Cantico spirituale Manoscritto B

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Nota sulla strofa seguente

1 - Per giungere a uno stato cosi alto di perfezione come è quello a cui ora l'anima aspira, cioè il matrimonio spirituale, non basta che ella sia monda e purificata da tutte le imperfezioni e ribellioni e dagli abiti imperfetti della parte inferiore la quale, spogliata dell'uomo vecchio, è già soggetta a quella superiore, ma è anche necessario che abbia una grande forza e un amore molto sublime per essere degna del forte e stretto amplesso di Dio.

Infatti in questo stato l'anima non solo conquista una purezza e una bellezza grandi, ma anche una terribile forza a causa dello stretto e potente nodo che si stringe tra lei e Dio per mezzo di tale unione.

2 - Per giungere a Dio è dunque necessario che ella raggiunga il punto di una conveniente purezza, forza e amore.

Per questo lo Spirito Santo, che è colui che interviene operando l'unione spirituale, desiderando che l'anima abbia le doti necessarie per meritarla, parlando con il Padre e con il Figlio, dice nel Cantico ( Ct 8,8-9 ): Che cosa faremo alla nostra sorella il giorno che si dovrà recare a far visita e a prender parte a conversazioni, essendo ancora, piccola e non avendo il petto ancora formato?

Se ella è una muraglia, edifichiamoci sopra fortezze e baluardi di argento; e se è una porta, rivestiamola con tavole di cedro.

Per « fortezze e baluardi di argento » si intendono le virtù forti ed eroiche rivestite dalla fede, significata dall'argento.

Tali virtù sono già quelle del matrimonio spirituale e poggiano sull'anima forte, simboleggiata nella « muraglia », nella cui fortezza trova il suo riposo lo Sposo pacifico senza essere disturbato da nessuna debolezza.

Per « tavole di cedro » si intendono le affezioni e le qualità dell'amore elevato che viene simboleggiato dal cedro.

Si tratta dell'amore proprio del matrimonio spirituale; perché se ne adorni, la sposa deve essere « la porta » attraverso la quale lo Sposo possa entrare, tenendo spalancato per Lui l'ingresso della volontà, con un pieno e vero consenso di amore, che è il consenso del fidanzamento, che precede quello del matrimonio spirituale.

Infine per « petto » della sposa si intende l'amore perfetto che ella deve avere per comparire davanti allo sposo Cristo nella perfezione di tale stato.

3 - Il testo citato ( Ct 8,10 ) soggiunge che la sposa bramosa di uscire a fare tali visite, risponde: Io sono un muro e il mio petto è come una torre, come se dicesse: l'anima mia è molto forte e il mio amore molto elevato e quindi non c'è una ragione perché non debba uscire.

Anche ora l'anima sposa, spinta dal desiderio di questa unione e trasformazione perfetta, ha espresso lo stesso pensiero nelle strofe precedenti, specialmente in quelle spiegate per ultime, in cui pone davanti allo Sposo, per obbligarlo di più, le virtù e le ricche disposizioni da Lui ricevute.

Perciò l'Amato, volendo portare a conclusione la cosa dice le due strofe seguenti, nelle quali finisce di purificare l'anima, di renderla forte e dì disporla a questo stato, sia nella parte spirituale che in quella sensitiva, indirizzandole contro tutte le ribellioni tanto della parte sensibile quanto del demonio.

Strofe 20 e 21

o voi, agili uccelli,

leoni, cervi, daini saltatori,

monti, riviere, valli,

acque, aure, ardori,

e delle notti vigili timori:

Per le soavi lire

e il canto di sirene io vi scongiuro,

cessino le vostre ire,

non mi toccate il muro,

perché la sposa dorma più al sicuro.

Spiegazione

4 - In queste due strofe lo Sposo, Figlio di Dio, colloca l'anima sposa nel possesso della pace e della tranquillità, rendendo conforme la parte inferiore a quella superiore, purificandola da tutte le sue imperfezioni e riducendone a dovere le potenze e le forze naturali, acquietandone tutti gli altri appetiti.

Tutto ciò è contenuto nelle due strofe citate, il cui senso è questo:

in primo luogo lo Sposo prega le inutili distrazioni della fantasia e della immaginativa di cessare; mette un freno alle due potenze naturali, quella irascibile e quella concupiscibile, che prima affliggevano alquanto l'anima.

