Chiesa/Confer/Sdomindo/Intr/Intr.txt Santo Domingo - Vangelo e cultura della vita Introduzione La IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano ( Santo Domingo 12-28 ottobre 1992 ) che, a cinque secoli dalla prima evangelizzazione, affrontò il tema della "Nuova evangelizzazione, promozione umana, cultura cristiana" nell'ottica del motto posto a sottotitolo: "Gesù Cristo ieri, oggi e sempre ( Eb 13,8 ) ", non può essere compresa solo attraverso il Documento Final (DF), ma nella globalità dell'evento, comprendente l'insieme della fase preparatoria, di quella testuale ( cf note 2-3 ) e di quella della recezione, ora in pieno svolgimento nelle diverse Chiese latinoamericane ( cf alcuni orientamenti concreti nel paragrafo 7 ). Va ricordato infatti che macrofenomeni ecclesiali di questa portata implicano sempre un doppio circuito: dalla preparazione alla celebrazione ( culminante nel DF ) e dalla celebrazione alla recezione. Per quanto riguarda la fase preparatoria, ne ricordiamo le tappe principali. 1983: ad Haiti Giovanni Paolo II indice la novena di anni in preparazione al V Centenario dell'evangelizzazione del continente; 1988: la presidenza del CELAM chiede al Santo Padre la convocazione della IV Conferenza ed elabora l''Instrumento de recolección des aportes; 1989: appare la Primera redacción del Documento de Consulta. A fine anno il CELAM elabora Elementos para una reflexión pastoral en preparación de la IV Conferendo. Instrumento Preparatorio (IP); 19 gennaio 1990: il Papa costituisce un gruppo permanente incaricato di seguire la preparazione di Santo Domingo; 10 dicembre 1990: Giovanni Paolo II indica il tema della IV Conferenza: "Nuova evangelizzazione, promozione umana, cultura cristiana. Gesù Cristo ieri, oggi e sempre ( Eb 13,8 ) "; gennaio 1991: il CELAM pubblica la Prima Relatio con la sintesi delle prime risposte all'IP; aprile 1991: il CELAM affida alle comunità ecclesiali latinoamericane il Documento de Consulta ( DC ), con l'indicazione di consegnare le risposte entro dicembre; 14 giugno 1991: Giovanni Paolo II puntualizza alla CAL gli obiettivi della IV Conferenza; febbraio 1992: viene pubblicata la sintesi degli apporti dati al DC: Secunda Relatio; aprile 1992: viene inviato ai partecipanti alla IV Conferenza il Documento de trabajo ( DT ), frutto dell'ultima redazione CELAM in base alla Secunda Relatio; 11 giugno 1992: il Papa nomina come presidenti della IV Conferenza i cardd. A. Sodano e N. J. Lopez Rodriguez e l'arcivescovo S. Fernandes de Araùjo; come segretari generali i vescovi R. Damasceno Assis e J. A. Medina Estévez. Si comprende quindi perché in questa edizione, oltre al DF ( culmino della celebrazione ), viene pubblicato anche il DT ( fase culminante della preparazione ) e il Messaggio ai popoli dell'America Latina e dei Caraibi, quale primo segno della recezione dell'evento Santo Domingo da parte dei vescovi e input per le loro comunità. Ci è sembrato quindi opportuno, in continuità con la sinossi della fase preparatoria, curare la pubblicazione non solo del DF ma anche del DT e del Messaggio, e di coordinare il tutto attraverso un indice analitico-sinottico che faciliti una lettura incrociata del DT- DF - Messaggio. La presente edizione italiana comprende inoltre la Lettera del 10 novembre 1992 con la quale il Santo Padre approvava il DF, il Discorso inaugurale del 12 ottobre 1992, i suoi due Messaggi agli indios e agli afroamericani, nonché l'incontro con i discendenti dei maya. Ai lavori della IV Conferenza - svoltasi nell''Auditorium della Casa San Pablo di Santo Domingo - hanno partecipato 307 membri effettivi, 24 invitati, 20 periti e 5 osservatori. La stesura del DF è stata affidata a una Commissione di Redazione, presieduta dall'arcivescovo L. Mendes de Almeida, cui spettò l'arduo compito di sintetizzare il lavoro di 30 Commissioni, le quali erano articolate in base allo schema di lavoro. Basterà darne l'elenco per valutare l'ampiezza dei temi e la difficoltà di sintetizzarli in un tempo così ristretto: Preambolo, visione storica, santità, profetismo, famiglia e demografia, comunità ecclesiali ( parrocchie, ecc. ), vita consacrata, ecumenismo, liturgia, laici nella Chiesa e nel mondo, ministeri ordinati, vocazioni sacerdotali e religiose, Chiesa missionaria, etica sociale, giovani, donne, lavoro, migrazioni, povertà, economia, problemi della terra, ecologia, democrazia, integrazione latinoamericana, diritti umani, unità e pluralità delle culture, educazione, secolarizzazione, cultura urbana, comunicazione sociale. Tale abbondanza, insieme al cambiamento della metodologia ( paragrafo 2 ), ha determinato vari inconvenienti nella sistematizzazione delle Conclusioni ( DF ), organizzate in base al seguente schema: I Parte: "Gesù Cristo, Vangelo del Padre", comprende la professione di fede e una considerazione di lode, di ringraziamento e di perdono per i 500 anni trascorsi dalla prima evangelizzazione; II Parte: "Gesù Cristo evangelizzatore vivente nella sua Chiesa", descrive la nuova evangelizzazione, la promozione umana e la cultura cristiana; III Parte: "Gesù Cristo, vita e speranza dell'America Latina", indica le linee pastorali prioritarie, secondo gli orientamenti del Papa: "Coniugare i tre elementi dottrinali e pastorali che costituiscono le coordinate della nuova evangelizzazione: cristologia, ecclesiologia e antropologia" ( Discorso inaugurale, 5 ). Il cammino verso Santo Domingo 1 Ciò che caratterizza "l'evento" Santo Domingo è la cristologia e conseguentemente l'ecclesiologia e l'antropologia, entrambe lette a partire dalla lunga preparazione della IV Conferenza e particolarmente usufruendo della riflessione dei documenti preparatori.2 Il motivo principale per cui viene convocata la IV Conferenza è spiegato dal Papa nel discorso alla CAL il 14 giugno del 1991, quando dice che "non dobbiamo limitarci alla prospettiva storica, ne a celebrazioni di carattere esclusivamente culturale o sociale. […] Ciò che la Chiesa si appresta a celebrare è l'Evangelizzazione: l'arrivo e la proclamazione della fede e del messaggio di Gesù, la creazione e lo sviluppo della Chiesa; realtà splendide e permanenti che non si possono negare o sottovalutare. Ed essa si dispone a celebrare nel senso più profondo e teologico del termine: come si celebra Gesù Cristo, Signore della storia, "il primo e il più grande evangelizzatore", poiché egli stesso è il "Vangelo di Dio" ( Paolo VI, Evangelii Nuntiandi 7 ) " ( L'Osservatore Romano, 15 giugno 1991 ). Quindi si tratta di pensare a una nuova evangelizzazione e non a una ri-evangelizzazione. Una "evangelizzazione nuova nell'ardore, nei metodi, nel linguaggio". L'illuminante discorso alla CAL orienta la comprensione dell'"evento" Santo Domingo: "La figura e la missione del Salvatore saranno al centro della Conferenza di Santo Domingo. […] La cristologia sarà quindi lo scenario dell'Assemblea, in modo che, quale suo primo frutto, il nome di Gesù Cristo, Salvatore e Redentore, resti sulle labbra e nel cuore di tutti i latinoamericani; poiché, come leggiamo nell'Esortazione Apostolica di Paolo VI, Evangelii nuntiandi, "non c'è vera evangelizzazione se il nome, l'insegnamento, la vita, le promesse, il regno, il mistero di Gesù di Nazaret, Figlio di Dio, non sono proclamati"" ( Paolo VI, Evangelii Nuntiandi 22 ). A partire da queste indicazioni si comprende lo schema cristologico sul quale, i vescovi hanno lavorato, fino alle Conclusioni ( DF ). La Chiesa latinoamericana e dei Caraibi proclama innanzitutto la sua fede in Gesù Cristo: ieri, oggi e sempre ( Eb 13,8 ). Solo a partire da tale proclamazione la Chiesa può impegnarsi per una nuova evangelizzazione: catechizzando, promuovendo e inculturando ( DF 293-302 ). Proclamare Gesù Cristo e la passione per il suo Regno è l'orizzonte della IV Conferenza. Perciò più che parlare di opzioni, si preferisce dire linee pastorali prioritarie, dando così maggiore forza all'impegno della Chiesa per tutta l'umanità sparsa nel continente, a partire dall'annuncio esplicito del Cristo risorto. Tale orientamento è assunto anche in risposta al macroscopico avvento delle sette ( DF 139-146 ). Accanto a tutte queste considerazioni non possiamo ignorare le difficoltà e critiche registrate durante lo svolgimento della IV Conferenza a proposito della metodologia adottata e della teologia della liberazione non menzionata ( paragrafi 2 e 3 ). E tuttavia riteniamo che il DF non abbia fatto passi indietro sostanziali rispetto al lavoro preparatorio, come risulta da una lettura incrociata col DT ( che perciò riportiamo nella Seconda Parte di questo volume ). Per tale confronto aiuterà non poco l'Indice analitico-sinottico, che abbiamo realizzato usando caratteri tipografici diversi ( corsivo, neretto, ecc. ). La metodologia di Santo Domingo 2 Anche a Santo Domingo, come a Puebla, il cuore della missione della Chiesa è l'evangelizzazione. Tant'è vero che l'Evangelii nuntìandi di Paolo VI - ispiratrice della III Conferenza - viene esplicitamente citata nel DF, e lo stesso Giovanni Paolo II la ritiene indispensabile, come risulta da quanto detto sia alla CAL ( 14 giugno 1991 ), sia nel Discorso inaugurale ( 12 ottobre 1992 ). Infatti, tenendo presente le trasformazioni sociopolitiche ( fine delle dittature militari e avvento del neoliberismo ) e religiose ( invasione delle sette ), è più che mai urgente annunciare Cristo e il suo Vangelo di liberazione. Come disse il Papa nel Discorso inaugurale, "la nuova evangelizzazione è da considerarsi l'idea centrale di tutta questa Conferenza" ( n. 6 ). Perciò, attraverso un rinnovato annuncio del Cristo risorto, la nuova evangelizzazione simultaneamente catechizza, promuove e incultura ( paragrafi 4-6 ). La metodologia adottata a Santo Domingo ha dunque come sfondo una grande esigenza kérigmatica. L'attenzione dei vescovi è rivolta principalmente sul "come" e "cosa" annunciare, sicché presentare il kérygma è esigenza concreta del momento storico-religioso del continente. Le mutate situazioni, soprattutto di carattere religioso ( DF 139-145 ), e la scarsa stima per il dono della vita ( DF 219, DF 235 ) hanno indotto l'Assemblea a riaffermare innanzitutto e ovunque la professione di fede e l'illuminazione teologica su tutto ciò che riguarda la vita del popolo latinoamericano. Perciò il modo di procedere non ricorre più - come nelle passate Conferenze e nel DT - al vedere-giudicare-agire. Il DF descrive le varie tematiche presenti nelle sue tre Parti sempre a partire dal giudizio che viene dalla fede nel Cristo pasquale ( illuminazione teologica ), successivamente analizza le sfide pastorali ( segni dei tempi ), cui risponde mediante le linee pastorali. Sembra quindi di poter dire che tale cambiamento metodologico ( dall'approccio fenomenologico a quello teologico ), più che una abolizione è una variante integrativa del metodo precedente. Infatti, per la diffusione del Vangelo e la salvaguardia della cultura della vita i vescovi formulano in modo nuovo il kérygma di sempre. "A partire dalla situazione generalizzata di molti battezzati che in America Latina non hanno dato la propria adesione personale a Gesù Cristo al tempo della prima conversione, nel ministero profetico della Chiesa si impone, in maniera prioritaria e fondamentale, l'energica proclamazione dell'annuncio di Gesù morto e risorto ( kérygma ) (cf RMi 44), "radice di ogni evangelizzazione, fondamento di ogni promozione umana e principio di ogni autentica cultura cristiana" ( Discorso inaugurale, 25 )" ( DF 33 ). Più volte nel DF appare il termine kérygma ( indice analitico ): ciò vuole dire che la Chiesa latinoamericana e dei Caraibi proclama innanzitutto la sua fede in Gesù Cristo ieri, oggi e sempre ( Eb 13,8 ). Con tale professione di fede è possibile impegnarsi per una nuova evangelizzazione, una promozione umana integrale e una inculturazione adeguata della fede corrispondenti alle sfide odierne. Nel DF è evidente l'amara constatazione delle cause e degli effetti negativi provocati dalla nuova situazione religiosa del continente: "In America Latina numerosi battezzati non orientano la propria vita secondo il Vangelo. Molti di loro si allontanano dalla Chiesa o non si identificano con essa. Tra questi, anche se non esclusivamente, ci sono molti giovani e in generale persone particolarmente critiche riguardo all'azione