L'interpretazione dei dogmi  

Indice

3. Il dogma e la sua interpretazione attuale113

1. La necessità di un'interpretazione attuale

La Tradizione viva del popolo di Dio pellegrino attraverso la storia non si arresta in un punto determinato di tale storia; giunge al tempo presente, che attraversa, per prolungarsi nel futuro.

La definizione di un dogma non è dunque solo il termine di uno sviluppo, ma sempre anche un nuovo inizio.

Se una verità di fede è divenuta un dogma, s'inserisce per sempre nella Paradosis che progredisce.

Alla definizione segue quindi la recezione, vale a dire l'appropriazione vitale di quel dogma nella vita comunitaria della Chiesa, e la penetrazione più profonda nella verità che attesta.

Giacché il dogma non dev'essere un vestigio dei tempi passati; deve produrre frutti nella vita della Chiesa.

Per tale ragione, non basta vederne unicamente il suo significato negativo o limitativo; esso va compreso nel suo senso positivo, che apre alla verità.

Una simile interpretazione dei dogmi per il presente deve tener conto di due principi che, a prima vista, sembrano contraddirsi: il valore permanente della verità e l'attualità della verità.

Ciò significa che non si può né rinunciare alla Tradizione o tradirla, né, sotto l'apparenza della fedeltà, trasmettere una tradizione fossilizzata.

Bisogna che dalla memoria della Tradizione nasca la speranza per il presente e per il futuro.

In definitiva, una definizione può essere significante per il presente solo perché e in quanto è vera.

La validità permanente della verità e la sua attualità si condizionano quindi reciprocamente.

Solo la verità rende liberi. ( Cf. Gv 8,32 )

2. I principi direttivi dell'interpretazione attuale

Poiché rappresenta una parte della storia della Tradizione e dei dogmi che continua, l'interpretazione attuale del dogma è guidata e specificata dagli stessi princìpi di tale storia.

Ciò significa anzitutto che una simile interpretazione attualizzante non è un processo meramente intellettuale, e neppure solo esistenziale o sociale.

Essa neanche consiste unicamente nella definizione più precisa dei singoli concetti, né nella rifusione o invenzione delle formule: è ispirata, sostenuta e guidata dall'azione dello Spirito Santo nella Chiesa e nel cuore di ogni cristiano.

Si compie nella luce della fede; riceve il proprio impulso dai carismi e dalla testimonianza dei santi che lo Spirito di Dio dona alla sua Chiesa in una data epoca.

Ugualmente in tale contesto si situano la testimonianza profetica dei movimenti spirituali e la sapienza interiore derivante dall'esperienza spirituale dei laici ripieni dello Spirito di Dio.115

Proprio come la Paradosis della Chiesa nella sua totalità, l'interpretazione attualizzante dei dogmi si fa nella e attraverso la vita ecclesiale nella sua totalità.

Ha luogo nella predicazione e nella catechesi, nella celebrazione della liturgia, nella vita di preghiera, nella diaconia, nella testimonianza quotidiana dei cristiani e anche nell'ordine giuridico-disciplinare della Chiesa.

La testimonianza profetica di cristiani o di gruppi deve trovare la propria misura in questo: essa è, e fino a che punto, in comunione con la vita di tutta la Chiesa?

In altri termini, può essere ricevuta e accettata dalla Chiesa in un processo eventualmente lungo e talora persino doloroso?

La fede e la comprensione viva della fede sono pure autentici atti umani, che utilizzano tutte le forze dell'uomo: la sua intelligenza, la sua volontà e la sua sensibilità. ( Cf. Mc 12,30 )

La fede deve rispondere di fronte a tutti gli uomini ( apo-logia ) della ragione della speranza ( logos ). ( Cf. 1 Pt 3,15 )

Perciò il lavoro teologico, lo studio storico delle fonti, il contributo delle scienze umane, l'ermeneutica e la linguistica, come pure la filosofia, rivestono un'importanza considerevole per l'interpretazione attuale dei dogmi.

