Formazione teologica dei futuri Sacerdoti

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III Orientamenti per l'insegnamento teologico

63 - I. Orientamenti generali

Nel clima in cui si svolge, oggi, l'attività teologica e, in parte, l'insegnamento della teologia nei seminari, emergono alcuni fatti caratteristici, tra i quali sembra si debbano segnalare soprattutto la pluralità di tendenze, di interessi, di opinioni, con relativa mancanza di unità;

il particolarismo delle ricerche, degli studi, dei temi, e delle stesse concezioni della teologia e dei suoi rapporti con la filosofia e le scienze, fuori di una sintesi organica e costruttiva;

la giusta preoccupazione di trovare nell'uomo d'oggi un interlocutore attento della teologia e quindi reperire un tipo di discorso che lo interessi, non senza una tendenza all'adattamento, che, spinta oltre certi limiti, potrebbe significare rottura con la tradizione e snaturamento della teologia.

In questo clima s'impongono per l'insegnamento alcune esigenze di ordine metodologico, che coinvolgono però la stessa identità e funzione della teologia.

64 - 1. Pluralità e unità

1) La pluralità nelle espressioni teologiche delle verità di fede, che caratterizza la situazione odierna, non è un fatto nuovo.

Essa cominciò a manifestarsi fin dai primi secoli nelle sue correnti teologiche principali: l'orientale e l'occidentale.

Poi continuò nella varietà delle scuole teologiche sviluppatesi successivamente, partendo da diversi principi organizzativi e da diverse preoccupazioni fondamentali.

Ognuna di esse rappresenta un accostamento al mistero, uno sforzo di interpretare la realtà data dalla Rivelazione.

Nessuna può identificarsi con l'altra, se non sul piano delle verità rivelate che tutte cercano di comprendere, e sul piano della Chiesa che le riconosce.

65 2) Il pluralismo teologico odierno, a differenza di quello conosciuto in passato, si distingue per la sua ampiezza e profondità, fino a raggiungere forme radicali.

Sotto l'aspetto quantitativo esso è dovuto all'enorme mole di materiali accumulati da ogni disciplina, che la teologia considera e utilizza con una vasta e complessa articolazione di processi ordinativi.

Ma dal punto di vista della impostazione e dello spirito della teologia, il pluralismo d'oggi è dovuto alla diversità dei metodi usati, alla varietà delle filosofie seguite, alla molteplicità delle terminologie e delle prospettive fondamentali.

Queste e altre caratteristiche fanno sì che le nuove forme di pluralismo, instauratesi in modo particolare dopo il Concilio Vaticano II, vengano considerate anche qualitativamente diverse dai pluralismi precedenti.

66 3) La Chiesa, in passato, è stata non solo tollerante ma anche favorevole alla pluralità delle correnti teologiche, in quanto questa comportava lo sforzo di fornire nuove e migliori spiegazioni per certi temi e problemi, affrontati sotto vari aspetti.

Anche oggi la Chiesa favorisce e incoraggia un certo pluralismo a scopi kerigmatici, missionari e pastorali, purché esso significhi un ulteriore arricchimento della dottrina ben chiara e definita della fede, in costante riferimento ad essa.

La Chiesa, però, non può non deplorare un pluralismo arbitrario e caotico, che si serve consapevolmente dei sistemi filosofici più lontani dalla fede e delle terminologie più disparate, rendendo sempre più difficile, se non impossibile, una vera e propria intesa tra i teologi.

Un tale fenomeno, che significa in fin dei conti una confusione di linguaggio e di concetti e la rottura con la tradizione teologica del passato, non può certamente essere considerato favorevole alla formazione dei futuri sacerdoti, e non è pertanto da ammettere nell'insegnamento teologico.

67 4) È assolutamente necessario che gli aspiranti al sacerdozio - in quanto principianti nello studio della teologia - acquistino, innanzitutto, una solida forma mentis alla scuola dei grandi maestri della Chiesa.

Questi sono in grado di fare conoscere loro la vera scienza teologica e la vera dottrina cristiana.

Del resto, ciò, appartiene all'economia dell'apprendimento e della formazione in ogni campo del sapere e della cultura.

68 5) In ordine alla formazione teologica degli alunni a qualsiasi livello, si dovranno applicare i seguenti principi concernenti il pluralismo:

a) Salvaguardare l'unità della fede.

A tale proposito, è soprattutto necessario distinguere il piano della fede, alla quale tutti sono obbligati ad aderire, e il piano in cui si può avere una varietà di scelte da essa consentite.

b) Rispettare, nell'ambito delle sentenze teologiche la dottrina comune della Chiesa e il sensus fidelium.

In teologia, infatti, esiste un nucleo di affermazioni certe, comuni e irrinunziabili che costituiscono la base di qualsiasi dogmatica cattolica.

