Fede e inculturazione

Indice

3. Problemi attuali d'inculturazione

La religiosità popolare

L'incontro delle religioni non cristiane

Giovani Chiese, passato cristiano e cultura ancestrale

La fede cristiana e la modernità

1. L'inculturazione della fede, che abbiamo considerato soprattutto da un punto di vista filosofico ( natura, cultura e grazia ), in primo luogo, quindi dal punto di vista della storia e del dogma ( l'inculturazione nella storia della salvezza ), pone ancora notevoli problemi alla riflessione teologica e all'azione pastorale.

Così gli interrogativi che la scoperta di nuovi mondi ha fatto sorgere, nel secolo XVI, continuano a preoccuparci.

Come armonizzare con la fede le espressioni spontanee della religiosità dei popoli?

Quale atteggiamento assumere di fronte alle religioni non cristiane, a quelle, in particolare, che sono « legate al progresso della cultura »?55

Problemi nuovi sono sorti ai nostri giorni.

Come le « giovani Chiese », nate nel nostro secolo dall'indigenizzazione di comunità cristiane preesistenti, devono considerare sia il loro passato cristiano sia la storia culturale dei loro rispettivi popoli?

Come infine il Vangelo deve animare, purificare e fortificare il nuovo mondo in cui ci hanno fatto entrare l'industrializzazione e l'urbanizzazione?

Questi quattro interrogativi ci sembrano imporsi a chi riflette sulle condizioni presenti dell'inculturazione della fede.

1. La religiosità popolare

2. In genere per religiosità popolare s'intende, nei Paesi raggiunti dal Vangelo, l'unione della fede e della pietà cristiane, da un lato con la cultura profonda e dall'altro con forme della precedente religione delle popolazioni.

Si tratta di quelle numerose devozioni con cui alcuni cristiani esprimono il loro sentimento religioso nel linguaggio semplice, tra l'altro, della festa e del pellegrinaggio, della danza e del canto.

Si è potuto parlare di sintesi vitale a proposito di tale religiosità, poiché unisce « il corpo e lo spirito, la comunione ecclesiale e l'istituzione, l'individuo e la comunità, la fede cristiana e l'amore della patria, l'intelligenza e l'affettività ».56

La qualità della sintesi dipende, ovviamente, dall'antichità e dalla profondità dell'evangelizzazione, come dalla compatibilità degli antecedenti religiosi e culturali con la fede cristiana.

3. Nell'esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, Paolo VI ha confermato e incoraggiato una valutazione nuova della religiosità popolare.

« Per lungo tempo considerate meno pure, talvolta disprezzate, queste espressioni [ particolari della ricerca di Dio e della fede ] formano oggi un po' dappertutto l'oggetto di una riscoperta ».57

4. « Ma se è bene orientata, soprattutto mediante una pedagogia di evangelizzazione - continuava Paolo VI - [ la pietà popolare ] è ricca di valori.

Essa manifesta una sete di Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere;

rende capaci di generosità e di sacrificio fino all'eroismo, quando si tratta di manifestare la fede;

comporta un senso acuto degli attributi profondi di Dio: la paternità, la provvidenza, la presenza amorosa e costante;

genera atteggiamenti interiori raramente osservati altrove al medesimo grado: pazienza, senso della croce nella vita quotidiana, distacco, apertura agli altri, devozione ».58

5. Del resto, la forza e la profondità delle radici della religiosità popolare si sono chiaramente manifestate in quel lungo periodo di discredito di cui parlava Paolo VI.

Le espressioni della religiosità popolare sono sopravvissute alle numerose predizioni di scomparsa che la modernità e i progressi del secolarismo sembravano dare per certa.

Hanno conservato e anzi accresciuto, in molte regioni del globo, l'attrattiva che esercitavano sulle folle.

6. Non poche volte sono stati denunciati i limiti della religiosità popolare.

Essi hanno origine da un certo semplicismo, fonte di varie deformazioni della religione, anzi di superstizioni.

Si rimane al livello di manifestazioni culturali, senza che siano impegnate una vera adesione di fede e l'espressione di tale fede nel servizio del prossimo.

Male orientata, la religiosità popolare può anche condurre alla formazione di sètte e mettere così in pericolo la vera comunità ecclesiale.

Essa rischia ancora di essere manipolata sia da poteri politici sia da forze religiose estranee alla fede cristiana.

