Reconciliatio et paenitentia

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Capitolo secondo - « Mysterium pietatis »

19 Per conoscere il peccato era necessario fissare lo sguardo sulla sua natura, quale ci è fatta conoscere dalla rivelazione dell'economia della salvezza: esso è mysterium iniquitatis.

Ma in questa economia il peccato non è protagonista ne, tanto meno, vincitore.

Esso contrasta come antagonista con un altro principio operante, che - usando una bella e suggestiva espressione di san Paolo - possiamo chiamare il mysterium, o sacramentum pietatis.

Il peccato dell'uomo sarebbe vincente e alla fine distruttivo, il disegno salvifico di Dio rimarrebbe incompiuto o, addirittura, sconfitto, se questo mysterium pietatis non si fosse inserito nel dinamismo della storia per vincere il peccato dell'uomo.

Troviamo questa espressione in una delle Lettere Pastorali di san Paolo, la prima a Timoteo.

Essa balza improvvisa quasi per un'ispirazione irrompente.

L'Apostolo, infatti, in antecedenza ha consacrato lunghi paragrafi del suo messaggio al discepolo prediletto per spiegare il significato dell'ordinamento della comunità ( quello liturgico e, legato ad esso, quello gerarchico ), ha quindi parlato del ruolo dei capi della comunità, per riferirsi infine al comportamento dello stesso Timoteo nella « Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità ».

Quindi, alla fine del brano, egli evoca quasi ex abrupto, ma con un intento profondo, ciò che da significato a tutto quello che ha scritto: « È senza dubbio grande il mistero della pietà … ». ( 1 Tm 3,15s )

Senza tradire minimamente il senso letterale del testo, noi possiamo allargare questa magnifica intuizione teologica dell'Apostolo ad una più completa visione del ruolo che la verità da lui annunciata ha nell'economia della salvezza.

« È grande davvero - ripetiamo con lui - il mistero della pietà », perché vince il peccato.

Ma che cos'è nella concezione paolina questa « pietà »?

È il Cristo stesso

20 È profondamente significativo che, per presentare questo mysterium pietatis, Paolo trascriva semplicemente, senza stabilire un legame grammaticale col testo precedente,44 tre righe di un Inno cristologico, che - secondo la sentenza di autorevoli studiosi - era usato nelle comunità ellenico - cristiane.

Con le parole di quell'Inno, dense di contenuto teologico e ricche di nobile bellezza, quei credenti del primo secolo professavano la loro fede circa il mistero del Cristo, per il quale:

- egli si è manifestato nella realtà della carne umana e dallo Spirito Santo è stato costituito quale giusto, che si offre per gli ingiusti;

- egli è apparso agli angeli, fatto più grande di essi, ed è stato predicato alle genti, portatore di salvezza;

- egli è stato creduto nel mondo, quale inviato del Padre, e dallo stesso Padre assunto in cielo, quale signore.45

Il mistero o sacramento della pietà, pertanto, è il mistero stesso del Cristo.

Esso è, in una sintesi pregnante, il mistero dell'incarnazione e della Redenzione, della piena Pasqua di Gesù, Figlio di Dio e Figlio di Maria: mistero della sua passione e morte, della sua risurrezione e glorificazione.

Ciò che san Paolo, riprendendo le frasi dell'Inno, ha voluto ribadire è che questo mistero è il segreto principio vitale che fa della Chiesa la casa di Dio, la colonna e il sostegno della verità.

Nel solco dell'insegnamento paolino, noi possiamo affermare che questo medesimo mistero dell'infinita pietà dì Dio verso di noi è capace di penetrare fino alle nascoste radici della nostra iniquità, per suscitare nell'anima un movimento di conversione, per redimerla e scioglierne le vele verso la riconciliazione.

Riferendosi senza dubbio a questo mistero, anche san Giovanni, pur col suo caratteristico linguaggio, ch'è diverso da quello di san Paolo, poteva scrivere che « chiunque è nato da Dio, non pecca »: il Figlio di Dio lo salva e « il maligno non lo tocca ». ( 1 Gv 5,18s )

In questa affermazione giovannea c'è un'indicazione di speranza, fondata sulle promesse divine: il cristiano ha ricevuto la garanzia e le forze necessarie per non peccare.

Non si tratta, dunque, di un'impeccabilità acquisita per virtù propria o, addirittura, insita nell'uomo, come pensavano gli Gnostici.

È un risultato dell'azione di Dio.

Per non peccare il cristiano dispone della conoscenza di Dio, ricorda san Giovanni in questo stesso passo.

