Cantico spirituale Manoscritto B

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Nota sulla strofa seguente

1 - Grande è il potere e la tecnica dell'amore che conquista e lega Dio stesso.

Fortunata l'anima che ama, poiché ha il Signore come prigioniero, pronto a fare tutto ciò che essa vuole!

Egli infatti ha una natura tale che, se lo prendono per amore e con le buone, gli faranno fare quanto vogliono, mentre, in caso contrario, non vi è parola e potere, per quanto forte, che valgano con Lui.

Per amore invece lo legano con un solo capello.

L'anima conoscendo ciò e sapendo che al di sopra del suoi meriti Egli le ha fatto grazie tanto grandi da elevarla ad un grado di amore così alto con pegni ricchissimi di doni e virtù, attribuisce tutto a Lui nella strofa seguente.

Strofa 32

Quando tu mi miravi,

lor grazia in me imprimevan gli occhi tuoi;

di più quindi mi amavi,

perciò in te meritavano

gli occhi miei adorar quanto vedevano.

Spiegazione

2 - È una proprietà dell'amore perfetto non volere accettare né prendere niente per sé, né attribuire nulla a sé, ma tutto all'Amato.

Se ciò avviene nell'amore umano, tanto più si verificherà in quello di Dio, dove la ragione lo richiede di più.

Nelle strofe precedenti sembra che la sposa si attribuisca qualche merito.

Infatti afferma che, insieme con lo Sposo, avrebbe fatto le ghirlande intessendole con un suo capello, opera questa di molta importanza e valore, dice poi che lo Sposo è stato preso da un suo capello e piagato da un suo occhio, azioni per le quali sembra attribuirsi grandi meriti.

Perciò nella strofa presente ella vuole manifestare le sue intenzioni e tener lontano il pericolo di essere fraintesa temendo che venga attribuito a lei qualche valore e merito e quindi che, contro il suo desiderio, si ascriva a Dio meno di quello che gli è dovuto.

Attribuendo quindi tutto a Lui e ringraziandolo, ella afferma che la causa per cui Egli si è lasciato imprigionare dal capello del suo amore e piagare dall'occhio della sua fede, va ricercata nel fatto di averle Egli fatto la grazia di mirarla con amore, sguardo dal quale fu resa graziosa e a Lui stesso gradita.

In seguito a questa grazia e a questo valore ricevuto, ella meritò di amarlo e di avere in sé la virtù di adorare gradevolmente l'Amato e di compiere opere degne della sua grazia e del suo amore.

Segue il verso:

Quando tu mi miravi,

3 - vale a dire, con affetto di amore ( è già stato detto che qui il mirare di Dio significa amare ),

lor grazia in me imprimevan gli occhi tuoi.

4 - Per occhi dello Sposo l'anima intende la sua divinità misericordiosa la quale, piegandosi amorosamente verso di lei, le infonde il suo amore e la sua grazia mediante cui l'abbellisce e l'innalza tanto da renderla partecipe della stessa divinità.

Ella vedendo la dignità e l'altezza in cui Egli l'ha collocata, dice:

di più quindi mi amavi,

5 - Amare di più ha un significato molto più intensivo che, il semplice amare, equivale quasi ad amare doppiamente cioè per due titoli o ragioni.

In questo verso l'anima enuncia i due motivi dell'amore che Egli le porta, in forza dei quali lo ama non solo perché preso dal suo capello, ma anche perché piagato dal suo occhio.

La causa per cui Egli l'ha amata in maniera così forte è, come ella dice in questo verso, perché, mirandola, ha voluto concederle la grazia per compiacersi di lei, dandole l'amore del suo capello e formandole con la sua carità la fede del suo occhio.

Perciò dice: Di più quindi mi amavi, poiché Dio, infondendo nell'anima la sua grazia, la rende degna e capace del suo amore.

È come se dicesse: poiché tu avevi collocato in me la tua grazia, alto pegno del tuo amore, perciò mi hai amato di più, cioè mi hai donato una grazia maggiore.

Ce ne parla S. Giovanni quando scrive che Dio dà la grazia in corrispondenza a quella che ha dato ( Gv 1,16 ) cioè, ne darà una maggiore, che non si può meritare senza la divina grazia.

6 - Per comprendere ciò è da notare che Dio, come non ama cose all'infuori di se stesso, così non ama alcuna cosa meno di sé, poiché ama tutto per sé.

L'amore quindi diventa un fine, perciò Dio non ama le cose per quello che sono in sé.

Per tale ragione quando ama un'anima, in certo modo la mette dentro di sé e l'uguaglia a sé.

Egli dunque l'ama in sé e con sé, con lo stesso amore che porta a se stesso.

L'anima quindi in ciascuna opera, perché la fa in Dio, ne merita l'amore giacché, elevata a questa grazia sublime, in ogni opera che fa merita Dio stesso.

Per questo dice:

perciò in te meritavano.

7 - Nel grande favore e nella grazia fattami dai tuoi occhi misericordiosi quando mi guardarono, rendendomi gradita a te e degna di essere veduta dai tuoi, meritarono

gli occhi miei adorar quanto vedevano,

8 - vale a dire: le potenze della mia anima, che sono gli occhi con cui puoi essere veduto da me, Sposo mio, meritarono di elevarsi per guardarti, mentre prima a causa della miseria e del loro imperfetto modo di operare e delle loro virtù naturali erano misere e vili, poiché per l'anima poter mirare Dio equivale a compiere opere in grazia di Dio.

Le sue potenze ormai meritavano di adorarlo, perché adoravano in grazia del loro Dio per mezzo di cui ogni azione diventa meritoria.

Adoravano quello che ormai vedevano in Lui, illuminati ed elevati dalla sua grazia e dal suo favore, cosa che prima non potevano vedere per la loro cecità e viltà.

Che cos'era dunque quello che vedevano?

Vedevano una grande virtù, una soavità copiosa, una bontà immensa, amore e misericordia, innumerevoli benefici ricevuti da Lui, sia quando erano in grazia che quando non lo erano.

Gli occhi dell'anima meritavano di adorare con merito tutto ciò giacché ormai erano accetti allo Sposo.

Prima invece non solo non meritavano di adorarlo né di vederlo, ma non erano neppure degni di pensare a Lui, poiché grande è la rozzezza e la cecità di un'anima priva della grazia.

9 - Vi sarebbe molto da notare su questo punto e molto di che dolersi nel vedere quanto l'anima non illuminata dall'amore di Dio sia lontana da fare le cose a cui è tenuta.

Infatti mentre è obbligata a conoscere i favori presenti e molti altri innumerevoli che ha ricevuto o riceve ogni momento, sia spirituali che materiali, e ad adorare e servire incessantemente Dio con tutte le sue potenze, non solo non lo fa, ma neppure merita di ricordarsi di farlo.

A tal punto arriva la miseria di coloro che vivono o, meglio, giacciono morti nel peccato!

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