Segretario del Crocifisso

Apertura dei Corsi Diurni

Allorché si era trattato del progetto della nuova Sede, tutti i Catechisti erano stati unanimi

nel volere una costruzione decorosa e ispirata ai più moderni criteri di funzionalità,

persuasi che le opere cattoliche, in cui si educano i figli di Dio, pur nella sobrietà

che esclude ogni lusso ed ogni superfluità, non devono aver nulla da invidiare nella loro attrezzatura

alle opere del mondo.

E l'Ing. Felice Bardelli, interpretando fedelmente l'idea dei Catechisti, aveva progettato dei locali ampi,

luminosi e razionali, una costruzione apprezzata da tutti per i suoi pregi estetici e pratici.

I Catechisti capirono subito però di avere infilato in tal modo una strada assai impegnativa:

era lecito ( per citare solo una delle considerazioni che venivano fatte allora )

riservare una tale costruzione a dei semplici corsi festivi e serali, lasciandola vuota tutto il giorno?

Sarebbe stato anti-economico e anti-sociale.

Evidentemente la Provvidenza voleva aprire ai Catechisti nuove strade.

Intanto, ecco il Ministero del Lavoro proporre dei corsi diurni di riqualificazione per disoccupati.

Accettati dai Catechisti in via di esperimento, questi corsi si iniziarono ancora nella vecchia sede il 13 maggio 1948,

e furono la prima scuola diurna dei Catechisti, che li mise a contatto di giovani poverissimi,

disorientati e sfiduciati e aprì loro un panorama di insospettate necessità e possibilità di bene.

I risultati di questo primo esperimento di scuola diurna furono quanto mai incoraggianti.

Ci fu perfino un allievo che riconobbe in se stesso la vocazione religiosa ed entrò in un Istituto Missionario,

dove persevera a tutt'oggi come Fratello Coadiutore.

Ma i corsi di riqualificazione per disoccupati erano ancora iniziative occasionali e finirono subito.

Il 22 giugno dello stesso anno 1948, un gruppo di dirigenti della Soc. An. Micheli,

nell'intento di sviluppare un piano assistenziale aziendale, venne alla « Casa di Carità » a proporre

una scuola pratica diurna per i figli dei dipendenti della Società stessa.

Questa sarebbe stata invece una iniziativa stabile.

Si era giunti ad una svolta importante.

Ai Catechisti si presentava la prospettiva di un'attività scolastica non più puramente complementare

alle varie occupazioni professionali, come quella serale e festiva, ma un'attività piena,

che avrebbe convogliato almeno un gruppo di Catechisti a dedicarsi totalmente all'insegnamento

e avrebbe allineato l'Unione fra gli Istituti che si dedicano alla Scuola.

La perplessità dei dirigenti dell'Unione fu grande, giacché la ragione aveva gravi argomenti

che la inducevano ad inoltrarsi per la nuova via che si apriva e argomenti non meno gravi che la sconsigliavano.

Si credette di riconoscere più sicuramente la volontà di Dio negli avvenimenti,

seguendo quel criterio di fede che aveva sempre guidato tutta la storia dell'Unione,

e si decise di accettare la proposta della Soc. Michelin.

Il Fr. Teodoreto, dopo di aver lungamente pregato a S. Tommaso davanti al Tabernacolo

e accanto alla tomba del suo santo amico, Fra Leopoldo, che ora non gli poteva più trasmettere a viva voce i messaggi

di Gesù, ma che non poteva mancare di ottenergli per altra via la stessa sicurezza di decisione, diceva così:

« Continuiamo a lasciarci guidare dal Signore. Egli ci illuminerà, come per il passato, al momento giusto,

attraverso le circostanze degli avvenimenti. L'Unione si è svolta così:

né io, né Fra Leopoldo avevamo un piano prestabilito.

Ci siamo lasciati guidare come S. Giov. Batt. La Salle, che seguì il Nyel... ».

Nell'ottobre del 1948 si iniziarono dunque i corsi diurni, teorici-pratici non però riservati ai dipendenti

della Soc. Michelin, ma aperti a tutti; e due anni dopo, tutta la Scuola si trasferì nella nuova Sede

di Corso Benedetto Brin 26, a mala pena ultimata.

L'apertura dei corsi diurni rappresentò un fatto di capitale importanza.

Con essi la « Casa di Carità Arti e Mestieri » si completava, acquistando la porzione di gran lunga più importante

della sua attività ed un corpo insegnante stabile, costituito da insegnanti di professione

e non più di soli volontari, costretti a limitare la loro prestazione, per quanto generosa e disinteressata,

secondo le esigenze dei loro impegni di lavoro.

