Dialogo della Divina Provvidenza

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Capitolo CXIX

De la excellenzia e de le virtú e de le operazioni sancte de’ virtuosi e sancti ministri.

E come essi hanno la condiczione del sole.

E de la correczione loro verso de’ subditi.

- Ora, per dare un poco di refrigerio a l’anima tua, mitigarò el dolore della tenebre di questi miserabili subditi con la vita sancta de’ miei ministri, de’ quali Io ti dixi che aveano la condiczione del sole; sí che con l’odore delle loro virtú mitiga la puzza, e con la luce loro la tenebre.

E anco con questa luce meglio vorrò che tu cognosca la tenebre e il difecto de’ ministri miei, de’ quali Io ti dixi.

Apre l’occhio de l’intellecto tuo, e raguarda in me, sole di giustizia; e vedrai e’ gloriosi ministri e’ quali, avendo ministrato el Sole, hanno presa la condiczione del Sole, sí come Io ti contai di Pietro, el principe degli appostoli, el quale ricevette le chiavi del reame del cielo.

Cosí ti dico degli altri che in questo giardino della sancta Chiesa hanno ministrato el Lume, cioè il Corpo e il Sangue de l’unigenito mio Figliuolo ( Sole unito e non diviso come decto è ), e tucti e’ sacramenti della sancta Chiesa, e’ quali tucti vagliono e dánno vita in virtú del Sangue; ogniuno posto in diversi gradi, secondo lo stato suo, a ministrare la grazia dello Spirito sancto.

Con che l’hanno ministrata? col lume della grazia che hanno tracta da questo vero lume.

Questo lume è egli solo?

No, però che egli non può essere solo el lume della grazia, né può essere diviso: anco si conviene o che egli l’abbi tucto o nonne mica.

Chi sta in peccato mortale, esso facto, è privato del lume della grazia; e chi ha la grazia ha illuminato l’occhio de l’intellecto suo in cognoscere me, che gli ho data la grazia e la virtú che conserva la grazia.

E cognosce in esso lume la miseria del peccato e la cagione del peccato, cioè il proprio amore sensitivo, e però e’ l’odia, e odiandolo riceve il caldo della divina caritá ne l’affecto suo, perché l’affecto va dietro a l’intellecto.

Riceve il colore di questo glorioso lume, seguitando la doctrina della dolce mia Veritá; unde la memoria sua s’è impita nel ricordamento del benefizio del Sangue.

Sí che vedi che non può ricevere il lume che non riceva el caldo e il colore, perché sonno uniti insieme e sono una medesima cosa.

E cosí non può, sí com’Io ti dixi, avere una potenzia de l’anima ordinata a ricevere me, vero Sole, che tucte e tre non siano ordinate e congregate nel nome mio.

Però che subbito che l’occhio de l’intellecto col lume della fede si leva sopra el vedere sensitivo speculandosi in me, l’affecto gli va dietro amando quello che l’intellecto vidde e cognobbe, e la memoria s’empie di quello che l’affecto ama.

E subbito che elle sonno disposte, participa me, Sole, illuminandolo nella potenzia mia e nella sapienzia de l’unigenito mio Figliuolo, e nella clemenzia del fuoco dello Spirito sancto.

Sí che vedi che essi hanno presa la condiczione del sole, cioè che, essendo vestiti e piene le potenzie de l’anima loro di me, vero Sole, come decto t’ho, fanno come il sole.

El sole scalda e illumina, e col caldo suo fa germinare la terra: cosí questi miei dolci ministri, electi e unti e messi nel corpo mistico della sancta Chiesa a ministrare me, Sole, cioè il Corpo e il Sangue de l’unigenito mio Figliuolo con gli altri sacramenti e’ quali hanno vita da questo Sangue, essi el ministrano actualmente e ministranlo mentalmente, cioè rendendo lume nel corpo mistico della sancta Chiesa.

Lume di scienzia sopranaturale col colore d’onesta e sancta vita, cioè seguitando la doctrina della mia Veritá, e ministrano el caldo de l’ardentissima caritá.