Riduce poi alla perfezione dei loro oggetti, per quanto è possibile in terra, le tre potenze: memoria, intelletto e volontà e inoltre comanda, scongiurandole, alle quattro passioni dell'anima gaudio speranza dolore e timore, di starsene ormai calme e sottomesse alla ragione.

Tutto ciò viene indicato dai nomi che si trovano nella prima strofa.

Lo Sposo fa in modo che cessino tutte le loro azioni e tutti i loro movimenti molesti per mezzo della grande soavità, diletto e forza che l'anima possiede nel dono di se stesso che Dio le fa in questo stato.

In esso, poiché Dio trasforma vivamente in sé l'anima, tutte le potenze, tutti gli appetiti e tutti i movimenti perdono la loro imperfezione naturale e si mutano in divini.

Perciò dice:

O voi, agili uccelli.

5 - Dà il nome di agili uccelli alle divagazioni dell'immaginativa, le quali sono agili e svelte nel volare da ogni parte.

Quando la volontà gode in quiete la comunicazione gustosa dell'Amato, esse in generale cercano di recarle disgusto e di annientargliene il diletto con i loro voli leggeri.

Perciò lo Sposo le scongiura per le soavi lire a cessare i loro voli inquieti, i loro impeti e i loro eccessi, giacché ormai la soavità e la gioia dell'anima sono così copiose, frequenti e forti che esse non gliele potranno impedire, come facevano prima che essa fosse giunta a tale stato.

Ciò vale anche per le altre parti che devono essere spiegate.

Leoni, cervi, daini saltatori.

6 - Per leoni si intendono gli assalti impetuosi della potenza irascibile, la quale è ardita e animosa come i leoni.

Per cervi e daini saltatori si intende l'altra potenza dell'anima, cioè la concupiscibile e facoltà di appetire, che rende codardi e temerari.

Subisce l'effetto della codardia quando essa trova le cose non convenienti a sé, poiché allora si ritira, si avvilisce e si scoraggia.

Per tale effetto questa potenza viene paragonata ai cervi i quali, possedendo una facoltà concupiscibile più intensa di molti altri animali sono molto codardi e timidi.

Subisce invece gli effetti di temerità allorché ella incontra ciò che le conviene: in tal caso non teme né si scoraggia, ma diventa ardita, desiderandolo e accettandolo con il desiderio e con l'affetto.

Per questo effetto di temerità è comparata ai daini, i quali sono dotati di tanta concupiscenza verso quanto appetiscono che vi si dirigono non solo correndo, ma addirittura saltando.

Perciò qui lo Sposo li dice saltatori.

7 - Scongiurando quindi i leoni egli pone un freno agli impeti eccessivi dell'ira, supplicando i cervi fortifica la concupiscenza nella codardia e pusillanimità da cui era prima avvilita, scongiurando i daini saltatori soddisfa e calma i desideri e gli appetiti i quali prima si muovevano inquieti saltando da ogni parte come daini, per appagare la concupiscenza che è già soddisfatta per mezzo delle lire soavi, della cui delicatezza gode, e del canto delle sirene nel cui diletto si pasce.

C'è da notare che lo Sposo qui non scongiura l'ira e la concupiscenza, poiché queste due potenze non possono mancare nell'anima, ma i loro atti molesti e disordinati significati dai leoni, dai cervi e dai daini saltatori che in tale stato devono necessariamente sparire.

Monti, riviere, valli.

8 - Da queste tre parole sono indicati gli atti viziosi e disordinati delle tre potenze dell'anima, memoria, intelletto e volontà.

Sono disordinati e viziosi quando sono o eccessivamente intensi o eccessivamente deboli e rimessi, o, pur non giungendo al massimo, quando declinano verso l'uno dei due estremi.

E così i monti, che sono molto alti, significano gli atti imperfetti per eccesso; le valli, che sono molto basse, simboleggiano quelli imperfetti per difetto; dalle riviere, le quali non sono né troppo alte né troppo basse, e, perché non sono piane, partecipano un po' dell'uno e dell'altro estremo, sono simboleggiati gli atti delle potenze quando oltrepassano o non raggiungono in qualche cosa il giusto mezzo.

Questi ultimi, anche se non sono disordinati del tutto, come sarebbero se raggiungessero il peccato mortale, lo sono tuttavia in parte costituendo ora peccato veniale, ora imperfezione per quanto minima nell'intelletto nella memoria e nella volontà.