Ma soprattutto si realizzava finalmente, e per la prima volta in modo integrale ed in piena fedeltà,

l'opera indicata da Fra Leopoldo.

Infatti, soltanto la « Casa di Carità Arti e Mestieri », fondata dai Catechisti,

assume integralmente il nome indicato da Fra Leopoldo, e, col nome, che è un'insegna programmatica,

tutto l'orientamento coerente, per la formazione professionale integrale e gratuita a specifici mestieri.

I Catechisti vi si trovarono dentro, condotti dagli avvenimenti, ma riconobbero in essi

a mano della Provvidenza e vi si uniformarono con ammirazione e con riconoscenza al Signore.

Esplicitando poi il contenuto dell'insegna programmatica, alla luce degli scritti di Fra Leopoldo

e di Fr. Teodoreto, i Catechisti scopersero delle direttive saggissime,

ricche di contenuto e modernissime, alle quali essi si attennero con ogni fedeltà.

Né ebbero mai a pentirsene, anzi constatarono sempre che gli sviluppi e il perfezionamento dell'opera

si trovarono sempre lungo la linea di quelle direttive.

Lo sviluppo attuale dell'Opera è stato conseguito nella fiduciosa fedeltà all'insegna caratteristica,

in quanto ogni cosa è stata attuata, o perché reputata come direttamente contenuta dal titolo

« Casa di Carità Arti e Mestieri », o perché - indicata dalle circostanze -

 ne appariva coerentemente opportuna.

La prima prerogativa dell'Opera è stata la gratuità dell'insegnamento,

specialmente riaffermata allorché ebbero inizio i corsi diurno per di più pratici

e non solo teorici e perciò maggiormente onerosi.

Trattandosi di aiutare giovani operai a conseguire cose indispensabili sia per la terra che per il Cielo,

i Catechisti fin dagli inizi tennero per fermo che la buona volontà era la sola contropartita da richiedersi.

La gratuità non fu di poco giovamento alla più schietta abnegazione degli Insegnanti

ed alla conseguente fruttuosa applicazione degli allievi.

Se n'ebbero perciò risultati presto notevoli e assai apprezzati tanto dalle famiglie che dalle aziende,

nonostante le comprensibili difficoltà iniziali, e nonostante che gli allievi provenissero

di frequente da ambienti ammorbati da ideologie nefaste e da costumi assai poco cristiani.

Nell'immediato secondo dopo guerra, i Catechisti per tenere fede a quel tanto d'indispensabile

che loro si palesava per lo sviluppo dell'Opera, intuirono che se la nuova sede in Borgata Vittoria

richiedeva per un più pieno impiego l'apertura di corsi diurni,

questi avrebbero dovuto essere rivolti all'insegnamento di ben individuati mestieri,

tra i più richiesti della industria locale.

La situazione economico-produttiva imponeva il superamento della generica scuola tecnica

differenziata solo per settore, con una scuola qualificata per professione o gruppo di professioni affini,

in grado cioè d'impartire ai giovani l'effettiva capacità di assolvere compiti di lavoro qualificato.

Naturalmente ogni cosa dovevasi effettuare senza danno alla preparazione tecnica generale,

ma aggiungendovi la « professionalità » come ulteriore sviluppo e con l'enorme guadagno

di un pronto impiego al termine degli studi, senza incertezze e tirocini mortificanti.

L'insegna programmatica indicando e proclamando le « Arti e Mestieri » come impegno di « carità »

confermò i Catechisti nel loro proposito, nonostante i molti e gravi problemi

che via via si sarebbero dovuti risolvere relativamente ai programmi, ai mezzi ingenti che si richiedevano,

al corpo insegnante all'uopo preparato, alla mentalità delle famiglie ecc.

Intanto alcuni Catechisti o lasciarono l'impiego consueto, o mutarono il corso dei propositi

circa il loro avvenire per dedicarsi unicamente allo sviluppo di una scuola professionale

a ciclo integrale, cioè non più concepita come integrazione tecnica ed educativa

da impartirsi dopo il normale orario di lavoro.

Così ebbero inizio i corsi diurni triennali di qualifica.

Anzi, anche i corsi serali furono gradualmente trasformati in corsi teorico-pratici di qualifica.

Accanto alle lezioni teoriche, vennero così ad aggiungersi le esercitazioni pratiche.

S'imponeva il coordinamento di entrambe le attività scolastiche,

non solo ai fini di una efficiente preparazione di mestiere,

ma  anche perché tutto fosse unificato da un solo e caratteristico intento dominante.