della Chiesa. Vi sono altri che, essendo emigrati dalle proprie regioni di origine, si sono sradicati dal proprio ambiente religioso" ( DF 130 ). Perciò i vescovi propongono di "promuovere un nuovo impulso missionario verso questi fedeli andando loro incontro. La Chiesa non deve restare tranquilla con coloro che la accettano e la seguono con maggiore facilità"; è necessario dunque raggiungere i lontani e "predicare loro, in forma viva e gioiosa, il kérygma" ( DF 131 ). Come già detto, proclamare Gesù Cristo e la passione per il suo Regno è l'orizzonte della IV Conferenza. Ma questo partire dal riferimento di fede non significa chiudersi dinanzi alla realtà, bensì affermare l'identità con cui essa viene letta. Leggere ( o vedere ) la storia e gli avvenimenti presenti in essa attraverso l'ottica pasquale abilita i credenti a "vedere - giudicare - agire" in una prospettiva genuinamente pastorale. A tale proposito, il DF afferma che "la nuova evangelizzazione sorge in America Latina come risposta ai problemi che presenta la realtà di un continente nel quale esiste una separazione tra fede e vita che arriva fino a produrre clamorose situazioni di ingiustizia, diseguaglianza sociale e violenza" ( DF 24 ). Tutto ciò significa che la nuova evangelizzazione è assolutamente inscindibile dalla promozione umana e dall'inculturazione della fede. Nella nuova metodologia le brevi premesse biblico - teologiche che introducono i vari argomenti si prefiggono di dare, attraverso il kérygma, l'autorevolezza necessaria nel leggere i "segni dei tempi" ( sfide pastorali ) e nell'indicare le relative linee pastorali come risposta della comunità ecclesiale. La lettura della realtà, quindi, non solo non viene ridimensionata rispetto al passato ( Medellin e Puebla), ma valorizzata, in quanto la realtà, letta nell'ottica della fede pasquale, viene assunta e redenta. Perciò la nuova metodologia, oltre a riferirsi continuamente alle precedenti Conferenze ( per esprimere la continuità ), rappresenta una forma aggiornata di recepito latinoamericana.5 Santo Domingo e la Teologia della Liberazione (TdL) 3 Già nei documenti preparatori della IV Conferenza si era notato che, rispetto a Puebla, la TdL non veniva descritta come esigenza desunta dalla realtà latinoamericana. Infatti si registrava uno spostamento dell'asse pastorale dalla problematica della povertà a quella della cultura, la quale a sua volta assumeva la TdL nelle proprie opzioni. Tenendo presente quanto detto precedentemente sulla metodologia - e cioè la scelta prevalentemente teologica anziché fenomenologica - si comprende perché il DF preferisca mettere a fuoco il senso teologico della liberazione, anziché verificare e studiare la TdL. Infatti quando usa il termine liberazione ( indice analitico ), evidenzia lo spostamento avvenuto con la nuova metodologia: l'ottica pasquale prevale su quella sociologica. Quindi, in sintonia con i documenti preparatori, il DF mostra quanto la liberazione sia una dimensione del mistero pasquale, da ricollegare sempre alla morte redentrice di Cristo. Pur riconoscendo la coerenza di questa metodologia, sarebbe stato opportuno almeno menzionare tale feconda produzione, considerando la diffusione e risonanza che la TdL ha tuttora non solo in America Latina, ma anche presso la teologia e la pastorale del Primo Mondo. Si comprende quindi la critica mossa da varie parti a Santo Domingo, anche se va detto che l'assenza della TdL non significa che la IV Conferenza l'abbia rinnegata. Anzi è interessante notare che nel DF emerge una forma di recepito latinoamericana del modo di fare teologia, a partire dal binomio: oppressione - liberazione. Infatti, nelle sfide che i vescovi individuano, si legge chiaramente l'appello salvifico che Dio fa alla sua Chiesa. Un appello descritto nelle "sfide" e nelle "proposte pastorali" mediante la denuncia di tutte le situazioni di morte nel continente e attraverso l'annuncio esplicito di salvezza e liberazione che la Chiesa deve dare, a partire dalla professione di fede nel Cristo. "Tra le mete dell'evangelizzazione inculturata vi sarà sempre la salvezza e la liberazione integrale di un determinato popolo o gruppo umano, che rafforzi la sua identità e che gli dia la speranza nel proprio futuro, contrapponendosi ai poteri della morte" ( DF 243 ). L'anelito della liberazione passa dunque attraverso la compassione per i più poveri e bisognosi. Tale compassione si esprime nell'atteggiamento di compagnia che i vescovi con tutta la comunità ecclesiale vogliono realizzare nel cammino tanto martoriato verso il Regno. Lo stile della compagnia nasce appunto dalla consapevolezza dell'esistenza e del rispetto per l'altro: "La prossimità a ogni persona permette ai Pastori di condividere con loro le situazioni di dolore e di ignoranza, di povertà ed emarginazione, gli aneliti di giustizia e di liberazione" ( DF 74 ). Un altro elemento che aiuta a cogliere più di una affinità tra DF e TdL è la continuità del destinatario dell'azione salvifica: il povero. Anzi, il DF, oltre a parlare dei poveri - e addirittura dei miserabili -, individua la causa ultima di tale situazione nell'impoverimento, come logica perversa dell'esclusione violenta dal bene comune. A Santo Domingo i vescovi, oltre a richiamare alla memoria tutti i volti dei poveri - citando esplicitamente DT 163 -, hanno assunto con rinnovata decisione l'opzione evangelica e preferenziale per essi. Una opzione "rinnovata" in quanto hanno evidenziato soprattutto l'impoverimento come effetto della politica neoliberale che predomina in tutta l'America Latina e nei Caraibi ( DF 179 ). Perciò la Chiesa latinoamericana reagisce a questa situazione impegnandosi sia nel dialogo con tutte le agenzie educative, economiche e politiche, sia nel trovare le risposte adeguate a tale drammatica situazione ( DF 181 ). Inoltre, come si notava precedentemente, le sfide e le linee pastorali presenti nel DF presuppongono una teologia che potrebbe essere definita come teologia dei segni dei tempi, la quale sullo schema della TdL considera e studia la realtà alla luce della Rivelazione, partendo dal fatto che il povero, oltre ad essere destinatario privilegiato dell'evangelizzazione, è prima di tutto soggetto della stessa evangelizzazione. Perciò i vescovi ritengono che "alla luce di questa opzione preferenziale, secondo l'esempio di Gesù, troviamo ispirazione a ogni azione evangelizzatrice comunitaria e personale ( Giovanni Paolo II, Sollicitudo Rei Socialis 42; Giovanni Paolo II, Redemptoris Missio 14; Discorso inaugurale, 16 ). Con la "forza evangelizzatrice dei poveri" ( DP 1147 ) la Chiesa vuole dare impulso all'evangelizzazione delle nostre comunità" ( DF 178 ). La stessa espressione "Chiesa povera" ( DF 178 ) è un modo peculiare d'intendere la Chiesa da parte della TdL, peraltro senza esclusione dei "non poveri". Notando che, quando si parla di "Chiesa povera", si intende dire che i poveri sono il "luogo teologico" nel quale la comunità cristiana scorge, assieme al Dio vivente, il potenziale evangelizzatore necessario alla conversione tanto della Chiesa, quanto del mondo. Proprio nella II Parte del DF si coglie quanto la tematica della TdL sia presente soprattutto nell'evidenziare il conflitto tra la cultura della vita e la cultura della morte ( paragrafi 5 e 6 ). Tale conflitto, presente nella riflessione della TdL, è da considerarsi come l'aggiornata sottolineatura culturale e kerygmatica al binomio ( più socioeconomico ) dell'oppressione - liberazione. Santo Domingo in pratica, con la proposta della cultura della vita, dinanzi all'anticultura della morte propone un'autentica opera di liberazione. Infine, richiamando continuamente Medellin e Puebla, il DF non può non tenere presente tutta la riflessione che la TdL ha offerto in questi anni alla Chiesa latinoamericana e che essa a sua volta ha fatto sua in maniera esplicita o implicita. La IV Conferenza, quindi, ha conservato l'orizzonte teologico - culturale dell'incarnazione attraverso cui la Chiesa intende la storia della salvezza come un "teologizzare storicizzando e storicizzare teologizzando". La nuova evangelizzazione 4 Dopo aver illustrato la nuova metodologia di Santo Domingo e fatto il punto circa la TdL, vediamo ora le grandi linee della II Parte, nella quale si concentra l'eredità della IV Conferenza: evangelizzare catechizzando ( cap. 1 ), evangelizzare promuovendo ( cap. 2 ), evangelizzare inculturando ( cap. 3 ). Per quanto riguarda il primo aspetto, va notato come esso sia il risultato della riflessione preparatoria a Santo Domingo e, in particolare, dell'orientamento che il Papa ha dato nel Discorso inaugurale. La nuova evangelizzazione ha come peculiarità quella di proiettarsi sulla promozione umana e l'inculturazione della fede, tanto da far maturare - attraverso un rinnovato annuncio del Cristo risorto - quella fede viva che diventa energia della storia ( DF 23-30 ). Parlare di nuova evangelizzazione non significa, dunque, proporre un nuovo Vangelo: il kérygma è sempre lo stesso; se ne devono però trarre luci nuove per affrontare le nuove sfide ( DF 24 ). Non significa nemmeno prescindere dalla prima evangelizzazione, di cui anzi è bene ricordare luci e ombre: "Come potrebbe la Chiesa, che con i suoi religiosi, sacerdoti e vescovi è stata sempre accanto agli indigeni, dimenticare in questo V Centenario le sofferenze enormi inflitte agli abitanti di questo continente durante l'epoca della conquista e della colonizzazione?" ( Messaggio agli indios ). La nuova evangelizzazione dunque, al positivo, "è il complesso di mezzi, azioni e atteggiamenti utili a porre il Vangelo in dialogo attivo con la modernità e il postmoderno, sia per interpellarli, sia per lasciarsi interpellare da questi. È anche lo sforzo di inculturare il Vangelo nella situazione attuale delle culture del nostro continente" ( DF 24 ). Pertanto la nuova evangelizzazione richiede prima di tutto la conversione della Chiesa, in quanto "solo una Chiesa evangelizzata è capace di evangelizzare" ( DF 23 ). Soggetto della nuova evangelizzazione è tutta la comunità cristiana, perciò i vescovi incoraggiano la comunità ecclesiale ad essere sempre più "comunitaria, partecipata, fatta di comunità ecclesiali, gruppi di famiglie e circoli biblici, movimenti e associazioni ecclesiali, che rendono la parrocchia una comunità di comunità" ( DF 142 ). È importante sottolineare l'apertura che le comunità devono avere verso la missione ad gentes, su cui si è insistito ( DF 124-127 ). Questo è un aspetto nuovo di Santo Domingo e i vescovi hanno indicato l'importanza dell'animazione missionaria, al fine di promuovere la cooperazione di tutto il popolo di Dio, "tradotta in preghiera, sacrificio, testimonianza di vita cristiana e aiuto economico. [… Inoltre] si faccia carico con coraggio dell'invio missionario, sia di sacerdoti sia di religiosi e laici" ( DF 128 ). Sulle Comunità Ecclesiali di Base ( CEB ), il DF è piuttosto reticente e non sottolinea abbastanza il ruolo evangelizzatore che esse svolgono. È opportuno, invece, ricordare che le CEB "sono un segno di vitalità della Chiesa, strumento di formazione e di evangelizzazione, valido punto di partenza per una nuova società fondata sulla "civiltà dell'amore"" ( Giovanni Paolo II, Redemptoris Missio 51 ). Nel DF emergono invece le preoccupazioni per le eventuali deviazioni, e si orientano le CEB nell'alveo più tradizionale della pastorale parrocchiale. Ciò non deve far dimenticare, però, che le CEB sono fondamentalmente "espressione dell'amore preferenziale della Chiesa per il popolo semplice" ( DP 643 ). Esse sono di base perché sono costituite dal popolo semplice, da quei poveri che sono oggetto dell'opzione preferenziale operata da Puebla e ribadita a Santo Domingo ( DF 302 ). In risposta alle sfide e alle considerazioni fatte, i vescovi nelle linee pastorali si assumono l'impegno per "una nuova evangelizzazione dei nostri popoli" ( DF 302 ). Partendo dal presupposto che tutti sono chiamati alla santità e considerando molto significativo il ruolo dei laici - in particolare delle donne e dei giovani -, i vescovi evidenziano l'importanza di una proposta vocazionale forte, in sintonia con Puebla ( DF 302 ). Sempre in questa linea pastorale, viene incoraggiato l'impegno della Chiesa nell'educazione permanente alla fede, soprattutto attraverso