Itinerario della mente a Dio

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Capitolo VI

Contemplazione della Santissima Trinità nel suo nome cioè il Bene

1. Fondamento nel nome del Bene.

Dopo la riflessione sugli attributi dell’essenza, è necessario sollevare lo sguardo per co-intuire la beatissima Trinità, e mettere così anche il secondo Cherubino accanto all’altro.

Come per vedere gli attributi dell’essenza, principio radicale e nome che tutto il resto illumina è l’essere stesso, così per contemplare le emanazioni ( trinitarie ) il fondamento principale è lo stesso bene.

2. Nell’idea del bene si raffigura la Trinità.

Vedi dunque attentamente che dell’ottimo, che semplicemente è, non si può pensare nulla di meglio: né può venir pensato come non essente, perché è assolutamente meglio essere che non essere.

Ed è tale che non lo si può rettamente pensare se non trino e uno.

Infatti: se « il bene è diffusivo di sé » il Sommo Bene è sommamente diffusivo di sé.

La somma diffusività non può che essere attuale e intrinseca, sostanziale e ipostatica, naturale e volontaria, libera e necessaria, indefettibile e perfetta.

Ora, non avremmo mai il Sommo Bene perché non sommamente diffusivo, se non vi fosse in esso una eterna produzione attuale e consostanziale e un’ipostasi di pari dignità, come avviene in colui che produce nel modo della generazione e spirazione, che è proprio di un eterno principio eternamente conprincipiante, che è insieme amato e coamato, generato e spirato, quale appunto il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

La diffusività che si verifica nella creatura infatti non è che come un centro o un punto rispetto all’immensità del bene eterno: si può quindi pensare sempre una diffusività maggiore, come appunto è quella in cui il diffondente comunica all’altro tutta la sua sostanza e natura.

Quindi non sarebbe sommo bene quello che ne fosse privo o realmente o concettualmente.

Se dunque puoi con l’occhio della mente co-intuire il puro bene, atto puro del principio che ama di amore gratuito e insieme dovuto e di quello misto dell’uno e dell’altro ( diffusività pienissima nel modo della natura e della volontà propria del Verbo nel quale tutte le cose vengono dette, e propria pure del Dono, nel quale sono compresi tutti i doni ), allora sarai in grado di capire che per la somma comunicatività del bene è necessario che vi sia la SS. Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo.

È pure necessario che in queste vi sia la somma comunicatività e dalla somma comunicatività derivi la somma consustanzialità.

Dalla somma consustanzialità deve poi venire la somma configurabilità e da queste la somma coeguaglianza; e perciò la sommacoeternità.

Da tutte queste infine la somma cointimità per cui uno è nell’altro necessariamente con la somma circumincessione; e ciascuno opera con l’altro, restando del tutto indivisa la sostanza, la virtù e l’operazione della beatissima Trinità.

3. Di meraviglia in meraviglia.

Quando però tu contempli queste cose non illuderti di comprendere l’incomprensibile.

Hai ancora da considerare infatti a proposito di questi sei modi, qualcosa che suscita forte stupore e ammirazione nell’occhio della nostra mente.

Infatti vi è ancora somma comunicatività congiunta alle proprietà delle persone, somma consustanzialità con la pluralità delle ipostasi;la massima somiglianza con la distinzione personale; la somma coeguaglianza con l’ordine gerarchico.

La somma coeternità è congiunta alla emanazione e la somma cointimità con la emissione.

Chi nel contemplare tante meraviglie non si leva in ammirazione?

Ma tutte queste cose riusciamo a comprenderle con certezza come presenti nella Santissima Trinità, soltanto se leviamo gli occhi alla suprema eccellenza del bene.

Se infatti vi è somma comunicatività e vera diffusione, vi è anche vera origine e vera distinzione: e poiché non una parte, ma il tutto viene comunicato, viene dato proprio quello che si ha e tutto: per cui l’emanante e il producente mantengono la distinzione delle proprietà pur essendo essenzialmente uno.

Distinguendosi secondo le proprietà, essi hanno proprietà personali, pluralità di ipostasi, origine per emanazione, ordine di successione per origine e non per posteriorità, emissione non per mutamento di luogo, ma per libera spirazione dell’autorità di colui che produce e invia rispetto a colui che è inviato.