Il ruolo dell'insegna fu a questo proposito decisivo.

L'appellativo di « casa » indicava infatti che il compito specifico avrebbe dovuto essere

in tutto e in ogni cosa eminentemente educativo.

La nuova scuola, nei laboratori come nelle aule, nel lavoro come nello studio

avrebbe dovuto amorevolmente cooperare alla formazione degli allievi in quanto uomini,

cittadini e cristiani. Proprio a somiglianza di ciò che s'attua in famiglia..

L'educazione avrebbe dovuto svilupparsi principalmente come umanizzazione e santificazione del lavoro;

questo a sua volta avrebbe dovuto prodursi come aspetto integrante l'affermazione umana

e la perfezione cristiana dei giovani lavoratori.

« Educare cristianamente " mediante " il mestiere »

divenne così l'espressione sintetica del nuovo proposito.

Gli scritti di Fra Leopoldo - ripetutamente e attentamente consultati - confermavano la via da percorrere.

Proprio per « salvare anime » e « formare nuove generazioni »

il Signore richiedeva l'apertura di « Case di Carità »,

nelle quali si sarebbero dovute insegnare ai giovani « arti e mestieri ».

Il Fratello Teodoreto aveva del resto affermato:

« Il servo di Dio intuì mirabilmente che il nuovo compito degli educatori cristiani

sarebbe stato non solo di dare una formazione cristiana alla gioventù operaia,

ma di liberare per tal mezzo ogni cuore umano dalla schiavitù della materia

mediante la santificazione del lavoro ».

Dunque, uno degli aspetti fondamentali e caratteristici della nuova scuola avrebbe dovuto consistere

nel « salvare » per l'eternità e « formare » nel tempo le giovani generazioni

« mediante » il lavoro santificato.

Di conseguenza, i Catechisti - concependo ormai la stessa istruzione professionale

come « educazione » - si adoperarono al fine di trovare orientamenti e metodi didattici

per fare del lavoro qualificato la caratteristica attività per la formazione dell'uomo e del cristiano.

Intanto si comprese come per il giovane lavoratore la professione debitamente acquisita

non costituiva soltanto il mezzo indispensabile a guadagnarsi con sicurezza il pane quotidiano,

ma sia pura condizione di dignità e di libertà concreta in quanto dà al lavoratore

la possibilità di essere apprezzato e ricercato collaboratore.

Più estesamente, apparve con crescente chiarezza come il lavoro qualificato sia fonte di sicurezza in se stessi,

di equilibrio e maturità, di apertura cordiale alla vita, di senso di socialità, di costruttività.

Per tutte queste considerazioni e per altre ancora, i Catechisti cercarono di impartire ai giovani

una organica e compiuta comprensione tecnica, economica, sociale e spirituale del lavoro.

Particolarmente si puntò a sviluppare nei giovani lo spirito di iniziativa

e le capacità costruttive che il lavoro richiede.

Al tempo stesso venne dato il dovuto rilievo alla funzione disciplinatrice del lavoro

come dominio dell'istinto e della passione, ma soprattutto si cercò d'infondere nei giovani

la coscienza e l'accettazione del lavoro come servizio per il bene comune,

come modo di rendersi utili a se stessi e al prossimo, come tipica attività

che direttamente agisce nel mondo per farlo più ospitale, più umano, più vicino a Dio.

Al vertice si guardò e si guarda alla casa di Nazareth come ideale supremo di ogni vita o comunità di lavoro,

come modello per la nuova Opera voluta dal Signore.

L'afflato educativo promanante dall'ideale di « Casa cristiana » contribuì a rafforzare nei Catechisti

la consapevolezza e il proposito di completare l'educazione dei giovani con tutto il corredo di conoscenze,

di orientamenti, di abiti morali necessari a che gli allievi al termine degli studi potessero trovarsi

cristianamente aperti e adeguatamente operanti non solo nei luoghi di lavoro,

ma anche in famiglia, nel civile consorzio, nella Chiesa.

Il programma educativo fondato sulla cultura religiosa e specificato dal lavoro,

venne di conseguenza integrato con insegnamenti culturali e sociali,

nonché scientifici e tecnici, ritenuti allo scopo indispensabili.

Più avanti i Catechisti compresero come il valore programmatico dell'insegna

non concerna le sole finalità pedagogiche e i relativi programmi,

ma debba estendersi a tutta l'organizzazione della scuola.

