Apostolorum successores

Indice

Capitolo VII

Il "Munus regendi" del Vescovo diocesano

"Vi ho dato l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi" ( Gv 13,15 )

I. Il Governo Pastorale

158. Il Vescovo padre e pastore della diocesi.

Il Vescovo, nell'esercizio del suo ministero di padre e pastore in mezzo ai suoi fedeli, deve comportarsi come colui che presta servizio, avendo sempre sotto gli occhi l'esempio del Buon Pastore, che è venuto non per essere servito, ma per servire ( cf. Mt 20,28; Mc 10,45 ) e dare la sua vita per le pecore.472

Al Vescovo, inviato in nome di Cristo come pastore per la cura della porzione di Popolo di Dio affidatagli, spetta il compito di pascere il gregge del Signore ( cf. 1 Pt 5,2 ), educare i fedeli come figli amatissimi in Cristo ( cf. 1 Cor 4,14-15 ) e governare la Chiesa di Dio ( cf. At 20,28 ) per farla crescere quale comunione nello Spirito Santo per mezzo del Vangelo e dell'Eucaristia.473

Da questo deriva per il Vescovo la rappresentanza e il governo della Chiesa affidatagli, con la potestà necessaria per esercitare il ministero pastorale ( "munus pastorale" ) sacramentalmente ricevuto, come partecipazione alla stessa consacrazione e missione di Cristo.474

In forza di ciò, i Vescovi "reggono le Chiese particolari loro affidate, come vicari e legati di Cristo, col consiglio, la persuasione, l'esempio, ma anche con l'autorità e la sacra potestà, della quale però non si servono se non per edificare il proprio gregge nella verità e nella santità, ricordandosi che chi è più grande si deve fare come il più piccolo, e chi è il capo, come colui che serve ( cf. Lc 22,26-27 )".475

Perciò il Vescovo è pastore buono che conosce le sue pecorelle ed è da esse conosciuto, vero padre che si distingue per il suo spirito di carità e di zelo verso tutte;476 tuttavia, anche come giudice che amministra la giustizia abitualmente tramite il Vicario giudiziale e il tribunale, egli presta un non meno eccellente servizio alla comunità, imprescindibile al bene spirituale dei fedeli.

Infatti in virtù della sacra potestà, di cui è investito con l'ufficio di Pastore della Chiesa affidatagli, e che esercita personalmente in nome di Cristo, ha il sacro dovere di dare leggi ai suoi sudditi, di giudicare e di regolare tutto quanto appartiene al culto e all'apostolato.477

"Il Vescovo, dunque, è investito, in virtù dell'ufficio che ha ricevuto, di una potestà giuridica oggettiva, destinata ad esprimersi in atti potestativi mediante i quali attuare il ministero di governo ( munus pastorale ) ricevuto nel Sacramento.

Il governo del Vescovo, tuttavia, sarà pastoralmente efficace - occorre ricordarlo anche in questo caso - se poggerà su un'autorevolezza morale, data dalla sua santità di vita.

Sarà questa a disporre gli animi ad accogliere il Vangelo da lui annunciato nella sua Chiesa, come anche le norme da lui fissate per il bene del Popolo di Dio".478

159. Il Vescovo, guida del suo popolo.

Il Vescovo è colui che deve camminare insieme al suo popolo ed andare avanti, indicando con la parola e con la testimonianza della vita, prima ancora che con l'autorità ricevuta da Cristo, il cammino da percorrere.

Egli deve essere una guida spirituale coerente e coraggiosa, che, come Mosè, vede l'invisibile e non abbia titubanze ad andare contro corrente, quando il bene spirituale lo esige.

Egli deve adoperarsi perché la sua parola e le sue iniziative siano bene accolte e non sia scalfita la sua autorità agli occhi della comunità diocesana, ma poi quello che deve maggiormente importare ad un Vescovo è il giudizio di Dio.

160. La responsabilità personale del Vescovo.

Il Vescovo è chiamato a promuovere la partecipazione dei fedeli alla vita della Chiesa, sforzandosi di suscitare la necessaria collaborazione.

Egli deve anche compiere le opportune consultazioni di persone competenti ed ascoltare, secondo le prescrizioni del diritto, i vari organismi di cui la diocesi dispone per far fronte ai problemi umani, sociali, giuridici, che spesso presentano difficoltà non indifferenti.

In questo modo il Vescovo potrà raccogliere quali sono le istanze e le esigenze presenti nella porzione di Popolo di Dio che gli è stata affidata; tuttavia, il Vescovo, consapevole di essere Pastore della Chiesa particolare e segno di unità, eviterà di svolgere un ruolo di mera moderazione tra i vari Consigli e altre istanze pastorali, ma agirà secondo i suoi diritti e doveri personali di governo che lo impegnano a decidere personalmente secondo coscienza e verità, e non in base al peso numerico dei consiglieri, salvo ovviamente i casi in cui il diritto richieda che per porre un determinato atto, il Vescovo necessiti del consenso di un collegio o di un gruppo di persone.479

La responsabilità di governare la diocesi pesa sulle spalle del Vescovo.

161. Il dovere della residenza.

Il servizio di amore e la responsabilità nei confronti della Chiesa particolare richiedono al Vescovo l'osservanza dell'antica legge della residenza, sempre attuale e necessaria per assicurare il buon governo pastorale.480

Essa è un obbligo fondamentale del Vescovo: primo dovere infatti del Vescovo riguarda la sua diocesi e per poterlo assolvere adeguatamente è, innanzitutto, necessario che vi risieda.

Il Vescovo deve personalmente risiedere in diocesi anche quando ha il Coadiutore o l'Ausiliare.

Potrà legittimamente allontanarsi dalla diocesi per un mese ogni anno sia continuato o interrotto, sia per le proprie vacanze che per altri motivi.

In ogni caso il Vescovo, prima di allontanarsi dalla diocesi, dovrà fare in modo che dalla sua assenza non derivi alcun danno alla diocesi e provvederà quanto è necessario per garantire la guida della Chiesa particolare.

Gli impegni del Vescovo a favore della Chiesa universale quali: la Visita "ad limina", la partecipazione al Concilio Ecumenico o a quello particolare, al Sinodo dei Vescovi e alla Conferenza Episcopale non rientrano nel mese a disposizione del Vescovo, così come non vi rientrano i giorni per gli esercizi spirituali o quelli dedicati a particolari incarichi ricevuti dalla Santa Sede.

Anche in queste circostanze il Vescovo curi di essere assente dalla diocesi solo per lo stretto tempo necessario.

Per altre assenze il Vescovo deve chiedere la licenza della Santa Sede.

In ogni caso il Vescovo dovrà sempre essere in diocesi per le maggiori solennità quali: il Natale, la Settimana Santa, la Risurrezione del Signore, la Pentecoste, il Corpo e il Sangue di Cristo.

Qualora il Vescovo sia rimasto assente illegittimamente dalla diocesi per più di sei mesi, è dovere del Metropolita, o, nel caso riguardante lo stesso Metropolita, del Vescovo più anziano della Provincia Ecclesiastica, informare la Santa Sede.481

II. La Missione evangelizzatrice del Vescovo

162. Il Vescovo guida e coordinatore dell'evangelizzazione.

La Chiesa è chiamata a portare a tutti gli uomini la verità e la grazia di Cristo, attraverso l'azione apostolica concorde di tutti i suoi figli.

In virtù del suo mandato apostolico, al Vescovo spetta suscitare, guidare e coordinare l'opera evangelizzatrice della comunità diocesana, affinché la fede del Vangelo si diffonda e cresca, le pecore smarrite siano ricondotte all'ovile di Cristo ( cf. Gv 10,16; Lc 15,4-7 ) e il Regno di Dio si diffonda fra tutti gli uomini.

Questa dimensione apostolica ed evangelizzatrice assume aspetti e significati differenti secondo i luoghi, poiché, mentre alcune Chiese sono chiamate a svolgere la missione "ad gentes", altre invece affrontano con vigore la sfida di una "rievangelizzazione" degli stessi battezzati o della carenza di mezzi per l'assistenza pastorale dei fedeli.

Per questo, in molti luoghi la demarcazione tra cura pastorale dei fedeli ed evangelizzazione non è definita.482

163. La conoscenza dell'ambiente culturale e sociale.

La Chiesa svolge la sua attività apostolica in un determinato ambiente storico, che condiziona in modo non indifferente la vita delle persone.483

S'impone quindi un'adeguata comprensione dei diversi fattori sociali e culturali che influenzano le disposizioni religiose degli uomini, cosicché l'apostolato risponda sempre alle loro necessità e al loro tenore di vita.

A ciò va sommata la conoscenza delle diverse tendenze e correnti di pensiero che riguardano direttamente la religione in generale e il ruolo della Chiesa in particolare: l'ateismo; le diverse concezioni sulla "secolarità" o il "secolarismo"; il fenomeno positivo del "ritorno religioso" che si avverte in molti luoghi, anche se a volte si traduce in forme deviate di religiosità; l'estesa ignoranza, anche in paesi di tradizione cattolica, sulla realtà storica e attuale della Chiesa e sulla sua dottrina, ecc.

La constatazione di tali fenomeni, nei loro aspetti positivi e negativi, sollecita lo zelo apostolico dei Pastori che, pieni di fiducia in Dio, debbono andare alla ricerca di tutte le anime per riportarle alla vita della grazia e della verità, proponendo l'annuncio di Dio e di Cristo, Figlio di Dio incarnato e Redentore dell'umanità, e l'insegnamento circa la grazia e la vita eterna, con sicurezza e chiarezza, ma anche con un linguaggio e strumenti adeguati alle condizioni del nostro tempo.

Occorre in special modo prestare attenzione alla formazione dei ministri della Chiesa, in modo che la predicazione e la catechesi diano una risposta certa agli interrogativi dell'uomo di oggi.484

164. Il coordinamento dell'apostolato e il piano pastorale diocesano.

Perché la Parola di Dio raggiunga i diversi ambienti e persone, è necessario uno stretto coordinamento di tutte le opere di apostolato sotto la guida del Vescovo, "in modo che tutte le imprese e istituzioni: catechetiche, missionarie, caritative, sociali, familiari, scolastiche e qualunque altra che persegua un fine pastorale, vengano ridotte ad azione concorde, affinché al tempo stesso emerga con più chiarezza l'unità della diocesi".485

Il Vescovo coinvolga tutti i fedeli, sia individualmente che come membri delle aggregazioni nell'apostolato diocesano.

Ciò va fatto rispettando la legittima libertà delle persone e delle associazioni, per realizzare i rispettivi apostolati, secondo la disciplina ecclesiale comune e particolare, ma assicurando al contempo che ogni iniziativa giovi al comune bene ecclesiale.486

Il Vescovo provveda a organizzare in maniera adeguata l'apostolato diocesano, secondo un programma o piano pastorale che preveda un opportuno coordinamento delle diverse aree pastorali "specializzate" ( liturgica, catechetica, missionaria, sociale, culturale, familiare, scolastica, ecc. ).487

Per l'elaborazione del piano, il Vescovo impegni i diversi uffici e consigli diocesani: in questo modo l'azione apostolica della Chiesa risponderà veramente alle necessità della diocesi e riuscirà a sommare gli sforzi di tutti nella sua esecuzione, senza mai però dimenticare l'azione dello Spirito Santo nell'opera dell'evangelizzazione.

L'elaborazione del piano richiede una previa analisi sulle condizioni sociologiche in cui si svolge la vita dei fedeli, cosicché l'azione pastorale sia sempre più efficace e affronti le reali difficoltà.

Il piano deve prendere in considerazione i diversi aspetti geografici, la distribuzione demografica, la composizione della popolazione, tenendo presente le trasformazioni avvenute o che possono avvenire in un prossimo futuro.

Deve rivolgersi a tutta la diocesi nel suo insieme e nella sua complessità, anche ai settori lontani dall'ordinaria cura pastorale.

Dopo aver studiato i diversi campi di evangelizzazione e aver opportunamente programmato le risorse pastorali, occorre inculcare in quanti lavorano apostolicamente un autentico "ardore di santità", coscienti che l'abbondanza dei frutti e la reale efficacia saranno i risultati non tanto di una perfetta organizzazione delle strutture pastorali, quanto dell'unione di ciascuno con chi è la Via, la Verità e la Vita ( cf. Gv 14,6 ).488

III. Gli Organismi di partecipazione alla funzione pastorale del Vescovo

165. La partecipazione dei fedeli ai Consigli diocesani.

In forza del Battesimo tra i fedeli vige una vera uguaglianza nella dignità e nell'agire, per cui tutti sono chiamati a cooperare all'edificazione del Corpo di Cristo, quindi ad attuare la missione che Dio ha affidato alla Chiesa da compiere nel mondo, secondo la condizione ed i compiti di ciascuno.489

L'organicità della comunione ecclesiale e la spiritualità di comunione impegneranno il Vescovo a valorizzare gli organismi di partecipazione previsti dal Diritto Canonico.490

Tali organismi imprimono uno stile comunionale al governo pastorale del Vescovo, in quanto si realizza una sorta di circolarità tra quanto il Vescovo è chiamato a disporre e provvedere con responsabilità personale per il bene della diocesi e la collaborazione di tutti i fedeli.491

Il Vescovo ricorderà chiaramente che gli organismi di partecipazione non si ispirano ai criteri della democrazia parlamentare, perché sono di natura consultiva e non deliberativa.492

Il reciproco ascolto tra il Pastore ed i fedeli, li unirà "a priori in tutto ciò che è essenziale, e a convergere normalmente anche nell'opinabile verso scelte ponderate e condivise".493

Il Vescovo nel promuovere la partecipazione dei fedeli alla vita della Chiesa, ricorderà i suoi diritti e doveri personali di governo che lo impegnano, oltre che a testimoniare, nutrire e curare la fede, anche a valutarla, a tutelarla e proporla nella forma retta.494

Il coordinamento e la partecipazione di tutte le forze diocesane richiedono momenti di riflessione e di confronto collegiale.

