Itinerario della mente a Dio

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Capitolo IV

Contemplazione di Dio nella sua immagine rinnovata dai doni di grazia

1. È di pochi il rientrare in se stessi.

Poiché ci è dato di contemplare il primo Principio non solo attraverso di noi ma anche in noi - il che è cosa maggiore - questo modo di riflessione viene da noi considerato come quarto grado di contemplazione.

C’è da stupire però che essendo Dio così vicino alla nostra mente, come abbiamo dimostrato, siano così pochi coloro che riconoscono in se stessi il primo Principio.

Ma è evidente il motivo: la mente umana, distratta da preoccupazioni, non entra in sé con la memoria; annebbiata da fantasmi sensibili non riesce a ripiegarsi su di sé con l’intelligenza; lusingata dalle concupiscenze non torna in se stessa col desiderio della dolcezza interiore e della gioia spirituale.

Tutta sommersa nelle cose sensibili non è capace di rientrare in sé come immagine di Dio.

2. Mediante la fede, la speranza e la carità.

Poiché, dove uno cade ivi rimane se non c’è chi lo soccorre e non gli « comanda di risorgere » ( Sal 41,9 ), l’anima nostra non avrebbe potuto sollevarsi al di sopra di questa realtà sensibile al punto da poter cointuire dentro di sé se stessa e in se stessa l’eterna Verità, se proprio la Verità non avesse preso forma umana in Cristo e se non si fosse fatta scala riparatrice della prima scala spezzata dal peccato di Adamo.

Perciò per quanto uno sia illuminato col lume naturale e con quello della scienza acquisita, non è ancora in condizione di entrare in sé e in se stesso gustare le gioie del Signore ( Gv 9,9 ), se non per mezzo di Cristo che dice: Io sono la porta.

Chi entra per me si salva; può andare e venire per trovare pascolo ( Sal 37,4 )

A questa porta non ci si avvicina senza la fede, la speranza, la carità.

Se vogliamo perciò tornare a godere della Verità come nel Paradiso, bisogna che vi entriamo con la fede, la speranza, la carità di Gesù Cristo Mediatore tra Dio e gli uomini, essendo egli l’albero della vita in mezzo al Paradiso ( Gen 2,9 ).

3. Devozione, ammirazione, esultanza.

L’immagine della nostra mente deve perciò rivestirsi anche delle tre virtù teologali che la purifichino, illuminino, perfezionino.

L’immagine così si rinnova e si conforma alla celeste Gerusalemme, divenendo parte di quella Chiesa militante che ne è figlia, come dice l’Apostolo: Quella Gerusalemme che è lassù è libera ed è madre nostra ( Gal 4,26 ).

L’anima che crede, spera, ama Gesù Cristo Verbo Incarnato, increato, ispirato, cioè via, verità e vita, con la fede crede in Cristo Verbo increato, Parola e splendore del Padre, e così riprende l’udito spirituale e la vista: l’udito per ascoltare i discorsi di Cristo, la vista per contemplare gli splendori della sua luce.

Con la speranza anela a ricevere il Verbo Ispirato per mezzo del desiderio e dell’affetto e ricupera il senso spirituale dell’olfatto.

Con la carità infine abbraccia il Verbo Incarnato, e abbandonandoglisi si compiace di lui con l’amore estatico e riceve di nuovo il gusto e il tatto.

Recuperati questi sensi, quando vede lo sposo e lo ode o ne avverte il profumo, lo assapora e lo abbraccia e può cantare come la Sposa il Cantico dei Cantici.

Esso fu composto come esercizio di contemplazione proprio di questo quarto grado, che non si può capire se non da chi lo riceve ( Ap 2,17 ), perché consiste di più nell’esperienza affettiva che nella riflessione razionale.

Infatti in questo grado, rinnovati i sensi interiori per sentire ciò che è sommamente bello, per udire ciò che è sommamente armonioso, per odorare ciò che è sommamente profumato, gustare ciò che è sommamente soave, cogliere ciò che è sommamente piacevole, l’anima è pronta all’estasi spirituale, cioè di devozione, ammirazione, esultanza, com’è detto nelle tre esclamazioni del Cantico dei Cantici.

La prima sgorga dalla devozione traboccante, per cui l’anima, è come una nuvoletta fumante del profumo di mirra e d’incenso ( Ct 3,6 ).

La seconda che proviene dall’altissima ammirazione trasforma l’anima in un’aurora e in luna e sole, per un succedersi di luminosità che sollevano l’anima all’ammirazione dello sposo.

La terza deriva dalla sovrabbondante esultanza: perché l’anima inondata di piacere e di delizie soavissime, si abbandona completamente al Suo diletto( Ct 6,9 ).

4. L’anima gerarchizzata.

Compiuto tutto ciò lo spirito diventa gerarchico ossia idoneo a salire in alto in conformità di quella Gerusalemme celeste nella quale nessuno entra se prima non discende nel suo cuore la grazia, come ha ben visto Giovanni nella sua Apocalisse ( Ap 21,2 ).

Essa discende nel cuore, con l’immagine rinnovata, con le virtù teologali, con le gioie dei sensi spirituali; e con i rapimenti estatici diviene gerarchico, cioè purgato, illuminato, perfetto.

Allora viene anche insignito dei gradi propri dei nove ordini, in quanto in essa si attuano per ordine l’annunzio, il suggerimento, la guida, l’ordine, il comando, l’accettazione, la rivelazione, l’unzione: che gradualmente corrispondono ai nove ordini angelici.

