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Invito all'azione

48 Necessità d'impegnarsi nell'azione

Nella sfera sociale la chiesa ha sempre voluto assicurare una duplice funzione: illuminare gli spiriti per aiutarli a scoprire la verità e a scegliere la via da seguire in mezzo alle differenti dottrine da cui il cristiano è sollecitato; entrare nell'azione e diffondere, con una reale preoccupazione di servizio e di efficienza, le energie del vangelo.

Non è forse per essere fedele a questa volontà che la chiesa ha inviato in missione apostolica tra i lavoratori dei preti che, condividendo integralmente la condizione operaia, ambiscono di esservi i testimoni della sollecitudine e della ricerca della chiesa medesima?

È a tutti i cristiani che noi indirizziamo, di nuovo e in maniera urgente, un invito all'azione.

Nella nostra enciclica sullo sviluppo dei popoli, noi insistevamo perché tutti si mettessero all'opera: "I laici devono assumere come loro compito specifico il rinnovamento dell'ordine temporale.

Se l'ufficio della gerarchia è d'insegnare e di interpretare in modo autentico i principi morali da seguire in questo campo, spetta a loro, attraverso la loro libera iniziativa e senza attendere passivamente consegne o direttive, di penetrare di spirito cristiano la mentalità e i costumi, le leggi e le strutture della loro comunità di vita ".

Ciascuno esamini se stesso per vedere quello che finora ha fatto e quello che deve fare.

Non basta ricordare i principi, affermare le intenzioni, sottolineare le stridenti ingiustizie e proferire denunce profetiche: queste parole non avranno peso reale se non sono accompagnate in ciascuno da una presa di coscienza più viva della propria responsabilità e da una azione effettiva.

È troppo facile scaricare sugli altri la responsabilità delle ingiustizie, se non si è convinti allo stesso tempo che ciascuno vi partecipa e che è necessaria innanzi tutto la conversione personale.

Questa umiltà di fondo toglierà all'azione ogni durezza ed ogni settarismo ed eviterà altresì lo scoraggiamento di fronte a un compito che appare smisurato.

Il cristiano alimenta la propria speranza sapendo innanzi tutto che il Signore è all'opera con noi nel mondo e che attraverso il suo corpo che è la chiesa - e per essa in tutta l'umanità - prosegue la redenzione compiuta sulla croce e che esplose in vittoria la mattina della risurrezione; sapendo ancora che altri uomini sono all'opera per dar vita ad azioni convergenti di giustizia e di pace; poiché dietro il velo dell'indifferenza c'è nel cuore di ogni uomo una volontà di vita fraterna e una sete di giustizia e di pace che si devono far fiorire.

49 In tal modo, nella diversità delle situazioni, delle funzioni, delle organizzazioni, ciascuno deve precisare la propria responsabilità e individuare, coscienziosamente, le azioni alle quali egli è chiamato a partecipare.

Coinvolto in correnti diverse dove accanto a legittime aspirazioni s'insinuano orientamenti più ambigui, il cristiano deve operare una cernita oculata ed evitare di impegnarsi in collaborazioni non controllate e contrarie ai principi di un autentico umanesimo, sia pure in nome di solidarietà effettivamente sentite.

Se infatti egli desidera avere una funzione specifica, come cristiano in conformità alla sua fede - funzione che gli stessi increduli attendono da lui - deve stare attento, nel suo impegno attivo, a elucidare le proprie motivazioni, e a oltrepassare gli obiettivi perseguiti in una visione più comprensiva, al fine di evitare il pericolo di particolarismi egoistici e di totalitarismi oppressori.

50 Pluralismo delle opzioni

Nelle situazioni concrete e tenendo conto delle solidarietà vissute da ciascuno, bisogna riconoscere una legittima varietà di opzioni possibili.

Una medesima fede cristiana può condurre a impegni diversi.

La chiesa invita tutti i cristiani al duplice compito d'animazione e d'innovazione per fare evolvere le strutture e adattarle ai veri bisogni presenti.

Ai cristiani che sembrano, a prima vista, opporsi partendo da opzioni differenti, essa chiede uno sforzo di reciproca comprensione per le posizioni e le motivazioni dell'altro; un esame leale dei propri comportamenti e della loro rettitudine suggerirà a ciascuno un atteggiamento di carità più profonda che, pur riconoscendo le differenze, crede tuttavia alle possibilità di convergenza e di unità: "Ciò che unisce i fedeli è, in effetti, più forte di ciò che li separa".

È vero che molti, inseriti nelle strutture e nei condizionamenti moderni, sono determinati dalle loro abitudini mentali, dalle loro funzioni, quando non dalla tutela degli interessi materiali.

Taluni risentono così profondamente la solidarietà delle classi e delle culture, che giungono a condividere senza riserve ogni giudizio e ogni opzione del loro ambiente.

Ciascuno avrà cura di esaminare se stesso e di fare spuntare quella vera libertà nel Cristo che apre all'universale in mezzo alle condizioni più particolari.

51 Anche qui le organizzazioni cristiane, nelle loro forme differenti, hanno ugualmente una responsabilità di azione collettiva.

Senza sostituirsi alle istituzioni della società civile, esse devono esprimere a loro modo e superando il loro particolarismo, le esigenze concrete della fede cristiana in una trasformazione giusta, e quindi necessaria, della società.

Oggi più che mai la parola di Dio non potrà essere annunciata e ascoltata se ad essa non si accompagna la testimonianza della potenza dello Spirito santo che opera nell'azione dei cristiani posta al servizio dei fratelli, proprio su quei punti dove sono in gioco la loro esistenza e il loro avvenire.

52 Confidandole queste riflessioni, noi abbiamo certamente coscienza, signor cardinale, di non aver toccato tutti i problemi sociali che interessano oggi l'uomo di fede e gli uomini di buona volontà.

Le recenti dichiarazioni che noi abbiamo fatto - alle quali si aggiunge il suo messaggio in occasione del lancio del secondo decennio di sviluppo, concernente soprattutto i doveri della collettività delle nazioni nella grave questione dello sviluppo integrale e solidale dell'uomo - sono ancora presenti negli spiriti.

Noi rivolgiamo adesso le presenti considerazioni nell'intento di fornire al consiglio dei laici e alla pontificia commissione " Iustitia et Pax " nuovi elementi, e, al tempo stesso, un incoraggiamento per proseguire nel loro compito di "risvegliare il popolo di Dio a una piena intelligenza della sua funzione nell'ora presente" e di "promuovere l'apostolato sul piano internazionale".

È con questi sentimenti che noi le impartiamo, signor cardinale, la nostra benedizione apostolica.

Roma, S. Pietro, 14 maggio 1971, anno ottavo del nostro pontificato.

Paolo VI

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