Il Vescovo dovrà impegnarsi perché queste riunioni siano sempre ben preparate, contenute nella durata, abbiano un obiettivo concreto, siano sempre propositive, e sia sempre osservato da tutti un rapporto mutuo di spirito cristiano, che lasci nei presenti un sincero desiderio di collaborare con gli altri.

a) Il Sinodo diocesano

166. Atto di governo ed evento di comunione.

Secondo una norma di attività pastorale trasmessa attraverso i secoli e poi codificata dal Concilio di Trento, ripresa dal Concilio Vaticano II e prevista dal Codice di Diritto Canonico, al vertice delle strutture di partecipazione della diocesi, nel governo pastorale del Vescovo il Sinodo diocesano495 occupa un posto di primario rilievo.

Esso si configura come un atto del governo episcopale e come evento di comunione che esprime l'indole della comunione gerarchica che appartiene alla natura della Chiesa.496

167. Natura del Sinodo.

Il Sinodo diocesano è una riunione o assemblea consultiva, convocata e diretta dal Vescovo, alla quale sono chiamati, secondo le prescrizioni canoniche, sacerdoti e altri fedeli della Chiesa particolare, per aiutarlo nella sua funzione di guida della comunità diocesana.

Nel Sinodo e attraverso di esso, il Vescovo esercita in forma solenne l'ufficio e il ministero di pascere il suo gregge.

168. Applicazione ed adattamento della disciplina universale.

Nella sua duplice dimensione di "atto di governo episcopale ed evento di comunione",497 il Sinodo è mezzo idoneo per applicare e adattare le leggi e le norme della Chiesa universale alla situazione particolare della diocesi, indicando i metodi che occorra adottare nel lavoro apostolico diocesano, superando le difficoltà inerenti all'apostolato e al governo, animando opere e iniziative di carattere generale, proponendo la retta dottrina e correggendo, se esistessero, gli errori sulla fede e la morale.

169. Composizione a immagine della Chiesa particolare.

Sempre nel rispetto delle prescrizioni canoniche,498 è necessario fare in modo che la composizione dei membri del Sinodo rifletta la diversità di vocazioni, di impegni apostolici, di origine sociale e geografica che caratterizza la diocesi, procurando però di affidare ai chierici un ruolo prevalente, secondo la loro funzione nella comunione ecclesiale.

Il contributo dei sinodali sarà tanto più valido quanto più emergano per rettitudine di vita, prudenza pastorale, zelo apostolico, competenza e prestigio.

170. Presenza degli osservatori delle altre Chiese o comunità cristiane.

Per introdurre la preoccupazione ecumenica nella pastorale diocesana, il Vescovo, se lo ritiene opportuno, può invitare come osservatori alcuni ministri o membri di Chiese o Comunità ecclesiali che non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica.

La presenza degli osservatori contribuirà a far crescere la reciproca conoscenza, la carità vicendevole e, possibilmente, la fraterna collaborazione.

Per la loro individuazione, di solito, converrà procedere d'intesa con i capi di tali Chiese o Comunità che segnaleranno la persona più idonea a rappresentarle.499

171. Diritti e doveri del Vescovo nel Sinodo.

Spetta al Vescovo convocare il Sinodo diocesano, quando, dopo aver sentito il Consiglio Presbiterale, a suo giuizio, le circostanze della diocesi lo suggeriscano.500

Spetta a lui decidere la maggiore o minore periodicità di convocazione del Sinodo.

Il criterio che deve guidare il Vescovo in tale decisione sono le necessità della diocesi e del governo diocesano.

Il Vescovo, tra i motivi, terrà conto anche della necessità di promuovere una pastorale d'insieme, la necessità di applicare norme o orientamenti superiori in ambito diocesano, particolari problemi della diocesi che necessitano di una soluzione condivisa, la necessità di una maggiore comunione ecclesiale.

Nel valutare l'opportunità della convocazione sinodale, il Vescovo terrà conto dei risultati della visita pastorale che, più delle indagini sociologiche o inchieste, gli consente di conoscere i bisogni spirituali della diocesi.

Spetta, inoltre, al Vescovo anche individuare l'argomento del Sinodo ed emanare il Decreto di convocazione, che annunzierà in occasione di una festa liturgica di particolare solennità.

Chi guida la diocesi interinalmente501 non ha la facoltà di indire il Sinodo diocesano.

Se il Vescovo ha la cura pastorale di più diocesi, come Vescovo proprio o come Amministratore, può convocare un solo Sinodo diocesano per tutte le diocesi affidategli.502

Il Vescovo fin dall'inizio del cammino sinodale dovrà chiarire che i sinodali sono chiamati a prestare aiuto al Vescovo diocesano con il loro parere e con il voto consultivo.

La forma consultiva del voto stà ad indicare che il Vescovo, pur riconoscendone l'importanza, è libero di accogliere o meno le opinioni dei sinodali.

D'altra parte, egli non si discosterà da opinioni o voti espressi in larga maggioranza, se non per gravi motivi di carattere dottrinale, disciplinare o liturgico.

Il Vescovo chiarisca subito, qualora ve ne fosse bisogno, che non si può mai contrapporre il Sinodo al Vescovo in forza di una pretesa rappresentanza del Popolo di Dio.

Una volta convocato il Sinodo, il Vescovo, pur potendo delegare il Vicario Generale o quello episcopale a presiedere singole sessioni,503 lo diriga personalmente.

In esso come maestro della Chiesa insegna, corregge, discerne in modo che tutti aderiscano alla dottrina della Chiesa.

È dovere del Vescovo sospendere e sciogliere il Sinodo diocesano, qualora gravi motivi dottrinali, disciplinari o di ordine sociale, a suo giudizio, perturbino il pacifico svolgimento del lavoro sinodale.504

Prima di emettere il Decreto di sospensione o di scioglimento, è opportuno che il Vescovo senta il parere del Consiglio Presbiterale, pur rimanendo libero di prendere la decisione che egli riterrà giusta.505

Il Vescovo farà in modo che i testi sinodali siano redatti con formule precise, evitando di restare nel generico o in mere esortazioni.

Le dichiarazioni e i decreti sinodali dovranno essere sottoscritti soltanto dal Vescovo.

Le espressioni usate nei documenti devono mostrare chiaramente che nel Sinodo diocesano l'unico legislatore è il Vescovo diocesano.

Il Vescovo tenga presente che un decreto sinodale contrario al diritto superiore è giuridicamente invalido.

172. Preparazione del Sinodo.

Il Vescovo deve sentirsi profondamente impegnato nella preparazione, programmazione e celebrazione del Sinodo, con forme rinnovate e adattate alle attuali necessità della Chiesa.

A questo scopo il Vescovo si atterrà all'Istruzione sui Sinodi diocesani emanata dalle Congregazioni per i Vescovi e per l'Evangelizzazione dei Popoli.506

Affinché si svolga bene e risulti veramente fecondo per la crescita della comunità diocesana, il Sinodo deve essere adeguatamente preparato.

Per tale finalità, il Vescovo costituisca una commissione preparatoria come organismo che, durante la fase di preparazione lo assista ed esegua quanto viene disposto.

In questo modo si proceda all'elaborazione del regolamento del Sinodo.

173. Suggerimenti, preghiera ed informazioni nella preparazione del Sinodo diocesano.

Il Vescovo inviti i fedeli a formulare liberamente suggerimenti al Sinodo e, in particolare, solleciti i sacerdoti perché trasmettano proposte relative al governo pastorale della diocesi.

Sulla base di questi apporti e con l'aiuto di gruppi di esperti o di membri del Sinodo già eletti, il Vescovo fissi le diverse questioni da proporre alla discussione e deliberazione sinodale.

Fin dall'inizio dei lavori preparatori, il Vescovo si preoccupi perché tutta la diocesi sia informata sull'evento e non tralasci di chiedere abbondanti preghiere per il suo felice esito.

Può anche disporre una capillare catechesi, offrendo adeguati sussidi per la predicazione sulla natura della Chiesa, sulla dignità della vocazione cristiana e sulla partecipazione di tutti i fedeli alla sua missione soprannaturale, alla luce degli insegnamenti conciliari.

174. Celebrazione del Sinodo.

Il carattere ecclesiale dell'assemblea sinodale si manifesta in primo luogo nelle celebrazioni liturgiche, che ne costituiscono il nucleo più visibile.507

È opportuno che tanto le solenni liturgie eucaristiche di apertura e di conclusione del Sinodo, come le celebrazioni quotidiane, siano aperte a tutti i fedeli.

Gli studi e i dibattiti sulle questioni o gli schemi proposti sono riservati ai membri dell'assemblea sinodale, sempre alla presenza e sotto la direzione del Vescovo o del suo delegato.

"Tutte le questioni proposte si sottoporranno alla libera discussione dei membri nelle sessioni del Sinodo",508 ma "il Vescovo ha il dovere di escludere dalla discussione sinodale tesi o posizioni - magari proposte con la pretesa di trasmettere alla Santa Sede "voti" in merito - discordanti dalla perenne dottrina della Chiesa o del Magistero Pontificio o relative a materie disciplinari riservate alla suprema o ad altra autorità ecclesiastica".509

Al termine degli interventi, il Vescovo affiderà a diverse commissioni la redazione dei progetti di documenti sinodali, dando le opportune indicazioni.

Infine, esaminerà i testi preparati e, come unico legislatore, sottoscriverà i decreti e le dichiarazioni sinodali e li farà pubblicare con la sua personale autorità.510

Concluso il Sinodo, il Vescovo disporrà la trasmissione dei decreti e delle dichiarazioni al Metropolita e alla Conferenza Episcopale, per favorire la comunione e l'armonia legislativa tra le Chiese particolari di uno stesso ambito, ed invierà, attraverso la Rappresentanza Pontificia, ai Dicasteri interessati della Santa Sede, particolarmente alla Congregazione per i Vescovi e a quella per l'Evangelizzazione dei Popoli, il Libro del Sinodo.511

Se i documenti sinodali di carattere soprattutto normativo non si pronunziano circa la loro applicazione, sarà il Vescovo a determinare le modalità di esecuzione, affidandola anche agli organismi diocesani.

175. "Forum" e altre Assemblee ecclesiali similari.

È auspicabile che la sostanza delle norme del Codice di Diritto Canonico sul Sinodo diocesano e le indicazioni dell'Istruzione sui Sinodi diocesani, servatis servandis, siano osservate anche nei "forum" e nelle altre assemblee ecclesiali di tipo sinodale.

Il Vescovo con grande senso di responsabilità deve guidare tali assemblee e vigilare affinché non siano adottate proposte che sono contrarie alla fede e alla disciplina della Chiesa.

b) La Curia diocesana

176. La Curia diocesana, in generale.

"La Curia diocesana consta di quegli organismi e persone che collaborano con il Vescovo nel governo di tutta la diocesi, principalmente nella direzione dell'attività pastorale, nell'amministrazione della diocesi e nell'esercizio della potestà giudiziale".512

Essa è, infatti, "la struttura di cui il Vescovo si serve per esprimere la propria carità pastorale nei suoi vari aspetti".513

La struttura essenziale della Curia diocesana che viene indicata dai cann. 469-494 del Codice di Diritto Canonico, può essere integrata dal Vescovo - senza però alterare gli organismi stabiliti dalla disciplina vigente - con altri uffici con attribuzioni ordinarie o stabilmente delegate, soprattutto di carattere pastorale, a seconda delle necessità della diocesi, della sua ampiezza e delle consuetudini locali.

Il Vescovo nomina liberamente i titolari dei diversi uffici della Curia514 tra coloro che si distinguono per competenza nella relativa materia, per zelo pastorale e per integrità di vita cristiana, evitando di affidare uffici o incarichi a persone inesperte: dovrà anzi assicurarsi della loro preparazione teologica, pastorale e tecnica e solamente allora introdurle gradualmente nei diversi campi di lavoro specializzato.

Per provvedere ai diversi uffici è conveniente che il Vescovo ascolti il parere di alcuni sacerdoti e laici secondo i modi che ritenga opportuni.

Se si tratta di presbiteri, il Vescovo curi che abbiano qualche altro ministero con cura d'anime, per mantenere vivo il loro zelo apostolico ed evitare che sviluppino, per mancanza di contatto diretto con i fedeli, una dannosa mentalità burocratica.

I diversi compiti della Curia assicurano il buon funzionamento dei servizi diocesani e la continuità dell'amministrazione, al di là dell'avvicendarsi delle persone.

È importante che il Vescovo appena nominato conosca le peculiarità organizzative della Curia e la sua prassi amministrativa e vi si adegui nella misura del possibile, giacché ciò facilita il rapido disbrigo delle pratiche.

