Libro delle fondazioni

Capitolo 8

Offre alcuni consigli circa le rivelazioni e le visioni.

1. Sembra che ad alcune persone faccia spavento anche solo udire il nome di visioni o di rivelazioni.

Non capisco la causa per cui ritengono pericoloso questo cammino attraverso il quale Dio conduce le anime, né da dove proceda siffatta paura.

Non voglio ora dire quali siano le vere visioni e rivelazioni e quali le false, né indicare i segni di cui sono stata informata da persone assai dotte per riconoscerle, ma solo esporre come debba regolarsi un'anima che si vedrà in tale circostanza, perché tra i confessori ai quali si rivolgerà saranno ben pochi quella che non la lasceranno in preda alla paura.

Certo, farà loro molto meno impressione sentirsi dire che il demonio presenta all'anima vari generi di tentazioni con suggestioni di spirito blasfemo, intemperanze e disonestà, di quanto non li scandalizzerà sentirsi dire che le apparso o le ha parlato un angelo, o che le si è mostrato Gesù Cristo, nostro Signore.

2. Non voglio neanche parlare, ora, di quando le rivelazioni vengono da Dio ( essendo orami chiaro per il grande bene che apportano all'anima ), ma di quando si tratta d'immagini che il demonio suscita per ingannarci, servendosi della figura di Cristo, nostro Signore, o dei suoi santi.

A questo riguardo sono convinta che Sua Maestà non gli darà il permesso né il potere d'ingannare nessuno con tali immagini, tranne che non sia per colpa della stessa anima; sarà invece lui a restare ingannato.

Perciò, non c'è ragione di spaventarsi, ma bisogna confidare nel Signore e far poco conto di queste cose, se non è per lodarlo maggiormente.

3. So di una persona, gettata, a causa dei confessori, in preda a viva angoscia per simili cose, che poi, come fu dato d'intendere dai grandi effetti e dalle buone opere che ne seguirono, provenivano da Dio.

E pensare che quando le appariva la sua immagine in qualche visione, doveva farsi segni di croce a non finire e ripetere un gesto volgare perché tale era l'ordine da lei ricevuto.

In seguito, parlandone con un grande teologo, il maestro domenicano fra Domingo Báñez, questi le disse che ciò era mal fatto e che nessuno doveva agire così, perché ovunque si veda l'immagine di nostro Signore, bisogna riverirla, quand'anche l'abbia dipinta il demonio.

Diceva, infatti, che questi è un gran pittore e quando ci dipinge un Cristo in croce o un'altra immagine così al vivo da lasciarla impressa nel nostro cuore, anziché farci del male ci fa del bene.

Questa argomentazione mi piacque molto; infatti, di fronte a un'immagine di grande bellezza, anche se sapessimo che è opera di un uomo malvagio, non lasceremmo di ammirarla né faremmo caso del pittore per abbandonare la devozione.

Il bene o il male, di conseguenza, non sta nella visione, ma in colui che la vede e che, per mancanza di umiltà, non se ne giova.

Se questa c'è, la visione, pur essendo opera del demonio, non può fare alcun male; se invece manca, pur venendo da Dio, non sarà di alcun profitto.

Quando, infatti, ciò che deve servire a rendere umile l'anima nella consapevolezza di non meritare quella grazia la fa, invece, insuperbire, le avverrà come al ragno che cambia in veleno tutto quello che mangia, e non come all'ape che lo converte in miele.

4. Voglio spiegarmi meglio: se nostro Signore, nella sua bontà, vuole mostrarsi a un'anima per essere meglio conosciuto e più amato, o per svelarle qualche suo segreto, o concederle particolari favori e grazie, ed essa – come ho detto – a causa di ciò, mentre dovrebbe sentirsi confusa e riconoscere quanto ne sia indegna la sua pochezza, si ritiene subito santa, persuasa che questa grazia è la ricompensa di qualche servizio da lei reso a Dio, è evidente che, come il ragno, cambia in male il gran bene che poteva trarne.

Ora, invece, supponiamo che il demonio, per incitare alla superbia, sia lui l'autore di queste apparizioni: se allora l'anima, credendo che vengano da Dio, si umilia, riconosce di non meritare una grazia così eccelsa e si sforza di servirlo meglio; se, vedendosi ricca e non sentendosi degna neppure di mangiare le briciole che cadono dalla tavola delle altre che ha saputo favorite da Dio della stessa grazia, cioè sentendosi indegna d'essere serva di chiunque fra esse, si umilia e comincia a fare penitenza e a dedicarsi di più all'orazione, ad avere maggior cura di non offendere il Signore, al quale crede di dovere tali grazie, e ad obbedire con più perfezione, io affermo con sicurezza che il demonio, lungi dal tornare, se ne andrà via confuso, senza lasciare nessun nocivo effetto nell'anima.