L'ideale di « Casa », tanto più se « di Carità » esige infatti che tutta la nuova scuola sia concepita

e strutturata in senso comunitariamente operante, a cominciare dagli insegnati,

per i quali occorre si costituisca un'autentica comunità di lavoro.

A questo scopo è apparsa chiaramente la necessità di iniziative comuni intese ad accrescere

la formazione pedagogica e didattica, generale e specifica, degli insegnati.

Vi si debbono aggiungere le riunioni per il coordinamento dei programmi, per le norme disciplinari,

e gli scambi di vedute circa il profitto e il comportamento degli allievi singolarmente

e collettivamente considerati.

Si richiedono ancora scambi culturali e di esperienza in modo che ciascun insegnante possa aggiornarsi

ed arricchirsi attingendo ad un patrimonio comune, che egli stesso concorrerà ad aumentare

con il proprio lavoro.

Quanto alla distribuzione degli insegnanti, l'idea di « Casa » sembra richiedere

che le materie vengano raggruppate il più possibile, in modo da ridurre il numero degli insegnati

e da intensificare il loro contatto con gli allievi.

Se l'insegnamento è simultaneo, impartito cioè per classi e per squadre,

ciò non deve ritenersi come di ostacolo al rapporto individuale tra insegnanti e allievi,

rapporto che anzi deve aver luogo, ma soprattutto nella classe e mediante la classe,

intesa come comunità, e non come mezzo aggregato di chiuse e isolate individualità.

Non si escludono, tuttavia, rapporti diretti con gli allievi presi singolarmente,

per ricuperare o riconfermare la loro efficiente appartenenza alla comunità scolastica.

Attualmente la realizzazione di queste direttive è in corso, come sono in corso studi allo scopo

di vivificare in senso comunitario la classe e la squadra, e le varie classi tra loro:

sempre con l'intento di rinfocolare la solidarietà reciproca e la partecipazione attiva degli allievi

alla vita della « Casa » comune.

In modo particolare l'ideale di « Casa di Carità » ricorda come la scuola debba ritenersi

come naturale integrazione della famiglia, da cui la necessità di intensificare gli incontri

con i genitori al fine di coadiuvarli nell'adempimento della loro sublime missione.

Così come rimanda alla famiglia naturale, l'insegna programmatica rimanda almeno con uguale eloquenza

alla famiglia soprannaturale: alla Chiesa, alla Parrocchia.

Tanto più in quanto ogni scuola cristiana è scuola della Chiesa e agisce per la Chiesa,

in forza di un preciso mandato di Essa.

Sulle tracce di questi orientamenti si vengono sviluppando i rapporti con le parrocchie

da cui provengono gli allievi: e col guidare i giovani verso un maturo inserimento nella vita parrocchiale,

e mettendo - nel limite del possibile - ogni cosa: locali, esperienze, lavoro a disposizione dei parroci.

L'insegna programmatica, oltre a stabilire le finalità caratteristiche della nuova scuola professionale cristiana,

oltre a indicare un clima e una organizzazione inconfondibili,

è stata e continua ad essere copiosa fonte di preziosissimi orientamenti pedagogici.

Appena accennando, diremo che il pensiero della « Casa Cristiana » richiama infatti all'ideale

di convivenza più intensa, all'atteggiamento più comprensivo e capitale,

al dono di sé più umile e generoso al tempo stesso, così come muove all'apprezzamento di ciascun uomo

nella sua irripetibile singolarità e invita all'interiorità, alla comunione d'anime.

« Casa » ancora, oltre a significare asilo, ristoro, famiglia, rinvigorisce di umanità la stessa « città »

poiché più intensamente affratella, in quanto più di ogni altro ideale « riconduce »

gli uomini a ritrovare l'unità dell'origine e dell'estrema destinazione nell'eterna dimora del Padre comune.

In fine, il programma di ogni scuola cristiana non si compendia forse nella carità?

non consiste forse nell'educare alla carità e nella carità,

che è per la fede implicante la ragione e la buona volontà?

Certamente, in quanto educare alla carità è formare in pienezza poiché essa comporta

la massima apertura dell'animo, e quale « vincolo di perfezione » tutto abbraccia, tutto collega,

sino alla compiuta unità dell'ordine, in cui sono reintegrate la verità e la giustizia dell'uomo

nel rapporto a Dio e, in Dio, per rapporto ai suoi simili e a tutte le creature.

D'altro canto, se c'é un mondo che non è « casa » poiché vi si è smarrito lo spirito vivificante,

l'apertura ospitale, l'intenzionalità fraternamente costruttiva della « carità », è proprio quello del lavoro.