Questo non impedisce, ovviamente, la doverosa introduzione di miglioramenti funzionali e la correzione accurata di quanto sia meno conforme alla disciplina canonica.

177. Il coordinamento dei diversi uffici.

"Il Vescovo diocesano deve vigilare perché vengano dovutamente coordinate tutte le questioni che si riferiscono all'amministrazione della diocesi, e che ciò venga fatto nella maniera più efficace per il bene della porzione del Popolo di Dio a lui affidata".515

Il coordinamento dell'attività pastorale della diocesi spetta naturalmente al Vescovo diocesano, dal quale dipendono direttamente i Vicari, generale ed episcopali.516

Se lo ritiene opportuno, il Vescovo può costituire un "Consiglio episcopale" formato dai suoi Vicari, allo scopo di coordinare l'intera azione pastorale diocesana.517

Il Vescovo può anche stabilire l'ufficio di Moderatore di Curia, con la specifica funzione di coordinare le questioni amministrative e di vigilare perché il personale della Curia adempia fedelmente il proprio incarico.

L'ufficio di Moderatore dovrà essere affidato ad un Vicario Generale, purché particolari circostanze non consiglino diversamente; in ogni caso, il Moderatore deve essere un sacerdote.518

Nel dirigere e coordinare il funzionamento di tutti gli organi diocesani, il Vescovo terrà presente, come principio generale, che le strutture diocesane debbono essere sempre al servizio del bene delle anime e che le esigenze organizzative non debbono anteporsi alla cura delle persone.

Occorre, perciò, fare in modo che l'organizzazione sia agile ed efficiente, estranea ad ogni inutile complessità e burocratismo, con l'attenzione sempre rivolta al fine soprannaturale del lavoro.

178. Il Vicario Generale e i Vicari episcopali.

Il Vescovo deve nominare il Vicario Generale, ufficio preminente della Curia diocesana, perché lo aiuti nel governo della diocesi.519

Anche se di norma è preferibile che vi sia soltanto un Vicario Generale, qualora il Vescovo lo ritenga opportuno, per l'ampiezza della diocesi, o per altra ragione pastorale, ne può costituire anche di più.

Avendo tutti la stessa potestà su tutta la diocesi è necessario un chiaro coordinamento della loro attività, nell'osservanza di quanto il Codice dispone circa le grazie concesse da uno o dall'altro Ordinario,520 e in generale, circa l'esercizio delle competenze assegnate a ciascuno.

Quando lo richieda il buon governo della diocesi, il Vescovo può nominare anche uno o più Vicari episcopali.

Essi hanno la medesima potestà del Vicario Generale, ma limitata ad una parte della diocesi o ad un certo genere di questioni, in relazione o ai fedeli di un rito particolare o a un determinato gruppo umano.

La nomina dei Vicari episcopali deve essere fatta sempre per un certo tempo da determinarsi nell'atto di costituzione.521

Nella nomina di un Vicario episcopale, il Vescovo farà attenzione a definire chiaramente l'ambito delle sue facoltà, evitando così la sovrapposizione di competenze o, cosa anche peggiore, l'incertezza del titolare o dei fedeli.

Il Vescovo diocesano nomini Vicario Generale o Vicari episcopali sacerdoti dottrinalmente sicuri, degni di fiducia, stimati dal presbiterio e dall'opinione pubblica, saggi, onesti e moralmente retti, con esperienza pastorale ed amministrativa, capaci di instaurare autentiche relazioni umane e di saper trattare gli affari che interessano la diocesi.

Quanto all'età, dovranno aver compiuto almeno i 30 anni, ma prudenzialmente, dove è possibile, è auspicabile che abbiano compiuto i 40 anni, e aver raggiunto anche un'adeguata preparazione accademica con il conseguimento del dottorato o della licenza in Diritto Canonico o in Sacra Teologia, o almeno dovranno essere veramente esperti in tali discipline.

Il Vicario Generale e, nell'ambito delle loro attribuzioni, quelli episcopali, in virtù del loro ufficio, hanno potestà esecutiva ordinaria, pertanto possono compiere tutti gli atti amministrativi di competenza del Vescovo diocesano, ad eccezione di quelli che lui stesso abbia riservato per sé e che il Codice di Diritto Canonico affida espressamente al Vescovo diocesano: per esercitare anche tali atti il Vicario necessita di un mandato speciale dello stesso Vescovo.

Il Vescovo diocesano non può nominare agli uffici di Vicario Generale e di Vicario episcopale i propri consanguinei fino al quarto grado.

Tali uffici non sono compatibili con quello di canonico Penitenziere.522

I Vicari debbono agire sempre secondo la volontà e le intenzioni del Vescovo, al quale debbono rendere conto delle questioni principali di cui si occupano.523

179. Il Cancelliere della Curia e gli altri notai.

"In ciascuna Curia deve esserci un cancelliere, la cui principale funzione consiste nel preoccuparsi che si redigano gli atti della Curia, si compilino e si conservino nell'archivio".524

Tuttavia, la funzione di cancelliere non si limita a questi settori, giacché a lui ( e al vicecancelliere, se esiste ) competono anche due altri importanti incarichi:525

a) Notaio della Curia:

l'ufficio notarile che detengono l cancelliere e gi altri eventuali notai, ha una particolare importanza canonica, poché la sua firma fa pubblica fede della realizzazione di atti giuridici, giudiziali o aminstrativi, cioè "certifica" l'identità giuridica del documento, il che presuppone una previa qualifica dell'atto stesso e una verifica della sua corretta esposizione per iscritto.

Il Vescovo si serva inoltre dell'aiuto del cancelliere e dei notai per la preparazione dei documenti giuridici, come atti giuridici di vario genere, decreti, indulti, ecc., in modo che la redazione risulti precisa e chiara.

b) Segretario di Curia:

con il compito di vigilare, in stretto contatto con il Vicario Generale e, se esiste, con il Moderatore della Curia, per il buon ordine dei compiti amministrativi curiali.

Spetta al diritto particolare di precisare il rapporto del cancelliere con gli altri uffici principali della Curia.

L'ufficio di cancelliere deve essere affidato ad un fedele che si distingua per onestà personale al di sopra di ogni sospetto, abilità canonica ed esperienza nella gestione delle pratiche amministrative.526

Nelle cause in cui può essere implicata la fama di un sacerdote, il notaio deve essere sacerdote.527

In caso di necessità, o quando il Vescovo lo riterrà necessario, al cancelliere può essere affiancato un vice-cancelliere con le stesse funzioni del cancelliere.

Anch'egli dovrà possedere le doti richieste per il cancelliere.

180. Il tribunale diocesano.

Il Vescovo esercita la potestà giudiziaria sia personalmente sia mediante il Vicario giudiziale e i giudici.528

L'amministrazione della giustizia canonica è un compito di grave responsabilità che esige, innanzitutto, un profondo senso di giustizia, ma anche un'adeguata perizia canonica e la corrispondente esperienza.529

Per questo motivo, il Vescovo sceglierà attentamente i titolari dei diversi uffici:

– il Vicario giudiziale, giudice e capo dell'amministrazione giudiziaria deve essere necessariamente costituito dal Vescovo.530

La sua nomina sarà a tempo determinato rinnovabile.

Il Vicario giudiziale ed eventuali Vicari giudiziali aggiunti devono essere sacerdoti, aver compiuto almeno 30 anni, essere di integra fama, dottori o licenziati in Diritto Canonico.

Il Vicario giudiziale durante la sede vacante rimane in carica, e non può essere rimosso dall'Amministratore diocesano;

– gli altri giudici diocesani, per la cui nomina si richiedono le stesse qualità che per il Vicario giudiziale, che in nome del Vescovo decidono le cause canoniche;

– il promotore di giustizia e il difensore del vincolo, con l'incarico di vigilare, ciascuno secondo la propria competenza, sul bene pubblico ecclesiale.531

Il Vescovo può affidare questi due uffici a laici esperti, secondo le modalità e le condizioni stabilite dalle norme canoniche,532 in modo che i chierici siano più liberi per svolgere i compiti indispensabili relativi all'Ordine sacro.

Qualora lo permetta la Conferenza episcopale, i fedeli laici possono anche essere giudici; di essi, se la necessità lo suggerisce, uno può essere assunto a formare un collegio.533

Se, per le locali circostanze, varie diocesi costituiscono un tribunale interdiocesano di prima istanza, i Vescovi interessati esercitano in comune le funzioni che spetterebbero a ciascuno rispetto al tribunale diocesano.534

Consapevole del fatto che l'amministrazione della giustizia è un aspetto della sacra potestà, il cui giusto e tempestivo esercizio è molto importante per il bene delle anime, il Vescovo considererà l'ambito giudiziario come oggetto della sua personale preoccupazione pastorale.

Rispettando la giusta indipendenza degli organi legittimamente costituiti, vigilerà tuttavia sull'efficacia del loro lavoro e soprattutto sulla loro fedeltà alla dottrina della Chiesa sulla fede e sui costumi, specialmente in materia matrimoniale.

Senza lasciarsi intimorire dall'indole tecnica di molte questioni, saprà consigliarsi e prendere le misure di governo opportune per riuscire ad avere un tribunale in cui risplenda la vera giustizia intraecclesiale.

181. Gli organi pastorali diocesani.

Allo scopo di fare della Curia uno strumento idoneo anche per la direzione delle opere di apostolato,535 conviene costituire, secondo le possibilità della diocesi, anche altri uffici o commissioni, sia permanenti che temporanei, con l'incarico di eseguire i programmi diocesani e di studiare le iniziative nei diversi campi pastorali ed apostolici ( famiglia, insegnamento, pastorale sociale, ecc. ).

Il Vescovo esamina e decide circa le proposte di questi organi con l'aiuto dei Consigli presbiterale e pastorale della diocesi.

Per determinare quali uffici o commissioni convenga creare, il Vescovo si servirà delle indicazioni della Santa Sede e delle raccomandazioni della Conferenza Episcopale, e vigilerà anche sulle particolari necessità e sulle abitudini della diocesi.

Qualunque sia il modello organizzativo adottato, occorre evitare il crearsi e perpetuarsi di strutture di governo atipiche, che in qualche modo sostituiscano o diventino competitive con gli organi previsti nella legge canonica, cosa che certamente non aiuterebbe l'efficacia del governo pastorale.

Questo imperativo ha un necessario corollario a livello parrocchiale, dove il parroco e il Consiglio pastorale debbono effettivamente svolgere la funzione che a ciascuno spetta, evitando l'assemblearismo.536

Per una maggiore efficacia, bisogna far sì che il lavoro di questi organismi sia ben distribuito e coordinato, evitando le reciproche interferenze, le distinzioni superflue dei compiti o al contrario la loro confusione.

Il Vescovo cerchi di inculcare in tutti un forte spirito di collaborazione per l'unico fine comune, e di responsabile iniziativa nel dirigere le proprie questioni.

Il Vescovo si incontri frequentemente con i responsabili di questi organi o i delegati, per orientarne il lavoro e incoraggiare il loro zelo apostolico.

Risulta utile inoltre che tutti coloro che sono destinati ad una medesima area si riuniscano periodicamente per valutare insieme il comune impegno, scambiare punti di vista e cercare di raggiungere gli obiettivi prefissati.

c) I Consigli Diocesani

182. Il Consiglio Presbiterale.

La comunione gerarchica tra il Vescovo e il presbiterio, fondata sull'unità del sacerdozio ministeriale e della missione ecclesiale, si manifesta istituzionalmente per mezzo del Consiglio Presbiterale, in quanto "gruppo di sacerdoti che sia come il senato del Vescovo, in rappresentanza del presbiterio, la cui missione è aiutare il Vescovo nel governo della diocesi conformemente alla norma del diritto, per provvedere nel miglior modo al bene pastorale della porzione del Popolo di Dio a lui affidata".537

In questo modo, il Consiglio, oltre a facilitare il necessario dialogo tra il Vescovo e il presbiterio, serve ad accrescere la fraternità tra i diversi settori del clero della diocesi.

Il Consiglio affonda le sue radici nella realtà del presbiterio e nella particolare funzione ecclesiale che compete ai presbiteri, in quanto collaboratori primi dell'ordine episcopale.538

Il Consiglio è dunque "diocesano" per natura propria, deve essere obbligatoriamente costituito in ciascuna diocesi539 e la condizione sacerdotale è requisito indispensabile sia per far parte del Consiglio che per partecipare all'elezione dei suoi membri.540

Il Consiglio Presbiterale non deve mai agire all'insaputa del Vescovo diocesano, in quanto soltanto a lui spetta convocarlo, presiederlo, determinare le questioni da trattare e divulgare il contenuto delle discussioni e le eventuali decisioni adottate.541

Anche se organo di natura consultiva,542 il Consiglio è chiamato a coadiuvare il Vescovo su ciò che riguarda il governo della diocesi.

Esso è anche la sede idonea per fare emergere una visione di insieme della situazione diocesana e per discernere ciò che lo Spirito Santo suscita per mezzo di persone o di gruppi; per scambiare pareri ed esperienze; per determinare, infine, obiettivi chiari dell'esercizio dei vari ministeri diocesani, proponendo priorità e suggerendo metodi.

