Temi scelti d'Ecclesiologia

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6. Il nuovo popolo di Dio come società gerarchicamente ordinata

6.1. Comunione, struttura e organizzazione

Sin dal suo apparire nella storia, il nuovo popolo di Dio appare strutturato attorno ai pastori che Gesù Cristo stesso gli ha scelto, costituendoli suoi Apostoli ( Mt 10,1-42 ), e ponendo a loro guida Pietro ( Gv 21,15-17 ).

« Quella missione divina, affidata da Cristo agli Apostoli, dovrà durare sino alla fine dei secoli ( cf. Mt 28,20 ), poiché il Vangelo che essi devono trasmettere è per la Chiesa principio di tutta la sua vita in ogni tempo.

Per questo gli Apostoli, in questa società gerarchicamente ordinata, ebbero cura di costituirsi dei successori » ( Lumen Gentium, n. 20 ).

Non è possibile quindi dissociare il popolo di Dio che è la Chiesa dai ministeri che la strutturano e specialmente dall'episcopato.

Questo, alla morte degli Apostoli, diventa il vero « ministero della comunità » che i vescovi esercitano con l'ausilio dei sacerdoti e dei diaconi ( Lumen Gentium, n. 20 ).

Da allora, se la Chiesa si presenta come un popolo e una comunione di fede, di speranza e di carità, nel cui seno i fedeli di Cristo « godono della vera dignità cristiana » ( Lumen Gentium, n. 18 ), questo popolo e questa comunione sono provvisti di ministeri e di mezzi di crescita che assicurano il bene dell'intero corpo.

Non si possono quindi separare nella Chiesa gli aspetti d'una struttura e di una vita che in essa sono intimamente associate tra loro.

« Cristo, unico mediatore, ha costituito sulla terra la sua Chiesa santa, comunità di fede, di speranza e di carità, come un organismo visibile; la sostenta incessantemente, e per essa diffonde su tutti la verità e la grazia.

La società costituita di organi gerarchici e il corpo mistico di Cristo, l'assemblea visibile e la comunità spirituale, la Chiesa della terra e la Chiesa ormai in possesso dei beni celesti, non si devono considerare come due realtà, ma formano una sola complessa realtà risultante di un elemento umano e di un elemento divino » ( Lumen Gentium, n. 8 ).

La comunione che definisce il nuovo popolo di Dio è dunque una comunione sociale gerarchicamente ordinata.

Come precisa la « nota esplicativa previa » del 16 novembre 1964, se « la comunione è un concetto tenuto in grande onore nell'antica Chiesa ( e anche oggi, specialmente in Oriente ), per essa [ tuttavia ] non s'intende un certo vago "affetto", ma una "realtà organica", che richiede forma giuridica e insieme è animata dalla carità ».

A questo punto ci si può coerentemente porre la questione relativa alla presenza e alla portata dell'organizzazione giuridica nella Chiesa.

Se è il caso di distinguere la funzione sacramentale ontologica dall'aspetto canonico-giuridico ( cf. « Nota esplicativa previa » del 16 novembre 1964 ), ciò non toglie che l'una e l'altro siano, a livelli diversi, assolutamente necessari alla vita della Chiesa.

Tenendo presente l'analogia parziale o relativa ( ob non mediocrem analogiam ) della Chiesa con il Verbo Incarnato, come viene sviluppata dalla Lumen Gentium ( n. 8 ), non dimentichiamo che « come la natura assunta è a servizio del Verbo divino come vivo organo di salvezza, a lui indissolubilmente unito, in modo non dissimile l'organismo sociale della Chiesa è a servizio dello Spirito di Cristo che lo vivifica, per la crescita del corpo ».

L'analogia con il Verbo Incarnato permette di affermare che quest'« organo di salvezza » che è la Chiesa va inteso in modo tale da evitare due eccessi tipici delle eresie cristologiche dell'antichità.

Così, va evitato, da un lato, una specie di « nestorianesimo » ecclesiale, secondo cui nessun rapporto sostanziale esisterebbe tra l'elemento divino e l'elemento umano; e, dall'altro, un « monofisismo » ecclesiale, secondo cui tutto nella Chiesa sarebbe « divinizzato » e quindi senza i limiti, le deficienze o gli errori dell'organizzazione, frutto dei peccati e dell'ignoranza umana.

Certo, la Chiesa è un sacramento, ma non con tenore e perfezione uguali in ogni atto che compie.

Dal momento che ritorneremo sul tema della Chiesa-sacramento, ci basti qui ricordare che la liturgia costituisce il settore in cui la sacramentalità della Chiesa opera e viene espressa con il massimo vigore ( cf. Sacrosanctum Concilium, n. 7 e n. 10 ).