Lo Sposo prega vivamente questi atti che eccedono il giusto mezzo di cessare la loro attività, invitandoli per le lire soavi e per il canto delle sirene, le quali cose mantengono le tre potenze dell'anima tanto bene sul punto del loro effetto da essere impiegate nella giusta opera che loro appartiene, cosicché non solo non toccano l'estremo ma non vi partecipano affatto.

Seguono gli altri versi:

acque, aure, ardori,

e delle notti vigili timori.

9 - Anche questi quattro termini indicano gli affetti delle quattro passioni che, come è stato detto, sono il dolore, la speranza, il gaudio e il timore.

Per acque si intendono le affezioni del dolore che affliggono l'anima poiché esse, come acque, penetrano in lei.

David parlandone a Dio dice: Salvum me fac, Deus, quoomam intraverunt aquae usque ad animam meam ( Sal 69,2 ).

Salvami, o Dio mio, poiché le acque sono penetrate fino all'anima mia.

Per aure si intendono le affezioni della speranza, poiché come aure esse volano a desiderare ciò che è assente e che si spera.

Perciò David dice ancora: Os meum aperui et attraxi spiritum, quia mandata tua desiderabam ( Sal 119,131 ).

Ho aperto la bocca della mia speranza, ho attratto l'aura del mio desiderio poiché speravo e desideravo i tuoi comandamenti.

Per ardori si intendono le affezioni della passione del gaudio le quali, come il fuoco, infiammano il cuore.

Lo stesso David dice: Concaluit cor meum intra me et in meditatione mea exardescet ignis ( Sal 39,4 ), che vuol dire: Il mio cuore si è riscaldato dentro di me e nella mia meditazione si accenderà il fuoco, cioè nella mia meditazione si accenderà il gaudio.

Per delle notti vigili timori si intendono le affezioni dell'altra passione, cioè del timore, le quali ordinariamente sono molto grandi negli spirituali non ancora giunti allo stato del matrimonio spirituale.

Tali timori vengono loro ora da parte di Dio il quale, allorché vuol concedere loro qualche grazia, è solito incutere nel loro spirito timore e paura, avvilimento nella carne e nei sensi, poiché costoro non hanno la natura fortificata, perfezionata e abituata a quelle grazie di Dio; ora da parte del demonio il quale, nel tempo in cui il Signore dona all'anima raccoglimento e soave gusto di sé, invidiando grandemente quel bene e quella pace, procura di far nascere nello spirito orrore e timore, onde impedire il bene e spesso quasi minacciandolo nell'intimo.

Quando si accorge di non poter giungere nell'intimo dell'anima, perché è molto raccolta e unita con Dio, cerca almeno di distrarla o di generare in lei angustie, dolori e orrore nel senso, nella parte esteriore, tentando in tal modo di inquietare la sposa nel suo talamo.

Tutte queste cose vengono chiamate delle notti vigili timori poiché appartengono al demonio il quale, mediante queste, cerca di diffondere le tenebre nell'anima onde oscurare la luce divina di cui ella gode.

Dice vigili questi timori, poiché da sé svegliano l'anima ma dal suo dolce sonno interiore ed anche perché i demoni, da cui sono generati, vegliano sempre per far sorgere questi timori i quali, come è stato detto, nascono nello spinte delle persone spirituali o da parte di Dio o del diavolo.

Non parlo qui di altri timori temporali o naturali poiché è proprio delle persone spirituali non averli, mentre sono soggette a quelli spirituali di cui si è parlato.

10 - L'Amato dunque scongiura queste quattro specie di passioni dell'anima che cessino e rimangano quiete in quanto che in tale stato Egli dà alla sposa beni, forza e soddisfazione per mezzo delle amene lire di soavità e del canto di sirene del suo piacere, affinché quelle affezioni non solo non regnino in lei, ma non le possano neppure arrecare alcun disgusto.

La grande stabilità dell'anima in questo stato è tanta che se prima giungevano fino a lei le acque del dolore di qualche cosa, e anche dei peccati suoi o altrui, che è quanto gli spirituali sogliono sentire di più, ora, quantunque li ritenga per quel che sono, non le arrecano dolore né afflizione.

Ella non ha neppure la compassione, cioè la pena propria di quella virtù, sebbene ne possegga le opere e la perfezione.

Infatti ora le manca ciò che di fiacco c'è nelle virtù, e le rimane invece quanto c'è di forte, di costante e di perfetto.