una catechesi rinnovata e una liturgia viva. Ciò vale anche come risposta al grave fenomeno delle sette e dei nuovi movimenti religiosi, constatando con preoccupazione come molti cristiani, una volta ricevuto il Battesimo dalla Chiesa cattolica, ricevano poi il kérygma da predicatori appartenenti alle sette. Santo Domingo afferma che "il problema delle sette ha assunto proporzioni drammatiche ed è arrivato a essere veramente preoccupante soprattutto per il crescente proselitismo. [… Inoltre] possono fare affidamento su un potente aiuto finanziario proveniente dall'estero e sulle decime che obbligatoriamente versano tutti gli aderenti. […] La presenza di queste sette religiose fondamentaliste in America Latina è aumentata in maniera straordinaria da Puebla ai nostri giorni" ( DF 139s ). Anche questo può spiegare perché i vescovi hanno preferito partire dalla teologia ( parte cristologica ), per giungere successivamente alle indicazioni operative ( linee pastorali ). È necessario, perciò, "fare in modo che in tutti i piani pastorali la dimensione contemplativa e la santità siano prioritarie, affinché la Chiesa possa farsi strumento della presenza di Dio nell'uomo contemporaneo che ha tanta sete di Lui" ( DF 144 ), senza dimenticare lo slancio missionario ad gentes che sempre più deve caratterizzare le Chiese dell'America Latina e dei Caraibi ( DF 125-128 ). La promozione umana 5 Il secondo capitolo del DF inizia con una lunga citazione dell'Evangelii nuntìandi evidenziando così gli stretti legami esistenti tra evangelizzazione, promozione umana, sviluppo e liberazione: "Legami di ordine antropologico, perché l'uomo da evangelizzare non è un essere astratto, ma è condizionato dalle questioni sociali ed economiche. Legami di ordine teologico, poiché non si può dissociare il piano della creazione da quello della redenzione che arriva fino alle situazioni molto concrete dell'ingiustizia da combattere e della giustizia da restaurare. Legami dell'ordine eminentemente evangelico, quale è quello della carità: come infatti proclamare il comandamento nuovo senza promuovere nella giustizia e nella pace la vera, l'autentica crescita dell'uomo?" ( Paolo VI, Evangelii Nuntiandi 31 ). Con questa autorevole citazione il DF vuoi dire che tutti i progetti della Chiesa latinoamericana vanno letti alla luce della nuova evangelizzazione. Il kérygma, a differenza di altri messaggi, porta con sé e offre una forza che libera le strutture e i singoli uomini da ogni forma idolatrica. Questo annuncio "porta alla conversione del cuore e della mentalità, fa riconoscere la dignità di ciascuna persona, dispone alla solidarietà, all'impegno, al servizio dei fratelli […], tenendo sempre ferma la priorità delle realtà trascendenti e spirituali, premesse della salvezza escatologica" ( Giovanni Paolo II, Redemptoris Missio 59 e 20 ). A Santo Domingo i vescovi hanno coraggiosamente evidenziato alcuni aspetti che determinano la situazione drammatica nella quale milioni di uomini sono costretti a vivere. Anzitutto l'impoverimento e la miseria. Già a Medellin come a Puebla si denunciava tale situazione, ma ora la denuncia si fa "grido": "Noi Pastori ci commuoviamo fino nell'intimo del cuore nel vedere continuamente una moltitudine di uomini e donne, bambini e giovani e anziani che portano l'insopportabile peso della miseria nonché di varie forme di esclusione sociale, etnica e culturale; sono persone umane concrete e irripetibili che vedono il loro orizzonte sempre più chiuso e disconosciuta la loro dignità" ( DF 179 ). Altro fenomeno affrontato a Santo Domingo è il modello politico neoliberale cui si deve il crescente impoverimento dell'America Latina e dei Caraibi. Di fatto, "liberalizzando indiscriminatamente il mercato, si eliminano parti importanti della legislazione del lavoro e si licenziano i lavoratori; riducendo le spese sociali che proteggevano le famiglie dei lavoratori, si approfondiscono sempre più le distanze nella società" ( DF 179 ). Dinanzi a queste sfide, la Chiesa assume l'impegno della testimonianza attraverso "l'austerità di vita e la condivisione dei beni" ( DF 180 ), privilegiando il servizio fraterno ai più poveri tra i poveri, senza peraltro isolarsi dal dialogo e confronto con quelle istituzioni che si interessano delle "nuove povertà" ( DF 180s ). Merita infine ricordare che la tematica della promozione umana non è stata considerata solo teoricamente, ma si è arricchita di proposte concrete. Giovanni Paolo II, nel Discorso inaugurale, ha offerto come segno di solidarietà la Fondazione Populorum progressio, che dispone di un fondo di aiuti a favore dei contadini, degli indios e di tutti quelli che sono particolarmente bisognosi. Un'altra idea del Papa, recepita dall'Assemblea, è stata la proposta di un incontro di rappresentanti degli episcopati di tutto il continente americano che, a differenza delle Conferenze generali del CELAM ( le quali restano ), avrebbe un carattere più sinodale. Tale incontro dovrebbe contribuire a cercare di risolvere i problemi relativi alla giustizia e alla solidarietà fra tutte le nazioni dell'America. Anche per quanto riguarda questo secondo capitolo, la IV Conferenza ha sottolineato nelle linee prioritarie pastorali la scelta preferenziale per i poveri ( indice analitico ). A imitazione di Gesù, la Chiesa latinoamericana desidera aprirsi sempre più all'impegno per la promozione integrale dei popoli dell'America Latina. Inoltre è stata affermata energicamente l'urgenza di impegnarsi a servizio della vita e della famiglia, valori ogni giorno più aggrediti in tutto il continente. Cultura cristiana 6 La principale novità di Santo Domingo ( rispetto a Medellin e Puebla ) è rappresentata dal capitolo sulla cultura che pone i fondamenti della scelta pastorale per un'evangelizzazione inculturata ( DF 298-301 ). Di fronte al complesso fenomeno della modernità, è necessario dar vita a un'alternativa culturale pienamente cristiana in difesa della vita. Essa infatti "dal concepimento alla conclusione naturale deve essere difesa con fermezza e coraggio. È necessario, quindi, creare in America una cultura della vita che contrasti l'anticultura della morte, che, attraverso l'aborto, l'eutanasia, la guerra, la guerriglia, il sequestro, il terrorismo e altre forme, tenta di prevalere in alcune nazioni" ( Discorso inaugurale, 18 ). Se i vescovi hanno voluto ripensare la pastorale della Chiesa in America Latina è perché si avverte fortemente l'esigenza di affermare, dinanzi all'anticultura di morte, una passione per la vita che nasce dall'esperienza di una Chiesa che, attraverso la comunione e la riconciliazione, si fa solidale con le realtà più indifese e oppresse. "Le tragiche situazioni di ingiustizia e sofferenza della nostra America, che si sono fatte ancora più acute dopo Puebla, domandano risposte che potranno venire solo da una Chiesa segno di riconciliazione e portatrice della vita e della speranza che scaturiscono dal Vangelo" ( DF 23 ). Il DF non approfondisce il rapporto tra Chiesa e cultura, bensì la funzione educativa della Chiesa per una cultura della vita. L'educazione assume, quindi, un ruolo determinante di mediazione per l'evangelizzazione della cultura: "Ci pronunciamo a favore di un'educazione cristiana della vita collettiva nell'ambito dell'ecosistema, che faccia crescere la dignità della persona umana e la vera solidarietà" ( DF 271 ). La Chiesa latinoamericana, in altri termini, si sente chiamata a promuovere l'uomo e a inculturare il Vangelo educando. Attraverso una "nuova educazione, si cerca di far crescere e maturare la persona secondo le esigenze dei nuovi valori" ( DF 266 ). Il rinnovamento dell'attività educativa, quindi, va considerato come mediazione privilegiata della nuova evangelizzazione. Procedendo sempre alla luce delle "chiarificazioni teologiche", tipiche della sua metodologia, il DF mette a fuoco due grandi aree: quella dell'unità e pluralismo nelle culture indigene, afroamericane e meticce, e quella della "nuova cultura" moderna e urbana. Per il primo ambito, lo stesso Giovanni Paolo II, nel messaggio del 13 ottobre 1992 agli indigeni e afroamericani, ha detto: "La Chiesa esorta gli indigeni a conservare e promuovere con legittimo orgoglio la cultura dei loro popoli: le sane tradizioni e costumi, la lingua e i valori particolari. Difendendo la vostra identità, non esercitate solo un diritto, ma adempite anche al dovere di trasmettere la vostra cultura alle generazioni future, arricchendo in tal modo tutta la società. […] La fedeltà alla propria identità e al patrimonio spirituale è qualcosa che la Chiesa non soltanto rispetta, ma incoraggia e vuole incrementare. […] Vi invito a difendere la vostra identità, a essere consapevoli dei vostri valori e a farli fruttificare". Passando alla seconda area, è senz'altro una novità - anche rispetto alle precedenti Conferenze - l'avvertire che ormai la pastorale latinoamericana è sempre meno rurale, data il forte inurbamento dei campesinos. Pertanto ci si deve impegnare nell'evangelizzazione dei grandi centri, dove vive la maggioranza della popolazione, anche se non bisogna trascurare le aree rurali, dove già si avvertono analoghi mutamenti culturali ( DF 298 ). Ne consegue l'importanza di conoscere e approfondire i valori e le minacce che presentano oggi le situazioni urbane e quali siano gli atteggiamenti delle varie culture nei confronti della vita. Complessivamente l'orizzonte dell'inculturazione è la liberazione integrale ( DF 243 ), perché il Vangelo inculturato rafforza l'identità e la prospettiva di futuro di ogni popolo, liberandolo dai poteri della morte ( DF 248 ). Infine, la presenza cristiana nelle diverse culture e società promuove la scoperta, il riconoscimento e l'assunzione di nuovi valori per la Chiesa stessa ( DF 230 ). Proprio nell'ottica dell'evangelizzazione inculturata è illuminante la considerazione del Papa nel Discorso inaugurale: "L'America Latina offre, in Santa Maria di Guadalupe, un grande esempio di evangelizzazione perfettamente inculturata. […] Nel volto meticcio della Vergine del Tepeyac si riassume il grande principio dell'inculturazione: l'intima trasformazione degli autentici valori culturali mediante l'integrazione nel cristianesimo e il radicamento del cristianesimo nelle varie culture ( Giovanni Paolo II, Redemptoris Missio 52 ) " ( n. 24 ). Cenni per la recezione o il futuro di Santo Domingo 7 Da quanto visto finora non è retorico affermare che il bilancio della IV Conferenza, nonostante limiti interni e turbative esterne, supera le migliori attese della vigilia, soprattutto considerando la globalità dell'"evento". Santo Domingo, comprendente non solo la fase preparatona e testuale ( note 1 e 2 ), ma anche quella della recezione che, ora, rappresenta la traduzione operativa di Santo Domingo nelle diverse Chiese del continente. Spetta ad esse incarnare il momento testuale complessivo ( DT- DF - Messaggio ) nel vissuto della loro realtà e secondo la concreta ortoprassi nell'ascolto dello Spirito. Per esempio, i "successi potenziali" contenuti nel DF potrebbero svilupparsi nel decalogo abbozzato in Servizio Informazione America Latina, n. 3-4/1993, p. 37: I. In riferimento alla nuova evangelizzazione 1. Richiesta di perdono per gli errori commessi in questi 500 anni; 2. Ripresa del compito missionario non solo presso i cristiani "lontani", ma anche ad gentes; 3. Protagonismo dei laici, specialmente delle donne e dei giovani; 4. Rafforzamento, anche istituzionale, della Chiesa - comunione: immensa rete di comunità, organismi e servizi. II. In riferimento alla promozione umana 5. Impegno contro l'esclusione sociale delle masse povere; 6. Sviluppo della cultura della vita, specialmente nell'ambito familiare e con riguardo all'ecologia; 7. Sforzo per un nuovo ordine sociale attraverso l'economia solidale, la politica democratica, l'integrazione del Continente. III. In riferimento alla cultura cristiana 8. Incarnazione del Vangelo nelle culture indigene e afroamericane; 9. Organizzazione della pastorale urbana, sfida principale della cultura moderna; 10. Valorizzazione dei mezzi di comunicazione sociale per l'evangelizzazione, la promozione umana e l'inculturazione. Un'altra pista per la recezione - e chiave di lettura del DF - può essere l'affrontare l'eredità centrale di Santo Domingo ( II