Unde col caldo loro facevano germinare l’anime sterili, illuminandole col lume della scienzia, e con la vita loro sancta e ordinata cacciavano la tenebre de’ peccati mortali e di molta infidelitá, e ordinavano la vita di coloro che disordenatamente vivevano in tenebre di peccato e in freddezza per la privazione della caritá.

Sí che vedi che essi sonno sole, perché hanno presa la condiczione del sole da me, vero Sole, perché per affecto d’amore son facti una cosa con meco e Io con loro, sí come Io in un altro luogo ti narrai.

Ogniuno ha dato, secondo lo stato suo che Io l’ho electo, lume nella sancta Chiesa.

Pietro con la predicazione e doctrina e ne l’ultimo col sangue; Gregorio con la scienzia e sancta Scriptura e con especchio di vita; Silvestro contra gl’infedeli e maximamente con la disputazione e provazione che fece della sanctissima fede in parole e in facti, ricevendo la virtú da me.

Se tu ti vòlli ad Agustino e al glorioso Tomaso, Ieronimo e gli altri, vedrai quanto lume hanno gictato in questa Sposa, extirpando gli errori, sí come lucerne poste in sul candelabro, con vera e perfecta umilitá.

E, come affamati de l’onore mio e salute de l’anime, questo cibo mangiavano con dilecto in su la mensa della sanctissima croce: e’ martiri col sangue, el quale sangue gictava odore nel cospecto mio e con l’odore del sangue e delle virtú e col lume della scienzia facevano fructo in questa Sposa, dilatavano la fede; e’ tenebrosi venivano al lume, e riluceva in loro el lume della fede; e’ prelati, posti nello stato della prelazione da Cristo in terra, mi facevano sacrifizio di giustizia con sancta e onesta vita; la margarita della giustizia, con vera umilitá e ardentissima caritá, col lume della discrezione, riluceva in loro e ne’ loro subditi: in loro principalmente, però che giustamente rendevano a me il debito mio, cioè rendendo gloria e loda al nome mio; a sé rendevano odio e dispiacimento della propria sensualitá, spregiando e’ vizi e abbracciando le virtú con la caritá mia e del proximo loro.

Con umilitá conculcavano la superbia, e andavano come angeli a la mensa de l’altare; con puritá di cuore e di corpo e con sinceritá di mente celebravano, arsi nella fornace della caritá.

E perché prima avevano facta giustizia di loro, però facevano giustizia de’ subditi, volendoli veder vivere virtuosamente, e correggevangli senza veruno timore servile, perché non actendevano a loro medesimi, ma solo a l’onore mio e a la salute de l’anime, sí come pastori buoni, seguitatori del buono Pastore, mia Veritá, el quale Io vi diei a governare voi pecorelle e volsi che ponesse la vita per voi.

Costoro hanno seguitato le vestigie sue, e però corressero e non lassâro imputridire e’ membri per non corregere; ma caritativamente correggevano con l’unguento della benignitá, e con l’asprezza del fuoco incendendo la piaga del difecto con la riprensione e penitenzia, poco e assai secondo la gravezza del peccato.

E per lo correggere e dire la veritá non curavano la morte.

Questi erano veri ortolani, che con sollicitudine e sancto timore divellevano le spine de’ peccati mortali e piantavano piante odorifere di virtú.

Unde i subditi vivevano in sancto e vero timore, e allevavansi come fiori odoriferi nel corpo mistico della sancta Chiesa, perché correggevano senza timore servile, perché n’erano privati.

E perché in loro non era colpa di peccato, però tenevano la sancta giustizia, riprendendo virilmente e senza veruno timore.

Questa era ed è quella margarita, in cui ella riluce, che dava pace e lume nelle menti delle creature e faceale stare in sancto timore, ed e’ cuori erano uniti.

Unde Io voglio che tu sappi che per neuna cosa è venuta tanta tenebre e divisione nel mondo tra secolari e religiosi, cherici e pastori della sancta Chiesa, se non solo perché il lume della giustizia è mancato ed è venuta la tenebre della ingiustizia.