In questa trasformazione di amore succede all'anima quanto accade agli Angeli i quali stimano perfettamente le cose dolorose senza sentirne dolore, esercitano le opere di misericordia e di compassione senza provare compassione.

Però il Signore qualche volta la dispensa da questa immunità del dolore facendola soffrire e permettendo che patisca qualcosa onde acquisti meriti maggiori e si accenda di più nell'amore o per qualche altro motivo, come accadde con la Vergine Maria e con S. Paolo e altri, ma lo stato presente di per sé non lo comporta.

11 - L'anima non si affligge neppure a causa delle aspirazioni della speranza, essendo ormai soddisfatta, per quanto è possibile in vita, nell'unione con Dio.

Non ha niente da sperare circa il mondo, né da desiderare circa ciò che è spirituale, poiché si vede e si sente piena delle ricchezze di Dio.

Perciò sia nella vita che nella morte si conforma perfettamente alla volontà del Signore dicendo secondo la parte sensitiva e spirituale: Fiat voluntas tua ( Mt 6,10 ), senza l'impeto di qualche altra voglia o appetito; il desiderio quindi che ha di vederlo è privo di pena.

Anche riguardo alle affezioni del gaudio, che nell'anima erano solite essere più o meno veementi, ella ora non sente più diminuzione nessuna né si meraviglia dell'abbondanza.

Infatti è tanta la copia di cui ella ordinariamente gode da potersi paragonare al mare il quale né diminuisce per i fiumi che ne escono né cresce per quelli che vi entrano.

È questa l'anima in cui c'è una fonte la cui acqua, come dice Gesù in S. Giovanni ( Gv 4,14 ), zampilla fino alla vita eterna.

12 - Ma poiché ho detto che tale anima non riceve niente di nuovo in questo stato di trasformazione, potrebbe sembrare che le vengano tolti i gaudi accidentali, che non mancano neppure ai beati.

È bene invece sapere che essa non rimane priva dei gaudi e delle soavità suddette, anzi in generale ne ha moltissimi, tuttavia non si verifica in lei nessun accrescimento della comunicazione sostanziale dello spirito, possedendo già tutto ciò che le si potrebbe aggiungere di nuovo; possiede quindi molto di più di tutto ciò che le potrebbe capitare di nuovo.

Perciò, ogni volta che le si offrono godimenti e gioie sia esterne che interne e spirituali, l'anima si rivolge immediatamente a godere le ricchezze che già possiede, rimanendo più contenta e felice di esse che di tutto ciò che di nuovo le viene concesso.

Si può dire che ella in qualche modo ha la proprietà di Dio il quale, anche se prova diletto in ogni cosa, in nessuna di esse ne prova quanto in se stesso, poiché possiede in sé un bene eminente superiore ad ogni altro.

Pertanto ogni piacere e gusto nuovo che l'anima può trovare, le serve di stimolo a compiacersi piuttosto in quello che ella ha e sente in sé, che in tutte quelle novità, poiché quanto possiede è superiore a tutto il resto.

13 - È un fatto naturale che quando una cosa dà gusto e contento all'anima, se questa ne ha un'altra più stimata e di maggior gusto, subito se ne ricorda e vi ripone il suo gusto.

L'accidentale e il nuovo di queste novità è quindi cosi esiguo che, paragonato al sostanziale posseduto dall'anima, può dirsi un niente perché essa, arrivata al compimento della trasformazione in cui è perfettamente cresciuta, non cresce più per mezzo delle cose nuove spirituali come le altre anime che non sono giunte a questo punto.

Fa meraviglia pero il costatare come senza ricevere nessun nuovo diletto, all'anima sembra di riceverne sempre del nuovo e di averne sempre avuti.

E ciò accade perché, essendo il suo bene sempre nuovo, lo gusta sempre di nuovo e quindi le pare di ricevere sempre qualcosa di nuovo senza aver bisogno di riceverlo.

14 - Se però volessi parlare dell'illuminazione gloriosa in cui Dio talvolta avvolge l'anima in questo ordinario abbraccio, che è una certa conversione spirituale verso di lei, nella quale le fa vedere e godere tutto insieme l'abisso di diletti e di ricchezze che vi ha posto, non potrei trovare parole che lo spiegassero un poco.