Parte ) nella seguente prospettiva: cap. 1, il "cosa e come" si dovrebbe evangelizzare oggi in America Latina; cap. 2, il "cosa realizza" la Chiesa quando evangelizza ( forza profetica del Vangelo ai fini della promozione umana integrale ); cap. 3, il "come e a chi" annunciare il Vangelo, con particolare riguardo alle culture indigene e afroamericane - facendole interagire anche con la ribadita "opzione preferenziale" ( e cultura ) dei poveri -, ma non trascurando quelle urbane e postmoderne ( fortemente segnate dall'anticultura di morte ). Con il Messaggio ai popoli dell'America Latina e dei Caraibi, che in un certo senso conclude la fase testuale, in realtà comincia quella della recezione. Il cammino dei discepoli di Emmaus viene indicato come modello della nuova evangelizzazione. Gesù risorto si avvicina a tutti coloro che sono tristi lungo i sentieri della vita. Egli cammina con loro per farsi carico delle gioie e delle speranze, delle difficoltà e delle tristezze. "Oggi anche noi - affermano i vescovi - come Pastori della Chiesa in America Latina e nei Caraibi, fedeli al Divino Maestro, desideriamo imitare il suo atteggiamento di vicinanza e di sostegno a tutti i nostri fratelli e sorelle; proclamiamo il valore e la dignità di ogni persona e cerchiamo di illuminarne con la fede la storia, il cammino di ogni giorno. Questo è un elemento fondamentale della nuova evangelizzazione" ( n. 15 ). Antonio Palmese, SDB Piersandro Vanzan, SI Lettera del Santo Padre ai Vescovi diocesani dell'America Latina Ai Vescovi diocesani dell'America Latina. In occasione del V Centenario dell'evangelizzazione dell'America avevo convocato la IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano con lo scopo di studiare alla luce di Cristo, "lo stesso ieri, oggi e sempre" ( Eb 13,8 ), i grandi temi della Nuova Evangelizzazione, la Promozione Umana e la Cultura Cristiana. La Divina Provvidenza mi ha dato il conforto di poter inaugurare personalmente l'Assemblea a Santo Domingo, il 12 ottobre scorso. Il 28 dello stesso mese terminarono i lavori della Conferenza e i Presidenti della medesima mi trasmisero le Conclusioni elaborate dai Vescovi presenti. Con altissimo gradimento ho potuto constatare il profondo zelo pastorale con cui i miei fratelli nell'episcopato hanno esaminato i temi che avevo loro proposto per contribuire allo sviluppo della vita della Chiesa nell'America Latina, con lo sguardo rivolto al presente e al futuro. I testi conclusivi della Conferenza, di cui ho autorizzato la diffusione, potranno orientare adesso l'azione pastorale di ogni Vescovo diocesano dell'America Latina. Ogni Pastore diocesano, insieme ai presbiteri, "suoi collaboratori" ( Conc. Ecum. Vat. II, Lumen Gentium 28 ), e con gli altri membri della Chiesa particolare a lui affidata, farà il necessario discernimento, per vedere quello che sia più utile e urgente nella situazione particolare della sua diocesi. Un ampio consenso dei Vescovi delle Chiese particolari di uno stesso Paese potrà anche condurre a formule o piani pastorali comuni, sempre rispettosi dell'identità di ogni diocesi e dell'autorità pastorale che corrisponde al Vescovo, centro visibile di unità e, nello stesso tempo, vincolo gerarchico della Chiesa particolare con il Successore di Pietro e con la Chiesa universale ( Conc. Ecum. Vat. II, Lumen Gentium 3 ). Come è evidente, le Conclusioni della Conferenza di Santo Domingo dovranno essere analizzate alla luce del magistero della Chiesa universale e dovranno essere attuate in fedeltà alla disciplina canonica vigente. Da parte mia, confido che lo zelo pastorale dei Vescovi dell'America Latina porti tutte le Chiese particolari del continente ad un rinnovato impegno per la Nuova Evangelizzazione, la Promozione Umana e la Cultura Cristiana. Che Gesù Cristo, Nostro Signore, Evangelizzatore e Salvatore, sia oggi, come ieri e come sempre, il centro della vita della Chiesa. Che la Vergine Santissima, che stette sempre accanto al suo Divino Figlio, accompagni i Pastori e i fedeli nel loro pellegrinaggio verso il Signore. Giovanni Paolo II Vaticano, 10 novembre 1992, memoria di San Leone Magno, Papa e Dottore della Chiesa. Discorso inaugurale Cari fratelli nell'episcopato, amati sacerdoti, religiosi, religiose e laici. 1 Sotto la guida dello Spirito che abbiamo invocato con fervore affinché illumini i lavori di questa importante assemblea ecclesiale, inauguriamo la IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano, riponendo il nostro sguardo e il nostro cuore in Gesù Cristo, "lo stesso ieri, oggi e sempre". ( Eb 13,8 ) Egli è il principio e la fine, l'alfa e l'omega, ( Ap 21,6 ) la pienezza dell'evangelizzazione, "il primo e il più grande evangelizzatore. Lo è stato fino alla fine: fino alla perfezione e fino al sacrificio della sua vita terrena". In questo incontro ecclesiale sentiamo la presenza di Gesù Cristo, Signore della storia. In suo nome si sono riuniti i vescovi dell'America Latina nelle precedenti assemblee - Rio de Janeiro nel 1955, Medellin nel 1968, Puebla nel 1979 - e sempre nel suo nome siamo riuniti ora a Santo Domingo, per discutere il tema della "Nuova evangelizzazione, promozione umana, cultura cristiana", che racchiude i grandi problemi che, guardando al futuro, la Chiesa deve affrontare davanti alle nuove situazioni emergenti in America Latina e nel mondo. Questo è, cari fratelli, un momento di grazia per tutti noi e per la Chiesa in America. E, in realtà, lo è per la Chiesa universale, che ci accompagna con la sua preghiera, con questa comunione profonda dei cuori che lo Spirito Santo genera in tutti i mèmbri dell'unico corpo di Cristo. Momento di grazia e anche di grande responsabilità. Davanti ai nostri occhi si profila il terzo millennio. E se la Provvidenza ci ha convocati per ringraziare Dio per i cinquecento anni di fede e di vita cristiana nel continente americano, a maggior ragione possiamo dire che ci ha chiamati anche a un rinnovamento interiore e per "scrutare i segni dei tempi". ( Mt 16,3 ) In realtà, il richiamo alla nuova evangelizzazione è prima di tutto un richiamo alla conversione. Infatti, attraverso la testimonianza di una Chiesa sempre più fedele alla sua identità e più viva in tutte le sue manifestazioni, gli uomini e i popoli dell'America Latina, e di tutto il mondo, potranno continuare a incontrare Gesù Cristo, e in lui la verità della loro vocazione e della loro speranza, il cammino verso un'umanità migliore. Guardando a Cristo, "tenendo fisso lo sguardo su Gesù autore e perfezionatore della fede", ( Eb 12,2 ) seguiamo il sentiero tracciato dal concilio Vaticano II, della cui solenne inaugurazione proprio ieri ricorreva il XXX anniversario. Perciò, inaugurando questa grande assemblea, voglio ricordare le commoventi parole pronunciate dal mio venerato predecessore, il papa Paolo VI, all'apertura della II sessione conciliare: "Cristo! Cristo, nostro principio. Cristo, nostra vita e nostra guida. Cristo, nostra speranza e nostro termine… Nessun'altra luce sia librata su questa adunanza, che non sia Cristo, luce del mondo; nessun'altra verità interessi gli animi nostri, che non siano le parole del Signore, unico nostro Maestro; nessun'altra aspirazione ci guidi, che non sia il desiderio d'esser a lui assolutamente fedeli; nessun'altra fiducia ci sostenga, se non quella che francheggia, mediante la parola di lui, la nostra desolata debolezza…". Gesù Cristo ieri, oggi e sempre 2 Questa Conferenza si tiene per celebrare Gesù Cristo, per ringraziare Dio della sua presenza su queste terre dell'America, dove cinquecento anni fa incominciò a diffondersi il messaggio della salvezza. Si tiene per celebrare il radicamento della Chiesa, che durante questi cinque secoli, nel nuovo mondo, ha dato frutti così abbondanti di santità e di amore. Gesù Cristo è la verità eterna che si è manifestata nella pienezza dei tempi. E proprio per trasmettere a tutti i popoli la Buona Novella, ha fondato la sua Chiesa con la specifica missione di evangelizzare: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura". ( Mc 16,15 ) Si può dire che in queste parole è contenuto il solenne proclama dell'evangelizzazione. Così, dopo quel giorno in cui gli apostoli ricevettero lo Spirito Santo, la Chiesa incominciò il grande compito dell''evangelizzazione. San Paolo lo esprime con una frase lapidaria ed emblematica: "Evangelizare lesum Christum", "annunciare Gesù Cristo". ( Gal 1,16 ) Questo è quanto hanno fatto i discepoli del Signore in tutte le epoche e in tutto il mondo. 3 In questo singolare progresso, l'anno 1492 segna una data chiave. Infatti, il 12 ottobre - oggi ricorrono esattamente cinque secoli - l'ammiraglio Cristoforo Colombo, con le tre caravelle provenienti dalla Spagna, giunse in queste terre e su di esse piantò la croce di Cristo. L'evangelizzazione propriamente detta, senza dubbio, ebbe inizio con il secondo viaggio degli scopritori, accompagnati dai primi missionari. Incominciava così la semina del dono prezioso della fede. Come, quindi, non ringraziare Dio per questo, insieme a voi, cari fratelli vescovi, che oggi rendete presenti a Santo Domingo tutte le Chiese particolari dell'America Latina? Come non rendere grazie per i frutti copiosi nati dai semi piantati durante questi cinque secoli da tanti e tanto coraggiosi missionari! Con l'arrivo del Vangelo in America, si amplia la storia della salvezza, cresce la famiglia di Dio, si moltiplica "a gloria di Dio il numero di coloro che rendono grazie". ( 2 Cor 4,15 ) I popoli del Nuovo Mondo erano "popoli nuovi… completamente sconosciuti al Vecchio Mondo fino all'anno 1492", ma "conosciuti da Dio dall'inizio dei tempi e da lui abbracciati per sempre con quella paternità rivelata dal Figlio nella pienezza dei tempi ( Gal 4,4 ) ". Nei popoli dell'America, Dio ha scelto un nuovo popolo, lo ha inserito nel suo disegno di redenzione, lo ha reso partecipe del suo Spirito. Mediante l'evangelizzazione e la fede in Cristo, Dio ha rinnovato la sua alleanza con l'America Latina. Rendiamo grazie a Dio, inoltre, per il gran numero di evangelizzatori che hanno lasciato la loro patria e hanno dato la loro vita per seminare nel nuovo mondo la vita nuova della fede, la speranza e l'amore. Non erano spinti dalla leggenda dell'El Dorado, ne da interessi personali, ma dal sollecito richiamo a evangelizzare quei fratelli che ancora non conoscevano Gesù Cristo. Essi annunciarono "la bontà di Dio, Salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini" ( Tt 3,4 ) a popolazioni che sacrificavano agli dei perfino vittime umane. Essi testimoniarono, con la vita e le parole, l'umanità che scaturisce dall'incontro con Cristo. Grazie alla loro testimonianza e alla loro predicazione, il numero di uomini e donne che si aprivano alla grazia di Cristo si moltiplicò: "Come le stelle del cielo e come la sabbia innumerevole che si trova sulla spiaggia del mare". ( Eb 11,12 ) 4 Fin dai primordi dell'evangelizzazione, la Chiesa cattolica, animata dalla fedeltà allo Spirito di Cristo, ha difeso strenuamente gli indios, proteggendo i valori contenuti nella loro cultura, facendosi promotrice di umanità di fronte agli abusi di colonizzatori spesso senza scrupoli. La denuncia delle ingiustizie e dei maltrattamenti a opera di Montesinos, di Las Casas, di Córdoba, di fra Juan del Valle e di tanti altri, è stata come un grido prolungato da cui è scaturita una legislazione ispirata al riconoscimento del valore sacro della persona. La coscienza cristiana affiorava con profetico coraggio in quella cattedra di dignità e di libertà che fu, all'Università di Salamanca, la Scuola di F. da Viteria, e in tanti illustri difensori degli indigeni, sia in Spagna che in America Latina. Nomi ben conosciuti e ricordati con ammirazione e gratitudine in occasione del V Centenario. Per quel che mi riguarda, e per definire i contorni della verità storica ponendo in rilievo le radici cristiane e l'identità cattolica del continente, ho suggerito di realizzare un simposio internazionale sulla storia dell'evangelizzazione dell'America, organizzato dalla Pontificia Commissione per l'America Latina. I dati storici indicano che fu compiuta una valida, feconda e ammirevole opera evangelizzatrice e che, tramite questa, la verità su Dio e sull'uomo giunse in America a un punto tale che, di fatto, l'evangelizzazione stessa divenne una sorta di banco d'accusa per i responsabili di simili abusi. Della fecondità del seme del Vangelo, depositato in queste terre benedette, ho potuto essere testimone durante i viaggi apostolici che il Signore mi ha concesso di effettuare presso le vostre Chiese particolari. Come non manifestare apertamente a Dio la mia calorosa gratitudine, per aver potuto conoscere da vicino la realtà viva della Chiesa in America Latina! Nei miei viaggi sul continente, come pure durante le vostre visite ad limina e altri incontri - che hanno rafforzato i legami della collegialità episcopale e la corresponsabilità nella sollecitudine pastorale per tutta la Chiesa - ho potuto verificare ripetutamente il rigoglio della fede delle vostre comunità ecclesiali e contemporaneamente misurare la mole delle sfide che si pongono alla Chiesa, indissolubilmente legata alla sorte dei popoli del continente. 