7. La considerazione di tali pericoli invita a praticare una catechesi intelligente, che trae vantaggio dai meriti di una religiosità popolare autentica e, allo stesso tempo, capace di discernimento.

Una liturgia viva e adeguata è chiamata ugualmente a svolgere un grande ruolo nell'integrazione di una fede molto pura e delle forme tradizionali della vita religiosa dei popoli.

Indubbiamente la pietà popolare può arrecare un contributo insostituibile a un'antropologia culturale cristiana che permetterebbe di ridurre il divario, talora tragico, tra la fede dei cristiani e certe istituzioni socioeconomiche di orientamento ben diverso che guidano la loro vita quotidiana.

2. Inculturazione della fede e religioni non cristiane

8. Le religioni non cristiane.

Sin dalle origini la Chiesa ha incontrato, a molti livelli, il problema della pluralità delle religioni.

I cristiani non costituiscono ancora oggi che un terzo circa della popolazione mondiale; del resto dovranno vivere in un mondo che prova una crescente simpatia per il pluralismo in materia religiosa.

9. Data la posizione rilevante della religione nella cultura, una Chiesa locale o particolare impiantata in un ambiente socioculturale non cristiano deve tenere conto molto seriamente degli elementi religiosi di quell'ambiente.

Una simile preoccupazione sarà del resto a misura della profondità e della vitalità di questi dati religiosi.

10. Se è lecito prendere ad esempio un continente, parleremo dell'Asia, che ha visto nascere parecchie delle grandi correnti religiose del mondo.

L'induismo, il buddismo, l'islam, il confucianesimo, il taoismo e lo scintoismo, ognuno di questi sistemi religiosi, ovviamente in parti distinte del continente, sono profondamente radicati nei popoli e mostrano molta vitalità.

La vita personale come l'attività sociale e comunitaria sono state segnate in maniera determinante da queste tradizioni religiose e spirituali.

Perciò le Chiese dell'Asia considerano il problema delle religioni non cristiane come uno dei più importanti e più urgenti.

Ne fanno anzi l'oggetto di quella forma privilegiata di rapporto che è il dialogo.

11. Il dialogo delle religioni.

Il dialogo con le altre religioni fa parte integrante della vita dei cristiani: attraverso lo scambio, lo studio e il lavoro in comune, questo dialogo contribuisce a una migliore intelligenza della religione dell'altro e alla crescita nella pietà.

12. Per la fede cristiana, l'unità di tutti nella loro origine e nel loro destino, vale a dire nella creazione e nella comunione con Dio in Gesù Cristo, si accompagna alla presenza e all'azione universali dello Spirito Santo.

La Chiesa in dialogo ascolta e impara: « La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni.

Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomini ».59

13. Un simile dialogo ha qualcosa di originale, poiché, come conferma la storia delle religioni, la pluralità delle religioni ha spesso ingenerato discriminazione e gelosia, fanatismo e dispotismo, tutte cose che hanno valso alla religione l'accusa di essere fonte di divisione nella famiglia umana.

La Chiesa, « sacramento universale della salvezza », vale a dire « segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano »,60 è chiamata da Dio ad essere ministro e strumento dell'unità in Gesù Cristo per tutti gli uomini e per tutti i popoli.

14. La trascendenza del Vangelo in rapporto alla cultura.

Non possiamo tuttavia dimenticare la trascendenza del Vangelo in rapporto a tutte le culture umane nelle quali la fede cristiana è chiamata a radicarsi e a svilupparsi secondo tutte le proprie virtualità.

Per quanto grande infatti debba essere il rispetto per ciò che è vero e santo nell'eredità culturale di un popolo, un tale atteggiamento non richiede però di attribuire un carattere assoluto a quell'eredità culturale.

Nessuno può dimenticare che, sin dalle origini, il Vangelo è stato « scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani ». ( 1 Cor 1,23 )

L'inculturazione che prende a prestito la voce del dialogo tra le religioni non potrebbe in nessun modo dare garanzie al sincretismo.

3. Le giovani Chiese e il loro passato cristiano

15. La Chiesa prolunga e attualizza il mistero del Servo di Jahvè, al quale è stato promesso che sarà « luce delle nazioni, perché porti la salvezza fino all'estremità della terra » ( Is 49,6 ) e che sarà « l'Alleanza per il popolo ». ( Is 49,8 )

Questa profezia si realizza nell'Ultima Cena, quando, la vigilia della sua passione, il Cristo, attorniato dai Dodici, dona ai suoi il suo corpo e il suo sangue come cibo e bevanda della Nuova Alleanza, assimilandoli così al proprio corpo.