Infatti come il sole quando investe in pieno il mare, ne illumina persino i seni e le caverne più profonde, facendo apparire le perle e le vene ricchissime di oro e di altri minerali preziosi, cosi il sole divino dello Sposo, volgendosi alla sposa ne mette in luce le ricchezze in maniera tale che anche gli Angeli se ne meravigliano ed escono in questa espressione: Chi è colei che procede come l'aurora nascente, bella come la luna, eletta come il sole, terribile come le schiere di un esercito ordinato a battaglia? ( Ct 6,9 ).

Per questa illuminazione, anche se è tanto eccellente, niente si accresce nell'anima, la quale invece viene soltanto illuminata perché goda di ciò che possedeva già in passato.

15 - Infine, neppure i vigili timori della notte raggiungono l'anima, essendo essa ormai cosi luminosa e forte e riposando cosi stabile in Dio che i demoni non la possono oscurare con le loro tenebre, né la possono intimorire con le loro minacce, né svegliare con i loro impeti.

E così ormai da nessuna cosa ella può essere raggiunta e molestata poiché, uscita fuori da tutte, è entrata in Dio dove gode ogni pace, gusta ogni soavità, prova piacere in ogni diletto, secondo che lo permette la condizione e lo stato di questa vita.

In questo senso va inteso quanto dice il Savio nei Proverbi ( Pr 15,15 ): L'anima pacifica e tranquilla è come un continuo convito.

Come in un convito vi sono tutti i cibi saporiti e ogni musica soave, così l'anima in questo convito che tiene sul petto dell'Amato, gode di ogni diletto e gusta di ogni soavità.

È così poco quanto è stato detto e quanto si può esprimere a parole di ciò che si verifica nell'intimo dell'anima giunta a questo stato felice, che sempre si dirà meno della realtà.

Infatti se l'anima riesce a conquistare la pace di Dio che, come dice la Chiesa, trascende ogni senso, ogni senso resterà muto ed incapace di parlarne.

Seguono i versi della strofa seconda:

Per le soavi lire

e il canto di sirene, io vi scongiuro.

16 - Ho già detto che le soavi lire significano la soavità che lo Sposo comunica di sé all'anima in questo stato, per cui fa cessare in lei tutte le molestie.

Come il suono delle lire le riempie l'animo di soavità e di dolcezza e lo imbeve e sospende in maniera tale da tenerlo lontano da pene e disgusti, così questa soavità assorbe l'anima così tanto da non poter essere raggiunta da nessuna pena.

È come se dicesse: per la soavità che io spargo nell'anima, cessi in lei tutto ciò che non è soave.

È stato detto come anche il canto delle sirene simboleggia il diletto ordinario che l'anima possiede.

Lo chiama così poiché, come il canto delle sirene, a quanto si dice, è tanto dolce e dilettevole che innamora e rapisce chi lo ode in maniera tale da fargli dimenticare, come estatico, tutte le cose, così il diletto di questa unione assorbe l'anima e la rallegra tanto da renderla quasi insensibile ad ogni molestia e turbamento delle cose, a cui si allude nel verso:

cessino le vostre ire.

17 - Dà l'appellativo di ire ai turbamenti e alle molestie degli affetti e delle azioni disordinate di cui abbiamo parlato.

Come l'ira è un certo impeto che turba la pace; oltrepassandone i limiti, così tutti questi affetti con i loro movimenti trascendono il limite della pace e della serenità dell'anima, rendendola inquieta quando la toccano.

Perciò dice:

non mi toccate il muro.

18 - Per muro si intende il recinto della pace delle virtù e la barriera delle virtù e delle perfezioni di cui l'anima è circondata e difesa, ed ella è il giardino di cui si è già parlato, dove l'Amato si pasce tra i fiori, giardino che è chiuso e custodito solo per Lui.

Perciò Egli nel Cantico la chiama: orto recintato dicendo: La mia sorella è un orto recintato ( Ct 4,12 ).

E così ora dice che nessuno osi toccare neppure il muro di cinta di questo giardino:

perché la sposa dorma più al sicuro,

19 - vale a dire: affinché ella più a suo piacere si diletti della quiete e della soavità di cui gode nell'Amato.

È bene ricordare che ormai per l'anima non vi è alcuna porta chiusa; è in suo potere di godere quanto e quando vuole di questo sonno di amore, secondo quanto fa comprendere lo Sposo dei Cantici: Vi scongiuro, o figlie di Gerusalemme, per i caprioli e i cervi dei campi, di non destare la mia diletta finché ella non voglia ( Ct 3,5 ).

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