5 L'attuale Conferenza generale si svolge per tracciare le linee maestre di un'azione evangelizzatrice che ponga Cristo nel cuore e sulle labbra di tutti i latinoamericani. Questo è il nostro compito: far sì che la verità su Cristo e sull'uomo penetri sempre più profondamente in tutti gli strati della società e la trasformino. Nelle sue deliberazioni e conclusioni, questa Conferenza deve saper coniugare i tre elementi dottrinali e pastorali che costituiscono le tre coordinate della nuova evangelizzazione: cristologia, ecclesiologia e antropologia. Sostenuti da una profonda e solida cristologia, basati su una sana antropologia e in possesso di una chiara e corretta visione ecclesiologica, si devono affrontare le sfide che oggi si pongono di fronte all'azione evangelizzatrice della Chiesa in America. Proseguendo, desidero fare insieme a voi alcune riflessioni che, secondo l'indicazione del tema della Conferenza e come segno di profonda comunione e corresponsabilità ecclesiale, vi aiutino nel vostro ministero di pastori generosamente consacrati al gregge che il Signore vi ha affidato. Si tratta di indicare alcune priorità dottrinali e pastorali partendo dalla prospettiva della nuova evangelizzazione. Nuova evangelizzazione 6 La nuova evangelizzazione è l'idea centrale di tutta la tematica di questa Conferenza. Fin dal mio incontro ad Haiti con i vescovi del CELAM nel 1983, ho dato particolare rilievo a questa espressione, per risvegliare in questo modo un nuovo fervore e nuove proposte evangelizzatrici in America e nel mondo intero. Tutto questo per dare all'azione pastorale "uno slancio nuovo capace di creare, in una chiesa ancor più radicata nella forza e nella potenza perenne della Pentecoste, nuovi tempi d'evangelizzazione". La nuova evangelizzazione non consiste in un "nuovo Vangelo", che deriverebbe sempre da noi stessi, dalla nostra cultura, dalla nostra analisi delle necessità dell'uomo. Perché questo non sarebbe "Vangelo", ma pura invenzione umana e non vi sarebbe in esso salvezza. Ne si tratta di tagliare fuori dal Vangelo tutto ciò che sembra difficilmente assimilabile alla mentalità odierna. Non è la cultura la misura del Vangelo, ma è Gesù Cristo la misura di ogni cultura e di ogni azione umana. No, la nuova evangelizzazione non nasce dal desiderio di "piacere agli uomini" o di "guadagnare il loro favore", ( Gal 1,10 ) ma dalla responsabilità verso il dono che Dio ci ha fatto in Cristo, nel quale abbiamo accesso alla verità su Dio e sull'uomo, e alla possibilità della vita autentica. La nuova evangelizzazione ha, come punto di partenza, la certezza che in Cristo c'è un'"imperscrutabile ricchezza", ( Ef 3,8 ) che nessuna cultura ne epoca alcuna possono esaurire e alla quale possiamo sempre ricorrere noi uomini per arricchirci. Questa ricchezza è, innanzitutto, Cristo stesso, la sua persona, perché egli è la nostra salvezza. Noi uomini, di qualsiasi epoca e cultura, osiamo, avvicinandoci a lui attraverso la fede e l'incorporazione al suo corpo che è la Chiesa, trovare risposte a queste domande, sempre antiche e sempre nuove, con le quali affrontiamo il mistero della nostra esistenza, e che portiamo indelebilmente impresse nel nostro cuore fin dalla creazione e dalla ferita del peccato. 7 La novità non riguarda il contenuto del messaggio evangelico che è immutabile, poiché Cristo è "lo stesso ieri, oggi e sempre…". Per questo, il Vangelo deve essere predicato in piena fedeltà e purezza, così come è stato custodito e trasmesso dalla tradizione della Chiesa. Evangelizzare significa annunciare una persona, che è Cristo. Infatti, "non c'è vera evangelizzazione se il nome, l'insegnamento, la vita, le promesse, il regno, il mistero di Gesù di Nazaret, Figlio di Dio, non siano proclamati". Per questo, le cristologie riduttive, delle quali ho, in diverse occasioni, segnalato le devianze, non possono essere accettate come strumenti della nuova evangelizzazione. Nell'evangelizzazione, l'unità della fede della Chiesa deve risplendere non solo nel magistero autentico dei vescovi, ma anche nel servizio alla verità da parte dei pastori di anime, dei teologi, dei catechisti e di tutti coloro che sono impegnati nella proclamazione e nella predicazione della fede. A questo proposito, la Chiesa sollecita, ammira e rispetta la vocazione del teologo, la cui "funzione consiste nel giungere a una comprensione sempre più approfondita della parola di Dio contenuta nella Scrittura ispirata e tramandata dalla tradizione viva della Chiesa". Questa vocazione, nobile e necessaria, sorge dentro la Chiesa e presuppone la condizione di credente nel teologo stesso, con un atteggiamento di fede che egli stesso deve testimoniare all'interno della comunità. "La retta coscienza del teologo cattolico presuppone di conseguenza la fede nella parola di Dio… l'amore alla Chiesa dalla quale ha ricevuto la sua missione e il rispetto al magistero assistito da Dio". La teologia è chiamata, quindi, a prestare un grande servizio all'evangelizzazione. 8 Certamente la verità ci rende liberi. ( Gv 8,32 ) Ma non possiamo fare a meno di costatare che esistono posizioni inaccettabili su che cosa è la verità, la libertà, la coscienza. Si giunge persino a giustificare il dissenso facendo ricorso "al pluralismo teologico, portato a volte fino a un relativismo che mette in pericolo l'integrità della fede". Non mancano coloro che pensano che "i documenti del magistero non sarebbero altro che il riflesso di una teologia opinabile" e "sorge così una specie di "magistero parallelo" dei teologi, in opposizione e rivalità con il magistero autentico". D'altra parte, non possiamo tacere il fatto che gli atteggiamenti di sistematica opposizione alla Chiesa, che arrivano perfino a costituirsi in gruppi organizzati, la contestazione e la discordia, così come causano gravi inconvenienti alla comunione della Chiesa, costituiscono anche un ostacolo all'evangelizzazione. La professione di fede "Gesù Cristo ieri, oggi e sempre" della Lettera agli Ebrei - che è come lo scenario del tema di questa IV Conferenza - ci porta a ricordare le parole del versetto successivo: "Non lasciatevi sviare da dottrine diverse e peregrino". ( Eb 13,9 ) Voi, amati pastori, dovete vegliare soprattutto sulla fede della gente semplice che, altrimenti, si vedrà disorientata e confusa. 9 Tutti gli evangelizzatori devono prestare un'attenzione speciale alla catechesi. All'inizio del mio pontificato ho voluto dare un nuovo impulso a quest'opera pastorale attraverso l'Esortazione apostolica Catechesi tradendae, e recentemente ho approvato il Catechismo della Chiesa Cattolica, che presento come il migliore dono che la Chiesa può elargire ai suoi vescovi e a tutto il popolo di Dio. Si tratta di un prezioso strumento per la nuova evangelizzazione in cui si riassume tutta la dottrina che la Chiesa deve insegnare. Confido allo stesso modo nel fatto che il movimento biblico continui a espletare la sua benefica opera in America Latina e che le sacre Scritture arricchiscano sempre più la vita dei fedeli, per cui si rende indispensabile che gli operatori pastorali approfondiscano instancabilmente la parola di Dio, vivendola e trasmettendola agli altri con fedeltà, vale a dire: "tenuto debito conto della viva tradizione di tutta la chiesa e dell'analogia della fede". Allo stesso modo, il movimento liturgico deve dare un rinnovato impulso al vivere intimamente i misteri della nostra fede portando all'incontro con Cristo risorto nella liturgia della Chiesa. È nella celebrazione della Parola e dei sacramenti, soprattutto nell'Eucaristia, culmine e fonte della vita della Chiesa e di tutta l'evangelizzazione, che si realizza il nostro incontro salvifico con Cristo, al quale ci uniamo misticamente per formare la sua Chiesa. Per questo motivo vi esorto a dare un nuovo impulso alla celebrazione degna, viva e partecipata delle assemblee liturgiche, con quel profondo senso della fede e della contemplazione dei misteri della salvezza, tanto radicato nei vostri popoli. 10 La novità dell'azione evangelizzatrice che abbiamo citato riguarda l'atteggiamento, lo stile, lo sforzo e la programmazione o, come ho proposto ad Haiti, l'ardore, i metodi e l'espressione. Un'evangelizzazione nuova nel suo ardore presuppone una solida fede, un'intensa carità pastorale e una grande fedeltà, che, sotto l'azione dello Spirito, generino una musica, un incontenibile entusiasmo nel compito di annunciare il Vangelo. Nel linguaggio neotestamentario è la parresia che infiamma il cuore dell'apostolo. ( At 5,28-29 ) Questa parresia deve essere anche il segno del vostro apostolato in America. Niente può farvi tacere, perché siete araldi della verità. La verità di Cristo deve illuminare le menti e i cuori con l'attiva, instancabile e pubblica proclamazione dei valori cristiani. D'altro canto, i nuovi tempi esigono che il messaggio cristiano arrivi all'uomo di oggi attraverso nuovi metodi di apostolato, e che sia espresso in un linguaggio e in forme accessibili all'uomo latinoamericano, bisognoso di Cristo e assetato di Vangelo: come rendere accessibile, penetrante, valida e profonda la risposta all'uomo di oggi, senza per nulla alterare o modificare il contenuto del messaggio evangelico? Come arrivare al cuore della cultura che vogliamo evangelizzare? Come parlare di Dio in un mondo nel quale è presente un crescente processo di secolarizzazione? 11 Come avete manifestato durante gli incontri e le conversazioni che abbiamo avuto in questi anni, sia a Roma sia durante le mie visite alle vostre Chiese particolari, oggi la fede semplice dei vostri popoli subisce l'attacco della secolarizzazione, con il conseguente indebolimento dei valori religiosi e morali. Negli ambienti urbani cresce una modalità culturale, che facendo affidamento soltanto sulla scienza e sui progressi della tecnica, si presenta ostile alla fede. Si trasmettono alcuni "modelli" di vita in contrasto con i valori del Vangelo. Sotto la pressione del secolarismo, si arriva a presentare la fede come se fosse una minaccia alla libertà e all'autonomia dell'uomo. Inoltre, non possiamo dimenticare quello che la storia recente ha dimostrato, cioè che quando, al riparo di certe ideologie, si negano la verità su Dio e la verità sull'uomo, diventa impossibile costruire una società dal volto umano. Con la caduta dei regimi del cosiddetto "socialismo reale" nell'Europa orientale c'è da sperare che anche in questo continente si traggano le deduzioni pertinenti in relazione all'effimero valore di tali ideologie. La crisi del collettivismo marxista non ha avuto solo radici economiche, come ho sottolineato nell'Enciclica Centesimus annus, perché la verità sull'uomo è intima e necessariamente legata alla verità su Dio. La nuova evangelizzazione deve fornire, dunque, una risposta integrale, pronta, agile, che renda più forte la fede cattolica nelle sue verità fondamentali e nelle sue dimensioni individuali, familiari e sociali. 