Tutte queste discipline possono stimolare la testimonianza della Chiesa e compiere un lavoro preparatorio per la sua interpretazione davanti alle istanze della ragione.

Ma in questo servizio, esse hanno naturalmente il loro fondamento e la loro norma nella predicazione, nell'insegnamento e nella vita della Chiesa.

3. Valore permanente delle formule dogmatiche

Il problema dell'interpretazione attuale dei dogmi si concentra nel problema del valore permanente delle formule dogmatiche.118

Certamente si deve distinguere il contenuto sempre valido dei dogmi dalla forma nella quale esso viene espresso.

Il mistero di Cristo trascende le possibilità di espressione di ogni epoca storica e sfugge quindi a qualsiasi sistematizzazione esclusiva. ( Cf. Ef 3,8-10 )119

Nell'incontro con le diverse culture e con i segni dei tempi che si succedono, lo Spirito Santo continua a rendere il mistero di Cristo presente nella sua novità.

Tuttavia non si possono separare nettamente contenuto e forma di espressione.

Il sistema simbolico del linguaggio non è solo un rivestimento esterno, ma in qualche modo l'incarnazione di una verità.

Ciò vale, sullo sfondo dell'incarnazione della Parola eterna, in maniera particolarissima per la professione di fede della Chiesa.

Questa assume ovviamente una forma concreta e formulabile che, come espressione reale-simbolica del contenuto della fede, contiene e rende presente ciò che essa indica.

Perciò le sue immagini e i suoi concetti non sono intercambiabili a piacimento.

Lo studio della storia dei dogmi mostra chiaramente che, in questi dogmi, la Chiesa non ha semplicemente ripreso una concettualizzazione già data.

Essa ha piuttosto sottoposto concetti già esistenti, per lo più desunti dal linguaggio colto dell'ambiente, a un processo di purificazione e di trasformazione o di rielaborazione.

Così, ha creato il linguaggio adatto al proprio messaggio.

Si pensi, ad esempio, alla distinzione tra « sostanza » ( o natura ) e « ipostasi », e all'elaborazione del concetto di persona che, in quanto tale, non esisteva nella filosofia greca, ma che è il risultato della riflessione sulla realtà del mistero della salvezza e sul linguaggio biblico.

Per un verso, il linguaggio dogmatico della Chiesa si è dunque formato nel dibattito con certi sistemi filosofici, ma non è legato in nessun modo a un determinato sistema filosofico.

Nel processo di espressione verbale della fede, la Chiesa si è creata il proprio linguaggio, con il quale ha dato espressione a realtà che non erano state conosciute e percepite prima, ma che appartengono ora, proprio mediante tale espressione linguistica, alla Paradosis della Chiesa e attraverso essa all'eredità storica dell'umanità.

Come comunità della fede, la Chiesa è una comunità nella parola della confessione.

Perciò l'unità nelle parole fondamentali della fede fa anche parte, diacronicamente come sincronicamente, dell'unità della Chiesa.

Queste parole fondamentali della fede non sono rivedibili, neppure quando ci si propone di non perdere di vista la realtà che è espressa in esse.

Ma ci si deve sforzare di assimilarle sempre più e di procedere oltre nella loro spiegazione, grazie a tutta una gamma di forme diverse di evangelizzazione.

In particolare, l'inculturazione del cristianesimo in altre culture può, per tale compito, fornire un'occasione o creare un obbligo.

La verità rivelata rimane sempre la medesima, « non solo nella sostanza, ma altresì negli enunciati fondamentali ».120

4. I criteri dell'interpretazione attuale

Per il processo della Paradosis che prosegue ai nostri giorni sono validi i criteri esposti nei paragrafi precedenti.

È essenziale che « l'asse cristologico » sia preservato, in modo che Gesù Cristo rimanga il punto di partenza, il centro e la misura di ogni interpretazione.

Per assicurare che sia così, il criterio dell'origine, vale a dire dell'apostolicità, come pure quello della comunione ( koinonia ), cioè della cattolicità, stanno al primo posto.121

Oltre a questi due criteri già presi in esame, anche il « criterio antropologico » svolge un ruolo importante oggi nell'interpretazione.

