Temi scelti d'Ecclesiologia

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3. La Chiesa come « Mistero » e « Soggetto storico »

3.1. La Chiesa insieme « mistero » e « soggetto storico »

Secondo l'intima intenzione della costituzione conciliare Lumen Gentium, intenzione non contraddetta dalla riflessione postconciliare, l'espressione « popolo di Dio », adoperata unitamente ad altre denominazioni per indicare la Chiesa, mira a sottolineare il carattere sia di « mistero », sia di « soggetto storico », che in ogni circostanza la Chiesa attualizza e « realizza » in modo indissociabile.

Il carattere di « mistero » designa la Chiesa in quanto procede dalla Trinità, mentre quello di « soggetto storico » le si addice in quanto essa agisce nella storia e contribuisce a orientarla.

Eliminato ogni rischio di dualismo e di giustapposizione, occorre approfondire la correlazione, esistente nella « Chiesa come popolo di Dio », tra l'aspetto del « mistero » e del « soggetto storico ».

Infatti è il carattere di mistero che per la Chiesa determina la sua natura di soggetto storico.

Correlativamente è il soggetto storico che, da parte sua, esprime la natura del mistero; in altre parole, il popolo di Dio è simultaneamente mistero e soggetto storico; cosicché il mistero costituisce il soggetto storico e il soggetto storico rivela il mistero.

Sarebbe dunque puro nominalismo scindere nella « Chiesa-popolo di Dio » l'aspetto di mistero e l'aspetto di soggetto storico.

Il « mistero », applicato alla Chiesa, rinvia alla libera disposizione della sapienza e della bontà del Padre di comunicarsi: comunicazione che si realizza con la missione del Figlio e con l'invio dello Spirito, per la salvezza degli uomini.

In quest'azione divina ha origine la creazione come storia degli uomini, poiché questa ha il suo « principio », nel senso più pieno del termine ( Gv 1,1 ), in Gesù Cristo, il Verbo fatto carne.

Questi, esaltato alla destra del Padre, darà ed effonderà lo Spirito Santo, che diventa principio della Chiesa costituendola quale corpo e sposa di Cristo, e ponendola quindi in un rapporto particolare, unico ed esclusivo nei riguardi di Cristo e perciò non estensibile indefinitamente.

Ne consegue anche che il mistero trinitario viene reso presente e attivo nella Chiesa.

Infatti, se, da un certo punto di vista, il mistero di Cristo-Capo, inteso come principio universalmente totalizzante del Christus totus, « comprende » e racchiude il mistero della Chiesa, da un altro punto di vista, il mistero di Cristo non s'identifica puramente e semplicemente con quello della Chiesa, alla quale si deve riconoscere un carattere escatologico.

La continuità tra Gesù Cristo e la Chiesa non è dunque diretta, ma « mediata » e assicurata dallo Spirito Santo, il quale, in quanto Spirito di Gesù, opera per instaurare nella Chiesa il regno di Gesù Cristo, che si realizza nel ricercare la volontà del Padre.

3.2. La Chiesa come « soggetto storico »

La Chiesa « mistero », in quanto creata dallo Spirito Santo come compimento e pienezza del mistero di Gesù Cristo-Capo - e quindi rivelazione della Trinità -, è propriamente un soggetto storico.

L'intenzione del Vaticano II di sottolineare tale aspetto della Chiesa traspare con evidenza - come abbiamo già riferito - nel ricorso alla categoria di « popolo di Dio ».

Questa trova nei suoi antecedenti veterotestamentari una precisa connotazione di soggetto storico dell'alleanza con Dio.

Tale caratteristica viene, inoltre, confermata nel compimento neotestamentario della nozione, quando, riferendosi a Cristo, mediante lo Spirito, il « nuovo » popolo di Dio si dilata, acquisendo una dimensione universale.

Ora, proprio perché si riferisce a Gesù Cristo e allo Spirito, il nuovo popolo di Dio si costituisce nella sua identità di soggetto storico.

Ciò che caratterizza fondamentalmente questo popolo e che lo distingue da ogni altro popolo è il fatto di vivere ponendo in esercizio la memoria e insieme l'attesa di Gesù Cristo, e quindi l'impegno della missione.

