Concilio di Calcedonia

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Canone XXIX

Un vescovo allontanato dalla propria sede non deve essere computato fra presbiteri

I magnificentissimi e gloriosissimi imperatori dissero: "che pensa il santo sinodo dei vescovi consacrati da Fozio, vescovo piissimo, e rimossi dal religiosissimo vescovo Eustazio, e obbligati ad essere, dopo l'episcopato, dei semplici sacerdoti?".

I reverendissimi vescovi Pascasino e Lucenzio e il sacerdote Bonifacio, rappresentanti della sede di Roma, dissero: "ridurre un vescovo al grado di semplice sacerdote, è un sacrilegio.

Se, infatti per un giusto motivo essi debbono essere sospesi dall'esercizio dell'episcopato, non devono neppure avere il posto di presbiteri.

Se poi sono stati rimossi dalla loro carica senza colpa, devono essere reintegrati nella loro dignità di vescovi".

Il piissimo Anatolio, arcivescovo di Costantinopoli, disse: "quelli che sono stati ridotti dalla dignità vescovile al grado di presbiteri, se sono stati condannati per motivi ragionevoli, certamente non sono degni neppure della dignità di presbiteri.

Se poi sono stati ridotti al grado inferiore senza motivo, giustamente, se risulta che sono innocenti, devono riprendere la dignità e le funzioni dell'episcopato".

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