Nasceva la Chiesa, popolo della Nuova Alleanza.

Essa riceverà alla Pentecoste lo Spirito del Cristo, lo Spirito dell'Agnello immolato sin dall'origine e che già lavorava per esaudire questo voto così profondamente radicato negli esseri umani: l'unione più radicale nel più radicale rispetto della diversità.

16. In virtù della comunione cattolica, che unisce tutte le Chiese particolari in una medesima storia, le giovani Chiese considerano il passato delle Chiese che hanno dato loro la nascita come una parte della propria storia.

Tuttavia l'atto principale d'interpretazione che segna la loro maturità spirituale consiste nel riconoscere quest'anteriorità come originaria, e non solo come storica.

Ciò significa che, accogliendo nella fede il Vangelo che le sorelle maggiori hanno loro annunciato, le giovani Chiese hanno accolto « l'autore e il perfezionatore della fede » ( Eb 12,2 ) e l'intera Tradizione nella quale la fede si è attestata, come anche la capacità di generare forme originali in cui si esprimerà la fede unica e comune.

Uguali in dignità, vivendo lo stesso mistero, autentiche Chiese sorelle, le giovani Chiese manifestano, in accordo con le sorelle maggiori, la pienezza del mistero del Cristo.

17. Popolo della Nuova Alleanza, la Chiesa, in quanto ricorda il mistero pasquale e annuncia continuamente il ritorno del Signore, può dirsi escatologia iniziata delle tradizioni culturali dei popoli, a condizione, naturalmente, che queste tradizioni siano state sottoposte alla legge purificatrice della morte e della risurrezione in Gesù Cristo.

18. Come san Paolo all'areopago di Atene, la giovane Chiesa opera una lettura nuova e creatrice della cultura ancestrale.

Quando tale cultura passa al Cristo, « il velo viene tolto ». ( 2 Cor 3,16 )

Durante il periodo d'incubazione della fede, quella Chiesa aveva scoperto il Cristo come « esegeta ed esegesi » del Padre nello Spirito;66 non cessa del resto di contemplarlo come tale.

Ora, lo scopre « esegeta ed esegesi » dell'uomo, sorgente e destinatario della cultura.

Al Dio ignoto, rivelato sulla Croce, corrisponde l'uomo ignoto che la giovane Chiesa annuncia, nella sua qualità di mistero pasquale vivente, inaugurato mediante la grazia nell'antica cultura.

19. Nella salvezza che rende presente, la giovane Chiesa si sforza di reperire tutte le tracce della sollecitudine di Dio per un gruppo umano particolare, i semina Verbi.

Ciò che il prologo della Lettera agli Ebrei dice dei Padri e dei profeti può, in rapporto con Gesù Cristo, venire ripreso e vale, in una certa maniera analogicamente, per ogni cultura umana, in quello che essa ha di giusto e di vero e che essa porta di saggezza.

4. La fede cristiana e la modernità

20. I cambiamenti tecnici, che hanno provocato la rivoluzione industriale e quindi la rivoluzione urbana, hanno colpito nell'intimo l'animo delle popolazioni, beneficiarie e anche molto spesso vittime di quei cambiamenti.

Perciò s'impone ai credenti, come compito urgente e difficile, di comprendere la cultura moderna nei suoi elementi caratteristici, come nelle sue attese e nei suoi bisogni in rapporto alla salvezza arrecata da Gesù Cristo.

21. La rivoluzione industriale fu anche una rivoluzione culturale.

Valori sino allora sicuri furono messi in discussione, come

il senso del lavoro personale e comunitario,

il rapporto diretto dell'uomo con la natura,

l'appartenenza a una famiglia di sostegno,

nella coabitazione come nel lavoro,

il radicamento in comunità locali e religiose a dimensione umana,

la partecipazione a tradizioni, riti, cerimonie e celebrazioni che danno un senso ai grandi momenti dell'esistenza.

L'industrializzazione, provocando un ammasso disordinato delle popolazioni, mina gravemente questi valori secolari, senza suscitare comunità capaci d'integrare nuove culture.

