Messaggio Urbi et Orbi Pasquale 1976

18 aprile 1976

Il primo discorso che Pietro, dopo l'improvviso avvenimento della Pentecoste, rivolse alla folla meravigliata e commossa, si concludeva nell'annuncio fortissimo della risurrezione di Colui che doveva oramai essere riconosciuto come il Cristo promesso: « Gesù di Nazaret, uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo dei miracoli, dei prodigi e dei segni … come voi ben sapete …, fu consegnato a voi, e voi l'avete inchiodato sulla croce per mano di empi, e l'avete ucciso.

Ma Dio l'ha risuscitato, … e noi tutti ne siamo testimoni » ( At 2,22-32 ).

E sarà questa testimonianza che formerà dopo di allora la certezza della Chiesa nascente.

San Paolo ne detterà i primi documenti scritturali ( Cfr. 1 Cor 15, etc. ), ed i Vangeli narreranno alla nostra gioia e alla nostra pietà la prima visita delle sante donne del Vangelo al sepolcro vuoto di Cristo risorto, all'alba del terzo giorno dopo la tragica morte di lui, e parimente registreranno i fatti straordinari, ma reali delle apparizioni di Cristo risuscitato ai suoi discepoli.

La risurrezione di Cristo, da allora, è la pietra d'angolo della nostra fede e della nostra storia, e per quanto l'esperienza sensibile ne sia stata riservata ad alcune determinate persone ( At 10,40 ), e per quanto il mistero circondi questo fatto capitale della religione cattolica ( Cfr. At 10,40 S. Thoame Summa Theologiae, III, ss.; 55, 2, ad 2 ), esso ne formerà per sempre la base fondamentale: « La pietra che i costruttori, aveva predetto lo stesso Gesù, hanno scartata, è diventata testata d'angolo; dal Signore è stato fatto questo, ed è mirabile agli occhi nostri » ( Mt 21,42; Sal 118,22; At 4,11; Rm 9,33; 1 Pt 2,7 ).

All'affermazione, alla realtà storica, al mistero di vita, che questo fatto rappresenta in se stesso, e per i destini della Chiesa e dell'umanità, che ne scaturiscono, è destinata questa festività pasquale, che domina tutto il cristianesimo, e che ancor oggi ci fa cantare l'« Exsultet », la vittoria inaudita, impensabile, ma innegabile e inestinguibile della vita sulla morte, e che tutti personalmente e globalmente ci riguarda e ci investe.

Cristo, il Signore, è veramente risorto.

Già Maria, la Madre innocente e privilegiata, è risorta ed è da Lui assunta alla pienezza immortale della sua vita gloriosa alla destra del Padre.

E già l'anagrafe di coloro, che nell'ultimo giorno saranno chiamati al prodigio estremo della risurrezione nella rinnovazione corporale d'un'esistenza escatologica ( Cfr. 1 Cor 15,20ss.35ss; Gv 5,29 ), sta già componendosi registrandone i nomi nel « libro della vita » nell'indelebile memoria di Dio ( Cfr. Lc 10,20; Fil 4,3; Ap 21,27 ).

Noi pure, Fratelli e Figli, noi pure risorgeremo!

Trema la voce nel proferire simile superlativa profezia; non tremi la fede, se con cuore puro e sincero noi abbiamo « fatto la Pasqua », cioè ci siamo nutriti della carne e del sangue di Cristo, ch'Egli nell'eucaristia ci offre, perché chi di tale alimento si è cibato: « Io, Egli ha detto, lo risusciterò all'ultimo giorno » ( Gv 6,54 ).

La risurrezione di Cristo si riflette, oggi nella speranza, domani in una metamorfica realtà ( Cfr. 1 Cor 15,38ss ).

Noi non possiamo tacere che su tanto mistero l'esercito dei negatori e dei critici ha lavorato e lavora per evacuarne l'univoco senso reale; ma la nostra sicurezza oggi è così piena e felice, che altro non desidera se non di comunicarsi a chi oggi non la condivide, per averli soci della nostra fede e della nostra beatitudine.

E ciò anche per sciogliere l'equivoco d'una parola magica, che incanta e spesso illude chi ne fa uso ristretto ai limiti della fenomenologia temporale, la parola appunto di risurrezione contenuta nel senso della causalità scientifica e dell'esperienza storica, quando per risurrezione s'intende l'impiego di metodi e di forze, che non trascendono l'ordine naturale.

Nessuno più di chi ama per le ragioni superiori del Vangelo gli uomini e la faticosa elaborazione delle loro società per un vero progresso della loro convivenza e del loro giusto benessere può godere che di risurrezione si parli per favorire lo sforzo e per conseguire l'esito d'una risurrezione, cioè d'un miglioramento economico, culturale e sociale, a conforto e a rimedio di ogni umana sofferenza; ma sarebbe illusione sperare di raggiungere la risurrezione effettiva e trascendente, a cui profondamente ed essenzialmente aspira la vita dell'uomo, se questa fosse privata della « speranza che non delude » ( Rm 5,5 ), e non fosse edotta dell'inevitabile pericolo che dalla cieca avidità della esclusiva prosperità temporale possa derivare all'uomo una maggiore infelicità, generata dalla stessa dilatazione della sua capacità di più desiderare e della sua possibilità di più godere.

Ricordiamo anche in questo momento luminoso le parole direttive di San Paolo: « l'amore di Cristo ci spinge …

Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate; ecco ne sono nate di nuove » ( 2 Cor 5,14-17 ).

Perciò: Corda, voces et opera; nuovi siano i cuori, nuove le parole, nuove le opere.

Col nostro voto pasquale, con la nostra Benedizione Apostolica.