esistere ne una religione senza fede ne una fede senza religione. 680 In quanto agli specifici sincretismi religiosi afroamericani, si dovrà avere una migliore conoscenza dei loro "orixas" africani, per distinguerli meglio dai santi cattolici. Conoscere meglio anche le ragioni di coloro che praticano questi culti: una certa insicurezza per i problemi che li perseguitano e il vuoto che presenta loro la società attuale. Per questo cercano in pratiche magiche, a causa di una religiosità debolmente evangelizzata, la sicurezza che non possiedono. La nostra risposta sarà portare a termine un'evangelizzazione integrale, a partire dalle comunità accoglienti che offrano l'esperienza di liberazione in Cristo e l'immagine autentica del Dio Creatore e Padre. Così essi potranno superare una dipendenza religiosa in cui primordialmente domina la paura del male e del destino. Mezzi 681 Collaborare attivamente al compito di ricuperare la memoria storica delle loro culture. Scoprire il volto umano nella storia e nell'ethos dei popoli, al fine di comprendere la valorizzazione che i loro mèmbri fanno della propria presenza nello spazio e nel tempo per poter annunciare loro la Buona Novella in Gesù Cristo e dinamizzare e appoggiare i loro sforzi di creare un mondo più giusto. Il che implica aiutare a gestire una cultura solidale nei diversi paesi, affinché i popoli amerindi possano essere protagonisti del proprio progresso. 682 Difendere i loro diritti ancestrali, con tutti i mezzi evangelici disponibili. Rifiutare l'utilizzazione che di questi popoli e gruppi si fa con fini politici, economici o religiosi. Apprendere dai nostri popoli indigeni, profondamente rispettosi della natura, una nuova relazione umanità-ambiente. 683 Favorire la formazione di Chiese locali con volto proprio, con proprie espressioni liturgiche, ministeri ordinati e ministeri affidati ai laici, propria catechesi e teologia. Distribuire sempre meglio il personale apostolico. Dar solida formazione specializzata agli agenti di pastorale che lavorano tra loro. 684 Assumere i lavori della pastorale della terra nei diversi paesi, riconoscendo il valore vitale e sacro che la terra possiede per i nostri popoli amerindi e propiziando il dialogo con i gruppi contadini. Elaborare la teologia dell'amerindo e dell'afroamericano. 4.5. Altre opzioni: missione "ad gentes" La Chiesa a difesa della vita, la Chiesa di fronte ai nuovi gruppi religiosi 685 Il presente Documento di Lavoro ha espresso in ripetute occasioni la preoccupazione della Chiesa latinoamericana in relazione alla missione ad gentes, all'impegno per la difesa della vita e all'atteggiamento di fronte ai nuovi gruppi religiosi. 686 I fatti che giornalmente si producono fra noi, e le molte testimonianze venute dalle Chiese del continente, coincidono con gli aneliti del Santo Padre che ci ha segnalato l'urgenza di rispondere a queste sfide con una rinnovata attività evangelizzatrice. 687 Da qui la necessità di considerare la possibilità di assumere come nuove opzioni: la missione ad gentes, della Chiesa a difesa della vita e della Chiesa di fronte ai nuovi gruppi religiosi. Parola finale 688 Concludendo il presente Documento di Lavoro vogliamo ricordare ancora una volta ai Vescovi Delegati a Santo Domingo che si tratta solo di un ausilio per stimolare la riflessione e lo studio del tema proposto dal Santo Padre Giovanni Paolo II per la IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano, e che saranno i Pastori lì riuniti a dire la parola definitiva. 689 Il contesto dell'America Latina, la fedeltà al tema della Nuova Evangelizzazione, la Promozione Umana, la Cultura Cristiana, e la specificità dei destinatari ci hanno portato a utilizzare uno stile eminentemente pastorale. 690 Siamo sicuri che in tutte le Chiese particolari del continente si intensificherà la preghiera per il successo di questa fase finale della preparazione e della celebrazione stessa della IV Conferenza, perché i Pastori, obbedienti allo Spirito, possano orientare la nuova evangelizzazione dell'America Latina, alla fine del presente secolo e alle soglie del terzo millennio.