Neuno Stato si può conservare nella legge civile e nella legge divina in stato di grazia senza la sancta giustizia, però che colui che non è correcto e non corregge fa come il membro che è cominciato a infracidare, che, se ’l gattivo medico vi pone subbitamente l’unguento solamente e non incuoce la piaga, tucto il corpo imputridisce e corrompe.

Cosí el prelato, o altri signori che hanno subditi, vedendo il membro del subdito loro essere infracidato per la puzza del peccato mortale, se esso vi pone solo l’unguento della lusinga senza la reprensione, non guarisce mai, ma guastará l’altre membra, che gli sonno d’intorno legate in uno medesimo corpo, cioè a uno medesimo pastore.

Ma se elli sará vero e buono medico di quelle anime, sí come erano questi gloriosi pastori, egli non dará unguento senza fuoco della reprensione.

E se il membro fusse pure obstinato nel suo mal fare, el tagliará dalla congregazione, acciò che non imputridisca gli altri con la puzza del peccato mortale.

Ma essi non fanno oggi cosí: anco fanno vista di non vedere.

E sai tu perché? perché la radice de l’amore proprio vive in loro, unde essi traggono il perverso timore servile; però che, per timore di non perder lo Stato o le cose temporali o prelazione, non correggono; ma e’ fanno come aciecati, e però non cognoscono in che modo si conserva lo Stato.

Che se essi vedessero come egli si conserva per la sancta giustizia, la manterrebbero.

Ma perché essi sonno privati del lume, nol cognoscono; ma, credendolo conservare con la ingiustizia, non riprendono e’ difecti de’ subditi loro; ma ingannati sonno da la propria passione sensitiva e da l’appetito della signoria o della prelazione.

E anco non correggono, perché essi sonno in quelli medesimi difecti o maggiori.

Sentonsi compresi nella colpa, e però perdono l’ardire e la sicurtá; e, legati dal timore servile, fanno vista di non vedere.

E se pure veggono, non correggono; anco si lassano legare con le parole lusinghevoli e con molti presenti, e essi medesimi truovano le scuse per non punirli.

In costoro si compie la parola che dixe la mia Veritá, dicendo: « Costoro sono ciechi e guide de’ ciechi; e se l’uno cieco guida l’altro, ambedue caggiono nella fossa ».

Non hanno facto né fanno cosí quegli che sonno stati ( o se alcuno ne fusse ) miei dolci ministri, de’ quali Io ti dixi che avevano la proprietá e condiczione del sole.

E veramente sonno sole, come decto t’ho, però che in loro non è tenebre di peccato né ignoranzia, perché seguitano la doctrina della mia Veritá; né sonno tiepidi, però che essi ardono nella fornace della mia caritá, e sonno spregiatori delle grandezze e stati e delizie del mondo: e però non temono di correggere.

Ché chi non appetisce la signoria o la prelazione, non temono di perderla, ma riprendono virilmente; ché chi non si sente ripresa la coscienzia da la colpa, non teme.

E però non era tenebrosa questa margarita negli unti e cristi miei, de’ quali Io t’ho narrato; anco era lucida, ed erano abbracciatori della povertá voluntaria e cercavano la viltá con umilitá profonda.

E però non curavano né scherni né villanie né detraczioni degli uomini né ingiuria né obrobri né pena né tormento.

Essi erano bastemmiati, e eglino benedicevano, e con vera pazienzia portavano sí come angeli terrestri e piú che angeli: non per natura, ma per lo misterio e grazia data a loro, sopranaturale, di ministrare il Corpo e ’l Sangue de l’unigenito mio Figliuolo.

E veramente sonno angeli, però che, come l’angelo che Io do a vostra guardia vi ministra le sancte e buone spirazioni, cosí questi ministri erano angeli, e cosí dovarebbero essere: dati a voi da la mia bontá a vostra guardia.

E però essi continuamente tenevano l’occhio sopra e’ subditi loro sí come veri guardiani, spirando ne’ cuori loro sancte e buone spirazioni: cioè che per loro offerivano dolci e amorosi desidèri dinanzi a me con continua orazione, con la doctrina della parola e con l’exemplo della vita.