Poiché però essi sono una sola sostanza, dev’esserci unità nell’essenza, nella forma, nella dignità, nell’eternità, nell’esistenza e nell’incircoscrivibilità.

Se tu consideri una per una queste cose, sei in grado di contemplare la verità; se le confronti tra di loro, hai motivo di abbandonarti a profondissima ammirazione.

Devi perciò considerare insieme tutte queste cose per poter passare con la tua mente dall’ammirazione alla contemplazione ammirabile.

4. Trinità di Dio e incarnazione del Verbo.

I Cherubini che si guardavano l’un l’altro vicendevolmente designano appunto questo.

Né è senza un misterioso significato il fatto che essi si guardassero avendo i volti verso il Propiziatorio ( Es 25,19-20 ): poiché si doveva verificare quanto dice il Signore secondo il Vangelo di Giovanni: Questa è la vita eterna, che conoscano te solo vero Dio e colui che hai, mandato Cristo Gesù ( Gv 17,3 ).

Dobbiamo infatti ammirare gli attributi essenziali e personali di Dio, non solo in se stessi, ma anche attraverso un confronto con la meravigliosa unione tra Dio e l’uomo nell’unità della persona di Cristo.

5. Gesù Cristo come Dio.

Se infatti tu sei un Cherubino quando contempli e ammiri gli attributi dell’essenza di Dio per cui l’essere divino è uguale all’essere primo e ultimo,

eterno e presentissimo, semplicissimo e massimo cioè incircoscritto,

tutto in ogni luogo e mai contenuto,

attualissimo e mai mosso da altri,

perfettissimo, con nulla di superfluo né di incompleto eppure immenso e infinito senza limiti,

sommamente uno eppur molteplice in quanto ha tutto in sé, ogni virtù, ogni verità, ogni bene,

allora guarda verso il propiziatorio:

ammira come in esso il primo principio si congiunge con l’ultimo,

Dio con l’uomo creato nel sesto giorno,

l’eterno con l’uomo temporale nato nella pienezza dei tempi dalla Vergine;

il semplicissimo con ciò che è sommamente composto,

l’attualissimo con colui che ha sommamente patito ed è morto,

il perfettissimo e immenso col piccolo,

il sommamente uno e molteplice con l’individuo composto e distinto dagli altri, quale fu l’uomo Gesù Cristo.

6. Gesù Cristo come Verbo Incarnato.

Tu sei il secondo Cherubino quando contempli gli attributi propri delle persone e ammiri la comunicatività accordarsi con la proprietà, la consostanzialità con la pluralità, la configurabilità con la personalità, la coeguaglianza con l’ordine di successione, la coeternità con la produzione, la cointimità con la emissione perché il Figlio è mandato dal Padre, lo Spirito Santo dall’uno e dall’altro, e tuttavia è sempre con essi e non se ne allontana mai.

Allora guarda al propiziatorio e ammira che in Cristo si ha l’unione personale con la trinità delle sostanze e la dualità delle nature, che vi si ha l’assoluta concordia congiunta con la pluralità delle volontà; che si predica insieme di Dio e dell’uomo pur con la pluralità degli attributi propri; e che si adora congiuntamente pur con la pluralità delle nobiltà; e si dà la medesima esaltazione al di sopra di tutto riconoscendo pluralità di dignità; e anche comune dominio pur con varietà di potere.

7. Il sesto giorno.

Con questa riflessione la mente raggiunge la perfetta illuminazione, in quanto, come nel sesto giorno può vedere l’uomo fatto ad immagine di Dio ( Gen 1,26 ).

Se infatti l’immagine esprime la somiglianza, quando la nostra mente contempla nel Cristo, Figlio di Dio, immagine del Dio per natura invisibile ( Col 1,15 ), la nostra umanità così mirabilmente esaltata e tanto misteriosamente unita, congiunti il primo e l’ultimo, il sommo e l’infimo, la circonferenza e il centro, l’alfa e l’omega, l’effetto e la causa, il Creatore e la creatura, cioè il Libro scritto dentro e fuori ( Ap 1,8; Ez 2,9 ), allora è giunta a tal grado di perfezione come fosse con Dio che nel sesto giorno pervenne alla perfezione delle sue illuminazioni.

Non gli resta altro che il giorno del riposo, nel quale, rapita nell’estasi, l’anima consente all’acutezza del pensiero umano di riposareda ogni opera compiuta ( Gen 2,2 ).

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