Con tale affermazione non si vuole ovviamente dire che l'uomo stesso, certi suoi bisogni e interessi, o persino anche le tendenze della moda, possono essere la misura della fede e dell'interpretazione dei dogmi.

Ciò è già escluso dal fatto che l'uomo è per se stesso una questione non risolta, per la quale Dio solo è la risposta integrale.122

Solamente in Gesù Cristo il mistero dell'uomo è chiarito: in lui, l'Uomo nuovo, Dio ha pienamente rivelato l'uomo all'uomo, gli ha rivelato la sua vocazione più sublime.123

L'uomo non è dunque la misura, ma il punto di riferimento dell'interpretazione della fede e anche dei dogmi.

Egli è anche il cammino della Chiesa nella spiegazione dei suoi dogmi.124

Già il Concilio Vaticano I ha insegnato che un'intelligenza più profonda dei misteri della fede è possibile, se li consideriamo nella loro analogia con la conoscenza naturale e se li vediamo in rapporto con il fine ultimo dell'uomo.125

Il Concilio Vaticano II parla di « segni dei tempi » che per un verso vanno interpretati partendo dalla fede, ma che per un altro verso possono anche suscitare un'intelligenza più profonda della fede trasmessa.126

In tal modo la Chiesa vuole chiarire, nella luce di Cristo, il mistero dell'uomo e cooperare alla ricerca di una soluzione dei problemi più urgenti della nostra epoca.127

5. I sette criteri di J.H. Newman

J.H. Newman ha elaborato una criteriologia dello sviluppo dei dogmi, che prepara e completa quanto abbiamo esposto.

Essa può essere applicata proporzionalmente all'interpretazione dei dogmi più approfondita che li attualizza.

Newman enumera sette principi, cioè i seguenti criteri:

1) Preservazione del tipo,

cioè della forma fondamentale, delle proporzioni e dei rapporti tra le parti e il tutto.

Quando la struttura d'insieme permane, pure il tipo è mantenuto, anche se certi concetti particolari cambiano.

Ma tale struttura d'insieme può venire corrotta, anche nei casi in cui i concetti rimangono gli stessi, se essi sono inseriti in un contesto o in un sistema di coordinate totalmente diverso.

2) Continuità dei principi:

le diverse dottrine ripresentano i princìpi più profondamente soggiacenti, anche se spesso potranno essere conosciuti solo più tardi.

Una stessa dottrina, se è avulsa dal principio che la fonda, può essere interpretata in varie maniere e condurre a conclusioni opposte.

La continuità dei princìpi è dunque un criterio che permette di distinguere uno sviluppo corretto e legittimo da un'evoluzione erronea.

3) Potere di assimilazione:

un'idea viva mostra la propria forza attraverso la sua capacità di penetrare il reale, di assimilare altre idee, di stimolare il pensiero e di svilupparsi senza perdere la propria unità interiore.

Un simile potere d'integrazione è un criterio di sviluppo legittimo.

4) Conseguenza logica:

lo sviluppo dei dogmi è un processo vitale troppo comprensivo per essere considerato solo come una spiegazione logica e una deduzione a partire da determinate premesse.

Tuttavia bisogna che le sue conclusioni siano logicamente coerenti con i dati iniziali.

Inversamente, si può giudicare uno sviluppo dalle sue conseguenze e riconoscerlo dai suoi frutti come legittimo o illegittimo.

5 ) Anticipazione del futuro:

tendenze, che si realizzano e giungono a conclusione piena solo più tardi, possono divenire rimarchevoli presto isolatamente e imprecisamente.

Tali anticipazioni sono segni dell'accordo dello sviluppo posteriore con l'idea originaria.

6 ) Influsso preservatore del passato:

uno sviluppo diventa una corruzione quando contraddice la dottrina originaria o sviluppi anteriori.

Uno sviluppo autentico conserva e tutela gli sviluppi e le formulazioni che lo hanno preceduto.