Ma poco prima egli aveva scritto: « Chiunque è nato da Dio, non commette peccato, perché un seme divino dimora in lui ». ( 1 Gv 3,9 )

Se per questo « seme di Dio » intendiamo - come propongono alcuni commentatori - Gesù, il Figlio di Dio, allora possiamo dire che per non peccare - o per liberarsi dal peccato - il cristiano dispone della presenza in sé dello stesso Cristo e del mistero di Cristo, che è mistero di pietà.

Lo sforzo del cristiano

21 Ma c'è nel mysterium pietatis un altro versante: la pietà di Dio verso il cristiano deve aver corrispondenza nella pietà del cristiano verso Dio.

In questa seconda accezione, la pietà ( eusébeia ) significa appunto il comportamento del cristiano, che alla pietà paterna di Dio risponde con la sua pietà filiale.

Anche in questo senso possiamo affermare con san Paolo che « è grande il mistero della pietà ».

Anche in questo senso la pietà, quale forza di conversione e di riconciliazione, affronta l'iniquità e il peccato.

Anche in questo caso gli aspetti essenziali del mistero del Cristo sono oggetto della pietà nel senso che il cristiano accoglie il mistero, lo contempla, ne trae la forza spirituale necessaria per condurre la vita secondo il Vangelo.

Anche qui si deve dire che « chi è nato da Dio, non commette peccato »; ma l'espressione ha un senso imperativo: sostenuto dal mistero del Cristo, come da un'interiore sorgente di energia spirituale, il cristiano è diffidato dal peccare e, anzi, riceve il comandamento di non peccare, ma di comportarsi degnamente « nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente », ( 1 Tm 3,15 ) essendo un figlio di Dio.

Verso una vita riconciliata

22 Così la Parola della Scrittura, nel rivelarci il mistero della pietà, apre l'intelligenza umana alla conversione e alla riconciliazione, intese non come alte astrazioni, ma come valori cristiani concreti da conquistare nella nostra quotidianità.

Insidiati dalla perdita del senso del peccato, talora tentati da qualche illusione ben poco cristiana di impeccabilità, anche gli uomini d'oggi hanno bisogno di riascoltare, come diretto a ciascuno personalmente, l'ammonimento di san Giovanni: « Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi », ( 1 Gv 1,8 ) ed anzi « tutto il mondo giace sotto il potere del maligno ». ( 1 Gv 5,19 )

Ciascuno, dunque, è invitato dalla voce della Verità divina a leggere realisticamente nella sua coscienza ed a confessare che è stato generato nell'iniquità, come diciamo nel Salmo Miserere. ( Sal 51,7 )

Tuttavia, minacciati dalla paura e dalla disperazione, gii uomini d'oggi possono sentirsi sollevati dalla divina promessa, che li apre alla speranza della piena riconciliazione.

Il mistero della pietà, da parte di Dio, è quella misericordia di cui il Signore e Padre nostro - lo ripeto ancora - è infinitamente ricco. ( Ef 2,4 )

Come ho detto nell'Enciclica dedicata al tema della divina misericordia,46 essa è un amore più potente del peccato, più forte della morte.

Quando ci accorgiamo che l'amore che Dio ha per noi non si arresta di fronte al nostro peccato, non indietreggia dinanzi alle nostre offese, ma si fa ancora più premuroso e generoso; quando ci rendiamo conto che questo amore è giunto fino a causare la passione e la morte del Verbo fatto carne, il quale ha accettato di redimerci pagando col suo sangue, allora prorompiamo nel riconoscimento: « Sì, il Signore è ricco di misericordia », e diciamo perfino: « Il Signore è misericordia ».

Il mistero della pietà è la via aperta dalla divina misericordia alla vita riconciliata.

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44 Il testo offre perciò una certa difficoltà di lettura, giacché il pronome relativo, che apre la citazione letterale, non concorda col neutro « mystérion ».
Alcuni manoscritti tardivi hanno ritoccato il testo per correggerlo grammaticalmente; Paolo, però, ha inteso soltanto giustapporre al suo un testo venerabile per lui pienamente chiarificatore
45 La comunità cristiana primitiva esprime la sua fede nel Crocifisso glorificato, che gli angeli adorano e che è il Signore.
Ma l'elemento impressionante di questo messaggio rimane il « manifestato nella carne »: il « grande mistero » è che il Figlio eterno di Dio si sia fatto uomo
46 Giovanni Paolo II, Dives in misericordia 8;
Giovanni Paolo II, Dives in misericordia 15