Il Vescovo deve consultare il Consiglio nelle questioni di maggiore importanza, relative alla vita cristiana dei fedeli, e al governo della diocesi.543

Dopo aver ottenuto il parere del Consiglio, il Vescovo è libero di prendere le decisioni che ritenga opportune valutando e decidendo "coram Domino", a meno che il diritto universale o particolare esigano l'assenso del medesimo per determinate questioni.544

Cionondimeno, il Vescovo non deve allontanarsi dall'opinione concorde dei consiglieri senza una seria motivazione, che deve soppesare secondo il suo prudente giudizio.545

La composizione del Consiglio deve rispecchiare una adeguata rappresentanza dei presbiteri che lavorano a beneficio della diocesi, curando soprattutto la diversità dei ministeri e delle diverse zone, in maniera da riflettere la presenza numerica e l'importanza pastorale di ciascun settore diocesano.546

Se il numero dei sacerdoti della diocesi è molto ridotto, nulla vieta di convocarli tutti.

Tale Assemblea del Presbiterio sostituirà quella formale del Consiglio Presbiterale.

Il Consiglio deve elaborare i propri Statuti, nei quali vengono stabilite le norme circa la sua composizione, l'elezione dei membri, le principali materie da sottoporre allo studio, la frequenza delle riunioni, gli incarichi interni ( moderatore, segretario, ecc. ) ed eventuali commissioni per trattare determinati argomenti, il modo di procedere nelle sessioni, ecc.

La proposta di Statuti verrà presentata alla libera approvazione del Vescovo, il quale dovrà comprovarne la conformità alle prescrizioni del Codice e della Conferenza Episcopale e verificare che la struttura progettata sia quella propria di un organo consultivo, senza complessità organizzative che potrebbero toglierle chiarezza.547

Con il suo atteggiamento di dialogo sereno e attento ascolto di quanto viene espresso dai membri del Consiglio, il Vescovo incoraggerà i sacerdoti ad assumere posizioni costruttive, responsabili, lungimiranti, avendo a cuore soltanto il bene della diocesi.

Al di là delle visioni parziali e personalistiche, il Vescovo diocesano cercherà di promuovere all'interno del Consiglio un clima di comunione, di attenzione e di ricerca comune delle soluzioni migliori.

Eviterà di dare l'impressione dell'inutilità dell'organismo e condurrà le riunioni in modo che tutti i consiglieri possano esprimere liberamente il loro parere.

Qualora il Consiglio Presbiterale non adempisse la sua funzione per il bene della diocesi o ne abusasse gravemente, il Vescovo, a norma del diritto può scioglierlo, con l'obbligo di costituirlo di nuovo entro un anno.548

Quando la sede della diocesi diviene vacante, il Consiglio Presbiterale cessa ed i suoi compiti passano al Collegio dei consultori.

Il nuovo Vescovo deve costituire nuovamente il Consiglio entro un anno dalla presa di possesso della diocesi.549

183. Il Collegio dei consultori.

"Tra i membri del Consiglio Presbiterale, il Vescovo nomina liberamente alcuni sacerdoti, in numero non inferiore a sei e non superiore a dodici, che formino per cinque anni il Collegio di consultori, al quale competono le funzioni stabilite dal diritto".550

L'erezione del Collegio mira a garantire una qualificata assistenza al Vescovo, dando il suo consenso e parere secondo quanto stabilito nel Diritto, al momento di prendere importanti provvedimenti di natura economica551 e, in caso di vacanza o impedimento della sede, ad assicurare la continuità del governo episcopale552 e l'ordinata successione.553

La Conferenza Episcopale può stabilire che le funzioni del Collegio vengano affidate al Capitolo cattedrale.554

Le riunioni del Collegio dei consultori debbono essere presiedute dal Vescovo diocesano o da chi ne fa le veci, i quali si astengono dal votare con i consultori quando al Collegio sia chiesto il parere o il consenso.555

184. Il Consiglio pastorale.

Pur facendo uso della libertà che la disciplina canonica lascia, è bene che in ogni diocesi si costituisca il Consiglio pastorale diocesano, come forma istituzionale di esprimere la partecipazione di tutti i fedeli, di qualunque stato canonico, alla missione della Chiesa.

Pertanto, il Consiglio pastorale è composto di fedeli, chierici, membri di Istituti di vita consacrata e soprattutto laici,556 e ad esso spetta, "sotto l'autorità del Vescovo, studiare e valutare quanto si riferisce alle attività pastorali nella diocesi, e suggerire le relative soluzioni pratiche".557

I suoi Statuti sono stabiliti e, se è il caso, modificati dal Vescovo.558

Anche se a rigore non rappresenta i fedeli, il Consiglio deve essere una immagine fedele della porzione del Popolo di Dio che costituisce la Chiesa particolare e i suoi membri debbono essere scelti "considerando le loro distinte regioni, condizioni sociali e professioni, come anche il ruolo da essi svolto nell'apostolato, sia personalmente che in associazione con altri".559

Tutti i membri del Consiglio pastorale debbono essere in piena comunione con la Chiesa cattolica e distinguersi per fede sicura, buoni costumi e prudenza.560

Spetta al Vescovo decidere, mediante le opportune indicazioni statutarie, le modalità di designazione dei suoi membri: per esempio, affidando alle parrocchie e ad altre istituzioni la proposta di candidati, riservandosi comunque - forse tramite la conferma di quelli precedentemente eletti - il diritto di escludere coloro che non appaiano idonei.

Il Vescovo convochi il Consiglio almeno una volta l'anno.

Lo stesso Vescovo propone le questioni da esaminare, presiede le riunioni, decide se convenga o meno rendere pubblici i temi trattati e determina il modo di realizzare le relative conclusioni.561

Il lavoro del Consiglio è, pertanto, di natura consultiva,562 e deve essere sempre contraddistinto da un delicato rispetto sia della giurisdizione episcopale che dell'autonomia dei fedeli, individui o associati, senza pretese direttive o di coordinamento estranee alla sua natura.

Tuttavia, il Vescovo deve tenere nella dovuta considerazione il parere dei membri del Consiglio, in quanto responsabile collaborazione della comunità ecclesiale al suo ufficio apostolico.

Il Vescovo può proporre alle discussioni del Consiglio temi relativi alle attività pastorali della diocesi:563 come per esempio, il piano pastorale, le diverse iniziative missionarie, catechetiche e apostoliche diocesane, i mezzi per migliorare la formazione dottrinale e la vita sacramentale dei fedeli, il modo di facilitare il ministero pastorale dei chierici, la sensibilizzazione dell'opinione pubblica sui problemi della Chiesa, ecc.

Affinché l'operato del Consiglio risulti più efficace, converrà che le sessioni siano precedute da un adeguato studio preparatorio, servendosi a tal fine dell'aiuto delle istituzioni e degli uffici pastorali diocesani.

Circa l'attività dei Consigli pastorali diocesani, è opportuno che i Vescovi ne discutano in sede di Conferenza Episcopale, cosicché ciascuno nella propria diocesi possa utilizzare l'esperienza degli altri.

Il Consiglio pastorale cessa la propria attività durante la sede vacante della diocesi564 e può essere sciolto dal Vescovo quando non compie le funzioni ad esso assegnate.

d) Il Capitolo dei canonici

185. Compiti del Capitolo e nomina dei canonici.

"Il Capitolo di canonici, cattedrale o collegiale, è un collegio di sacerdoti, al quale spetta celebrare le funzioni liturgiche più solenni nella chiesa Cattedrale o nella collegiata; compete inoltre al Capitolo adempiere quegli uffici che il diritto o il Vescovo diocesano gli affidino".565

Per formare parte del Capitolo, il Vescovo chiami sacerdoti esperti che si distinguano per la dottrina e l'esempio della loro vita sacerdotale, anche tra coloro che attualmente esercitano uffici di rilievo nella diocesi, tenendo tuttavia presente che il Vicario Generale, i Vicari Episcopali e i consanguinei del Vescovo fino al quarto grado non possono ricoprire l'incarico di canonico penitenziere.566

186. Erezione, modifica e soppressione del Capitolo.

L'erezione, che non è obbligatoria, del Capitolo della Cattedrale, la sua modificazione o soppressione sono riservate alla Sede Apostolica.567

Nel rispetto delle leggi di fondazione e tenendo presenti i costumi e gli usi locali, lo stesso Capitolo elabora i propri Statuti, che vengono poi presentati all'approvazione del Vescovo.568

Risulta conveniente compilare un regolamento, in cui si contemplino questioni più dettagliate sul modo di procedere.

187. Uffici nel Capitolo.

Ogni Capitolo ha un presidente, come primus inter pares e moderatore delle riunioni.

Gli Statuti possono determinare che il presidente sia eletto dai canonici, nel cui caso necessita anche della conferma del Vescovo.569

Tra gli altri uffici del Capitolo - tutti di libera determinazione episcopale570 – deve annoverarsi quello del penitenziere, con l'importante funzione di assolvere dalle censure canoniche nel foro interno.571

Laddove non è stato costituito il Capitolo dei canonici, il Vescovo deve nominare un sacerdote che svolga le funzioni di penitenziere.572

e) Il Vescovo amministratore dei beni ecclesiastici della diocesi.

L'Economo ed il Consiglio per gli Affari Economici

188. Compiti del Vescovo nell'amministrazione dei beni patrimoniali.

In ragione della presidenza che gli compete nella Chiesa particolare, spetta al Vescovo l'organizzazione di quanto relativo all'amministrazione dei beni ecclesiastici, mediante opportune norme e indicazioni, in armonia con le direttive della Sede Apostolica e valendosi degli eventuali orientamenti e sussidi della Conferenza Episcopale.573

Inoltre, in quanto amministratore unico della diocesi, gli compete:

– vigilare, affinché non si insinuino abusi, sull' amministrazione di tutti i beni delle persone giuridiche che gli siano soggette;574 stabilire mediante decreto, dopo aver udito il Consiglio diocesano per gli affari economici, quali atti eccedono i limiti e le modalità dell'amministrazione ordinaria; alienare, con il consenso del Consiglio diocesano per gli affari economici e del Collegio dei Consultori, i beni il cui valore sta tra la somma minima e la somma massima stabilita dalla Conferenza Episcopale.

Per le alienazioni di beni il cui valore ecceda la somma massima oppure di ex voto o di oggetti preziosi di valore artistico o storico, si richiede anche la licenza della Santa Sede;575

– dare esecuzione alle donazioni e disposizioni "mortis causa" ( chiamate "pie volontà" ) in favore delle cause pie.

Dovrà in questo caso compiere o far compiere la volontà del benefattore.576

Nell'amministrazione dei beni, supposta sempre l'osservanza della giustizia, il Vescovo deve occuparsi in primo luogo delle necessità del culto, della carità, dell'apostolato e del sostentamento del clero, subordinando ad esse qualunque altra finalità.

189. Principali criteri che debbono guidare l'amministrazione dei beni.

Tali criteri basilari sono i seguenti:

a) Il criterio di competenza pastorale e tecnica:

"l'amministrazione economica della diocesi sia affidata a persone competenti oltre che oneste, in modo che la si possa proporre come esempio di trasparenza per tutte le altre analoghe istituzioni ecclesiastiche".577

Il Vescovo, infatti, deve sollecitare la collaborazione del Collegio dei consultori e del Consiglio per gli affari economici nelle materie determinate dalla legge universale della Chiesa578 e anche quando l'importanza del caso o le sue peculiari circostanze impongano tale regola di prudenza.

b) Il criterio di partecipazione:

il Vescovo deve far partecipe il clero diocesano, attraverso il Consiglio Presbiterale, delle decisioni importanti che vuole adottare in materia economica, e chiederne il parere al riguardo.579

Secondo la natura del caso, può essere utile interpellare anche il Consiglio pastorale diocesano.

È altresì opportuno che la comunità diocesana sia al corrente della situazione economica della diocesi.

Perciò, a meno che in qualche caso la prudenza suggerisca diversamente, il Vescovo prescriverà di rendere pubblici i rapporti economici alla fine di ogni anno e alla conclusione delle opere diocesane.

Parimenti potranno procedere le parrocchie e le altre istituzioni, sotto la vigilanza del Vescovo.

c) Il criterio ascetico,

che, secondo lo spirito evangelico, esige che i discepoli di Cristo usino del mondo come se non usassero di esso ( cf. 1 Cor 7,31 ), e che debbono perciò essere moderati e disinteressati, fiduciosi nella divina provvidenza e generosi con chi è nel bisogno, conservando sempre il vincolo dell'amore.

d) Il criterio apostolico,

che induce ad utilizzare i beni come strumento al servizio dell'evangelizzazione e della catechesi.

Questa regola deve guidare l'uso dei mezzi di comunicazione e dell'informatica, l'organizzazione delle esposizioni e mostre di arte sacra, le visite guidate a monumenti religiosi, ecc.

e) Il criterio del buon padre di famiglia

nel modo diligente e responsabile di condurre l'amministrazione.580

Come manifestazioni particolari di questo criterio, il Vescovo:

– curerà che sia messa al sicuro la proprietà dei beni ecclesiastici in modi validi civilmente e farà osservare le disposizioni canoniche e civili o quelle imposte dal fondatore o dal donatore o dalla legittima autorità.

