Messaggio Urbi et Orbi Pasquale 1965

18 aprile 1965

Venerati Fratelli e Figli carissimi di questa Roma cattolica!

Fedeli di tutta la Chiesa!

E voi pure Cristiani da noi distinti, ma con noi credenti in Gesù risorto!

E voi uomini tutti di buona volontà, che ascoltate il Nostro messaggio pasquale!

Esultate!

Esultate, perché questo è il giorno, stabilito da Dio, per accogliere il grande messaggio del gaudio e della speranza!

Il messaggio è questo, voi lo sapete: Cristo è risorto!

Cristo ha ripreso vita, al terzo giorno dalla sua morte!

Cristo ha vinto la morte.

Cristo è entrato nell'immortalità, vera e reale.

Cristo ha mantenuto la parola profetica della sua risurrezione.

Cristo, il Signore, vive e vivrà per sempre.

Il messaggio si fa ancora più sorprendente: Cristo è risorto, non solo per Sé, ma per noi!

Egli è il primo dei viventi oltre la morte temporale; ma tutta l'umanità in Lui credente e a Lui congiunta è introdotta nel regno della vita ulteriore e superiore, ch'Egli, primogenito di quanti gli sono fratelli, ha inaugurato per noi!

Il mistero della Pasqua non riguarda soltanto il Figlio di Dio, Figlio dell'uomo, riguarda altresì i figli degli uomini che sono diventati in Lui figli di Dio.

È mistero universale.

Mistero già realizzato in Lui, Gesù Cristo, nostro Salvatore, e nella sua beatissima Madre Maria; mistero già iniziato in noi col battesimo, e promesso nella sua pienezza dalla parola che non passa e non fallisce, per il giorno estremo, che certamente verrà.

Esultate!

Questo messaggio, che illumina della luce di Cristo i destini supremi dell'umanità, conclude e risolve ogni altra parola, che si fa maestra della vita:

quella cieca e disperata che riconosce alla morte un definitivo trionfo;

quella dubbiosa e balbettante che d'uno stato vitale e cosciente oltre il tempo ben poco conosce, e più desidera e immagina che non sappia;

quella tanto documentata e grave sui mali della presente esistenza, e sembra tanto più saggia quanto più pessimista;

quella stessa della scuola evangelica che c'insegna la inesorabile caducità d'ogni cosa, la divorante profondità del male, la rassegnata accettazione del dolore, e che ci predica la pedagogia della rinuncia e del sacrificio;

tutto è propedeutica per l'ultima parola trionfante, ch'è quella della vittoria della vita, quella della festa oggi celebrata, quella della risurrezione.

L'ottimismo vince.

La vita, per chi vuole, è al termine del dramma umano.

La felicità esiste e si può conquistare.

La pienezza del nostro essere, dispiegato in tutta la sua potenziale perfezione, accresciuta anzi da capacità sopraggiunta - il lume della gloria, come lo chiamano i pensosi della promessa pasquale - di più conoscere, di più amare, di più godere, nell'ebbrezza inesauribile della visione di Dio, ci è assicurata.

Speranza e gaudio devono caratterizzare la vita spirituale dell'uomo fondato in Cristo.

È chiaro che questa concezione positiva e ottimista, propria del cristiano, proietta sul mondo una luce confortante e benefica.

Essa lo rischiara e lo fa apparire per quello che è: estremamente interessante, estremamente bello.

Qualche cosa della gioia di Dio creatore che, come dice la sacra Scrittura, vide che l'immenso panorama del cosmo, uscito dalla sua onnipotente parola, era molto bello ( cfr. Gen 1,21.31 ), si trasfonde nello spirito dell'uomo che guarda, che studia, che conquista il mondo da cui è circondato; diciamo pure dell'uomo moderno, teso appunto all'analisi e al possesso della natura; opera, dono, simbolo, specchio di Dio.

Questa concezione positiva e ottimista, derivata dal mistero della vita risuscitata, illumina non solo il mondo esteriore all'uomo; illumina altresì il suo mondo interiore, il suo cuore.

