Formazione negli Istituti Religiosi

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VI - I Religiosi candidati ai ministeri Diaconale e Presbiteriale

101. Le questioni sollevate da questo tipo di religiosi meritano di essere esposte a parte, visto il loro carattere particolare.

Esse sono di tre ordini.

Le une riguardano la formazione ai ministeri in quanto tali;

altre la specificità religiosa dei religiosi sacerdoti e diaconi;

altre infine l'inserimento del religiososacerdote in seno al presbiterio diocesano.

102. La formazione

In alcuni istituti, definiti dalla loro legislazione come clericali, talvolta è stato proposto di dare la medesima formazione ai fratelli laici e ai candidati ai ministeri ordinati.

A livello del noviziato, una formazione comune agli uni e agli altri sembra anzi talvolta imposta dal carisma specifico dell'istituto.

Ne derivano conseguenze benefiche quanto al livello ed alla integralità della formazione dottrinale dei fratelli laici e alla loro integrazione nella comunità.

Ma in tutti i casi, la durata e il contenuto degli studi preparatori al ministero presbiterale, segnatamente, dovranno essere rigorosamente osservati ed eseguiti.

103. « La formazione dei membri che si preparano a ricevere gli ordini sacri è regolata dal diritto universale e dal "piano di studi" proprio dell'istituto ».1

Così i religiosi candidati al ministero presbiterale si conformeranno alle norme della Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis2 e i candidati al diaconato permanente alle disposizioni previste in proposito dal diritto proprio degli istituti.

Non ritorniamo qui sull'integrità di questa « Ratio » le cui linee maestre figurano nel diritto canonico.3

Ci accontenteremo di ricordare, affinché siano osservate dai superiori maggiori, alcune tappe del « cursus » di formazione.

104. Gli studi di filosofia e di teologia condotti successivamente o congiuntamente, comprenderanno almeno sei anni completi, in modo che due anni interi siano dedicati alle discipline filosofiche e quattro anni interi agli studi teologici.

I superiori maggiori vigileranno sull'osservanza di queste disposizioni, soprattutto quando dovessero affidare i loro giovani religiosi a centri interistituti o ad università.

105. Nonostante che tutta la formazione dei candidati al ministero presbiterale persegua un fine pastorale, tuttavia si avrà una formazione pastorale propriamente detta, adatta alla finalità dell'istituto.

Il programma di questa formazione si ispirerà al Decreto Optatam totius e, per i religiosi chiamati a lavorare nelle culture estranee alla loro cultura di origine, al Decreto Ad gentes.4

106. I religiosi sacerdoti dediti alla contemplazione, monaci o altri, chiamati dai loro superiori a tenersi a disposizione degli ospiti per il ministero della riconciliazione o della direzione spirituale, saranno provvisti di una formazione pastorale appropriata per questo ministero.

Si conformeranno ugualmente agli orientamenti pastorali della Chiesa particolare nella quale essi si trovano.

107. Saranno osservate in proposito tutte le condizioni richieste per gli ordinandi, tenendo conto della natura e degli obblighi propri dello stato religioso.5

108. La specificità religiosa dei Religiosi Sacerdoti e Diaconi

« Un sacerdote religioso, immerso nella pastorale accanto a sacerdoti diocesani, dovrà mostrare chiaramente con i suoi atteggiamenti di essere religioso »,6 perché appaia sempre nel religioso sacerdote o diacono « ciò che caratterizza la vita religiosa e i religiosi e dia loro un volto »,7 sembra che debbano essere realizzate molte condizioni, sulle quali è bene che i religiosi candidati al ministero presbiterale e diaconale, si interroghino durante il tempo della loro formazione iniziale e nel corso della formazione permanente:

- che abbiano una chiara percezione e convinzioni ben fondate sulla natura del ministero presbiterale e diaconale, che appartiene alla struttura della Chiesa, e della vita religiosa che appartiene alla sua santità e alla sua vita,8 pur mantenendo il principio che il loro ministero pastorale appartiene alla natura della loro vita religiosa;9

- che attingano, per la loro vita spirituale, alle sorgenti dell'istituto al quale appartengono ed accolgano in se il dono che tale istituto rappresenta per la Chiesa;

- che testimonino un'esperienza spirituale personale che si ispiri alla testimonianza ed all'insegnamento del fondatore;

- che conducano la loro vita in maniera conforme alla regola di vita che si sono impegnati ad osservare;

- che vivano in comunità secondo il diritto;

- che siano disponibili e mobili per il servizio della Chiesa universale, se i superiori dell'istituto ve li chiamano.

Se queste condizioni vengono osservate, il religioso sacerdote o diacono giungerà ad armonizzare convenientemente queste due dimensioni della sua unica vocazione.

109. Il posto del Religioso Sacerdote nel Clero Diocesano

La formazione del religioso sacerdote deve tener conto del suo futuro inserimento nel clero di una Chiesa particolare, soprattutto se deve esercitarvi un ministero, « tenuto conto tuttavia del carattere proprio di ciascun istituto ».10

Infatti, « la Chiesa particolare costituisce lo spazio storico in cui una vocazione si esprime nella realtà e realizza il suo impegno apostolico »11

I religiosi sacerdoti possono a buon diritto considerarla come « la patria della ( loro ) vocazione ».12

I principi fondamentali che regolano questo inserimento sono stati dati dal Decreto conciliare Christus Dominus ( nn. 34-35 ).

I religiosi sacerdoti sono i « collaboratori dell'ordine episcopale », « a un certo titolo veridico, essi appartengono al clero della diocesi in quanto partecipano alla cura delle anime e alle opere di apostolato sotto l'autorità dei Vescovi ».13

A proposito di questo inserimento, il documento Mutuae relationes ( nn. 15-23 ) mette in rilievo l'influenza reciproca tra i valori universali e particolari.

Se è richiesto ai religiosi, « anche se appartengono ad un istituto di diritto pontificio, di sentirsi veramente partecipi della famiglia diocesana »,14 il diritto canonico riconosce loro una giusta autonomia perché sia mantenuto il carattere universale e missionario.15

Poiché l'attività del Popolo di Dio nel mondo è di per e stessa universale e missionaria, sia per il carattere medesimo della Chiesa ( LG 17 ) che per il comando di Cristo che conferisce all'apostolato un'universalità senza frontiere.16

Abitualmente, la situazione dei religiosi sacerdoti in una Chiesa particolare è regolata con una convenzione scritta17 tra il Vescovo diocesano ed il superiore competente dell'istituto o della persona interessata.

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1 C. 659,3.
2 1a Ed. 6-1-1970; 2a Ed. 19-3-85.
3 Cf. cc. 242-256.
4 Vedere OT 4 e n. 19-21;
AG 25-26.
5 Cf. cc. 1010-1054.
6 Giovanni Paolo II ai religiosi del Brasile, 3-7-1980;
cf. nota 5 Introduzione.
7 Ibid.
8 Cf. LG 44.
9 Cf PC 8.
10 CD 35, 2.
11 MR 23d.
12 MR 37.
13 CD 34.
« ut Episcopis auxiliatores adsint et subsint », detto CD 35.
14 MR 18b.
15 Cf. c. 586, 1 e 2.
16 Cf. c. 591
e MR 23.
17 MR 57-58;
cf. anche c. 520, 2.