Inoltre, sarà attento che dall'inosservanza della legge civile non derivi danno alla Chiesa;581

– nell'affidare i lavori osserverà e farà osservare accuratamente le leggi civili relative al lavoro e alla vita sociale, tenendo conto dei principi della Chiesa;582

– farà osservare le prescrizioni del diritto civile, in special modo quelle relative ai contratti583 e alle disposizioni "mortis causa" in favore della Chiesa;584

– dovrà conoscere e far osservare le decisioni della Conferenza Episcopale circa gli atti di amministrazione straordinaria585 e le condizioni per la cessione e la locazione di beni ecclesiastici;586

– provvederà ad inculcare nei pastori e nei custodi di beni un forte senso di responsabilità per la loro conservazione, in modo da impiegare ogni misura di sicurezza per evitare i furti;587

– promuoverà la preparazione e l'aggiornamento di inventari, anche fotografici, nei quali vengano chiaramente enumerati e descritti i beni immobili e mobili preziosi o di valore culturale.588

190. Enti patrimoniali per la copertura delle spese della diocesi.

Per far fronte alle principali necessità economiche, la disciplina canonica prevede la creazione di due istituti:

a) La diocesi deve provvedere alla remunerazione dei chierici che vi prestano servizio, mediante la costituzione di un istituto o ente speciale per la raccolta dei beni e delle offerte dei fedeli, oppure in un altro modo.589

b) Nella misura in cui sia necessario, si costituirà anche una "massa comune" diocesana, per sovvenire alle altre necessità della diocesi e per aiutare le diocesi più povere.

Tuttavia, a questa finalità si può provvedere anche mediante convenzioni e istituzioni di ambito interdiocesano o nazionale.590

È auspicabile che tutte queste istituzioni si costituiscano in modo che abbiano valore anche di fronte alle leggi civili.591

191. Partecipazione dei fedeli al sostentamento della Chiesa.

Il Vescovo provveda con mezzi idonei acciocché i fedeli siano educati a partecipare al sostentamento della Chiesa, come membri attivi e responsabili; così tutti sentiranno come proprie le opere ecclesiali e le attività benefiche e saranno lieti di collaborare alla buona amministrazione dei beni.592

Per sovvenire alle necessità della Chiesa, il Vescovo solleciti la generosità dei fedeli tramite offerte ed elemosine, secondo le norme date dalla Conferenza Episcopale.593

Ha inoltre competenza per:

– imporre tributi moderati, osservando le condizioni canoniche;594

– stabilire, quando convenga, collette speciali in favore delle necessità della Chiesa;595

– dettare norme sulla destinazione delle offerte ricevute dai fedeli in occasione delle funzioni liturgiche e sulla rimunerazione dei sacerdoti addetti a tali funzioni.596

A tale riguardo il Vescovo deve attentamente ponderare la reale ed onesta necessità di reperire fondi, ma anche l'opportunità di non aggravare i fedeli con eccessive richieste economiche.

Il Vescovo, infine, non trascuri di istruire ed eventualmente di informare i fedeli sul significato delle offerte di Messe e offerte compiute in occasione dell'amministrazione dei sacramenti e sacramentali, in rapporto al sostentamento del culto e dei sacri ministri e l'aiuto ai poveri; e istruisca i chierici perché si eviti in questa materia ogni apparenza di interesse profano.597

192. Il Consiglio Diocesano per gli Affari Economici e l'Economo.

In ogni diocesi si deve costituire un Consiglio per gli affari economici, presieduto dal Vescovo o da un suo delegato.598

Simili Consigli dovranno costituirsi anche in ciascuna parrocchia e nelle altre persone giuridiche.599

Per integrare tali organi ci si affiderà a fedeli scelti per la conoscenza della materia economica e del diritto civile, dotati di riconosciuta onestà e di amore per la Chiesa e per l'apostolato.

Là dove sia instaurato il ministero, occorre fare in modo che i diaconi permanenti partecipino a questi organi, secondo il proprio carisma.

Insieme al Consiglio diocesano per gli affari economici, il Vescovo esamini i progetti delle opere, i bilanci, i piani di finanziamento, ecc., e prenda decisioni conformi al diritto.

Inoltre, il Consiglio diocesano per gli affari economici, unitamente al Collegio dei Consultori deve essere ascoltato per gli atti di amministrazione che, attesa la situazione economica della diocesi, sono di maggiore importanza; per gli atti di amministrazione straordinaria ( stabiliti dalla Conferenza Episcopale ) il Vescovo necessita del consenso del Collegio dei Consultori e del Consiglio diocesano per gli affari economici.

Nell'esecuzione materiale dei diversi atti di amministrazione, salva la sua competenza, il Vescovo si avvarrà della collaborazione dell'economo diocesano.600

La diocesi deve avere infatti anche un economo, che deve essere nominato dal Vescovo per un quinquennio, rinnovabile, dopo aver sentito il Collegio dei consultori e quello per gli affari economici.

L'economo, che può essere anche un diacono permanente o un laico, deve possedere una grande esperienza in campo economico-amministrativo ed essere a conoscenza della legislazione canonica e civile riguardante i beni temporali e le eventuali intese o leggi civili circa i beni ecclesiastici.

L'economo diocesano deve amministrare i beni della diocesi, sotto l'autorità del Vescovo, secondo le modalità approvate dal Consiglio per gli affari economici e secondo il preventivo approvato.

Alla fine di ogni anno, l'economo deve rendere conto delle entrate e delle uscite al Consiglio per gli affari economici.601

IV. L'esercizio della Carità

193. Seguendo le orme di Cristo.

Cristo ha lasciato ai suoi discepoli il mandato della carità: "Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri" ( Gv 13,34 ).

La carità è amare come Cristo.

Per testimoniare ciò, i membri della Chiesa hanno dato vita a innumerevoli opere di carità.

La Chiesa infatti sa che la sua missione, quantunque sia di natura spirituale, abbraccia anche gli aspetti temporali della vita umana, giacché la realizzazione dei piani di Dio per l'uomo vincola saldamente l'annuncio evangelico e la promozione umana.602

Questa convinzione si traduce nelle molteplici forme di aiuto e beneficio integrale dei poveri, degli oppressi, degli emarginati, di quanti si trovano in situazioni di indigenza e di debolezza, e che la Chiesa guarda con amore preferenziale.603

Con uguale attenzione e sollecitudine, la Chiesa mediante le sue opere assistenziali cerca di alleviare la "sofferenza dell'anima" e la "sofferenza del corpo".

Tale impegno è espresso nel dovere cristiano di compiere le opere di misericordia corporale e spirituale.604

Tali opere sono state praticate nella Chiesa fin dai suoi inizi, mediante le elemosine ( cf. At 9,36; Eb 13,16 ), la distribuzione dei beni ( cf. At 2,44-45; At 4,32-34-37 ), le mense comuni ( cf. At 6,2 ) e le collette per i poveri ( cf. At 9,36.39; At 10,2.31; Gal 2,9-10 ).

All'inizio vennero scelti sette uomini che gli Apostoli, con la preghiera e l'imposizione delle mani, destinarono a tale ministero caritativo ( cf. At 6,2-6 ).

Anche nella comunità cristiana di oggi la carità deve mantenere il suo posto preminente e suggerire nuove forme di assistenza e promozione, che si aggiungano a quelle tradizionali.

194. La Chiesa, comunità di carità.

La responsabilità del Vescovo nell'ambito ella carità appare fin dalla liturgia dell'ordinazione episcopale, quando al candidato viene posta la domanda specifica: "Vuoi essere sempre accogliente e misericordioso, nel nome del Signore, verso i poveri e tutti i bisognosi di conforto e di aiuto?".

In tale modo il Vescovo, cosciente della sua funzione di presidente e ministro della carità nella Chiesa, mentre compie personalmente tale compito in tutte le forme che le condizioni della popolazione richiedano e i mezzi a sua disposizione gli consentano, cerca di infondere in tutti i fedeli - chierici, religiosi e laici - reali sentimenti di carità e di misericordia verso quanti siano per qualche ragione "affaticati e oppressi" ( Mt 11,28 ), cosicché in tutta la diocesi regni la carità come accoglienza e testimonianza del comandamento di Gesù Cristo.605

In questo modo, i fedeli sperimenteranno che la Chiesa è una vera famiglia di Dio riunita nell'amore fraterno ( cf. 1 Pt 1,22 ) e saranno molti gli uomini e le donne desiderosi di seguire Cristo.

Pertanto, il Vescovo, secondo il modello del buon samaritano ( cf. Lc 10,25-37 ), provveda affinché i fedeli siano istruiti, esortati ed opportunamente aiutati a praticare tutte le opere di misericordia, sia personalmente nelle circostanze concrete della loro vita, sia partecipando alle diverse forme organizzate di carità.

Trova così espressione nella vita cristiana quella reciproca relazione che esiste tra predicazione, liturgia e testimonianza.

Animati dall'ascolto della Parola e nutriti dai Sacramenti, i fedeli si adopereranno in quell'esercizio della carità che dà prova autentica della fede che professano.

Nella carità si manifesta, infatti, quel comandamento nuovo che rivela al mondo la natura nuova dei figli di Dio.

Il Vescovo sostenga e favorisca perciò tutte quelle iniziative di carità che, nel corso della storia e nei nostri giorni, sono sorte e continuano a nascere per l'assistenza e la promozione integrale dei più poveri, tanto nei paesi sviluppati come quelli in via di sviluppo.

Abbia cura, altresì, della formazione permanente dei fedeli impegnati in tali iniziative a livello direttivo ed operativo.

Il ministero della carità, anche se è obbligo di tutti i ministri, è parte specifica del carisma diaconale.606

Per questa ragione, tutti i candidati agli ordini sacri, ma in particolare gli aspiranti al diaconato permanente, dovranno prepararsi all'attività caritativa mediante un'adeguata formazione, che andrà perfezionata poi alla luce dell'esperienza.

I diaconi permanenti, secondo la personale capacità, possono essere d'aiuto all'amministrazione economica della diocesi.

La cura pastorale della Chiesa si rivolgerà anche agli operatori sociali e ai professionisti del mondo della sanità, e a maggior ragione se lavorano in istituzioni sanitarie cattoliche, affinché questi fedeli scoprano il significato vocazionale del loro lavoro professionale, che richiede indubbiamente competenza tecnica, ma anche una delicata sensibilità per le necessità umane e spirituali delle persone e dei pazienti.607

195. Le opere assistenziali della diocesi.

Se nella diocesi già esistono opere di carità e di assistenza, il Vescovo faccia in modo che crescano e si perfezionino sempre più e, se è necessario, se ne creino altre, corrispondenti ai nuovi bisogni: soprattutto nel campo dell'assistenza ai bambini, ai giovani, agli anziani, ai malati e agli invalidi, agli emigrati e ai rifugiati, per i quali deve essere sempre aperta e disponibile la diaconia della carità della Chiesa.608

Le grandi città sollecitano in particolare la creatività dei Pastori, poiché nelle metropoli la povertà si presenta sotto nuovi aspetti: basti pensare al gran numero di operai di diverse razze e nazioni, alle famiglie prive di alloggio o vitto, o a chi vive nelle baracche, ai giovani dediti alla droga.

Neppure vanno dimenticate quelle grandi povertà dello spirito, oggi sempre più diffuse, come la mancanza del senso della vita, la solitudine e l'assenza di speranza.

Per realizzare l'assistenza ai bisognosi in maniera efficace, il Vescovo promuova nella diocesi la Caritas diocesana o altre simili istituzioni che, da lui presiedute, animano il senso della carità fraterna in tutta la diocesi e promuovono la generosa collaborazione dei fedeli diocesani alle opere caritative della Chiesa particolare, in quanto manifestazioni della carità cattolica.

La Caritas diocesana, a seconda delle circostanze, potrà collaborare con analoghe istituzioni civili.

La trasparenza nel suo operare e la sua fedeltà al dovere di testimonianza dell'amore, le consentirà di animare cristianamente quelle istituzioni civili e, talora, anche di poterle coordinare.

In ogni caso, la Caritas diocesana parteciperà a tutte le iniziative autenticamente umanitarie per testimoniare la presenza e la solidarietà della Chiesa con i bisogni umani.

Il Vescovo abbia cura che anche i fedeli laici che operano in tali istituzioni civili possano avere un'adeguata formazione spirituale affinché possano offrire competente e coerente testimonianza.

Il Vescovo, allo stesso tempo, stabilirà che, per quanto possibile, in ciascuna parrocchia sia presente la Caritas parrocchiale che, unita a quella diocesana, si farà strumento di animazione e di sensibilizzazione e di coordinamento nella comunità parrocchiale della carità di Cristo.

Sarebbe molto opportuno che in ciascuna istituzione dipendente dall'autorità ecclesiastica, vi fosse la presenza di associazioni finalizzate al riconoscimento dei casi di bisogno, sia fisico che spirituale, alla raccolta di aiuti e al consolidamento di rapporti di carità tra benefattori e beneficiati.

196. Spirito genuino delle opere assistenziali della Chiesa.

Ogni attività caritativa del Vescovo e della comunità cristiana deve spiccare per rettitudine, lealtà, magnanimità e così manifestare l'amore gratuito di Dio verso l'uomo, "che fa sorgere il sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti" ( Mt 5,45 ).