Il nuovo popolo di Dio si realizza indubbiamente mediante la libera e responsabile adesione di ogni suo membro, ma anche grazie al sostegno d'una struttura istituzionale costituita a tale fine ( parola di Dio e nuova legge, Eucaristia e sacramenti, carismi e ministeri ).

In ogni modo, memoria e attesa danno una precisa specificazione al popolo di Dio, conferendogli un'identità storica, che con la sua stessa struttura lo preserva in qualsiasi circostanza dalla dispersione e dall'anonimato.

Memoria e attesa non possono neppure venire dissociate dalla missione per la quale il popolo di Dio è permanentemente convocato.

Si può infatti asserire che la missione deriva intrinsecamente dalla memoria e dall'attesa di Gesù Cristo nel senso che queste costituiscono il suo fondamento.

Il motivo è da ricercarsi nel fatto che il popolo di Dio apprende, mediante la fede e partendo dalla memoria e dall'attesa di Gesù, ciò che gli altri popoli non sanno né mai potranno sapere sul significato dell'esistenza e della storia degli uomini.

Questa conoscenza e questa buona novella, il popolo di Dio, in forza della missione ricevuta da Gesù, deve annunciarla a tutti gli uomini ( Mt 28,19 ).

Diversamente e nonostante la sapienza umana o « greca » ( cf. San Paolo ) o nonostante ancora il progresso scientifico e tecnico, gli uomini continueranno a rimanere nella schiavitù e nelle tenebre.

In quest'ottica, la missione, che costituisce il fine storico del popolo di Dio, provoca un'azione specifica, che nessun'altra azione umana può sostituire, azione insieme critica, stimolatrice e realizzatrice del comportamento degli uomini, nel cuore dei quali ognuno gioca la propria salvezza.

Sottovalutare la funzione propria della missione e quindi ridurla non può che aggravare i problemi e i mali del mondo.

3.3. Pienezza e relatività del soggetto storico

D'altro canto, l'insistenza sull'indicazione del popolo di Dio come soggetto storico, e anche il riferimento costitutivo alla memoria e all'attesa di Gesù Cristo, consentirà di richiamare l'attenzione sugli elementi di relatività e d'incompiutezza pertinenti al popolo di Dio.

Infatti, « memoria » e « attesa » dicono simultaneamente, da un lato, « identità » e, dall'altro, « differenza ».

« Memoria » e « attesa » esprimono « identità » nel senso che il riferimento del nuovo popolo di Dio a Gesù Cristo, mediante lo Spirito, non fa di tale popolo una realtà « altra », indipendente o diversa, ma semplicemente una realtà riempita dalla « memoria » e dall'« attesa » che la uniscono a Gesù Cristo.

Sotto quest'aspetto, la realtà del tutto relativa del nuovo popolo di Dio risalta chiaramente, perché esso non può ripiegarsi su se stesso e dipende totalmente da Gesù Cristo.

Ne consegue che il nuovo popolo di Dio non ha un'indole propria da far valere, imporre o proporre al mondo, ma può solo proclamare e comunicare la memoria e l'attesa di Gesù Cristo, in cui consiste la sua vita: « Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me » ( Gal 2,20 ).

Ne consegue pure che « memoria » e « attesa », che denotano la presenza d'un Altro e che per ciò stesso esprimono la « relatività » in rapporto a lui, implicano pure l'« incompiutezza ».

Per tale motivo, il nuovo popolo di Dio, si tratti dei suoi membri presi singolarmente o dell'insieme che essi costituiscono, rimane sempre « in cammino » ( in via ) e in una situazione mai compiuta qui in terra.

Il destino di questo popolo è di farsi « memoria » e « attesa » sempre più fedeli e obbedienti.

L'autentica posizione del nuovo popolo di Dio non potrebbe quindi mai indulgere a qualche forma di arroganza o senso di superiorità.

Anzi, la sua situazione nei riguardi di Cristo deve stimolarlo a dedicarsi umilmente alla conversione.

A tutti gli uomini il nuovo popolo di Dio non può proporre più di quanto esige da se stesso.

