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Eredità

6 Via all'unione dei cristiani

E che cosa dire di tutte le iniziative scaturite dal nuovo orientamento ecumenico?

L'indimenticabile Papa Giovanni XXIII, con evangelica chiarezza, impostò il problema dell'unione dei cristiani, come semplice conseguenza della volontà dello stesso Gesù Cristo, nostro Maestro, affermata più volte ed espressa, in modo particolare, nella preghiera del Cenacolo, alla vigilia della sua morte: « Prego…, Padre…, perché tutti siano una cosa sola » ( Gv 17,21; Gv 17,11.22 ss; Gv 10,16; Lc 9,49 ss. 54 ).

Il Concilio Vaticano II rispose a questa esigenza in forma concisa col Decreto sull'ecumenismo.

Il Papa Paolo VI, avvalendosi dell'attività del Segretariato per l'unione dei Cristiani, iniziò i primi difficili passi sulla via del conseguimento di tale unione.

Siamo andati lontano su questa strada? Senza voler dare una risposta particolareggiata, possiamo dire che abbiamo fatto dei veri ed importanti progressi.

Ed una cosa è certa: abbiamo lavorato con perseveranza e coerenza, ed insieme con noi si sono impegnati anche i rappresentanti di altre Chiese e di altre Comunità cristiane, e di questo siamo loro sinceramente obbligati.

E certo, inoltre, che, nella presente situazione storica della cristianità e del mondo, non appare altra possibilità di adempiere la missione universale della Chiesa, per quanto riguarda i problemi ecumenici, che quella di cercare lealmente, con perseveranza, con umiltà e anche con coraggio, le vie di avvicinamento e di unione così come ce ne ha dato il personale esempio Papa Paolo VI.

Dobbiamo, pertanto, ricercare l'unione senza scoraggiarci di fronte alle difficoltà, che possono presentarsi o accumularsi lungo tale via; altrimenti, non saremmo fedeli alla parola di Cristo, non realizzeremmo il suo testamento.

E lecito correre questo rischio?

Vi sono persone che, trovandosi di fronte alle difficoltà, oppure giudicando negativi i risultati degli iniziali lavori ecumenici, avrebbero voluto indietreggiare.

Alcuni esprimono perfino l'opinione che questi sforzi nuocciano alla causa del Vangelo, conducano ad un'ulteriore rottura della Chiesa, provochino confusione di idee nelle questioni della fede e della morale, approdino ad uno specifico indifferentismo.

Sarà forse bene che i portavoce di tali opinioni esprimano i loro timori; tuttavia, anche a questo riguardo, bisogna mantenere i giusti limiti.

E ovvio che questa nuova tappa della vita della Chiesa esiga da noi una fede particolarmente cosciente, approfondita e responsabile.

La vera attività ecumenica significa apertura, avvicinamento, disponibilità al dialogo, comune ricerca della verità nel pieno senso evangelico e cristiano; ma essa non significa assolutamente né può significare rinunciare o recare in qualsiasi modo pregiudizio ai tesori della verità divina, costantemente confessata ed insegnata dalla Chiesa.

A tutti coloro che, per qualsiasi motivo, vorrebbero dissuadere la Chiesa dalla ricerca dell'unità universale dei cristiani, bisogna ripetere ancora una volta: E lecito a noi il non farlo?

Possiamo - nonostante tutta la debolezza umana e tutte le deficienze accumulatesi nei secoli passati - non aver fiducia nella grazia di Nostro Signore, quale si è rivelata, nell'ultimo tempo, mediante la parola dello Spirito Santo, che abbiamo sentito durante il Concilio?

Facendo così, negheremmo la verità che concerne noi stessi e che l'Apostolo ha espresso in modo tanto eloquente: « Per grazia di Dio sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana » ( 1 Cor 15,10 ).

Pur se in altro modo e con le dovute differenze, bisogna applicare ciò che è stato detto all'attività che tende all'avvicinamento con i rappresentanti delle religioni non cristiane, e che si esprime mediante il dialogo, i contatti, la preghiera comunitaria, la ricerca dei tesori della spiritualità umana, i quali - come ben sappiamo - non mancano neppure ai membri di queste religioni.

Non avviene forse talvolta che la ferma credenza dei seguaci delle religioni non cristiane - effetto anche essa dello Spirito di verità, operante oltre i confini visibili del Corpo Mistico - possa quasi confondere i cristiani, spesso così disposti a dubitare, invece, nelle verità rivelate da Dio e annunziate dalla Chiesa, così propensi al rilassamento dei principi della morale e ad aprire la strada al permissivismo etico?

E nobile esser predisposti a comprendere ciascun uomo, ad analizzare ogni sistema, a dare ragione a ciò che è giusto; ma questo non significa assolutamente perdere la certezza della propria fede20, ovvero indebolire i principi della morale, la cui mancanza si farà risentire ben presto nella vita di intere società, determinando, fra l'altro, deplorevoli conseguenze.

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20 Conc. Ecum. Vat. I, Cost.dogm. sulla Fede cattolica Dei Filius