Seguono quindi il ministero della Parola quando è esercitato nelle sue più elevate espressioni ( cf. Lumen Gentium, n. 21 e n. 25 ); e infine il campo ove si dispiega la funzione pastorale con l'autorità canonica o potere di governo ( Lumen Gentium, n. 23 ).

Ne consegue che la legislazione ecclesiastica, benché fondata su un'autorità di origine divina, non può sottrarsi all'influenza esercitata in misura più o meno notevole dall'ignoranza e dal peccato.

In altri termini: la legislazione ecclesiastica non è né può essere infallibile; ciò, evidentemente, non significa che essa non abbia influenza sul mistero della salvezza.

Negarle qualsiasi funzione positivamente salvifica significherebbe, in fin dei conti, ridurre la sacramentalità della Chiesa ai soli sacramenti e quindi attenuare la visibilità della Chiesa nella sua vita quotidiana.

6.2. Principi di vita pratica nella società di comunione gerarchicamente ordinata

Nella struttura fondamentale della Chiesa possiamo scorgere gli stessi principi che illuminano la sua organizzazione e la sua prassi canonico-giuridica.

1. In quanto comunità visibile e organismo sociale, la Chiesa ha bisogno di norme che esprimano la sua struttura fondamentale e sociale, e precisino, in forza d'un giudizio prudenziale, le regole da osservare nelle circostanze concrete della vita della comunità.

Come possono mutare le circostanze pratiche, così anche la fedeltà, che è dovuta allo Spirito Santo, può esigere che alcune norme pure mutino.

2. Lo scopo della legislazione ecclesiale non può essere che il bene comune della Chiesa.

Questo comprende indissolubilmente la tutela del deposito della fede ricevuta da Cristo e il progresso spirituale dei figli di Dio diventati membri del corpo di Cristo.

3. Se la Chiesa necessita di norme e di diritto, dobbiamo, conseguentemente, riconoscere che possiede un'autorità legislativa ( Lumen Gentium, n. 27; cf. Codice di Diritto Canonico, can. 135, can. 292, can. 333, can. 336, can. 391, can. 445, can. 455, ecc. ).

Questa rispetterà scrupolosamente il principio generale ricordato dalla Dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa ( n. 7 ), secondo la quale « all'uomo va riconosciuta la libertà più ampia possibile, e non dev'essere limitata se non quando e in quanto è necessario ».

Un simile potere implica pure che le legittime disposizioni legislative siano accolte e osservate da parte dei fedeli con un'obbedienza religiosa.

Tuttavia, l'esercizio d'una tale autorità richiederà da parte dei Pastori un'attenzione tutta particolare alla temibile responsabilità che il potere di legiferare comporta; vi sarà unito anche il grave dovere morale di consultare in via preliminare le persone competenti insieme con l'obbligo, quando ciò sia necessario, di procedere a ulteriori emendamenti delle stesse leggi.

La presenza di elementi giuridici nelle disposizioni che sovrintendono alla vita della Chiesa richiede ancora alcune considerazioni.

La libertà cristiana è uno dei tratti peculiari della Nuova Alleanza o del « nuovo popolo di Dio » e costituisce quindi una novità rispetto all'antica legge.

Tuttavia, l'avvento di questa nuova libertà, nella testimonianza dei Profeti di Israele già connessa con l'interiorizzazione della legge, scolpita nell'intimo dell'animo e nello stesso cuore dell'uomo ( cf. Ger 31,31 ), non comporta che la legge esteriore scompaia interamente dalla vita della Chiesa, almeno sinché questa è « pellegrina » su questa terra.

Il Nuovo Testamento ci presenta già i primi elementi di un diritto ecclesiastico ( Mt 18,15-18; At 15,28s; 1 Tm 3,1-13; 1 Tm 5,17-22; Tt 1,5-9, ecc. ).

I primi Padri della Chiesa sono testimoni di alcuni sviluppi di norme destinate a fissare e conservare il retto ordine della comunità.

Così Clemente Romano, Ignazio d'Antiochia, Policarpo di Smirne, Tertulliano, Ippolito, ecc.

I Concili ecumenici o locali stabiliscono disposizioni disciplinari accanto a decisioni dottrinali propriamente dette.

L'antico diritto della Chiesa era dunque già importante, anche se non assumeva sempre la forma di una legge scritta.

Vigeva infatti una specie di diritto consuetudinario, non per questo meno vincolante e che spesso ha costituito la fonte dei « santi canoni » che verranno redatti in seguito.

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