Esse non possono essere messe in questione, ma solo chiarite, approfondite, meglio spiegate nel loro contesto storico e teologico.

c) Tenere conto, nell'ambito dei vari sistemi teologici, del loro ineguale valore.

V'è innanzitutto da vedere se essi sono guidati soltanto da interessi particolari, limitati a qualche aspetto parziale, della verità rivelata, o se abbracciano tutto il mistero cristiano, organizzando e integrando un'ampia quantità di dati alla luce di principi semplici e di un valore che confina con l'universale.

In ogni caso, un sistema sarà giudicato valido se non trascura nessuno degli aspetti essenziali della realtà e se si dimostra capace di assimilare vedute nuove, in una sintesi organica e armonica.

Sotto questo aspetto la sintesi tomistica conserva pienamente il suo valore.

Seguendo questi principi e criteri, l'insegnante di teologia potrà muoversi con sicurezza e agilità anche tra gli scogli del pluralismo odierno.

69 - 2. Prospettive di una sintesi

1) La teologia odierna, essendo protesa alla ricerca di nuove impostazioni e formulazioni, è segnata da un carattere di transitorietà e provvisorietà, che la fa somigliare a un immenso cantiere in cui l'edificio è realizzato solo in parte, mentre si accumula intorno ad esso un copioso materiale che deve essere integrato, nei limiti del possibile, in una nuova sintesi.

Di conseguenza l'insegnamento teologico ha perso in molti casi la sua unità e compattezza, e offre un aspetto di frammentarietà e di lacunosità, che fa parlare di un sapere teologico atomizzato.

Mancando la sistematicità e la completezza, non raramente si perdono di vista le verità centrali della fede.

Non v'è nessuna meraviglia se in tale clima guadagnino sempre più terreno le varie « teologie » di moda, in gran parte unilaterali, parziali e talvolta infondate.

70 2) Queste difficoltà inerenti alla novità di molti problemi trattati dai teologi, alla vastità del loro interesse scientifico e allo stesso clima generale, non possono lasciare indifferenti i responsabili dell'insegnamento teologico anche nel corso istituzionale.

L'ideale di unità e di sintesi, per quanto sembri difficile, deve interessare sia i professori sia gli alunni.

Si tratta di un problema di massima importanza, dalla soluzione del quale dipende in gran parte tutta l'efficacia, la vitalità e la pratica utilità degli studi.

Esso abbraccia:

a) la sintesi delle varie dottrine tra loro;

b) la sintesi dei vari livelli dello studio teologico, per es., esegesi-teologia sistematica;

c) la sintesi tra scienze ed esperienze religiose in rapporto all'azione pastorale, ecc.

71 3) Tra i mezzi indispensabili per conseguire questo scopo, si segnalano i seguenti:

a) Sin dall'inizio degli studi è necessario « disporre meglio le varie discipline teologiche e filosofiche, facendole convergere concordemente alla progressiva apertura delle menti degli alunni verso il mistero del Cristo, il quale compenetra tutta la storia del genere umano, agisce continuamente nella Chiesa e opera principalmente attraverso il ministero sacerdotale ».

In un particolare Corso introduttorio, « il mistero della salvezza sia proposto in modo che gli alunni possano percepire il significato degli studi ecclesiastici, la loro struttura e il loro fine pastorale ».

b) È necessario un programma di studi dettagliato e coordinato che garantisca l'integrità e la coesione interna di tutto il corso teologico, la completezza delle materie da trattare, nonché una giusta impostazione e coordinazione delle singole discipline.

c) È insostituibile l'impegno personale dei professori, compresi pienamente di un tale ideale di unità e di sintesi, e capaci di far rientrare le singole parti e i dati frammentari in un tutto organico, che essi già possiedono e a cui sanno riportare ogni considerazione parziale.

d) Di qui l'importanza delle lezioni magistrali che devono essere sufficientemente numerose e ben preparate.

Il lavoro degli studenti in gruppi e i « seminari » dovrebbero servire per un approfondimento della sintesi e per imparare il metodo del lavoro scientifico.

In ogni caso, questi metodi di studio personale da soli non possono sostituire le lezioni e non bastano per dare agli studenti una visione completa e sintetica delle materie da studiare.

e) In vista della completezza dell'insegnamento e dell'auspicata sintesi della teologia, si rende necessario stabilire un canone fisso delle discipline principali, insieme con i temi basilari e centrali della fede da trattare obbligatoriamente; il principio di opzionalità a livello di formazione istituzionale deve limitarsi soltanto ad alcune materie ausiliarie e speciali, da precisarsi con cura.

f) Il fulcro degli sforzi, per ottenere una maggiore completezza e la sintesi, è costituito dal programma degli studi e dall'unità effettiva del corpo insegnante.