I primi tre nell’anima umana riguardano la natura; i tre seguenti la sua attività; i tre ultimi la grazia.

Con queste operazioni l’anima entra in sé, come nella celeste Gerusalemme, dove, considerando gli ordini angelici, in essi scopre Dio che vi abita ed è principio di tutte le loro operazioni.

Per questo Bernardo scriveva ad Eugenio che « Dio ama nei Serafini come carità, nei Cherubini conosce come verità, nei Troni sta come giustizia, nelle Dominazioni governa come maestà, nei Principati come Principio, nelle Potestà come sicurezza di salute, nelle Virtù opera come potenza, negli Arcangeli si rivela come luce, negli Angeli assiste come pietà ».

Da ciò si vede che Dio è tutto in tutti ( 1 Cor 15,28 ) perché lo si può contemplare nell’anima in cui abita e inonda del dono del suo amore.

5. La S. Scrittura aiuto all’unione con Cristo.

Il principale aiuto per tale grado di contemplazione è la Sacra Scrittura divinamente rivelata, come per il grado precedente era la filosofia.

La Sacra Scrittura infatti ha per tema principalmente le opere della riparazione: per cui parla soprattutto di fede, speranza, carità, virtù che rinnovano l’anima; e principalmente la carità.

Di questa dice l’Apostolo, che è il fine di ogni comandamento ( 1 Tm 1,5 ), proveniente da cuore puro, buona coscienza, fede non finta.

Essa è la pienezza della Legge, come lo stesso Apostolo dice ( Rm 13,10 ).

Il nostro Salvatore poi afferma che tutta la Legge e i Profeti consistono in due suoi precetti cioè dell’amore di Dio e del prossimo ( Mt 22,40 ).

Questi due si manifestano in Gesù Cristo unico sposo della Chiesa: Egli è insieme prossimo e Dio, fratello e Signore, re e nello stesso tempo amico, Verbo increato e incarnato, nostro creatore e nostro rinnovatore, alfa ed omega ( Ap 1,8 ), anche lui sommamente gerarchico perché purifica, illumina, perfeziona la sposa, ossia tutta la Chiesa e ciascun’anima santa.

6. Triplice intelligenza della Scrittura.

Tutta la Scrittura si aggira attorno a questo « gerarca e alla Chiesa « gerarchica » perché il suo insegnamento è per la nostra illuminazione, purificazione, perfezione, nella modalità della triplice legge di natura, Scrittura, grazia; o meglio secondo le sue parti principali, cioè la Legge mosaica che purifica, la Rivelazione profetica che illumina, l’ammaestramento evangelico che porta a perfezione; o specialmente secondo la triplice intelligenza spirituale cioè:

tropologica che purifica al fine dell’onestà di vita;

allegorica, che illumina per la chiarezza della comprensione;

anagogica che porta a perfezione con i rapimenti dell’anima e le soavissime percezioni della sapienza.

Tutto ciò in conformità alle tre suddette virtù teologali, al rinnovo dei sensispirituali, agli accessi estatici già descritti e alle operazioni gerarchiche della mente, che si ritrae nella sua parte più intima per contemplare Dio « tra santi splendori » ( Sal 110,3 ) e ivi, come su un letto, dormire in pace e riposare ( Ct 2,7 ) mentre lo sposo prega che non la si risvegli fino a quando le piacerà.

7. Sintesi del terzo e quarto gradino.

Questi due gradini di mezzo ci introducono alla contemplazione di Dio dentro di noi come specchi delle immagini create, e ciò quasi fossimo dotati di ali aperte al volo, come quelle che stavano in mezzo ( Is 6,2 ).

Perciò possiamo comprendere che veniamo guidati quasi per mano verso le cose divine attraverso le stesse facoltà naturali dell’anima razionale nei loro atti, relazioni reciproche e capacità conoscitive: lo abbiamo visto nel terzo grado.

Ma vi veniamo condotti anche per mezzo delle facoltà rinnovate dalle virtù gratuitamente infuse, dai sensi spirituali, dai rapimentidell’anima, come si è visto nel quarto grado.

Inoltre vi veniamo guidati con le operazioni gerarchiche, cioè purgazione, illuminazione, perfezione della mente umana; dalle rivelazioni gerarchiche delle Sacre Scritture dateci dagli Angeli, come dice l’Apostolo, cioè che la Legge fu data dagli Angeli per mezzo del Mediatore ( Gal 3,19 ); e infine veniamo ancora guidati dalla gerarchia e dalle schiere gerarchiche le quali si dispongono nell’animo nostro sul modello della Celeste Gerusalemme.

8. L’anima radicata nella carità.

Riempita di tutte queste luci intellettuali la nostra anima viene scelta come sua dimora dalla divina Sapienza, e resa figlia, sposa e amica di Dio, e pure membro del capo che è Cristo, sorella e coerede.

Ancor più: tempio dello Spirito Santo, fondato sulla fede, eretto con la speranza, consacrato a Dio con la santità dell’anima e del corpo.

Tutto questo produce quella perfetta carità di Cristo che si effonde nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato ( Rm 5,5 ), senza del quale non ci è possibile conoscere i segreti di Dio.

Come infatti le cose umane sono note solo allo spirito dell’uomo, così le cose di Dio nessuno le sa se non lo spirito di Dio ( 1 Cor 2,11 ).

Cerchiamo dunque di radicarci e fondarci nella carità, per poter comprendere con tutti i santi, quanto lunga sia l’eternità, larga la liberalità, sublime la maestà, e quanta la profondità della sapienza giudicante.

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