Dialogo della Divina Provvidenza

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Capitolo XXXVII

De la seconda reprensione, ne la quale si riprende de la ingiustizia e del falso giudicio in generale e in particulare.

- Questa seconda reprensione, carissima figliuola, è in facto, perché è gionto a l'ultimo dove non può avere rimedio, perché s'è condocto a la extremitá della morte, dove il vermine della coscienzia ( del quale Io ti dixi che era aciecato per lo proprio amore che egli aveva di sé ), ora, nel tempo della morte, perché vede sé non potere escire delle mie mani, questo vermine comincia a vedere, e però rode con reprensione se medesimo, vedendo che per suo difecto è condocto in tanto male.

Se essa anima avesse lume che cognoscesse, e dolessesi della colpa sua non per la pena de l'inferno che ne le séguita, ma per me che m'ha offeso che so' somma ed etterna bontá, anco trovarebbe misericordia.

Ma se passa el ponto della morte senza lume, e solo col vermine della coscienzia, e senza la speranza del Sangue; o con propria passione, dolendosi del danno suo piú che de l'offesa mia; egli giogne a l'etterna dannazione.

E alora è ripreso crudelmente dalla mia giustizia, ed è ripreso della ingiustizia e del falso giudicio.

E non tanto della ingiustizia e giudicio generale, il quale ha usato nel mondo generalmente in tucte le sue operazioni; ma molto maggiormente sará ripreso della ingiustizia e giudicio particulare, il quale ha usato ne l'ultimo, cioè d'avere posta, giudicando, maggiore la miseria sua che la misericordia mia.

Questo è quello peccato che non è perdonato né di qua né di lá, perché non ha voluto, spregiando, la mia misericordia; però che piú m'è grave questo che tucti gli altri peccati che egli ha commessi.

Unde la disperazione di Giuda mi spiacque piú e fu piú grave al mio Figliuolo che non fu el tradimento che egli gli fece.

Sí che sonno ripresi di questo falso giudicio: d'avere posto maggiore il peccato loro che la misericordia mia, e però sonno puniti con le dimonia e crociati etternalmente con loro.

E sonno ripresi della ingiustizia: e questo è quando si dogliono piú del danno loro che de l'offesa mia.

Alora commectono ingiustizia, perché non rendono a me quello che è mio ed a loro quello che è loro: a me debbono rendere amore e amaritudine con la contrizione del cuore, e offerirla dinanzi a me per l'offesa che m'hanno facta; ed egli fanno el contrario, ché dánno a loro amore compassionevole di loro medesimi e dolore della pena che per la colpa loro aspectano.

Sí che vedi che commectono ingiustizia, e però sonno puniti dell'uno e de l'altro insieme, avendo essi dispregiata la misericordia mia.

E Io, con giustizia, gli mando insieme con la serva loro crudele della sensualitá, col crudele tiranno del dimonio, di cui si fecero servi col mezzo d'essa serva della propria sensualitá loro, ché insieme siano puniti e tormentati, come insieme m'hanno offeso.

Tormentati, dico, da' miei ministri dimoni, e' quali ha messi la mia giustizia a rendere tormento a chi ha facto male.

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