Nessuno stupore dunque, se per una Scuola, per giunta di arti e mestieri,

ci si ispiri come a motivo dominante proprio alla nostra provvidenziale insegna.

In quanto agli orientamenti e ai metodi didattici ritenuti sin qui più efficaci in una scuola che dev'essere

« casa », diremo che si sono adottati quelli ritenuti maggiormente atti a plasmare negli allievi

un atteggiamento che fosse di « apertura » comprensiva e cordiale verso la realtà quotidiana,

e a rafforzare la tendenza a « rispondere » con tempestività e intierezza,

con tutto lo slancio di una personalità armonicamente costituita, ai precisi appelli della realtà,

Dati questi presupposti il primo metodo adottato consiste nel presentare il lavoro

e tutto ciò che compone il mondo presente - e presumibilmente futuro - del giovane lavoratore,

guidando l'allievo a scoprire via via i significati che vi si contengono,

dai più immediati ai più profondi, da quelli tecnici ed economici a quelli sociali e religiosi.

Il secondo metodo consiste nello sviluppare e nel far convergere le tendenze e gli abiti morali

e operativi in modo che l'agire quanto il fare si producano con sicurezza e razionalità,

come « risposte » ispirate dalla carità, organiche e pertinenti a tutte le esigenze della realtà,

a tutti i compiti effettivi assegnati a ciascuno dalla vita.

Il risultato - insomma - che si è cercato di conseguire mediante i metodi impiegati

è quello di redimere dalla piatta banalità, dalle insignificanze, dal senso di « routine »

la condizione e la vita del giovane lavoratore.

L'ispirazione pervenuta dal titolo caratteristico ha rischiarato di nuova luce lo stesso ideale dell'insegnamento.

Come - infatti - insegnare in una « Casa di Carità » senza sentirsi in dovere di intonarvisi intimamente

e di qualificare in senso educativo e cristiano il proprio insegnamento?

Padre, fratello, amico: l'insegnante può scoprire in queste determinazioni,

ispirate dall'ideale della « casa cristiana », altrettanti aspetti preziosi della sua missione,

la misura, il ritmo della sua funzione nella Casa di Carità, che è casa di Dio e scuola di Cristo.

Il senso profondo dell'itinerario scolastico percorso insieme - pur nella distinzione di funzioni

e mediante la reciprocità delle relazioni - dagli insegnati e dagli allievi, si è chiarito,

in forza del clima così palesemente cristiano dell'insegna, in ascesa redentrice con Cristo al Padre,

« facendo » la verità nella carità.

L'insegna programmatica, così fervida di orientamenti, si è dimostrata non meno efficacie

nell'alimentare per tutta l'Opera la più sapiente sensibilità al valore naturale e cristiano

di ciascun allievo e quel clima dia la testimonianza e di abnegazione devota

senza la quali la scuola si riduce a mero tecnicismo scolastico,

decadendo da quella sua essenziale funzione educativa, che è - infatti - servizio e non asservimento dell'uomo.

Senza addentrarci, per brevità, nel pieno della vita scolastica, delineeremo quasi schematicamente

alcune tappe dell'itinerario scolastico, ispirato dall'idea della « Casa di Carità ».

All'atto dell'iscrizione i nuovi allievi vengono singolarmente ricevuti dai direttori delle varie sezioni:

diurna, pre-serale e serale.

Ne segue un colloquio durante il quale il giovane ha modo di farsi conoscere personalmente,

spiegare i motivi che l'hanno indotto a scegliere la nuova scuola, manifestare le sue preferenze professionali,

i suoi timori e le sue speranze, per contro ricevere un primo orientamento circa gli scopi dell'opera,

i corsi che vi si svolgono, il clima del nuovo ambiente ed anche un primo indirizzo

per al scelta del settore professionale.

Così fin dal primo incontro il rapporto tra scuola ed allievo si costituisce vivo,

umano, personale e non burocratico ed anonimo.

Al termine dei corsi propedeutici ciascun allievo, sulla base della visita medico-psicotecnica,

delle osservazioni raccolte dai suoi insegnanti, delle sue personali preferenze, viene aiutato,

in pieno accordo coi genitori, a scegliere - tra quelle impartite - la professione che meglio gli si confà.

I programmi d'altra parte, pur mirando ad assicurare a ciascun allievo uno specifico mestiere,

comportano una certa polivalenza professionale di base assai efficace ai fini educativi

e quanto mai opportuna sia al successivo passaggio a mansioni di lavoro più elevate tecnicamente,

sia all'eventuale cambio di mestiere che si rendesse comunque necessario,

eventualità tutt'altro che irrealizzabile, data la fisionomia della nostra industria e del nostro artigianato.