12 Seguendo l'esempio del buon pastore dovete pascere il gregge che vi è stato affidato e difenderlo dai lupi voraci. Causa di divisione e discordia nelle vostre comunità ecclesiali sono - lo sapete bene - le sette e i movimenti "pseudo-spirituali" di cui parla il Documento di Puebla e la cui diffusione e aggressività urge affrontare. Come molti di voi hanno segnalato, la crescita delle sette pone in rilievo un vuoto pastorale, la cui causa, il più delle volte, è assenza di formazione, cosa che mina l'identità cristiana e fa sì che grandi masse di cattolici privi di un'adeguata istruzione religiosa - tra le altre ragioni, per mancanza di sacerdoti -, siano lasciati in balia di campagne di proselitismo settario molto attive. Tuttavia può anche succedere che i fedeli non trovino negli operatori della pastorale quel forte senso di Dio che essi invece dovrebbero trasmettere attraverso la loro vita. "Tali situazioni possono essere causa del fatto che molte persone povere e semplici - come purtroppo sta accadendo - siano facile preda delle sette, nelle quali ricercano un senso religioso della vita che forse non trovano in coloro che invece dovrebbero offrirlo a piene mani". Inoltre, non si può dar credito a una certa strategia, il cui obiettivo è quello di indebolire i vincoli che uniscono i paesi dell'America Latina e di minare così le forze che nascono dall'unità. Con questo obiettivo importanti risorse economiche vengono impegnate per sovvenzionare campagne di proselitismo, che cercano di sgretolare l'unità dei cattolici. Al preoccupante fenomeno delle sette bisogna reagire con un'azione pastorale che ponga al centro di tutto la persona, la sua dimensione comunitaria e il suo anelito a un rapporto personale con Dio. È un fatto che là dove la presenza della Chiesa è dinamica, come nel caso delle parrocchie in cui si impartisce un'assidua catechesi sulla parola di Dio, là dove esistono una liturgia attiva e partecipata, una solida pietà mariana, un'effettiva solidarietà nel campo sociale, una forte sollecitudine pastorale per la famiglia, per i giovani e per i malati, vediamo che le sette o i movimenti para-religiosi non riescono ad attecchire o a svilupparsi. La radicata religiosità popolare dei vostri fedeli con i suoi straordinari valori della fede e della pietà, del sacrificio e della solidarietà adeguatamente evangelizzata e gioiosamente celebrata, orientata intorno ai misteri di Cristo e della Vergine Maria, può essere, per le sue radici essenzialmente cattoliche, un antidoto contro le sette e una garanzia di fedeltà al messaggio della salvezza. Promozione umana 13 Dal momento che la Chiesa è consapevole del fatto che l'uomo - non l'uomo astratto, ma l'uomo concreto e storico - "è la prima strada che la Chiesa deve percorrere nel compito della sua missione", la promozione umana deve essere la conseguenza logica dell'evangelizzazione, che tende alla liberazione integrale della persona. Guardando a quest'uomo concreto, voi pastori della Chiesa osservate la difficile e delicata realtà sociale che attraversa oggi l'America Latina, ove grandi settori della popolazione vivono nella povertà e nell'emarginazione. Per questo, solidali con il grido dei poveri, vi sentite chiamati ad assumere il ruolo del buon samaritano, ( Lc 10,25-27 ) poiché l'amore di Dio si dimostra attraverso l'amore per la persona umana. Così ce lo ricorda l'apostolo Giacomo con quelle severe parole: "Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e non hanno il pane quotidiano, e qualcuno di voi dice loro: "Andate in pace, riscaldatevi e saziatevi", ma non da loro il necessario per il corpo, a cosa serve?". ( Gc 2,15-16 ) La sollecitudine per il sociale "fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa" ed è anche "parte essenziale del messaggio cristiano, perché tale dottrina ne propone le dirette conseguenze nella vita della società e inquadra il lavoro quotidiano e le lotte per la giustizia nella testimonianza a Cristo Salvatore". Come afferma il Vaticano II nella Costituzione pastorale Gaudium et spes, il problema della promozione umana non può essere considerato al di fuori del rapporto dell'uomo con Dio. Infatti, contrapporre la promozione autenticamente umana e il progetto di Dio sull'umanità è una grave distorsione, frutto di una certa mentalità di ispirazione secolarista. La genuina promozione umana deve rispettare sempre la verità su Dio e la verità sull'uomo, i diritti di Dio e i diritti dell'uomo. 14 Voi, amati pastori, conoscete da vicino la triste situazione di tanti fratelli cui manca il necessario per condurre una vita autenticamente umana. Nonostante i progressi registrati in alcuni campi, il fenomeno della povertà continua a esistere ed è addirittura in aumento. I problemi si aggravano con la perdita del potere di acquisto del denaro, a causa dell'inflazione, a volte incontrollabile, e del peggioramento dei termini di scambio con la conseguente diminuzione dei prezzi di alcune materie prime e con il peso insopportabile del debito internazionale da cui derivano gravissime conseguenze sociali. La situazione si fa sempre più dolorosa con il grave problema della crescente disoccupazione, che non permette di portare a casa il pane e impedisce di possedere altri beni fondamentali. Avvertendo profondamente la gravita di questa situazione, non ho smesso di rivolgere pressanti appelli per un'attiva, giusta e urgente solidarietà internazionale. Questo è un dovere di giustizia che riguarda tutta l'umanità, ma soprattutto i paesi ricchi che non possono eludere la propria responsabilità nei confronti dei paesi in via di sviluppo. Questa solidarietà è un'esigenza del bene comune universale che deve essere rispettato da tutti i componenti della famiglia umana. 15 Il mondo non può sentirsi tranquillo e soddisfatto dinanzi alla situazione caotica e sconcertante che si presenta ai nostri occhi: nazioni, settori della popolazione, famiglie e singole persone sempre più ricche in confronto a popoli, famiglie e moltitudini di persone sprofondate nella povertà, vittime della fame e delle malattie, bisognose di una degna dimora, di servizi sanitari, di accesso alla cultura. Tutto ciò è la testimonianza eloquente di un disordine reale e di un'ingiustizia istituzionalizzata, cui si aggiungono a volte il ritardo nel prendere le misure necessarie, la passività e l'imprudenza, se non addirittura la trasgressione dei principi etici nell'esercizio delle funzioni amministrative, come nel caso della corruzione. Dinanzi a tutto questo, si impone un "cambiamento di mentalità, di comportamento e di strutture", per superare il divario esistente fra paesi ricchi e paesi poveri, come pure le profonde differenze esistenti fra i cittadini di uno stesso paese. In breve: occorre far valere il nuovo ideale di solidarietà di fronte all'effimera sete di potere. D'altra parte, è fallace e inaccettabile la soluzione che propugna la riduzione dell'incremento demografico senza preoccuparsi dei mezzi impiegati per ottenerlo. Non si tratta di ridurre a ogni costo il numero degli invitati alla mensa della vita; ciò che occorre è potenziare le possibilità e distribuire con maggiore giustizia le ricchezze affinché tutti possano partecipare equamente ai beni del creato. Occorre cercare soluzioni a livello mondiale, instaurando un'autentica economia di comunione e condivisione dei beni, sia sul piano internazionale che su quello nazionale. A questo proposito un fattore determinante che può notevolmente contribuire a superare i gravi problemi che oggi affliggono questo continente è l'integrazione latinoamericana. Costituisce una grande responsabilità dei governanti il favorire il già intrapreso processo di integrazione di alcuni popoli che la geografia stessa, la fede cristiana, la lingua e la cultura hanno unito definitivamente nel cammino della storia. 16 In continuità con le Conferenze di Medellin e di Puebla, la Chiesa ribadisce l'opzione preferenziale per i poveri. Un'opzione che non è esclusiva ne escludente, poiché il messaggio della salvezza è destinato a tutti. "Un'opzione, inoltre, basata essenzialmente sulla parola di Dio e non su criteri apportati da scienze umane o ideologie contrapposte, che frequentemente riducono i poveri a categorie socio-politiche o economiche astratte. Un'opzione però decisa e irrevocabile". Come afferma il Documento di Puebla, "avvicinandoci al povero per assimilarci a lui e per servirlo, facciamo quello che Cristo ci insegnò facendosi nostro fratello, povero come noi. Perciò il servizio ai poveri è la misura privilegiata, anche se non esclusiva, della nostra sequela di Cristo. Il miglior servizio al fratello è l'evangelizzazione che lo dispone a realizzarsi come figlio di Dio, lo libera dalle ingiustizie e lo promuove integralmente". Questi criteri evangelici di servizio ai bisognosi eviteranno qualsiasi tentazione di connivenza con i responsabili delle cause della povertà, o pericolose deviazioni ideologiche, incompatibili con la dottrina e la missione della Chiesa. La genuina prassi della liberazione deve essere sempre ispirata alla dottrina della Chiesa secondo quanto esposto nelle istruzioni della Congregazione per la Dottrina della Fede, che devono essere tenute in considerazione quando si affronta il tema delle teologie della liberazione. D'altra parte, la Chiesa non può in alcun modo lasciarsi strappare da nessuna ideologia o corrente politica la bandiera della giustizia, che è una delle prime esigenze del Vangelo e, allo stesso tempo, frutto della venuta del regno di Dio. 17 Come già segnalato dalla Conferenza di Puebla, vi sono gruppi umani particolarmente sommersi dalla povertà; è il caso degli indios. Ad essi, e anche agli afroamericani, ho voluto rivolgere uno speciale messaggio di solidarietà e vicinanza, che consegnerò domani a un gruppo di rappresentanti delle loro rispettive comunità. Come gesto di solidarietà, la Santa Sede ha recentemente istituito la Fondazione Populorum progressio, che dispone di un fondo di aiuti a favore dei contadini, degli indios e degli altri gruppi umani del settore rurale particolarmente bisognosi in America Latina. Su questa stessa linea di sollecitudine pastorale per le categorie sociali più bisognose, questa Conferenza generale potrebbe esaminare la possibilità che, in un futuro non lontano, si possa celebrare un incontro di rappresentanti degli episcopati di tutto il continente americano - che possa anche avere un carattere sinodale - al fine di promuovere la cooperazione fra le diverse Chiese particolari nei diversi campi dell'azione pastorale e in cui, nell'ambito della nuova evangelizzazione e quale espressione di comunione, vengano affrontati anche i problemi relativi alla giustizia e alla solidarietà fra tutte le nazioni dell'America. La Chiesa, ormai alle porte del terzo millennio cristiano e in un'epoca in cui sono cadute molte barriere e frontiere ideologiche, avverte come un dovere ineludibile l'unire spiritualmente in modo ancora maggiore tutti i popoli che formano questo grande continente e, allo stesso tempo, partendo dalla missione religiosa, che le è propria, il promuovere uno spirito di solidarietà fra di essi, che permetta, in modo particolare, di trovare le vie per la soluzione delle drammatiche situazioni di ampi settori di popolazione che aspirano a un legittimo progresso integrale e a condizioni di vita più giuste e degne. 18 Non vi è autentica promozione umana, vera liberazione, ne opzione preferenziale per i poveri, se non si parte dai fondamenti stessi della dignità della persona e dell'ambiente in cui essa deve svilupparsi, secondo il disegno del Creatore. Per questo, fra i temi e le opzioni che richiedono tutta l'attenzione della Chiesa non posso fare a meno di ricordare quelli della famiglia e della vita: due realtà che vanno strettamente unite, poiché "la famiglia è come il santuario della vita". Infatti, "l'avvenire dell'umanità passa attraverso la famiglia! È dunque, indispensabile e urgente che ogni uomo di buona volontà si impegni a salvare e a promuovere i valori e le esigenze della famiglia". Nonostante i problemi che ai nostri giorni insidiano il matrimonio e l'istituzione familiare, quest'ultima, in quanto "prima e vitale cellula della società", può generare grandi energie che sono necessarie per il bene dell'umanità. Per questo, occorre "annunciare con gioia e convinzione la "Buona Novella" sulla famiglia". Bisogna annunciarla qui, in America Latina, dove, insieme alla stima che si nutre per la famiglia, proliferano purtroppo anche le unioni consensuali libere. Dinanzi a questo fenomeno e dinanzi alle crescenti pressioni divorziste urge promuovere misure adeguate a favore del nucleo familiare, in primo luogo per garantire l'unione di vita e l'amore stabile all'interno del matrimonio, secondo il piano di Dio, così come un'idonea educazione dei figli. In stretta connessione con i problemi segnalati si trova il grave fenomeno dei bambini che vivono permanentemente nelle strade delle grandi città latinoamericane, minati dalla fame e dalle malattie, senza nessuna protezione, esposti a tanti pericoli, fra i quali la droga e la prostituzione. Ecco un altro problema che deve toccare la vostra sollecitudine pastorale ricordando le parole di Gesù: "Lasciate che i bambini vengano a me". ( Mt 19,14 ) La vita, dal suo concepimento nel grembo materno fino alla sua conclusione naturale, deve essere difesa con fermezza e coraggio. È necessario, quindi, creare in America una cultura della vita che contrasti l'anticultura della morte, che - attraverso l'aborto, l'eutanasia, la guerra, la guerriglia, il sequestro, il terrorismo e altre forme di violenza o di sfruttamento-- tenta di prevalere in alcune nazioni. In questa visione di attentati alla vita occupa un posto di primaria importanza il narcotraffico, che gli organi competenti devono contrastare con tutti i mezzi leciti a disposizione. 