Nessun dubbio che il cuore dell'uomo, dell'uomo contemporaneo specialmente, tende alla vita, alla crescita, alla ricchezza del sapere e dell'avere, alla potenza del volere e del godere, tende alla beatitudine.

E nessun dubbio altresì che la stessa aspirazione alla beatitudine, aspirazione alimentata, stimolata, inasprita dalle conquiste che fanno oggi l'uomo fiero e avido di nuovi progressi, crea nel suo cuore dei vuoti desolanti, delle angosce paurose, dei pessimismi radicali, delle incertezze finali, che lo rendono profondamente infelice.

Qualche analoga osservazione potremmo fare sul fenomeno caratteristico del nostro tempo: quello della convivenza sociale, tanto sviluppata nel nostro mondo in trasformazione, ma sempre così difficile nel suo affermarsi, così mal sicura nell'esito finale, se cioè questo sarà la pace ovvero la guerra, la libertà ovvero il totalitarismo e la schiavitù, il particolarismo ancor più chiuso e feroce che oggi non sia, ovvero la fratellanza e il mutuo rispetto, la costruzione di una società universale e collaboratrice ovvero la distruzione di quanto è stato seminato e edificato sulla faccia della terra.

Ebbene, quale conforto, quale fiducia, quale forza di rinnovamento e di pace può venire alla società odierna dallo Spirito della Pasqua, lo Spirito che suscita dalla città terrestre e mortale la città celeste e immortale, e per ciò stesso vivifica gli ideali e gli sforzi dell'ordine temporale, verso l'unità e l'universalità, verso la libertà temperata dalla sapienza e dall'ansia del bene, verso la giustizia sempre progrediente, verso l'amore sempre operante.

Oh! lasciate allora che Noi rinnoviamo al mondo il messaggio dell'esultanza pasquale.

Da annuncio si fa augurio.

Da augurio si fa profezia, aspirazione almeno e preludio, per sua intrinseca virtù, di una rigenerazione della storia umana presente in vista della risurrezione della vita umana nell'eternità.

Venga dunque, nel nome e nello Spirito di Cristo risorto, il giorno in cui gli uomini sciolgano le loro errate ideologie nel bisogno e nell'accettazione di una sapienza nuova che riveli e la vera natura dell'uomo e i suoi veri destini.

Venga il giorno in cui si compongano non con la forza delle armi e dissidii fra i popoli, ma con la luce di ragionevoli negoziati; e si plachi ogni guerra e guerriglia per dar luogo a mutue e fraterne collaborazioni costruttive.

E venga il giorno, in cui le prodigiose energie del progresso siano impiegate a saziare la fame nel mondo, a educare le generazioni venienti, ad assistere i dolori ricorrenti!

E non siano più sulla terra le sofferenze volute e inutili dell'oppressione politica e sociale salita a sistema, del razzismo promosso o represso, della giusta libertà di coscienza e di espressione conculcata e costretta!

La reminiscenza dei fratelli di fede, ancor oggi in in tanti Paesi, impediti e oppressi, mette sulle Nostre labbra un particolare saluto per loro: coraggio, figli carissimi; siate perseveranti nella fedeltà e nella fiducia; nulla si perderà delle vostre sofferenze che già sono per il mondo una stupenda testimonianza alla libertà religiosa e alla unità spirituale della Chiesa di Cristo; è con voi la preghiera e la solidarietà dei fratelli, è con voi la Chiesa paziente e militante.

Anche per voi, e per voi soprattutto, sia la Pasqua festa di esultanza e di speranza!

E lo sia per tutti; per i sofferenti e per i cercatori di conforto di luce; per i fanciulli e per la gioventù, per voi che Ci ascoltate e volete sentire dalle Nostre labbra il saluto augurale di Cristo risorto: la pace sia con voi!

E la Nostra Benedizione Apostolica ve la ottenga piena di gaudio e di fiducia.