Ultimati i corsi professionali e conseguita la licenza di mestiere, i giovani vengono aiutati

a trovare la meritata occupazione in base al principio di assicurare a ciascuno il posto che gli conviene,

e in più vengono assistiti durante la fase assai delicata del loro inserimento nei luoghi di lavoro.

L'opera della « Casa di Carità » non si ferma a questo punto.

I giovani ormai al lavoro vengono visitati presso le Aziende e per essi funziona un'Associazione

che mediante varie iniziative - in via di sviluppo - mira ad assisterli nelle loro varie necessità.

Ma non basta ancora: il giovane lavoratore ha infatti bisogno di essere aiutato a svolgere

- entro certi limiti - compiti di lavoro più tecnicamente elevati, ha bisogno di consolidare,

specialmente in vista di nuove responsabilità e di nuove situazioni, la sua formazione morale e cristiana.

Per rispondere a queste esigenze si sono organizzati corsi serali per disegnatori meccanici

ed operatori elettronici, e sono allo studio corsi per cronotecnici, tecnici d'officina, preventivisti,

capi-commessa, operatori per macchine automatiche, collaudatori di precisione e capi maestranze.

Comunque la parola d'ordine è di non perdere nessun allievo, di portarli tutti, anche i meno dotati,

almeno ad un minimo indispensabile di efficienza professionale e di maturità umana e cristiana.

Mentre gli allievi più dotati hanno modo di sviluppare a fondo il loro talento,

per quelli più insufficienti non potendosi per evidenti ragioni abbassare il livello di preparazione

da conseguire, sono effettuate - sempre gratuitamente  - lezioni ed esercitazioni supplementari.

Nei casi dubbi si è ricorso all'aiuto del medico e dello psicopedagogo,

si sono intensificati i contatti con le famiglie, si è cercato in ogni modo di seguire più da vicino

i giovani interessati, sempre nell'intento di raccogliere qualche elemento utile

a guidare l'allievo verso un sufficiente profitto.

Nei casi in cui tutto ciò non ha conseguito l'atteso risultato, l'allievo bocciato

non è stato abbandonato a se stesso, ma aiutato a cercar lavoro e magari passato a corsi professionali.

La scuola - è risaputo - non è un mondo a sé stante, un ambiente chiuso a ogni apporto,

a ogni comunicazione, anzi deve distinguersi per la massima apertura.

Tale apertura, ricettiva per certi aspetti e donante per certi altri, doveva più che mai

aver luogo in una scuola di arti e mestieri per di più contrassegnata come « Casa di Carità »,

in una scuola cioè scaturita dal Cuore di Gesù Crocifisso, nutrita dalla Sua divina carità,

da Lui voluta come strumento di pacificazione e di salvazione del mondo del lavoro.

Era perciò indispensabile che anche per la nuova Opera, ci si ponesse il problema delle relazioni

con le aziende - che del mondo del lavoro sono le organizzazioni operanti -

da risolversi in modo conforme all'insegna.

I rapporti con le aziende non conseguirono da un piano prestabilito,

ma ebbero inizio per l'impulso di eventi contingenti, tuttavia sempre considerati come portatori

d'indicazioni provvidenziali da scoprire e assecondare.

Furono i Dirigenti della « Michelin Italiana » a proporre ai Catechisti l'attuazione di corsi diurni

di qualifica a beneficio di figli di dipendenti.

- La proposta trovò i Catechisti già persuasi sulla necessità di aprire la scuola diurna

e tuttavia perplessi a motivo delle gravissime difficoltà da superare, e fu per essi l'invocato segno del Cielo.

Successivamente, il bisogno di denaro, di mezzi, di indicazioni, e - più tarsi -

la necessità di trovare un'occupazione ai primi allievi licenziati,

spinsero i Catechisti a intensificare i rapporti con le aziende.

Intento sull'esempio della « Michelin » si aggiungeva la « Lancia » che,

soppressa la scuola interna, stimò opportuno avviarne i nuovi allievi presso la « Casa di Carità ».

Poi seguirono le « Officine Moncenisio » di Condove,

ai cui Dirigenti era giunta favorevole notizia circa i precedenti esperimenti.

Poi fu la volta della « Giustina », della « Nebiolo », della « Viberti », della « Philips » di Alpignano,

della « Fergat », della « Microtecnica», della « Safov »,

tutte direttamente interessate dalla stessa « Casa di Carità ».