19 Chi ci libererà da questi segni di morte? L'esperienza del mondo contemporaneo ha dimostrato sempre più che le ideologie sono incapaci di sconfiggere il male che tiene l'uomo in schiavitù. L'unico che può liberare da questo male è Cristo. Nel celebrare il V Centenario dell'evangelizzazione, rivolgiamo lo sguardo, commossi, a quel momento di grazia in cui Cristo ci è stato donato una volta per sempre. La dolorosa situazione di tante sorelle e fratelli latinoamericani non ci porta alla disperazione. Al contrario, rende più urgente il compito che la Chiesa ha dinanzi a sé: ravvivare nel cuore di ogni battezzato la grazia ricevuta. " Ti ricordo - scriveva san Paolo a Timoteo - di ravvivare il dono di Dio che è in te ". ( 2 Tm 1,6 ) Così come dall'accoglienza dello Spirito durante la Pentecoste è nato il popolo della nuova alleanza, solo questa accoglienza farà sorgere un popolo in grado di generare uomini rinnovati e liberi, consapevoli della propria dignità. Non possiamo dimenticare che la promozione integrale dell'uomo è di fondamentale importanza per lo sviluppo dei popoli dell'America Latina. Poiché "lo sviluppo di un popolo non deriva primariamente ne dal denaro, ne dagli aiuti materiali, ne dalle strutture tecniche, bensì dalla formazione delle coscienze, dalla maturazione delle mentalità e dei costumi. È l'uomo il protagonista dello sviluppo, non il denaro o la tecnica". La maggiore ricchezza dell'America Latina è la sua gente. La Chiesa, " risvegliando le coscienze col Vangelo ", contribuisce a suscitare le energie sonnolente per renderle pronte a collaborare alla costruzione di una nuova civiltà. Cultura cristiana 20 Anche se il Vangelo non si identifica con nessuna cultura in particolare, deve però ispirarle tutte, per trasformarle in tal modo dal di dentro, arricchendole con i valori cristiani che derivano dalla fede. In verità, l'evangelizzazione delle culture rappresenta la forma più profonda e globale di evangelizzare una società, poiché attraverso di essa il messaggio di Cristo penetra nelle coscienze delle persone e si proietta nell'ethos di un popolo, nelle sue attività vitali, nelle sue istituzioni e in tutte le strutture. Il tema "cultura" è stato oggetto di particolare studio e riflessione da parte del CELAM negli ultimi tre anni. Anche la Chiesa tutta rivolge la sua attenzione a questa importante materia "poiché la nuova evangelizzazione deve proiettarsi sulla cultura "del futuro", su tutte le culture, comprese le culture, indigene". Annunciare Gesù Cristo in tutte le culture è la preoccupazione centrale della Chiesa e oggetto della sua missione. Ai nostri giorni, ciò esige in primo luogo il discernimento delle culture come realtà umana da evangelizzare, e di conseguenza, l'urgenza di un nuovo tipo di collaborazione fra tutti i responsabili dell'opera di evangelizzazione. 21 Ai nostri giorni si percepisce una crisi culturale di proporzioni insospettate. Senza dubbio, il substrato culturale di oggi presenta un buon numero di valori positivi, molti dei quali sono frutto dell'evangelizzazione; ma allo stesso tempo esso ha eliminato valori religiosi fondamentali e ha introdotto concezioni ingannevoli che non sono accettabili dal punto di vista cristiano. L'assenza di quei valori cristiani fondamentali nella cultura della modernità non solo ha offuscato la dimensione del trascendente, portando molte persone all'indifferentismo religioso - anche in America Latina - ma è allo stesso tempo causa determinante della disillusione sociale in cui è maturata la crisi di questa cultura. Seguendo l'autonomia introdotta dal razionalismo, oggi si tende a basare i valori soprattutto su consensi sociali soggettivi che, non di rado, portano a posizioni contrarie persino all'etica naturale stessa. Si pensi al dramma dell'aborto, agli abusi nell'ingegneria genetica e agli attacchi alla vita e alla dignità della persona. Di fronte alla pluralità di opzioni che oggi si presentano, si richiede un profondo rinnovamento pastorale mediante il discernimento evangelico sui valori dominanti, sugli atteggiamenti e i comportamenti collettivi che spesso rappresentano un fattore decisivo per optare sia per il bene che per il male. Ai nostri giorni si rende necessario uno sforzo e una sensibilità speciale per inculturare il messaggio di Gesù, per far sì che i valori cristiani possano trasformare i diversi nuclei culturali, purificandoli, se necessario, e rendendo possibile il consolidarsi di una cultura cristiana che rinnovi, amplii e unifichi i valori storici passati e presenti per rispondere così in modo adeguato alle sfide del nostro tempo. Una di queste sfide all'evangelizzazione è quella di intensificare il dialogo fra le scienze e la fede, al fine di creare un vero umanesimo cristiano. Si tratta di dimostrare che la scienza e la tecnica contribuiscono alla civilizzazione e all'umanizzazione del mondo nella misura in cui sono permeate dalla saggezza di Dio. A questo proposito desidero incoraggiare vivamente le università e i centri di studi superiori, specialmente quelli che dipendono dalla Chiesa, a rinnovare il loro impegno nel dialogo fra fede e scienza. 22 La Chiesa guarda con preoccupazione alla frattura esistente fra i valori evangelici e le culture moderne, poiché queste corrono il rischio di rinchiudersi in se stesse in una sorta di involuzione agnostica e priva di riferimento alla dimensione morale. A questo proposito, conservano pieno vigore quelle parole di papa Paolo VI: "La rottura tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca, come lo fu anche di altre. Occorre quindi fare tutti gli sforzi in vista di una generosa evangelizzazione della cultura, più esattamente delle culture. Esse devono essere rigenerate mediante l'incontro con la Buona Novella". La Chiesa, che considera l'uomo come suo "cammino", deve saper dare una risposta adeguata all'attuale crisi della cultura. Di fronte al complesso fenomeno della modernità, è necessario dar vita a un'alternativa culturale pienamente cristiana. Se la vera cultura è quella che esprime i valori universali della persona, chi può proiettare più luce sulla realtà dell'uomo, sulla sua dignità e ragion d'essere, sulla sua libertà e sul suo destino, se non il Vangelo di Cristo? In questo evento storico dei cinquecento anni dell'evangelizzazione dei vostri popoli, vi esorto quindi, cari fratelli, affinché, con l'ardore della nuova evangelizzazione, animati dallo Spirito del Signore Gesù, rendiate presente la Chiesa nel crocevia culturale della nostra epoca, per permeare di valori cristiani le radici stesse della cultura "del futuro" e di tutte le culture già esistenti. A questo riguardo, dovrete prestare una particolare attenzione alle culture indigene e afroamericane, assimilando e ponendo in risalto tutto ciò che vi è in esse di profondamente umano e umanizzante. La loro visione della vita, che riconosce la sacralità dell'essere umano, il loro profondo rispetto per la natura, l'umiltà, la semplicità, la solidarietà sono valori che devono stimolare lo sforzo per compiere l'inculturazione di un'autentica evangelizzazione che sia anche promotrice di progresso e che porti sempre più all'adorazione di Dio "in spirito e verità". ( Gv 4,23 ) Ma il riconoscimento di tali valori non ci esime dal proclamare in ogni momento che "Cristo è l'unico Salvatore di tutti, colui che solo è in grado di rivelare Dio e di condurre a Dio". "L'evangelizzazione della cultura costituisce uno sforzo per comprendere le mentalità e gli atteggiamenti del mondo attuale e illuminarli a partire dal Vangelo. È la volontà di giungere a tutti i livelli della vita umana per renderla più degna". Ma questo sforzo di comprensione e illuminazione dev'essere sempre accompagnato dall'annuncio della Buona Novella in modo che la penetrazione del Vangelo nelle culture non sia un semplice adeguamento esteriore, bensì "un processo profondo e globale che investe sia il messaggio cristiano, sia la riflessione e la prassi della Chiesa", rispettando sempre le caratteristiche e l'integrità della fede. 23 Poiché la comunicazione fra le persone costituisce un importante elemento generatore di cultura, i moderni mezzi di comunicazione sociale rivestono in questo campo un'importanza di prim'ordine. Intensificare la presenza della Chiesa nel mondo della comunicazione deve essere certamente una delle vostre priorità. Mi tornano alla mente le importanti parole del mio venerato predecessore papa Paolo VI: "La Chiesa si sentirebbe colpevole di fronte al suo Signore se non adoperasse questi potenti mezzi che l'intelligenza umana rende ogni giorno più perfezionati". D'altra parte, bisogna vigilare anche sull'uso dei mezzi di comunicazione sociale nell'educazione della fede e nella diffusione della cultura religiosa. Una responsabilità che grava soprattutto sulle case editrici dipendenti da istituzioni cattoliche, che devono "essere oggetto di particolare sollecitudine da parte degli ordinari del luogo, affinché le loro pubblicazioni siano sempre conformi alla dottrina della Chiesa e contribuiscano efficacemente al bene delle anime". Esempi di inculturazione del Vangelo sono costituiti anche da certe manifestazioni socio-culturali che stanno sorgendo in difesa dell'uomo e del suo ambiente e che devono essere illuminate dalla luce della fede. È il caso del movimento ecologista a favore del rispetto per la natura e contro lo sfruttamento disorganizzato delle sue risorse, con il conseguente degrado della qualità della vita. La convinzione che "Dio ha destinato la terra e tutto quello che essa contiene all'uso di tutti gli uomini e popoli" deve ispirare un sistema di gestione delle risorse più giusto e meglio coordinato a livello mondiale. La Chiesa fa sua la preoccupazione per l'ambiente ed esorta i governi a proteggere questo patrimonio secondo i criteri del bene comune. 