Nel momento in cui i popoli più sprovveduti sono alla ricerca di un modello di sviluppo adeguato, i vantaggi come pure i rischi e i costi umani dell'industrializzazione vengono meglio percepiti.

22. Grandi progressi sono stati conseguiti in molti settori della vita: alimentazione, sanità, istruzione, trasporti, accesso ai beni di consumo di ogni specie.

Tuttavia profonde inquietudini sorgono nell'inconscio collettivo.

In non pochi Paesi, l'idea di progresso, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, ha lasciato il posto alla disillusione.

La razionalità in materia di produzione e di amministrazione, quando dimentica il bene delle persone, lavora contro la ragione.

L'emancipazione dalle comunità di appartenenza ha sepolto l'uomo nella folla solitaria.

I nuovi mezzi di comunicazione distruggono gli equilibri strutturali come anche possono unire.

La scienza, con le creazioni tecniche che ne sono il frutto, appare insieme creatrice e omicida.

Perciò certuni disperano della modernità e parlano di una nuova barbarie.

Nonostante tanti insuccessi ed errori, bisogna sperare in una rinascita morale di tutte le nazioni, ricche e povere.

Se il Vangelo è predicato e ascoltato, una conversione culturale e spirituale è possibile: essa chiama alla solidarietà, alla sollecitudine per il bene integrale della persona, alla promozione della giustizia e della pace, all'adorazione del Padre, dal quale tutto procede.

23. L'inculturazione del Vangelo nelle società moderne esigerà uno sforzo metodico di ricerca e di azione concertate.

Tale sforzo supporrà nei responsabili dell'evangelizzazione:

1) un atteggiamento di accoglienza e di discernimento critico,

2) la capacità di percepire le attese spirituali e le aspirazioni umane delle nuove culture,

3) la capacità di analisi culturale in vista di un incontro effettivo con il mondo moderno.

24. Un atteggiamento di accoglienza è richiesto, infatti, in chi vuole comprendere ed evangelizzare il mondo di oggi.

La modernità si accompagna a progressi innegabili in molti campi materiali e culturali: benessere, mobilità umana, scienza, ricerca, istruzione, nuovo senso della solidarietà.

Inoltre, la Chiesa del Vaticano II ha preso viva coscienza delle condizioni nuove nelle quali essa deve esercitare la propria missione ed è nelle culture della modernità che si costruirà la Chiesa di domani.

A proposito del discernimento si applica la tradizionale consegna ripresa da Pio XII: « Occorre comprendere più profondamente la civiltà e le istituzioni dei vari popoli e coltivare le loro qualità e i loro doni migliori.

[ … ] Tutto ciò che in tali usi e costumi non è indissolubilmente legato con superstizioni o con errori troverà sempre benevolo esame e, quando riesce possibile, verrà tutelato e promosso ».67

25. Il Vangelo suscita domande fondamentali in chi riflette sul comportamento dell'uomo moderno.

Come far comprendere a quest'uomo la radicalità del messaggio del Cristo:

la carità incondizionata,

la povertà evangelica,

l'adorazione del Padre e

l'adesione costante alla sua volontà?

Come educare al senso cristiano della sofferenza e della morte?

Come suscitare la fede e la speranza nell'opera della risurrezione compiuta da Gesù Cristo?

26. Dobbiamo sviluppare una capacità di analizzare le culture e di percepirne le incidenze morali e spirituali.

Una mobilitazione di tutta la Chiesa s'impone perché sia affrontato con successo il compito estremamente complesso dell'inculturazione del Vangelo nel mondo moderno.

Dobbiamo far nostra, in proposito, la preoccupazione di Giovanni Paolo II: « Fin dall'inizio del mio pontificato, ho ritenuto che il dialogo della Chiesa con le culture del nostro tempo fosse un campo vitale, nel quale è in gioco il destino del mondo in questo scorcio del XX secolo ».68

Indice

55 NA, 2.
56 III Conferenza generale dei vescovi latinoamericani ( Puebla 1979 ),
L'evangelizzazione nel presente e nell'avvenire dell'America Latina, Conclusioni, 448.
57 Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 48.
58 Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 48.
59 NA, 2.
60 LG, 1.
66 H. DE Lubac, Esegesi medievale, I, Jaca Book, Milano 1986, 348-351.
67 Pio XII, Summi pontificatus ( 20 ottobre 1939 ).
68 Giovanni Paolo II, « Fondazione del Pont. Cons. della Cultura » ( 20 maggio 1982 ).