7 ) Vigore duraturo:

la corruzione conduce alla disintegrazione.

Ciò che si corrompe non può durare a lungo.

Una forza vitale è invece criterio di uno sviluppo fedele.

6. L'importanza del Magistero per l'interpretazione attuale

I criteri ora elencati non sarebbero completi se tralasciassimo di ricordare la funzione del Magistero della Chiesa, al quale è stata affidata l'interpretazione autentica della parola di Dio, scritta e trasmessa dalla Tradizione, e che esercita il proprio mandato in nome di Gesù Cristo e con l'assistenza dello Spirito Santo.128

La sua missione non consiste solamente nel ratificare e rendere definitivo, come un « notaio » supremo, il processo d'interpretazione nella Chiesa.

Deve anche stimolarlo, accompagnarlo, dirigerlo e, fino a che tale processo non abbia raggiunto un termine positivo, mediante la sua convalida dargli un'autorità oggettiva e universalmente vincolante.

In tal modo il Magistero darà orientamento e certezza ai fedeli che si trovano alle prese con la confusione delle opinioni e con una interminabile disputa teologica; lo può fare in modi diversi e secondo gradi differenti di obbligazione, dalla predicazione quotidiana, dall'esortazione o incoraggiamento, sino alle dichiarazioni dottrinali autentiche o anche infallibili.

« Di fronte a presentazioni della dottrina gravemente ambigue, addirittura incompatibili con la fede della Chiesa, questa ha la possibilità d'individuare l'errore e l'obbligo di rimuoverlo, fino al rigetto formale dell'eresia come rimedio estremo per tutelare la fede del popolo di Dio ».129

« Un cristianesimo che non potesse più dire ciò che è e ciò che non è, né attraverso dove passano le sue frontiere, non avrebbe più nulla da dire ».130

La funzione apostolica di colpire con l'anatema fa parte, anche oggi, dei diritti del Magistero della Chiesa; e l'esercitarlo può diventare un obbligo per esso.131

Ogni interpretazione dei dogmi deve servire a quest'unico fine: che nella Chiesa e in ogni credente « lo spirito e la vita » nascano dalla lettera dei dogmi.

Nell'oggi sempre rinnovato, la speranza deve germogliare dalla memoria della Tradizione della Chiesa; nella diversità delle situazioni umane, culturali, economiche, politiche, nella pluralità delle razze, l'unità e la cattolicità della fede devono essere rafforzate e promosse come il segno e lo strumento dell'unità e della pace nel mondo.

Tutto sta in questo: che gli uomini abbiano la vita eterna, « conoscendo l'unico vero Dio e suo Figlio Gesù Cristo ». ( Gv 17,3 )

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113 La parola « attuale » traduce, qui e anche in seguito, l'aggettivo tedesco heutige.
Più esattamente si dovrebbe dire attualizzante, volendo con ciò significare che l'interpretazione in questione qui non si limita all'epoca contemporanea, ma è necessaria in ogni epoca.
115 DV, 8
118 Comm. Teolog. Int., L'unità della fede e il pluralismo teologico, 1972 , 2, 10-12
119 Comm. Teolog. Int., L'unità della fede e ilpluralismo teologico, 1972 , 1, 1-4
120 Comm. Teolog. Int., L'unità della fede e il pluralismo teologico, 1972 , 2, 12
121 Cf. supra 3, 2, 2
122 GS, 21
123 GS, 22
124 Cf. Giovanni Paolo II, Redemptor hominis, 14 ( 4 marzo 1979 )
125 DenzH, 3016
126 GS, 3s; GS, 10s; GS, 22; GS, 40; GS, 42s; GS, 44; GS, 62 etc
127 GS, 10
128 DV, 10
129 Comm. Teolog. Int., L'unità della fede e il pluralismo teologico, 1972, 1, 8
130 Comm. Teolog. Int., Die Einheit des Glaubens und dertheologische Pluralismus, Johannes Verlag, Einsiedeln 1973, 48
131 Comm. Teolog. Int., Die Einheit, 50