Sí che vedi che essi sonno angeli posti da l’affocata mia caritá come lucerne nel corpo mistico della sancta Chiesa per vostra guardia, acciò che voi, ciechi, abbiate guida che vi dirizzi nella via della veritá, dandovi le buone spirazioni, con orazioni ed exemplo di vita e doctrina, come decto è.

Con quanta umilitá governavano e conversavano co’ subditi loro!

Con quanta speranza e fede viva che non curavano né temevano che a loro né a’ subditi loro venisse meno la substanzia temporale; e però con larghezza distribuivano a’ poveri la substanzia della sancta Chiesa!

Unde essi observavano a pieno quello che erano tenuti e obligati di fare, cioè di distribuire la substanzia temporale, a la loro necessitá, a’ poveri e nella sancta Chiesa.

Essi non facevano diposito, e doppo la morte loro non rimaneva la molta pecunia: anco erano alcuni che, per li poveri, lassavano la Chiesa in debito.

Questo era per la larghezza della loro caritá e della speranza che avevano posta nella providenzia mia.

Erano privati del timore servile, e però non temevano che alcuna cosa lo’ venisse meno, né spirituale né temporale.

Questo è il segno che la creatura spera in me e non in sé: cioè quando ella non teme di timore servile.

Ma coloro che sperano in loro medesimi sonno quegli che temono e hanno paura de l’ombra loro, e dubbitano che non lo’ venga meno el cielo e la terra.

Con questo timore e perversa speranza che pongono nel loro poco sapere, pigliano tanta miserabile sollicitudine in acquistare e in conservare le cose temporali, che pare che le spirituali si pongano doppo le spalle, e non si truova chi se ne curi.

Ma e’ non pensano, e’ miserabili, infedeli e superbi, che Io so’ solo Colui che proveggo in tucte quante le cose che sono di necessitá a l’anima e al corpo; benché con quella misura che voi sperate in me, con quella vi sará misurata la providenzia mia.

E’ miserabili presumptuosi non raguardano che Io so’ Colui che so’, ed essi sonno quegli che non sono: l’essere loro hanno ricevuto da la mia bontá e ogni grazia che è posta sopra l’essere.

E però invano si può colui reputare affadigarsi che guarda la cittá, se ella non è guardata da me.

Vana sará ogni sua fadiga, se egli per sua fadiga la crede guardare o per sua sollicitudine: però che solo Io la guardo.

È vero che l’essere e le grazie che Io ho poste sopra l’essere vostro voglio che nel tempo l’exercitiate in virtú, usando el libero arbitrio, che Io v’ho dato, col lume della ragione.

Però che Io vi creai senza voi, ma senza voi non vi salvarò.

Io v’amai prima che voi fuste; e questo videro e cognobbero questi miei dilecti.

E però m’amavano ineffabilemente e, per l’amore che essi avevano, speravano con tanta larghezza in me e in neuna cosa temevano.

Non temeva Silvestro, quando stava dinanzi a l’imperadore Gostantino disputando con quegli dodici giuderi dinanzi a tucta la turba; ma con fede viva credeva che, essendo Io per lui, neuno sarebbe contra lui.

E cosí tucti gli altri perdevano ogni timore, perché non erano soli, ma acompagnati; però che, stando nella dileczione della caritá, stavano in me, e da me acquistavano el lume della sapienzia de l’unigenito mio Figliuolo; da me ricevevano la potenzia, essendo forti e potenti contra e’ principi e tiranni del mondo; e da me avevano el fuoco dello Spirito sancto, participando la clemenzia e l’affocato amore d’esso Spirito sancto.

Questo amore era ed è acompagnato, a chi el vuole participare, col lume della fede, con la speranza, con la fortezza, con pazienzia vera e con longa perseveranzia infino a l’ultimo della morte.

Sí che vedi che non erano soli, ma erano acompagnati; e però non temevano.

Solamente colui che si sente solo, che spera in sé, privato della dileczione della caritá, teme: e ogni piccola cosa gli fa paura, perché è solo, privato di me, che do somma sicurtá a l’anima che mi possiede per affecto d’amore.

