Venerdì, 3 ottobre 2014

Salvi a modo nostro

L'uomo vive « dentro di sé il dramma di non accettare la salvezza di Dio », perché vorrebbe « essere salvato a modo suo ».

E Gesù arriva persino a piangere per questa « resistenza » dell'uomo, riproponendo sempre la sua misericordia e il suo perdono.

Insomma, non possiamo proprio dire « Salvaci, Signore, ma a modo nostro! » ha fatto presente Papa Francesco nella messa celebrata venerdì 3 ottobre nella cappella della Casa Santa Marta.

Nel passo del Vangelo proposto dalla liturgia, Luca ( Lc 10,13-16 ) presenta Gesù che « sembra un po' arrabbiato ».

E « parla a questa gente per farla ragionare » dicendo: « Se nelle città pagane fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e comparse di cenere, si sarebbero convertite. E voi, no ».

Così Gesù traccia « proprio un riassunto di tutta la storia di salvezza: è il dramma di non volere essere salvati; è il dramma di non accettare la salvezza di Dio ».

È come se dicessimo: « Salvaci, Signore, ma a modo nostro! ».

Gesù stesso ricorda tante volte « come questo popolo abbia respinto i profeti, abbia lapidato quelli che sono stati loro inviati perché risultavano scomodi ».

Il pensiero è sempre lo stesso: « Vogliamo la salvezza, ma come noi la vogliamo! Non come la vuole il Signore ».

Siamo davanti, ha precisato il Pontefice, al « dramma della resistenza a essere salvati ».

Si tratta di « una eredità che tutti noi abbiamo ricevuto », perché « anche nel nostro cuore c'è questo seme di resistenza a essere salvati come il Signore vuole salvarci ».

Il contesto del brano evangelico di Luca vede Gesù che « parla ai suoi discepoli tornati da una missione ».

E anche a loro dice: « Chi vi ascolta, ascolta me; chi vi disprezza, disprezza me; e chi disprezza me, disprezza colui che mi ha inviato.

Lo stesso hanno fatto i vostri padri con i profeti ».

Di nuovo è il pensiero di voler « essere salvati » a modo nostro.

Certo « il Signore ci salva nella nostra libertà » ha precisato il Papa, aggiungendo però che « noi vogliamo essere salvati non con la libertà, ma con l'autonomia nostra: le regole le facciamo noi ».

Proprio « questo - ha fatto notare Francesco - è il dramma delle storie della salvezza, dal primo momento ».

È anzitutto « un dramma del popolo », perché « il popolo si ribella tante volte, nel deserto per esempio ».

Comunque, ha aggiunto, « con le prove il popolo matura: è più maturo ».

E così « riconosce in Gesù un grande profeta e dice anche: Dio ha visitato il suo popolo ».

Invece, ha proseguito, « è proprio la classe dirigente quella che chiude le porte al modo col quale Dio vuole salvarci ».

In questo senso « si capiscono i dialoghi forti di Gesù con la classe dirigente del suo tempo: litigano, lo mettono alla prova, gli fanno trappole per vedere se cade », perché in loro c'è appunto « la resistenza a essere salvati ».

Di fronte a questo atteggiamento Gesù dice loro: « Ma io non vi capisco! Voi siete come quei bambini: vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto. Ma cosa volete? ».

La risposta è ancora: « Vogliamo fare la salvezza a modo nostro ».

Ritorna, dunque, « sempre questa chiusura » al modo di operare di Dio.

Poi « quando il Signore va avanti - ha ricordato il Papa - anche nel gruppo vicino a loro incominciano i dubbi ».

Lo riferisce Giovanni nel sesto capitolo del suo Vangelo, dando voce a quanti dicono di Gesù: « Ma quest'uomo è un po' strano, come può darci da mangiare il suo corpo?

Ma forse è un po' strano ».

Probabilmente qualcuno diceva queste cose, ha affermato Francesco, e persino « i suoi discepoli incominciarono a tornare indietro ».