5. Quando nelle visioni si riceve l'ordine di fare qualcosa, o l'annunzio di avvenimenti futuri, bisogna parlarne con un confessore prudente e dotto, e non fare né credere nulla all'infuori di quanto dirà lui.

Una religiosa può renderne partecipe la priora, perché le dia un confessore che abbia le suddette qualità.

Ma si tenga presente che se ella non obbedirà agli ordini del confessore e non si lascerà guidare da lui, o si tratta dello spirito maligno, o di una terribile malinconia.

Posto infatti che il confessore non vedesse giusto, non s'ingannerà lei nell'obbedirgli, fosse anche a parlarle un angelo del cielo, perché Sua Maestà illuminerà il confessore o disporrà le cose come conviene.

Così facendo non c'è alcun pericolo, mentre a fare il contrario i pericoli possono essere molti, con altrettanti danni

6. Ricordiamoci che la debolezza umana è grandissima, specialmente nelle donne, e che si manifesta di più in questo cammino di orazione.

Pertanto, per ogni piccola cosa che si presenti all'immaginazione, non dobbiamo pensare subito che si tratti di visione, perché quando lo è, credetemi, lo si riconosce molto bene.

Molto maggiore attenzione bisogna avere nel caso che vi sia di mezzo un po' di malinconia, perché riguardo a queste illusioni mi è giunta notizia di cose che mi hanno sbalordita: non capisco come si possa credere così fermamente di vedere ciò che non si vede.

7. Una volta venne da me un confessore oltremodo stupito, perché una sua penitente gli asseriva che la Madonna andava spesso a visitarla, si sedeva sul suo letto e si tratteneva a parlare per più di un'ora, dicendole cose che dovevano avvenire e molte altre.

Siccome fra tante insensatezze qualcosa si rivelava vera, tutto il resto era ritenuto certo.

Io capii subito di che si trattava, anche se non osai dirlo, perché viviamo in un mondo dove è necessario riflettere a quello che si può pensare di noi, se vogliamo che le nostre parole abbiano il loro effetto.

Gli dissi pertanto che bisognava aspettare l'adempimento di quelle profezie, interrogarla circa altri effetti di queste visioni e informarsi della vita di tale persona.

Infine, alla luce dei fatti, risultò che erano tutte insensatezze.

8. Potrei citare tanti di questi esempi, che servirebbero assai bene a provare l'opportunità del mio discorso: cioè che un'anima non deve credere subito a ciò che sente, ma prendere tempo e cercare di conoscersi bene prima di parlarne, onde evitare di trarre in inganno, senza volerlo, il confessore.

Infatti, per dotto che sia questi, se non ha esperienza di tali cose, ciò non sarà sufficiente a fargli riconoscere di che si tratta.

Non sono passati molti anni, anzi ben poco tempo, da quando un uomo mise in gran subbuglio alcune persone assai dotte e molto spirituali con simili fantasticherie, fino a che venne a trattarne con una che aveva esperienza di favori divini, la quale vide chiaramente ch'era tutto pazzia e illusione, anche se ciò allora, lungi dall'essere evidente, era molto oscuro.

Di lì a poco il Signore mise tutto in chiaro, ma quella persona che aveva visto giusto ebbe prima molto a soffrire per il fatto di non essere creduta.

9. Da questi e altri esempi analoghi si vede quanto convenga che ogni consorella sia molto sincera nel parlare della sua orazione alla priora.

Da parte sua questa si adoperi con molta cura a esaminare la complessione e il grado di perfezione della religiosa per informarne il confessore, affinché si renda meglio conto delle cose, e lo scelga adatto al caso, se quello ordinario non fosse idoneo a tale compito.

Si ponga molta attenzione a non far parola di nulla con estranei, anche se sono favori indubbiamente divini e grazie chiaramente miracolose, nemmeno con quei confessori che non hanno la prudenza di tacere.

Questo è molto importante, più di quanto si possa credere; non se ne parli, inoltre, neanche fra le religiose.

La priora si faccia prudentemente vedere più incline a lodare le anime che si distinguono in umiltà, mortificazione e ubbidienza, che non quelle condotte da Dio per tale cammino di orazione del tutto soprannaturale, quand'anche abbiano le stesse virtù.

Esse non ne riporteranno alcun danno perché, se ad agire è lo spirito del Signore, trae con sé l'umiltà che fa godere di essere disprezzati, e le altre ne riceveranno un grande vantaggio in quanto, non potendo arrivare a quei doni che Dio concede a chi vuole, correrebbero il rischio di scoraggiarsi circa l'acquisto delle altre virtù.

È vero che anche queste sono un dono di Dio, ma ci si può adoperare di più per ottenerle e sono di gran pregio per lo stato religioso.

Sua Maestà voglia concedercele!

Egli certo non le negherà a nessuna di noi che, confidando nella sua misericordia, si adoperi ad acquistarle con l'esercizio, la vigilanza, l'orazione.

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