Bene il provavano, questi gloriosi e dilecti miei, che neuna cosa a l’anime loro poteva nuocere: anco essi nocevano agli uomini e a le dimonia, e spesse volte ne rimanevano legate per la virtú e potenzia che Io l’avevo data sopra di loro.

Questo era perch’Io rispondevo a l’amore, fede e speranza che avevano posta in me.

La lingua tua non sarebbe sufficiente a narrare le virtú di costoro, né l’occhio de l’intellecto tuo a vedere il fructo che essi ricevono nella vita durabile, e riceverá chiunque seguitará le vestigie loro.

Essi sonno come pietre preziose, e cosí stanno nel cospecto mio, perch’Io ho ricevute le fadighe loro e il lume che essi gictarono e missero con l’odore della virtú nel corpo mistico della sancta Chiesa.

E però gli ho collocati nella vita durabile in grandissima dignitá, e ricevono beatitudine e gloria nella mia visione, perché diêro exemplo d’onesta e sancta vita e con lume ministrâro el Lume del Corpo e del Sangue de l’unigenito mio Figliuolo e tucti gli altri sacramenti.

E però sonno molto singularmente amati da me, sí per la dignitá nella quale Io gli ho posti, che sonno miei unti e ministri, e sí perché il tesoro che Io lor missi nelle mani non l’hanno sotterrato per negligenzia e ignoranzia: anco l’hanno riconosciuto da me, e exercitatolo con sollicitudine e profonda umilitá, con vere e reali virtú.

E perché Io in salute de l’anime gli avevo posti in tanta excellenzia, non si ristavano mai, sí come pastori buoni, di rimectere le pecorelle ne l’ovile della sancta Chiesa.

Unde essi per affecto d’amore e fame de l’anime si mectevano a la morte per trarle delle mani delle dimonia.

Eglino infermavano, cioè facendosi infermi con quegli che erano infermi; cioè che spesse volte per non confóndare loro di disperazione, e per dar lo’ piú larghezza di manifestare la loro infermitá, davano vista, dicendo:

- Io so’ infermo con teco insieme.

- Essi piangevano co’ piangenti e godevano co’ godenti, e cosí dolcemente sapevano dare a ciascuno el cibo suo: i buoni conservando, e godendo delle loro virtú, perché non si rodevano per invidia, ma erano dilatati nella larghezza della caritá del proximo e de’ subditi loro; e quegli che erano defectuosi traevano del difecto, facendosi defectuosi e infermi con loro insieme ( come decto è ), con vera e sancta compassione, e con la correczione e penitenzia de’ difecti loro commessi, facendo eglino per caritá la penitenzia con loro insieme.

Cioè che, per l’amore che essi avevano, portavano maggiore pena essi che la davano, che coloro che la ricevevano.

E alcuna volta erano di quelli che actualmente la facevano, e spezialmente quando avessero veduto che al subdito fusse paruto molto malagevole.

Unde per quello acto la malagevolezza lo’ tornava in dolcezza.

O dilecti miei! essi si facevano subditi, essendo prelati; essi si facevano servi, essendo signori; essi si facevano infermi, essendo sani e privati della infermitá e lebbra del peccato mortale; essendo forti, si facevano debili; coi macti e semplici si mostravano semplici, e co’ piccoli, piccoli.

E cosí con ogni maniera di gente, per umilitá e caritá, sapevano essere, e a ciascuno davano el cibo suo.

Questo chi el faceva? la fame e il desiderio, che avevano conceputo in me, de l’onore mio e salute de l’anime.

Essi corrivano a mangiarlo in su la mensa della sanctissima croce, non rifiutando labore né fuggivano alcuna fadiga; ma, come zelanti de l’anime e bene della sancta Chiesa e dilatazione della sancta fede, si mectevano tra le spine delle molte tribulazioni, e mectevansi a ogni pericolo con vera pazienzia, gictando incensi odoriferi d’ansietati desidèri e d’umile e continua orazione.

Con le lagrime e sudori ugnevano le piaghe de’ proximi loro, cioè le piaghe della colpa de’ peccati mortali, unde ricevevano perfecta sanitá, se essi umilemente ricevevano cosí facto unguento.

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