Mentre il numero delle aziende collaboratrici andava crescendo,

i Catechisti si domandavano quale avrebbe dovuto essere la natura,

la portata, il significato delle relazioni che via, via si venivano intessendo.

Intanto la soluzione più profittevole per il collocamento degli allievi licenziati

imponeva la conoscenza preventiva e circostanziata degli ambienti e delle mansioni di lavoro,

come esigeva l'assistenza ai neo-lavoratori specie durante l'ambientamento.

Sopra ogni cosa occorreva salvaguardare e potenziare la loro testimonianza cristiana.

Comunque, vennero scartate tanto l'idea dell' « inter-aziendalità »,

quanto quella di una rigida autonomia appena temperata da rapporti occasionali

ispirate ad un chiuso interesse tanto della scuola che delle aziende.

Il succedersi degli eventi, i contatti frequenti vennero poco a poco indicando come la Casa di Carità

venisse concretando un vero e proprio affiancamento delle Aziende, posizione quanto mai utile

per lo sviluppo di una paritaria perché più apprezzata e perciò più feconda collaborazione.

Alla fine si comprese come la Nuova Opera fosse destinata non soltanto alla formazione di singoli lavoratori,

ma attraverso ad essi fosse chiamata a dare al mondo del lavoro il senso e le dimensioni spirituali

della « Casa » sul fondamento della carità, che sola veramente edifica e riunisce,

facendo compiutamente umana e perciò anche divina ogni relazione e convivenza.

Attualmente la « Casa di Carità Arti e Mestieri » può con fondamento presentarsi

come un efficace strumento per la pacifica evoluzione degli aggregati aziendali in comunità di lavoro.

Lo sviluppo dell'Opera ha pure posto il problema dei rapporti con gli Enti pubblici preposti all'istruzione

- o all'addestramento che dir si voglia - professionale.

Occorrevano autorizzazioni, riconoscimenti ufficiali e possibilmente aiuti.

Per qualche anno si ricorse al locale Consorzio per l'Istruzione Tecnica,

poi ci si appoggiò all'I,N,ì.A.P.L.I. a motivo dei maggiori aiuti elargiti.

Dopo la visita, nel marzo 1953, di S. E. il Ministro del Lavoro, on. Leopoldo Rubinacci,

visita che ottenne all'Opera i più autorevoli e incoraggianti consensi,

a seguito delle indicazioni ricevute la « casa di Carità » presentava la candidatura

quale « centro di Addestramento Professionale » autorizzato e sovvenzionato

dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale.

Come tale venne riconosciuta a partire dall'esercizio 1954-55, e in questa veste ufficiale continua tuttora.

Gli aiuti dello Stato, benché sino all'anno 1956-57 non abbiano raggiunto la metà delle sole spese di esercizio,

hanno tuttavia costituito il più cospicuo contributo allo sviluppo dell'Opera.

D'altra parte, la « Casa di Carità Arti e Mestieri » - lo attestano pure le autorevoli dichiarazioni

vergate sull'albo dei Visitatori - costituisce a tutt'oggi uno dei « Centri di Addestramento »

più importanti della Nazione, e una notevole dimostrazione di successo per gli stessi piani addestrativi

promossi ed attuati dal Ministero del Lavoro.

L'insegna programmatica, anche nelle relazioni con gli Enti pubblici,

ha determinato orientamenti di estrema importanza.

In primo luogo poiché esprimendo un'Opera a cui sono legate le promesse del Signore,

ha incoraggiato i Catechisti a consentire o a perseverare secondo il nuovo indirizzo,

nonostante le difficoltà che via via si venivano frapponendo.

In secondo luogo l'insegna ha significato una continua affermazione del diritto che giovani lavoratori

hanno non solo di essere preparati professionalmente, ma di ricevere una conveniente educazione.

E ciò è stato ribadito in tutti i contatti con Enti e persone responsabili, spiegando come l'insegna rappresenti,

non già una fraintesa « confessionalità », ma le finalità più elevate,

che si debbono più che mai perseguire se si vuole formare con il lavoratore l'uomo e il cittadino,

se si vuole realizzare una democrazia sostanziale e moralmente operante.

In terzo luogo, la « carità » - perfezione di giustizia - ha riconfermato nei Catechisti

un franco atteggiamento di collaborazione con i pubblici poteri,

come li ha sostenuti nell'affermare all'occorrenza la necessità di salvaguardare una ragionevole autonomia,

che consentisse all'Opera maturità e pienezza di azione e di collaborazione.