Senza mai convertire le opere di carità in uno strumento di disonesto proselitismo, il Vescovo e la comunità diocesana si propongano di dare attraverso di esse testimonianza del Vangelo e indurre i cuori all'ascolto della Parola di Dio e alla conversione.

Tutte le opere di pietà e di assistenza realizzate dalla comunità cristiana debbono manifestare lo spirito di carità soprannaturale che le anima, per essere argomento eloquente che spinga i cuori a glorificare il Padre celeste ( cf. Mt 5,16 ).

Per il compimento delle opere di promozione umana e di assistenza alle popolazioni colpite da calamità, il Vescovo, quando sia opportuno e secondo le norme e gli orientamenti della Sede Apostolica, abbia cura di favorire le relazioni degli organismi caritativi diocesani con quelli paritetici dei fratelli separati affinché attraverso l'aiuto concorde si testimoni l'unità nella carità di Cristo e si faciliti la reciproca conoscenza, che un giorno potrebbe prender forma, con l'aiuto divino, nella desiderata unione di quanti confessano il nome di Cristo.

Al Vescovo compete di dare il via a tale relazioni, di disciplinarle e di vigilare sull'azione ecumenica degli organismi caritativi diocesani.

197. Rapporti tra l'assistenza della Chiesa e l'assistenza pubblica e privata.

Benché sappia che l'autorità civile ha il dovere e il merito di intervenire nei diversi settori dell'assistenza sanitaria e sociale per provvedere nel migliore dei modi ai bisogni di tutti, il Vescovo non dimentichi che nel mondo ci saranno sempre poveri ( cf. Mt 26,11 ), cioè persone bisognose nel campo spirituale, psicologico o materiale, e perciò affidate alla carità della Chiesa.

Inoltre, la Chiesa ha in questo campo una missione insostituibile da compiere, che deriva dalla virtù soprannaturale della carità.

Il Vescovo eviti ogni apparenza di competizione delle opere di carità diocesane con altre istituzioni simili pubbliche o private e invece favorisca la reciproca stima e la collaborazione tra le une e le altre.

Tuttavia rivendichi alla Chiesa il diritto di assistere i bisognosi e di essere presente laddove vi è qualsiasi tipo di necessità spirituale o materiale e in questo ambito non consenta alcun monopolio.

Si preoccupi, infine, che le opere e le istituzioni assistenziali promosse dalla Chiesa si adattino tanto alle esigenze del progresso tecnico e scientifico che alla legislazione civile.

V. Importanza del "servizio sociale" e del volontariato

198. Gli assistenti sociali ed i volontari.

Tra le moderne iniziative assistenziali, occupa una posizione di rilievo il cosiddetto servizio sociale, che si realizza specialmente nelle fabbriche e nei posti di lavoro, nelle famiglie, nei quartieri popolari, nei sobborghi delle città, nelle carceri, come forma di aiuto offerto agli individui e ai gruppi per sviluppare il senso della dignità della vita, educare alla coscienza delle proprie responsabilità e incoraggiare nell'impegno per il superamento delle difficoltà materiali e spirituali.

È dunque opportuno che nella diocesi ci sia un buon numero di assistenti sociali, scelti tra giovani di entrambi i sessi e anche tra i religiosi, che siano adeguatamente formati, specialmente nella dottrina sociale della Chiesa, nelle scuole e nei centri creati allo scopo.

Questi assistenti sociali potranno svolgere la loro attività in appositi centri, istituiti nelle parrocchie più grandi o nelle arcipreture o nei decanati, in nome e a spesa di tutta la comunità cristiana609 per affrontare sia le vecchie che le nuove povertà "che investono spesso anche gli ambienti e le categorie non prive di risorse economiche, ma esposte alla disperazione del non senso, all'insidia della droga, all'abbandono nell'età avanzata o nella malattia, all'emarginazione o alla discriminazione sociale".610

È consolante la fioritura, in tempi recenti, di varie forme di volontariato con le quali i cristiani, insieme ad altre persone di buona volontà, specialmente i giovani, dedicano il proprio tempo e le proprie energie ad assistere in modo organizzato i bisognosi, sia nella propria diocesi che nelle varie parti del mondo.

Tali iniziative fanno un gran bene, poiché, oltre ad alleviare le necessità degli indigenti, contribuiscono in maniera non indifferente alla formazione delle giovani generazioni cristiane e sono un mezzo efficace per avvicinare altre persone alla fede della Chiesa.611

Pertanto, dove il volontariato non sia sufficientemente esteso, il Vescovo susciti lo spirito di esso, che spinge alla dedizione verso gli altri e favorisca la creazione di strutture adeguate e, se necessario, provveda personalmente ad istituirle.

Dato il grande interesse che hanno tali opere per il bene comune, in molti casi sarà naturale sollecitare la collaborazione economica delle istanze pubbliche o, soprattutto nei Paesi più poveri, di altri enti o organizzazioni, per la loro istituzione e sostentamento.

199. Rapporti tra carità e liturgia.

Per infondere nei fedeli il senso della carità cristiana, il Vescovo insegni che la partecipazione attiva e cosciente alla liturgia, soprattutto alla Eucaristia, porta necessariamente alla pratica della carità con i poveri e i bisognosi.

Per esprimere tale vincolo tra Eucaristia e carità fraterna, susciterà la generosa offerta di denaro e altri beni, secondo le rubriche e norme liturgiche, durante la stessa celebrazione eucaristica.

Con la medesima finalità il Vescovo può ricorrere anche ad altre opportune iniziative: come la visita ai malati, ai carcerati, alle famiglie povere e ad istituzioni.

200. Aiuto alle diocesi povere e alle opere cattoliche di carità e di apostolato.

Seguendo l'esempio degli Apostoli i quali, oltre a vigilare sulla giusta distribuzione dei beni in ciascuna delle Chiese, organizzavano anche collette in favore delle comunità più povere ( cf. At 11,29-30; 1 Cor 16,1-14; 2 Cor 9,2; Rm 15,26; Gal 2,10; ecc. ), il Vescovo destini tutto l'aiuto che la sua diocesi può permettersi ad altre diocesi più bisognose,612 come anche alle opere cattoliche nazionali o internazionali di pietà e di assistenza.

Con tale intento, il Vescovo proponga al clero e al popolo la celebrazione delle "giornate" speciali stabilite a livello universale o nazionale, allo scopo di destare l'interesse, promuovere la preghiera e chiedere alla comunità cristiana il suo contributo economico.

È conveniente che il clero, già dagli anni di seminario, venga opportunamente preparato per vivere la povertà e la mutua carità come una vocazione, seguendo l'esempio della Chiesa primitiva ( cf. At 2,44-45; At 4,32ss ).

Sarebbe una chiara testimonianza di spirito evangelico che i sacerdoti, con a capo il Vescovo, e le istituzioni ecclesiastiche, si impegnassero a destinare ogni anno una percentuale fissa dei loro profitti alla carità, sia della diocesi che della Chiesa universale.

Esempio che anche i laici potrebbero seguire, secondo le proprie possibilità.

VI. Alcuni settori in particolare

201. Alcuni settori pastorali, secondo i luoghi e le diverse situazioni ecclesiali o sociali, richiedono una particolare attenzione dei Pastori.

Questo Direttorio si limita ad alcuni.

202. La famiglia.

Per il Vescovo la famiglia nella società contemporanea rappresenta una priorità pastorale.613

Le sfide che la famiglia oggi deve affrontare sono enormi:

un'erronea antropologia che separa l'uomo dalla famiglia e dal supremo valore della vita;

la svalutazione dell'amore coniugale e la diffusa mentalità contraccettiva;

la tendenza a relegare la famiglia nella sfera privatistica e la sua dissociazione dal matrimonio;

la pressione sui Parlamenti affinché vengano riconosciuti come famiglie, fondate sul matrimonio, le unioni omosessuali;

la nuova situazione della donna che, sebbene veda oggi riconosciuti i suoi diritti e la sua dignità e diminuite le forme di discriminazioni alle quali essa è stata ed è sottoposta, viene svalutata nella sua missione di sposa e di madre, considerata come una sottomissione servile e un servizio discriminante.

Il Vescovo, quale primo responsabile della pastorale familiare, incorporerà tale pastorale in quella organica della diocesi e si adopererà affinché nella famiglia, base e cellula primordiale della società e della Chiesa, convergano tutti i valori e la ricchezza umana e cristiana in modo che essa sia sempre più capace di formare integralmente la persona e di trasmettere la fede.

A questo scopo, è dovere del Vescovo di fare ogni sforzo per organizzare convenientemente una efficace pastorale familiare e attuarla in tutte le parrocchie e egli altri istituti e comunità diocesane con l'attiva partecipazione di sacerdoti, diaconi, religiosi e membri delle Società di vita apostolica, laici e delle stesse famiglie.

Questo impegno, che riguarda trasversalmente tutti i campi della pastorale, ha come contenuti:

la preparazione al matrimonio sia remota che immediata, opportunamente svolta "come in un cammino catecumenale"614 entro il quale, nell'ultima fase, si collocano i corsi di preparazione al matrimonio che devono essere realizzati con serietà, ottimi contenuti, sufficiente durata e obbligatorietà;615

la formazione ad un amore responsabile,616 che richiede una necessaria educazione sessuale con la proposta di principi e valori etici;617

l'informazione sui metodi naturali per la regolazione della fertilità, il ricorso ai quali deve avere giuste motivazioni che non siano solo il rifiuto della paternità e della maternità;

la bioetica e, soprattutto con l'impegno dei laici, la riflessione attraverso corsi, conferenze, incontri.

Per promuovere la partecipazione della famiglia alla vita sociale e politica e per prevenire leggi ingiuste, il Vescovo si impegni anche a promuovere una pastorale della famiglia nella società civile, mantenendo uno stretto contatto con i politici, soprattutto con quelli cattolici, offrendo strumenti per la loro formazione.

Il Vescovo provveda ad istituire la Commissione di pastorale familiare sia nella diocesi che nei Vicariati Foranei e, per quanto possibile, nelle parrocchie.

È auspicabile che a tali organismi siano attribuite anche le competenze per la vita, l'infanzia, la donna e, secondo i casi, la gioventù.

Per la formazione degli operatori pastorali, la diocesi potrà erigere un centro formativo o "istituto della famiglia".

A questo riguardo sono di provata efficacia anche le associazioni familiari istituite per il mutuo appoggio e la difesa dei valori della famiglia di fronte alla società e allo Stato.618 Con amarezza si constata come oggi sia in aumento il numero dei battezzati che si trovano in una situazione irregolare619 per quanto riguarda il matrimonio: il cosiddetto "matrimonio in prova", le unioni di fatto, i cattolici uniti soltanto con il rito civile, i divorzi; tutte situazioni che nuocciono gravemente ai diretti interessati, ai loro figli e alla società in generale.

In tutti questi casi, i Pastori mettano il massimo impegno per ottenere, se possibile, la regolarizzazione di questi rapporti.

Al contempo, siano caritatevoli con queste persone, giacché molte volte si tratta di situazioni che, specialmente per la presenza di figli comuni, sono difficilmente modificabili.

In ogni caso, il Vescovo motivi la norma della Chiesa secondo la quale non possono ricevere la comunione eucaristica coloro i quali si trovano in situazioni che obiettivamente contraddicono l'unione di amore tra Cristo e la Chiesa, che l'Eucaristia significa e rende presente.620

Nei riguardi dei divorziati risposati, il Vescovo non mancherà di far sentire la sollecitudine materna della Chiesa e farà in modo che non siano emarginati dalla vita ecclesiale, restando ovviamente chiaro che essi possono partecipare abitualmente alla vita delle loro rispettive parrocchie.

È molto opportuno che in ogni diocesi o a livello interparrocchiale vi siano momenti formativi per queste persone.

203. Gli adolescenti e i giovani.

Un settore che deve interessare vivamente il Vescovo e accrescerne la paterna sollecitudine è quello dei giovani621 e, in particolare, dei giovani studenti, i quali, privi di un chiaro orientamento, sono soggetti all'influsso di opinioni diverse e di novità ideologiche, per cui con molta facilità si allontanano dalla Chiesa, per seguire vie diverse da quelle ecclesiali o rimanere, addirittura, nel vuoto esistenziale.

È pertanto necessario portare i giovani a professare una fede matura rendendoli protagonisti della vita e delle scelte pastorali della diocesi.

Sarà opportuno che nelle varie istanze diocesane e parrocchiali, si preveda una rappresentanza del mondo giovanile in modo che possa esprimere le proprie necessità spirituali ed essere inserito gradualmente nella vita diocesana e parrocchiale.

Il Vescovo si preoccupi che nella sua diocesi non manchi un buon numero di presbiteri, religiosi e laici idonei, dediti all'apostolato della gioventù.

Il Vescovo abbia premura affinché la pastorale giovanile si attui in ogni parrocchia, o, almeno, a livello interparrocchiale.

Tra le forme più efficaci vi è senza dubbio l'insegnamento della religione nelle scuole, ma a livello pastorale devono essere sostenute anche quelle opere e associazioni finalizzate alla formazione degli adolescenti, come i vari gruppi o associazioni che hanno tale finalità.

Quanti collaborano nella pastorale della gioventù, debbono mostrarsi ai giovani come fratelli e amici, ma allo stesso tempo portatori di una verità e di un ideale di vita più alto.