24 La sfida rappresentata dalla cultura "del futuro" non affievolisce tuttavia la nostra speranza, e rendiamo grazie a Dio perché in America Latina il dono della fede cattolica è penetrato nel più profondo della sua gente, forgiando in questi cinquecento anni l'anima cristiana del continente e ispirando molte delle sue istituzioni. Infatti la Chiesa dell'America Latina è riuscita a impregnare la cultura del popolo, ha saputo porre il messaggio evangelico alla base del suo pensiero, nei suoi princìpi fondamentali di vita, nei suoi criteri di giudizio e nelle sue norme di comportamento. Ci si presenta ora l'eccezionale sfida della continua inculturazione del Vangelo nei vostri popoli, tema che dovrete affrontare con lungimiranza e profondità nei prossimi giorni. L'America Latina offre, in Santa Maria di Guadalupe, un grande esempio di evangelizzazione perfettamente inculturata. Infatti, nella figura di Maria - dai primordi della cristianizzazione del Nuovo Mondo e alla luce del Vangelo di Gesù - si incarnarono autentici valori culturali indigeni. Nel volto meticcio della Vergine del Tepeyac si riassume il grande principio dell'inculturazione: l'intima trasformazione degli autentici valori culturali mediante l'integrazione nel cristianesimo e il radicamento del cristianesimo nelle varie culture. Una nuova era sotto il segno della speranza 25 Ecco, cari fratelli e sorelle, alcune delle sfide che si presentano alla Chiesa in questo momento della nuova evangelizzazione. Dinanzi a questo panorama, carico di interrogativi, ma anche ricco di promesse, dobbiamo chiederci qual è il cammino che deve seguire la Chiesa in America Latina affinché la sua missione dia, nella prossima tappa della sua storia, i frutti che attende il padrone della messe. ( Lc 10,2; Mc 4,20 ) La vostra assemblea dovrà delineare il volto di una Chiesa viva e dinamica che cresce nella fede, si santifica, ama, soffre, si impegna e spera nel suo Signore, come ci ricorda il Vaticano II, punto obbligato di riferimento nella vita e nella missione di ogni pastore. Il compito che vi attende durante le prossime giornate è arduo, ma è un compito caratterizzato dal segno della speranza che viene da Cristo risorto. La vostra missione è quella di essere araldi della speranza, di cui ci parla l'apostolo Pietro: ( 1 Pt 3,15 ) speranza che si basa sulle promesse di Dio, sulla fedeltà alla sua parola e che ha come certezza assoluta la risurrezione di Cristo, la sua vittoria definitiva sul peccato e sulla morte, primo annuncio e radice di ogni evangelizzazione, fondamento di ogni promozione umana, principio di ogni autentica cultura cristiana che non può che non essere la cultura della risurrezione e della vita, vivificata dall'afflato dello Spirito di Pentecoste. Amati fratelli nell'episcopato, nell'unità della Chiesa locale, che nasce dall'Eucaristia, si trova tutto il collegio episcopale con a capo il successore di Pietro, come appartenente alla stessa essenza della Chiesa particolare. Intorno al vescovo e in perfetta comunione con lui devono nascere le parrocchie e le comunità cristiane come floride cellule di vita ecclesiale. Perciò, la nuova evangelizzazione richiede un vigoroso rinnovamento di tutta la vita diocesana. Le parrocchie, i movimenti apostolici e le associazioni di fedeli, e in generale tutte le comunità ecclesiali, devono sempre essere evangelizzate e evangelizzatrici. In particolar modo, le comunità ecclesiali di base devono essere sempre caratterizzate da una decisa proiezione universalistica e missionaria, che infonda loro un rinnovato dinamismo apostolico. Esse - che devono essere caratterizzate da una chiara identità ecclesiale - devono porre l'Eucaristia, che il sacerdote presiede, al centro della vita e della comunione dei loro membri, in stretta unione con i loro pastori e in piena sintonia con il magistero della Chiesa. 26 Condizione indispensabile per la nuova evangelizzazione è il poter contare su evangelizzatori numerosi e qualificati. Perciò, la promozione delle vocazioni sacerdotali e religiose, come pure la promozione di altri operatori pastorali, deve essere una priorità per i vescovi e un impegno per tutto il popolo di Dio. Bisogna dare, in tutta l'America Latina, un impulso decisivo alla pastorale vocazionale e affrontare, con giusti criteri e con speranza, ciò che riguarda i seminari e i centri di formazione dei religiosi e delle religiose, come pure il problema della formazione permanente del clero e di una migliore distribuzione dei sacerdoti tra le diverse Chiese locali, nelle quali dobbiamo anche considerare l'apprezzato lavoro dei diaconi permanenti. Al riguardo, si trovano orientamenti appropriati nell'Esortazione apostolica post-sinodale Pastores dabo vobis. Per quanto riguarda ; religiosi e le religiose, che in America Latina svolgono una parte considerevole dell'azione pastorale, desidero menzionare la Lettera apostolica Los caminos del Evangelio, che ho rivolto loro il 29 giugno 1990. Voglio inoltre ricordare qui gli istituti secolari, con la loro fervente vitalità nel mondo e i mèmbri delle società di vita apostolica, che svolgono un'importante attività missionaria. In questo momento, i membri degli istituti religiosi, tanto maschili quanto femminili, devono concentrarsi, in particolare, sulla missione propriamente evangelizzatrice, impiegando tutta la ricchezza di iniziative e di doveri pastorali che scaturiscono dai loro diversi carismi. Fedeli allo spirito dei loro fondatori, deve caratterizzarli un profondo senso di Chiesa e la testimonianza di una stretta e fedele collaborazione nella pastorale, la cui direzione compete agli ordinari diocesani e, sotto certi aspetti, alle Conferenze episcopali. Come ho ricordato nella mia Lettera alle contemplative dell'America Latina (12.12.1989), l'azione evangelizzatrice della Chiesa è sostenuta da quei santuari della vita contemplativa, così numerosi in tutto il continente, che costituiscono una testimonianza della radicalità della consacrazione a Dio, che deve occupare sempre il primo posto nelle nostre scelte. 27 Nell'Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici sulla "vocazione e la missione dei laici nella Chiesa", ho voluto mettere in particolare rilievo che nella "grande, impegnativa e magnifica impresa" della nuova evangelizzazione è indispensabile il lavoro dei laici, in special modo dei catechisti e dei "delegati della Parola". La Chiesa nutre grande speranza in tutti quei laici che, con entusiasmo e con efficacia evangelica, operano attraverso i nuovi movimenti apostolici, che devono essere coordinati nella pastorale di insieme e che rispondono alla necessità di una maggiore presenza della fede nella vita sociale. In questo momento, in cui ho chiamato tutti a lavorare con ardore apostolico nella vigna del Signore, senza che nessuno rimanga escluso, "i fedeli laici devono sentirsi parte viva e responsabile di questa impresa ( della nuova evangelizzazione ), chiamati come sono ad annunciare e a vivere il Vangelo nel servizio ai valori e alle esigenze della persona, e della società ". Degna di ogni elogio, come trasmettitrice della fede, è la donna latinoamericana, il cui ruolo nella Chiesa e nella società bisogna debitamente mettere in rilievo. Particolare sollecitudine pastorale si deve prestare agli infermi, anche in considerazione della forza evangelizzatrice della sofferenza. Lancio uno speciale appello ai giovani dell'America Latina. Essi - così numerosi in un continente giovane - dovranno essere protagonisti nella vita della società e della Chiesa nel nuovo millennio cristiano che è ormai alle porte. A essi si deve presentare, nel loro stesso linguaggio, la bellezza della vocazione cristiana e si devono proporre ideali grandi e nobili, che li sostengano nelle loro aspirazioni per una società più giusta e fraterna. 28 Tutti sono chiamati a costruire la civiltà dell'amore in questo continente della speranza. E c'è di più: l'America Latina che ha ricevuto la fede trasmessa dalle Chiese del Vecchio Mondo, deve prepararsi a diffondere il messaggio di Cristo nel mondo intero, dando "dalla sua povertà". "Sento venuto il momento di impegnare tutte le forze ecclesiali per la nuova evangelizzazione e per la missione ad gentes. Nessun credente in Cristo, nessuna istituzione della Chiesa può sottrarsi a questo dovere supremo: annunziare Cristo a tutti i popoli". Anche per l'America Latina è arrivato questo momento: "La fede si rafforza donandola! La nuova evangelizzazione dei popoli cristiani troverà ispirazione e sostegno nell'impegno per la missione universale". Per l'America Latina, che ha ricevuto Cristo cinquecento anni fa, il più grande segno di gratitudine per il dono ricevuto e il più grande segno della sua vitalità cristiana, è quello di impegnare se stessa nella missione. 29 Cari fratelli nell'episcopato, in qualità di successori degli apostoli dovete dedicare tutta la vostra sollecitudine al gregge "in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti a pascere la Chiesa di Dio". ( At 20,28 ) D'altra parte, in qualità di membri del collegio episcopale, in stretta unione affettiva ed effettiva con il successore di Pietro, siete chiamati a mantenere la comunione e la sollecitudine per tutta la Chiesa. E, in questa circostanza, in qualità di mèmbri della IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano, incombe su di voi una responsabilità storica. In virtù della stessa fede, della Parola rivelata, dell'azione dello Spirito e per mezzo dell'Eucaristia presieduta dal vescovo, la Chiesa particolare ha con la Chiesa universale un particolare rapporto di mutua interiorità, perché in essa si trova e opera veramente la Chiesa di Cristo che è una, santa, cattolica, apostolica. In essa deve risplendere la santità di vita alla quale ogni evangelizzatore è chiamato, dando testimonianza di un'intensa partecipazione al mistero di Gesù Cristo, sentito e sperimentato fortemente nell'Eucaristia, nell'assiduo ascolto della Parola, nella preghiera, nel sacrificio, nel generoso offrirsi al Signore, che nei sacerdoti e nelle altre persone consacrate si esprime in modo speciale attraverso il celibato. Non bisogna dimenticare che la prima forma di evangelizzazione è la testimonianza, vale a dire la proclamazione del messaggio di salvezza attraverso le opere e la coerenza di vita, portando a termine così la sua incarnazione nella storia quotidiana degli uomini. La Chiesa, dalle sue origini si è resa presente e operante non soltanto attraverso l'annuncio esplicito del Vangelo di Cristo, ma anche e soprattutto attraverso l'irradiazione della vita cristiana. Perciò la nuova evangelizzazione esige coerenza di vita, testimonianza compatta della carità, sotto il segno dell'unità, affinché il mondo creda. ( Gv 17,23 ) 30 Gesù Cristo, il testimone fedele, il pastore dei pastori, è in mezzo a noi, poiché ci siamo riuniti nel suo nome. ( Mt 18,20 ) Con noi è lo Spirito del Signore che guida la Chiesa alla pienezza della verità e la ringiovanisce con la parola rivelata, come in una nuova Pentecoste. Nella comunione dei santi vegliano sui lavori di questo importante incontro ecclesiale una pleiade di santi e sante latinoamericani, che evangelizzarono questo continente con la loro parola e le loro virtù, e - molti di essi - lo fecondarono con il loro sangue. Essi sono i frutti maggiori dell'evangelizzazione. Come nel cenacolo di Pentecoste, ci accompagna la Madre di Gesù e Madre della Chiesa. La sua presenza affettuosa in tutti gli angoli dell'America Latina e nei cuori dei suoi figli è assicurata dal sentimento profetico e dall'ardore evangelico che devono accompagnare i vostri lavori. 31 "Beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore". ( Lc 1,45 ) Queste parole, che Elisabetta rivolge a Maria portatrice di Cristo, sono applicabili alla Chiesa, di cui la Madre del Redentore è esempio e modello. Beata America che hai ricevuto l'annuncio della salvezza e hai creduto nelle "parole del Signore"! La fede è la tua felicità, la fonte della tua gioia. Beati voi, uomini e donne dell'America Latina, adulti e giovani, che avete conosciuto il Redentore! Insieme a tutta la Chiesa, e con Maria, voi potete dire che il Signore "ha guardato l'umiltà della sua serva". ( Lc 1,48 ) Beati voi, poveri della terra, perché è giunto a voi il regno di Dio! "Le parole del Signore si compiranno". Sii fedele al tuo battesimo, ravviva in questo V Centenario l'immensa grazia ricevuta, riponi il tuo cuore, il tuo sguardo al centro, all'origine, a colui che è fondamento di ogni felicità, pienezza di tutto! Apriti a Cristo, accogli lo Spirito, affinché in tutte le tue comunità avvenga una nuova Pentecoste! E sorgerà da tè un'umanità nuova, felice, e sentirai di nuovo il braccio poderoso del Signore, e "le parole del Signore si compiranno". Ciò che ti ha detto. America, è il suo amore per tè, il suo amore per la tua gente, per le tue famiglie, per i tuoi popoli. E questo amore si compirà in tè, e troverai di nuovo tè stessa, troverai il tuo volto, "tutte le generazioni ti chiameranno beata". ( Lc 1,48 ) Chiesa dell'America, il Signore passa oggi al tuo fianco. Ti chiama. In questo momento di grazia, pronuncia di nuovo il tuo nome, rinnova la sua alleanza con tè. Magari ascoltassi la sua voce, per conoscere la felicità vera e piena ed entrare nella sua pace! ( Sal 94,7.11 ) Concluderemo invocando Maria, stella della prima e della nuova evangelizzazione. A lei, che ha sempre sperato, affidiamo la nostra speranza. Nelle sue mani riponiamo le nostre ansie pastorali e tutti i compiti di questa Conferenza, raccomandando al suo cuore di Madre, il suo buon esito e la sua proiezione sul futuro del continente. Che Maria ci aiuti ad annunciare suo Figlio: "Gesù Cristo ieri, oggi e sempre!". Amen. Giovanni Paolo II Santo Domingo, 12 ottobre 1992.