Ciò che infatti esso propone non è ciò che gli apparterrebbe in proprio, ma piuttosto ciò che, senza alcun suo merito anteriore, ha ricevuto da Dio.

3.4. Il nuovo popolo di Dio nella sua esistenza storica

Il nuovo popolo di Dio riceve la sua « consistenza » di popolo dallo Spirito Santo.

Secondo le parole dell'apostolo Pietro, ciò che era « non-popolo » non può divenire un « popolo » ( cf. 1 Pt 2,10 ) se non mediante Colui che lo unisce dall'alto e dall'interno al fine di realizzare l'unione in Dio.

Lo Spirito Santo fa vivere il nuovo popolo di Dio nella memoria e nell'attesa di Gesù Cristo e gli conferisce la missione di annunciare la Buona Novella di questa memoria e di quest'attesa a tutti gli uomini.

Non si tratta con questa memoria, con quest'attesa e con questa missione d'una realtà che si sovrapporrebbe o si aggiungerebbe a un'esistenza e a delle attività già vissute.

A tale proposito i membri del popolo di Dio non costituiscono un gruppo particolare che si differenzierebbe dagli altri gruppi umani sul piano delle attività quotidiane.

Le attività dei cristiani non sono diverse dalle attività con cui gli uomini, qualunque essi siano, « umanizzano » il mondo.

Per i membri del popolo di Dio, come per tutti gli altri uomini, esistono solo le condizioni ordinarie e comuni della vita umana che tutti, secondo la diversità della loro vocazione, sono chiamati a condividere in solidarietà.

Tuttavia, il fatto di essere membri del popolo di Dio assegna ai cristiani una specifica responsabilità nei confronti del mondo: « Ciò che l'anima è nel corpo, questo siano nel mondo i cristiani » ( Lumen Gentium, n. 38; cf. Lettera a Diogneto, 6 ).

Poiché lo Spirito Santo stesso viene chiamato anima della Chiesa ( Lumen Gentium, n. 7 ), i cristiani ricevono in questo stesso Spirito la missione di realizzare nel mondo una presenza tanto vitale quanto quella che Egli stesso compie nella Chiesa.

Non si tratta di un'azione tecnica, artistica o sociale, quanto piuttosto di un confronto dell'operare umano in ogni sua forma, con la speranza cristiana, o, per conservare il nostro vocabolario, con le esigenze della memoria e dell'attesa di Gesù Cristo.

È « dall'interno », infatti, dei compiti umani che i cristiani, e tra loro più particolarmente i laici, sono chiamati a « lavorare per la santificazione del mondo ».

Il loro impegno agirà « come un fermento » quando mediante l'esercizio della loro funzione propria e sotto la guida dello spirito evangelico contribuiranno « a rendere visibile Cristo agli altri, principalmente con la testimonianza della loro vita e col fulgore della fede, della speranza e della carità » ( Lumen Gentium, n. 31 ).

Il nuovo popolo di Dio non si contraddistingue, quindi, per un modo di esistenza o una missione che dovrebbero sostituirsi a un'esistenza e a progetti umani già presenti.

Al contrario, la memoria e l'attesa di Gesù Cristo convertiranno o trasformeranno dall'interno il modo d'esistere e i progetti già vissuti in un gruppo di uomini.

Si potrebbe affermare al riguardo che la memoria e l'attesa di Gesù Cristo, di cui vive il nuovo popolo di Dio, costituiscono come l'elemento « formale » ( nel senso scolastico del termine ) che struttura l'esistenza concreta degli uomini.

Questa, che è come la « materia » ( sempre nel senso scolastico ), evidentemente responsabile e libera, riceve la tale o la tal altra determinazione per costituire un modo di vita « secondo lo Spirito Santo ».

Tali modi di vita non esistono a priori e non possono essere determinati in anticipo; si manifestano in una multiforme varietà e sono perciò sempre imprevedibili, anche se si possono riferire all'azione costante di un unico Spirito Santo.

Ciò che questi vari modi di vita hanno invece in comune e di costante è di esprimere « nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza è come intessuta » ( cf. Lumen Gentium, n. 31 ), le esigenze e le gioie del Vangelo di Cristo.

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