Sapranno comprendere le loro aspirazioni, i punti di vista e il modo di esprimersi, ma senza accondiscendere a leggerezze e anomalie nel vano tentativo di essere da loro meglio accettati: infatti non si rende un servizio ai giovani accettando i loro difetti, ma indicando loro ideali; dovranno, infine, stimolare con iniziative concrete il loro senso di responsabilità, perché si sentano e siano realmente attivi e responsabili artefici della comunità cristiana.

Tra i giovani, gli studenti universitari occupano un posto privilegiato, e di grande interesse apostolico, per la peculiarità della loro sensibilità e del loro ambiente.

Personalmente, o in collaborazione con le altre diocesi interessate, il Vescovo potrà provvedere alla cura pastorale della gioventù universitaria, erigendo eventualmente una parrocchia personale entro il "campus" universitario o nelle adiacenze, e promuovendo residenze e altri centri che offrano agli studenti un aiuto permanente, spirituale ed intellettuale.622

Parimenti, incoraggerà e sosterrà, per quanto di sua competenza, le opere di altre istituzioni e associazioni ecclesiali che si adoperano in questo settore apostolico, non esente da difficoltà, e vigilerà perché in ogni centro - dipendente o meno dalla diocesi - si forniscano mezzi idonei di formazione cristiana e vengano osservati la conveniente disciplina e l'atteggiamento umano e spirituale.

204. Gli operai e i contadini.

Il Vescovo si preoccuperà vivamente della cura pastorale degli operai e dei contadini, perché l'evangelizzazione del mondo operaio e rurale fa parte della missione della Chiesa ed anche perché sono gli operai a pagare le conseguenze di un'industrializzazione poco attenta alla dignità umana e soffrono lo sradicamento che è conseguenza dell'emigrazione.

Non presterà minor attenzione al mondo contadino, in non pochi luoghi sottomesso a dure condizioni di vita e a volte carente della presenza sacerdotale.

Perciò, il Vescovo cercherà il contatto diretto con operai e contadini, anche nel loro ambiente, e farà in modo che siano sacerdoti idonei e ben preparati, particolarmente nella dottrina sociale della Chiesa, a svolgere il ministero apostolico nelle periferie operaie e nell'ambiente rurale, con mezzi e iniziative che si adattino alle condizioni sociali, psicologiche e spirituali di queste persone.

Il Vescovo vigilerà affinché nelle parrocchie e negli altri centri destinati all'assistenza a operai e contadini venga promossa l'attività pastorale tra le famiglie, si organizzi l'istituzione e la direzione di circoli, associazioni, scuole serali, centri di addestramento professionale, luoghi ricreativi, ecc.

Sono lodevoli le opere e istituzioni di carattere economico-sociale che abbiano come obiettivo l'aiuto ai poveri, facilitando l'accesso alla proprietà o all'utilizzo dei beni o la loro equa distribuzione, per mezzo di studi e attività sociali di cooperazione, di associazioni tra operai e artigiani, di iniziative economiche e finanziarie, ecc.

Si tratta di un settore molto vasto, nel quale i cristiani laici sono chiamati ad esercitare la carità sotto forma di giustizia e di solidarietà umana, in perfetta sintonia con la loro vocazione secolare.623

Il Vescovo pertanto non tralascerà di incoraggiare tali laici e, se necessario, promuoverà personalmente tali opere, impregnandole di spirito cristiano.

Il Vescovo darà anche il proprio contributo sulla questione ecologica per la salvaguardia del creato, insegnando il corretto rapporto dell'uomo con la natura, che alla luce della dottrina su Dio, Creatore del cielo e della terra, è un rapporto ministeriale, in quanto l'uomo è collocato al centro della creazione come ministro del Creatore.

In questo senso c'è bisogno di una conversione ecologica624 nella consapevolezza che, insieme alla salvaguardia del creato, si deve operare, con maggiore intensità, per un'ecologia umana che protegga il bene radicale della vita in tutte le sue manifestazioni e prepari alle generazioni future uno sviluppo sostenibile, che si avvicini di più al progetto del Creatore.

205. I sofferenti.

La tutela della salute occupa nella società attuale una delle sfide più impegnative.625

Sono ancora molte le malattie endemiche presenti in varie parti del mondo.

Nonostante gli sforzi della medicina e della scienza nella ricerca di nuove soluzioni o di aiuti per affrontarle, emergono nuove situazioni in cui la salute fisica e psichica viene sempre più minata.

La sollecitudine per l'uomo spinge il Vescovo a imitare il Buon Samaritano che con bontà e misericordia si prende cura di ogni persona sofferente.

Ogni Vescovo nell'ambito della propria diocesi, con l'aiuto di persone qualificate, è chiamato ad operare perché sia annunciato il Vangelo della Vita.

L'umanizzazione della medicina e dell'assistenza agli ammalati, la vicinanza a tutti nel momento della sofferenza risveglia nell'animo di ciascuno la figura di Gesù, medico dei corpi e delle anime, che tra le istruzioni affidate ai suoi Apostoli non ometteva d'inserire l'esortazione a guarire gli ammalati ( cf. Mt 10,8 ).

Pertanto l'organizzazione e la promozione di un'adeguata pastorale per gli operatori sanitari, in vista del maggior bene dei malati, merita davvero una priorità nel cuore di un Vescovo.

Tale pastorale non potrà non tener conto dei seguenti punti:

la proclamazione della difesa della vita nelle applicazioni della ingegneria biogenetica e nelle cure palliative e nelle proposte di eutanasia;

l'aggiornamento della pastorale sacramentale, specialmente quella che riguarda l'Unzione dei malati ed il Viatico, senza trascurare l'amministrazione del Sacramento della Penitenza;

la presenza delle persone consacrate, che donano la loro vita alla cura dei malati e dei volontari della pastorale della salute;

la sollecitudine dei parroci per i malati delle parrocchie.

Il Vescovo incoraggi la presenza degli ospedali cattolici e, secondo i casi, ne crei di nuovi e ne sostenga l'ideale cattolico quando, per diverse ragioni, passano alla direzione del personale laico.

Nelle Facoltà di medicina cattoliche, il Vescovo vigili affinché venga insegnata un'etica secondo il Magistero della Chiesa, specialmente nelle questioni di Bioetica.

206. Persone che richiedono una specifica attenzione pastorale.

Il Vescovo deve porre particolare cura nell'attenzione alle necessità spirituali di quei gruppi umani che, per le loro condizioni di vita, non possono usufruire sufficientemente dell'ordinaria cura pastorale territoriale.626

In questo paragrafo vengono esaminate le diverse situazioni che esigono risposte pastorali:

a) L'emigrazione internazionale.

Essa è un fenomeno di proporzioni crescenti, che richiede la sollecitudine dei Pastori: basti pensare al gran numero di quanti si spostano in altri Paesi in cerca di lavoro, o per studi, ai profughi, ai nomadi.627

Questo dovere è particolarmente urgente quando, come accade ancora con frequenza oggi, gli emigranti sono fedeli cattolici.

Per fornire a questi fedeli un'attenzione pastorale conforme alla loro indole e ai bisogni spirituali, è necessario avere una conveniente collaborazione tra i Pastori del paese di origine e quelli delle diocesi di destinazione, tanto individualmente che in seno alle rispettive Conferenze Episcopali.

Tale programma potrà essere ottimamente realizzato mediante l'invio di sacerdoti, diaconi e altri fedeli che accompagnino gli emigranti, creando allo scopo centri speciali di formazione, o tramite la creazione di strutture pastorali personali di coordinamento della pastorale diretta a questi fedeli.628

Non bisogna poi dimenticare anche gli itineranti, vale a dire i pellegrini, viaggiatori, circensi, lunaparkisti, i senza dimora, ecc.

b) I gruppi dispersi di fedeli.

Per provvedere alla cura pastorale e all'apostolato in favore di gruppi omogenei dispersi entro i limiti diocesani, il Vescovo può erigere una parrocchia personale, o anche nominare cappellani alcuni presbiteri idonei, fornendoli delle necessarie facoltà.

Per l'assistenza ai pescatori e ai marinai, egli promuova l'Opera dell'Apostolato del Mare, secondo le sue peculiari norme.

Oggi più che in passato, si avverte l'importanza che il Vescovo organizzi un'opportuna assistenza pastorale nelle località turistiche, creandovi chiese e oratori succursali delle parrocchie, come anche - secondo le possibilità della diocesi - nelle vicinanze delle principali vie di comunicazione, stazioni e aeroporti.

c) I militari.

I militari costituiscono una categoria particolare di fedeli che, per il loro stile di vita, richiedono un'attenzione specifica.

Per la loro assistenza pastorale, la Santa Sede erige il corrispondente Ordinariato Militare, il cui Prelato è equiparato al Vescovo diocesano.

Il Pastore del luogo, pertanto, mantenga relazioni fraterne con l'Ordinario Militare e cerchi di aiutarlo in quanto di sua competenza, anche ad avere sacerdoti idonei, cosicché i militari di professione, le loro famiglie e i numerosi giovani che prestano servizio temporale nell'esercito possano contare su un'adeguata assistenza per la loro vita cristiana.

207. La pastorale ecumenica.

Il Vescovo estenda il suo zelo e la sua carità pastorale ai membri delle Chiese e Comunità cristiane non cattoliche.629

A tale scopo, si rende necessaria una formazione ecumenica della comunità diocesana, in modo che tutti i fedeli, e in particolare i ministri sacri, apprezzino l'inestimabile dono dell'unità, crescano in carità e comprensione, pur senza irenismi, per gli altri fratelli cristiani e si uniscano alla preghiera di tutta la Chiesa, secondo il desiderio e le norme del Concilio Vaticano II e le istruzioni della Sede Apostolica.

Importanza speciale va attribuita alla formazione ecumenica nei seminari e in altri centri e ambienti di formazione del clero e dei laici.630

È opportuno favorire anche l'esercizio pratico dell'ecumenismo: prima di tutto l'ecumenismo spirituale, che consiste nella conversione interiore dei cristiani; poi, la preghiera, della quale una realizzazione abbastanza diffusa e degna di lode è la cosiddetta "Settimana per l'Unità dei Cristiani"; infine, la collaborazione ecumenica con gli altri cristiani, di cui le principali modalità sono l'orazione comunitaria, il dialogo, la comune testimonianza cristiana e l'impegno congiunto per la difesa dei valori umani e cristiani.631

È inoltre opportuno tener presente la situazione dei matrimoni misti tra cattolici e altri battezzati.

Questi matrimoni, anche se possono dare buoni frutti in campo ecumenico, richiedono tuttavia una speciale attenzione pastorale, sia per assicurarsi che entrambi i coniugi conoscano e aderiscano alla dottrina cattolica sul matrimonio, sia per allontanare ogni rischio di distacco dalla fede da parte del coniuge cattolico e per favorire che possa trasmettere la fede cattolica ai figli.632

Per quanto riguarda la "communicatio in sacris", debbono essere strettamente osservate le norme date al rispetto dal Concilio Vaticano II, dal Codice di Diritto Canonico e dalla Sede Apostolica.633

Occorre formare i fedeli perché sappiano rispondere con chiarezza alle sollecitazioni delle cosiddette "sette" di ispirazione cristiana o sincretista, che possono confondere le persone meno preparate, non solo con le proprie teorie, ma anche con esperienze religiose fortemente sentimentali.

208. La pastorale in ambito plurireligioso.

La presenza in Paesi di tradizione cristiana di persone appartenenti ad altre religioni è oggi un fenomeno crescente, specialmente nelle grandi città e nei centri universitari e industriali, dove si trovano per motivi di lavoro, di studio, o di turismo.

La carità cristiana e lo zelo missionario spingono la comunità diocesana, in relazione a queste persone, all'aiuto umanitario, al dialogo e all'annuncio di Cristo, in vari modi:634

a) Il Vescovo sproni ad esercitare disinteressatamente la carità cristiana verso queste persone, aiutandole nelle loro difficoltà di integrazione sociale, scolastica, linguistica, di alloggio, assistenza medica, ecc.

A tal fine potrà opportunamente servirsi delle associazioni cattoliche.

b) Il rispetto per la tradizione religiosa di ciascuno e per la dignità umana, invitano a stabilire un dialogo interreligioso per promuovere la mutua comprensione e collaborazione.

Tale dialogo deve rispettare i principi fondamentali della coscienza religiosa, oggi esposti agli assalti di una civiltà secolarizzata.

Per realizzare questo apostolato, il Vescovo avrà cura di formare persone idonee a portare avanti questo compito.

In tal senso è opportuno che, laddove non esista, se vi è la possibilità, si crei una Commissione per il dialogo interreligioso e che ci si avvalga anche dell'aiuto di esperti sia chierici, religiosi che laici.635

c) Infine, occorre fare in modo che queste persone possano conoscere e abbracciare la verità che Dio ha portato nel mondo per mezzo dell'Incarnazione di suo Figlio, giacché in nessun altro c'è salvezza; "non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possono essere salvati" ( At 4,12 ).

Il cammino che porta a tali conversioni sarà spesso il frutto dell'amicizia personale e della testimonianza da parte di cattolici che debbono agire sempre nel pieno rispetto delle coscienze, in modo che l'adesione alla vera fede sia sempre il risultato di un interiore convincimento e mai un mezzo per ottenere vantaggi materiali o per comprare il favore delle persone.