S'impone, pertanto, un coordinamento e una collaborazione interdisciplinare, che dovrebbe essere in qualche modo istituzionalizzata, specialmente nella elaborazione dei programmi e nella suddivisione dei compiti.

g) È necessario riconoscere e rispettare il ruolo importantissimo del prefetto degli studi, il quale deve essere all'altezza della sua missione e veramente efficiente.

Egli cercherà di mantenere viva nel corpo insegnante la preoccupazione per la completezza e la sintesi, sforzandosi, insieme con i docenti, di evitare a ogni costo un insegnamento frammentario, polarizzato intorno ad alcune questioni di attualità, o limitato a certe teologie moderne parziali ( per es., la teologia dello sviluppo, della liberazione, ecc. ).

72- 3. Vitalità e comunicabilità del sapere teologico

1) Forse mai, come oggi, la teologia è stata consapevole del fatto di essere al servizio della trasmissione del messaggio cristiano.

Questa consapevolezza è stata notevolmente accentuata dal Concilio Vaticano II, il quale aveva ricevuto dal papa Giovanni XXIII la consegna di sforzarsi « ut haec doctrina certa et immutabilis, cui fidele obsequium est praestandum, ea ratione pervestigetur et exponatur, quam tempora postulant nostra ».

A loro volta gli alunni desiderano che l'insegnamento teologico sia veramente vitale agli effetti spirituali, pastorali e sociali.

73 2) In forza della sua stessa natura, la teologia porta all'incontro personale con Dio, suscitando in chi la insegna o la studia uno stimolo alla preghiera e alla contemplazione.

La spiritualità nascente da una vita di fede è come una dimensione interna della teologia, alla quale dà un sapore soprannaturale.

D'altra parte, ai fini di una più intensa vita spirituale e di una adeguata preparazione pastorale è necessario un serio insegnamento scientifico, senza il quale a nulla valgono gli eventuali adattamenti ascetici e pastorali.

74 3) La vitalità della teologia in rapporto alla preghiera e alla contemplazione, secondo l'insegnamento del Concilio Vaticano II, si ottiene mediante il ricorso alla parola di Dio manifestata e operante nella storia della salvezza, che trova il suo centro vivificante e sintetizzante nel mistero del Cristo.

Le verità della fede risultano tanto più vitali quanto più se ne vede la profonda unità nel Cristo, come si costata in modo particolare nei Padri e nella liturgia.

Per questa ragione, un maggiore accostamento sia alla Sacra Scrittura, sia ai Padri e alla liturgia può considerarsi il mezzo più efficace per scoprire la forza vitale della formazione teologica.

A tal fine servono evidentemente anche tutti i mezzi e gli sforzi sopra menzionati per dare all'insegnamento teologico maggiore coesione e unità.

75 4) La spiritualità è anche una delle principali componenti dell'adattamento pastorale; ma essa da sola non basta.

Infatti, è più necessario un maggior contatto con la vita.

A tale scopo si raccomandano ai professori utili contatti con la realtà pastorale, con i sacerdoti in cura d'anime, con i fedeli, specialmente con i professionisti credenti e colti.

Grazie a tali relazioni, essi potranno diventare più consapevoli dei problemi reali che la vita quotidiana e il progresso scientifico pongono alla fede, e potranno così impostare le lezioni in maniera tale « ut alumni, hodiernae aetatis indole recte perspecta, ad colloquium cum hominibus accommodate praeparentur ».

76 5) Per servire alla comunicazione della fede all'uomo d'oggi, la teologia suppone ed esige senza dubbio l'analisi delle sue disposizioni e delle sue capacità percettive in rapporto alle verità che gli devono essere proposte.

Essa poi si sforza di formulare le verità in relazione alla forma mentis dell'uomo, in maniera tale che possano acquistare per lui un reale significato e una rilevanza vitale, anche in rapporto ai problemi sociali, politici e culturali che più interessano il mondo odierno.

In questo lavoro non si deve perdere il senso della trascendenza del messaggio cristiano; né ridurre la teologia a una specie di filologia, o di sociologia della religione, elaborate da un teologo; né abbandonare la tradizione classica della teologia; né trascurare l'oggetto vero della teologia, che è Dio.

77 6) Il compito, di cui sopra, pone ovviamente il problema del linguaggio teologico, che oggi è vivo anche per l'interesse che viene suscitato dalla problematica dell'ermeneutica moderna.

La teologia deve sensibilizzarsi al linguaggio del mondo moderno se vuole radicarsi nella cultura e mantenere la possibilità di approccio con gli uomini contemporanei.

Come dice a tale proposito il Sommo Pontefice Paolo VI, « occorre guardare avanti, per convalidare la integrità di tutta la dottrina, senza nessuna mutevolezza corriva alle mode caduche, nelle forme del linguaggio nuovo, al quale, a sua volta, non si pongono preclusioni se non quelle della assoluta fedeltà alla Rivelazione e al Magistero infallibile della Chiesa, del rispetto del sensus fidelium e della edificazione nella carità ».

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