La scuola professionale, come la scuola in genere, è problema di tutti e non solo dello Stato e delle aziende.

In particolare è problema di ogni anima buona, tanto più se la scuola persegue scopi

così cristianamente elevati come quelli che sono propri della « Casa di Carità Arti e Mestieri ».

A questo proposito notiamo che l'aiuto dato alla scuola è destinato alle più benefiche conseguenze

poiché è aiuto dato alle nuove generazioni, alla promessa di un futuro migliore per l'intera società.

Per questo si è cercato di interessare la più vasta cerchia di Enti e di persone,

non solo con l'intento di raccogliere quanto manca al bilancio presente,

non solo con l'intento di raccogliere quanto manca al bilancio presente e allo sviluppo futuro dell'Opera,

ma anche come contributo alla formazione di una consapevolezza più adeguata

e un consenso maggiormente operante alla formazione integrale e cristiana dei giovani lavoratori.

Attualmente la cerchia degli Enti e dei singoli benefattori si sta gradualmente allargando.

Funziona pure un comitato di Patronesse che riunisce per lo più spose e madri di imprenditori

e dirigenti cristiani, le quali non soltanto col denaro ma anche con la preghiera

e con la partecipazione spirituale collaborano alla prosperità dell'Opera.

Anche nei Conventi di clausura c'è chi offre la vita per la « Casa di Carità ».

L'appello di solidarietà è stato raccolto anche dagli ax-allievi e dagli stessi insegnanti,

tra i quali non manca chi contribuisce perfino con le offerte al buon successo dell'Opera comune.

Tuttavia nella venerata memoria del Servo di Dio Fra Leopoldo e del Fratel Teodoreto,

fedeli messaggeri del Signore, dobbiamo affermare che se queste furono tra le cose più significative

conseguite dall'insegna programmatica da essi trasmessa e propugnata,

la più importante e fondamentale fu e rimane l'aver animato e qualificato tutta l'Opera

nel senso più apertamente ed egregiamente cristiano.

Ideale inesauribile e monito al tempo stesso per i Catechisti e i loro collaboratori,

in questo senso l'insegna ha costituito la miglior garanzia di comprensione, di dedizione,

di serietà, di efficienza, ecc. - in qualche modo sono ricorsi all'Opera così contrassegnata.

Per tutti l'insegna è stato valido argomento di persuasione, di fiducia, di speranza.

Mite e magnanima, estremamente rasserenante ed ospitale, l'insegna non ha spaventato o respinto alcuno,

nemmeno i faziosi; al massimo quando la « carità » veniva fraintesa,

ha raccolto qualche compatimento, ma sempre invitando alla più fraterna benevolenza.

Concludiamo presentando alcuni dati statistici relativi all'anno scolastico 1957-58.

CORSI NORMALI

DIURNI

Corsi triennali di qualifica per aggiustatori-montatori; attrezzisti stampisti;

tornitori-attrezzisti; rettificatori; elettromeccanici; ecc.:

allievi iscritti 270

Il primo anno è propedeutico e prepara e orienta al successivo biennio di effettiva qualificazione.

PRE-SERALI

Corsi biennali di addestramento per meccanici generici:

allievi iscritti 149

Corso annuale per saldatori elettro-ossiacetilenici:

allievi iscritti 32

Corsi triennali per: aggiustatori, fresatori, tornitori, elettromeccanici

allievi iscritti 170

totale 351

SERALI

Corso biennale di qualifica per disegnatori particolaristi:

allievi iscritti 60

Corso biennale di qualifica per disegnatori meccanici:

allievi iscritti 52

Corso biennale di qualifica per operatori elettronici (1° anno)

allievi iscritti 19

Totale 131

Totale corsi normali 752

Corsi di insegnamento complementare per apprendisti metalmeccanici:

n. 12 corsi - sede Corso Benedetto Brin, 26

allievi iscritti 377

n. 12 corsi - presso Istituto Arti e Mestieri di corso Trapani, tenuti dai Fratelli delle S. C.

allievi iscritti 424

Totale 801

Istituiti a norma della Legge sull'Apprendistato, tali corsi comportano 3 ore di lezione settimanale

per ciascuno. D'accordo con le Aziende e i giovani interessati,

le lezioni normali sono precedute per i volenterosi da mezz'ora di catechismo.

CORSI LIBERI

Corso biennale pre-serale di cultura integrativa per fonditori Nebiolo:

allievi iscritti 16

Corso biennale serale di cultura integrativa per montatori d'ascensori S.A.F.O.V

allievi iscritti 20

Totale 87

Indice