Sarebbe opportuno anche prevedere un catecumenato serio e appropriato che tenga conto del cammino spirituale già percorso.

d) In un ambiente plurireligioso, il Vescovo si troverà spesso ad essere coinvolto in iniziative interreligiose e ad incontrare altri capi religiosi.

Queste iniziative, opportunamente vagliate con la prudenza ed il discernimento, potranno rivelarsi occasioni di fruttuoso incontro e di vicendevole scambio.

Per quanto riguarda il campo della preghiera in contemporanea dei credenti di diverse religioni è opportuno valutare volta per volta le modalità dello svolgimento e della partecipazione, evitando accuratamente tutto ciò che possa ingenerare l'impressione di indifferentismo o di sincretismo religioso.

209. Il Vescovo operatore di giustizia e di pace.

Il mondo contemporaneo presenta gravi forme di ingiustizia dovute al divario sempre più profondo tra ricchi e poveri, ad un sistema economico ingiusto a causa del quale in tante parti del mondo si soffre la fame ed aumenta il numero degli emarginati, mentre in altre c'è opulenza;

alla guerra che minaccia continuamente la pace e la stabilità della comunità internazionale;

alla discriminazione tra uomo e uomo e all'avvilimento della dignità della donna, da una parte per la cultura edonista e materialista, dall'altra per la mancanza del riconoscimento dei suoi fondamentali diritti di persona.

Davanti a queste sfide il Vescovo è chiamato ad essere profeta di giustizia e di pace, difensore dei diritti inalienabili della persona, predicando la dottrina della Chiesa, in difesa del diritto alla vita, dal concepimento fino alla sua naturale conclusione, e della dignità umana; prenda a cuore la difesa dei deboli, si renda voce di chi non ha voce per far valere il suo diritto.

Allo stesso modo il Vescovo deve condannare con vigore tutte le forme di violenza e levare la sua voce a favore di chi è oppresso, perseguitato, umiliato, per chi è disoccupato e per i bambini che sono vessati in gravi modi.

Il Vescovo, con la stessa forza d'animo, annuncerà la pace di Cristo, chiamando a costruirla, giorno dopo giorno, i suoi fedeli e tutti gli uomini di buona volontà.

Il Vescovo non si stancherà di insegnare che la pace nasce dalla vita di persone che coltivano costanti atteggiamenti di pace, che apprezzano pienamente la dimensione comunitaria della vita, che si aprono a Dio promuovendo la fraternità universale ed una cultura ed una spiritualità di solidarietà e di pace, che invocano costantemente Dio nella preghiera.

Il Vescovo sarà profeta e artefice instancabile di pace, mostrando che la speranza cristiana è intimamente connessa con la promozione integrale dell'uomo e della società.636

Indice

472 Cf. Costituzione dogmatica Lumen Gentium, 27;
Decreto Christus Dominus, 16;
Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 42-43
473 Cf. Decreto Christus Dominus, 11
474 Cf. Costituzione dogmatica Lumen Gentium, 28;
Codex Iuris Canonici, can. 381 § 1
475 Costituzione dogmatica Lumen Gentium, 27
476 Cf. Decreto Christus Dominus, 16
477 Cf. Costituzione dogmatica Lumen Gentium, 24; 27;
Codex Iuris Canonici, cann. 131 § 1; 146;
Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 43
478 Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 43
479 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 127 §§ 1-3;
Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 44
480 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 395 §§ 1-3
481 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 395 § 4
482 Cf. Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Redemptoris Missio, 33-34
483 Cf. Decreto Christus Dominus, 16
484 Cf. Decreto Presbyterorum Ordinis, 4
485 Decreto Christus Dominus, 17
486 Cf. Costituzione dogmatica Lumen Gentium, 33;
Decreto Apostolicam Actuositatem, 3, 19 e 24;
Codex Iuris Canonici, cann. 215; 216 e 223
487 Cf. Decreto Christus Dominus, 17
488 Cf. Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Redemptoris Missio, 90;
Lettera apostolica Novo Millennio Ineunte, 30
489 Cf. Costituzione dogmatica Lumen Gentium, 32;
Codex Iuris Canonici, 204 § 1; 208;
Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 44
490 Cf. Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Novo Millennio Ineunte, 45;
Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 44
491 Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 10
492 Cf. Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Novo Millennio Ineunte, 45
493 Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Novo Millennio Ineunte, 45;
Cf. Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 44
494 Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 44
495 Circa la disciplina del Sinodo diocesano, cf. Codex Iuris Canonici, cann. 460-468;
Congr. Vescovi e Congr, Evangelizzazione dei Popoli,
Istruzione sui Sinodi diocesani
496 Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 44;
Omelia del 3 ottobre 1992
497 Cf. Giovanni Paolo II, Omelia del 3 ottobre 1992
498 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 463
499 Cf. Congr. Vescovi e Congr, Evangelizzazione dei Popoli,
Istruzione sui Sinodi diocesani, II, 6
500 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 461 § 1
501 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 462 § 1
502 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 461 § 2
503 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 462 § 2
504 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 468 § 1
505 Cf. Congr. Vescovi e Congr, Evangelizzazione dei Popoli,
Istruzione sui Sinodi diocesani, IV, 7
506 Cf. Congr. Vescovi e Congr, Evangelizzazione dei Popoli,
Istruzione sui Sinodi diocesani, IV, 7
507 Cf. Caeremoniale Episcoporum, 1169-1176
508 Codex Iuris Canonici, can. 465
509 Congr. Vescovi e Congr, Evangelizzazione dei Popoli,
Istruzione sui Sinodi diocesani, IV, 4
510 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 466
511 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 467;
Congr. Vescovi e Congr, Evangelizzazione dei Popoli,
Istruzione sui Sinodi diocesani, V, 5
512 Codex Iuris Canonici, can. 469
513 Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 45
514 Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 157 e 470
515 Codex Iuris Canonici, can. 473 § 1
516 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 473 § 2
517 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 473 § 4
518 Cf. Codex Iuris Canonicii, can. 473 §§ 2-3
519 Cf. Decreto Christus Dominus, 27;
Codex Iuris Canonici, can. 475 § 1
520 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 65
521 Cf. Decreto Christus Dominus, 23 e 27;
Codex Iuris Canonici, can. 476
522 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 478 §§ 1-2
523 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 480
524 Codex Iuris Canonici, can. 482 § 1
525 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 482
526 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 483 e 484
527 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 483 § 2
528 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 391 § 2
529 Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 1420 § 4 e 1421 § 3
530 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 1420 § 1
531 Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 1430 e 1432
532 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 1435
533 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 1421 § 2
534 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 1423
535 Cf. Decreto Christus Dominus, 27
536 Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 519 e 536
537 Codex Iuris Canonici, can. 495 § 1;
Cf. Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Novo Millennio Ineunte, 45
538 Cf. Costituzione dogmatica Lumen Gentium, 28;
Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 46
539 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 495 § 1
540 Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 495 § 1 e 498
541 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 500 §§ 1 e 3
542 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 500 § 2
543 Cf. Codex Iuris Canonici, can 500 § 2
La legge canonica stabilisce che il Consiglio Presbiterale deve essere consultato nelle seguenti questioni particolari:
cann. 461 ( convocazione del Sinodo diocesano );
515 § 2 ( erezione, soppressione e modifica di parrocchie );
1215 § 2 ( erezione di chiese );
1222 § 2 ( riduzione di una Chiesa ad uso profano );
1263 ( tributi ), ma il Vescovo deve consultare il Consiglio Presbiterale anche in tutti gli altri casi di maggiore importanza
544 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 500 § 2
545 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 127 § 2, 2°
546 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 499
547 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 496
548 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 501 § 3
549 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 501 § 2
550 Codex Iuris Canonici, can. 502 § 1
551 Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 494 §§ 1-2; 1277; 1292 § 1
552 Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 272; 485; 1018 § 1, 2°
553 Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 382 § 3; 404 §§ 1 e 3; 413 § 2; 421 § 1; 422; 430 § 2; 833, 4°
554 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 502 § 3
555 Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 127; 502 § 2;
Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, Responsum del 5.VII.1985
556 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 512 § 1;
Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Novo Millennio Ineunte, 45
557 Cf. Decreto Christus Dominus, 27;
Codex Iuris Canonici, can. 511
558 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 513 § 1
559 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 512 § 2
560 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 512 § 1
561 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 514 § 1
562 Cf. Ibidem
563 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 511
564 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 513 § 2
565 Codex Iuris Canonici, can. 503
566 Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 509 § 2 e 478 § 2
567 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 504
568 Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 505-506
569 Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 507 § 1 e 509 § 1;
Pontificio Consiglio per l'Interpretazione dei Testi Legislativi, Responsum del 20.V.1989
570 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 509 § 1
571 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 508 § 1
572 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 508 § 2
573 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 1276 § 2
574 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 1276 § 1
575 Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 392 § 2; 1281 §§ 1-2; 1292 §§ 1-2
576 Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 1300 e 1301
577 Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 45
578 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 1277 ed anche i seguenti canoni: 494 §§ 1-2; 1263; 1281 § 2; 1287 § 1; 1292; 1295; 1304; 1305; 1310 § 2
579 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 500 § 2
580 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 1284 § 1;
Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 20
581 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 1284 § 2, 2° e 3°
582 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 1286, 1°
583 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 1290
584 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 1299 § 2
585 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 1277
586 Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 1292 § 1 e 1297
587 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 1220 § 2
588 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 1283, 2°
589 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 1274 § 1
590 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 1274 §§ 3-4
591 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 1274 § 5
592 Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 222 § 1 e 1261 § 2;
Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 45
593 Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 1262 e 1265 § 2
594 Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 1262 e 1263
595 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 1266
596 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 531
597 Cf. Decreto Presbyterorum Ordinis, 20-21;
Codex Iuris Canonici, cann. 1264, 2° e 952;
Congregazione per il Clero, Decreto, Mos iugiter
598 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 492
599 Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 537 e 1280
600 Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 1277 e 1292
601 Cf. Codex Iuris Canonici, can. 494
602 Cf. Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Redemptoris Missio, 59
603 Cf. Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Sollicitudo Rei Socialis, 42
604 Cf. Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Salvifici doloris, 5
605 Cf. Decreto Christus Dominus, 16;
Decreto Presbyterorum Ordinis, 9;
Decreto Apostolicam Actuositatem, 8;
Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 73
606 Cf. Costituzione dogmatica Lumen Gentium, 29;
Paolo VI, Motu proprio Sacrum Diaconatus Ordinem, V, 22, 9
607 Cf. Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Salvifici doloris, 29
608 Cf. Decreto Apostolicam Actuositatem, 8
609 Cf. Decreto Apostolicam Actuositatem, 8
610 Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Novo Millennio Ineunte, 50
611 Cf. Giovanni Paolo II, Lettera ai Volontari
612 Cf. Decreto Christus Dominus, 6;
Decreto Presbyterorum Ordinis, 21;
Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 45
613 Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 52
614 Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Familiaris Consortio, 66
615 Cf. Pontificio Consiglio per la Famiglia, La preparazione al Sacramento del matrimonio
616 Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Familiaris Consortio, 37
617 Cf. Pontificio Consiglio per la Famiglia, Orientamenti Sessualità umana: verità e significato
618 Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Familiaris Consortio, 70; 72; 73-76
619 Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Familiaris Consortio, 79-84
620 Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Epistola Annus internationalis sulla comunione eucaristica ai fedeli divorziati risposati;
Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, Dichiarazione sul can. 915
621 Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 53
622 Cf. Dichiarazione Gravissimum Educationis, 10;
Codex Iuris Canonici, can. 813;
Giovanni Paolo II, Costituzione apostolica Ex Corde Ecclesiae, Norme generali, art. 6 §§ 1-2
623 Cf. Decreto Ad Gentes 12;
Costituzione Pastorale Gaudium et Spes, 30 e 71
624 Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 70
625 Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 71
626 Cf. Decreto Christus Dominus, 18;
Codex Iuris Canonici, can. 771 § 1
627 Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 72
628 Cf. Decreto Presbyterorum Ordinis, 10
629 Per i diversi aspetti della pastorale ecumenica, cf. Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani, Direttorio per l'Ecumenismo
630 Cf. Decreto Unitatis Redintegratio, 5-12;
Decreto Apostolicam Actuositatem, 28; Decreto Ad Gentes, 15;
Cf. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 65
631 Cf. Decreto Unitatis Redintegratio, 4; 7; 12 e 24;
Decreto Apostolicam Actuositatem 27;
Costituzione pastorale Gaudium et Spes, 90
632 Cf. Codex Iuris Canonici, cann. 1124 e 1125;
Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Familiaris Consortio, 78
633 Cf. Decreto Unitatis Redintegratio, 8;
Decreto Orientalium Ecclesiarum 24-29;
Codex Iuris Canonici, cann. 844; 933; 1124-1129 e 1183 § 3
634 Circa l'articolazione nel dialogo con le altre religioni e l'annuncio cristiano: cf. Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, Istruzione Dialogo e Annuncio;
Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica postsinodale Pastores Gregis, 68
635 Cf. Decreto Unitatis Redintegratio, 5-12;
Decreto Apostolicam Actuositatem, 28;
Decreto Ad Gentes, 15
636 Il Vescovo non mancherà, per altro, di discernere se una sua eventuale partecipazione a manifestazioni o cortei, anche se richiesto, non possa prestarsi a strumentalizzazioni o risultare ambigua