Così « Gesù guarda i dodici » e dice loro: « Se anche voi volete andare … ».

Non c'è dubbio, ha spiegato il Pontefice, che « questa parola è dura: la parola della croce sempre è dura ».

Ma è anche « l'unica porta di salvezza ».

E « il popolo credente la accetta: cercava Gesù per guarire » e « per sentire la sua parola ».

Infatti diceva: « Questo parla con autorità.

Non come la nostra classe, i farisei, i dottori della legge, i sadducei che parlavano un linguaggio che nessuno capiva ».

Per questi tutta la salvezza era nel compimento dei numerosissimi comandamenti « che la loro febbre intellettuale e teologica aveva creato ».

Ma « il povero popolo non trovava un'uscita di salvezza ».

La trova invece in Gesù.

Tuttavia alla fine, ha affermato il Papa, « hanno fatto lo stesso dei loro padri: hanno deciso di uccidere Gesù ».

Il Signore rimprovera questo modo di fare: « I vostri padri hanno ucciso i profeti, ma voi per pulirvi la coscienza, fate loro un monumento bello ».

Ecco, dunque, che « prendono la decisione di uccidere Gesù, cioè di farlo fuori », perché, dicono, « quest'uomo ci porterà problemi: questa salvezza noi non la vogliamo!

Vogliamo una salvezza ben disciplinata, sicura.

Questa noi non la vogliamo! ».

Di conseguenza « decidono anche di uccidere Lazzaro, perché è il testimone di quello che porta Gesù: la vita », in quanto è « risorto dai morti ».

« Con questa decisione quella classe dirigente cancella l'onnipotenza di Dio » ha commentato il vescovo di Roma, ricordando che « oggi nella preghiera, all'inizio della messa, abbiamo lodato tanto bene l'onnipotenza di Dio: "Signore che riveli la tua onnipotenza, principalmente nella misericordia e nel perdono" ».

Il « dramma della resistenza alla salvezza » porta a non credere « nella misericordia e nel perdono » ma nei sacrifici.

E spinge a volere « tutto ben sistemato, tutto chiaro ».

È « un dramma », ha ricordato Francesco, che « ha dentro anche ognuno di noi ».

Per questo ha suggerito alcune domande per un esame di coscienza: « Come voglio io essere salvato?

A modo mio? Al modo di una spiritualità, che è buona, che mi fa bene, ma che è fissa, ha tutto chiaro e non c'è rischio?

O al modo divino, cioè sulla strada di Gesù, che sempre ci sorprende, che sempre ci apre le porte a quel mistero dell'onnipotenza di Dio, che è la misericordia e il perdono? ».

Gesù, ha assicurato il Pontefice, « quando vede questo dramma della resistenza, anche quando vede la nostra, piange ».

Egli « ha pianto davanti alla tomba di Lazzaro; ha pianto guardando Gerusalemme » e dicendo: « Ma tu che uccidi i profeti e lapidi tutti quelli che ti sono inviati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come la chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali! ».

E piange anche « davanti a questo dramma di non accettare la sua salvezza, come il Padre la vuole ».

Papa Francesco ha invitato perciò a « pensare che questo dramma è nel nostro cuore », insistendo perché ciascuno di noi domandi a se stesso: « Come penso che sia la strada della mia salvezza: quella di Gesù o un'altra?

Io sono libero per accettare la salvezza o confondo libertà con autonomia e voglio la mia salvezza, quella che io credo che sia la giusta?

Credo che Gesù sia il maestro che ci insegna la salvezza o vado dappertutto ad affittare guru che me ne insegnino un'altra?

Un cammino più sicuro o mi rifugio sotto il tetto delle prescrizioni e dei tanti comandamenti fatti da uomini?

E così mi sento sicuro e con questa - è un po' duro dire questo - sicurezza compro la mia salvezza che Gesù dà gratuitamente, con la gratuità di Dio? ».

Tutte queste domande, che « ci farà bene oggi farci », culminano nell'ultima proposta del Papa: « Io resisto alla salvezza di Gesù? ».