Vita seconda

La letizia fatua

Capitolo XCIII

Contro la vanagloria e l'ipocrisia

[714] 130. Mentre teneva in grande pregio la gioia spirituale, evitava con cura quella vana, convinto che si deve amare diligentemente ciò che aiuta a progredire, e allo stesso modo si deve evitare ciò che è dannoso.

La vanagloria, la stroncava ancora in germe, non permettendo che rimanesse neppure un istante ciò che potesse offendere gli occhi del suo Signore.

Spesso infatti quando si sentiva molto elogiare, se ne addolorava e gemeva assumendo subito un aspetto triste.

Un inverno, il Santo aveva il povero corpo coperto di una sola tonaca, rafforzata con pezze molto grossolane.

Il guardiano, che era anche suo compagno, comprò una pelle di volpe e gliela portò dicendo: « Padre, tu soffri di milza e di stomaco: prego la tua carità nel Signore di permettere di cucire all'interno della tonaca questa pelle.

Se non la vuoi tutta, almeno accettane una parte in corrispondenza dello stomaco ».

Francesco rispose: « Se vuoi che porti sotto la tonaca questa pelliccia, fammene porre un'altra della stessa misura all'esterno.

Cucita al di fuori sarà indizio della pelle nascosta sotto ».

Il frate ascoltò, ma non era del parere, insistette, ma non ottenne di più.

Alla fine il guardiano si arrese, e fece cucire una pelliccia sull'altra, perché Francesco non apparisse di fuori diverso da quello che era dentro.

O esempio di coerenza, identico nella vita e nelle parole!

Lo stesso dentro e fuori, da suddito e da superiore!

Tu non desideravi alcuna gloria né esterna né privata, perché ti gloriavi solamente del Signore.

Ma, per carità, non vorrei offendere chi usa pellicce, se oso dire che una pelle prende il posto dell'altra.

Sappiamo infatti che sentirono bisogno di tuniche di pelle, perché si trovarono spogli dell'innocenza.

Capitolo XCIV

Si accusa di ipocrisia

[715] 131. Una volta, intorno a Natale, si era radunata molta folla per la predica presso l'eremo di Poggio.

Francesco esordi a questo modo: « Voi mi credete un uomo santo e perciò siete venuti qui con devozione.

Ebbene, ve lo confesso, in tutta questa quaresima, ho mangiato cibi conditi con lardo.

E così più di una volta attribuì a gola, ciò che invece aveva concesso alla malattia.

Capitolo XCV

Si accusa di vanagloria

[716] 132. Con eguale fervore subito svelava e confessava candidamente davanti a tutti il sentimento di vanagloria, che a volte si impossessava del suo spirito.

Un giorno, una vecchierella gli andò incontro, mentre attraversava Assisi e gli chiese l'elemosina.

Il Santo non aveva altro che il mantello e subito glielo donò generosamente.

Ma, avvertendo che nell'animo stava infiltrandosi un sentimento di vano compiacimento, subito davanti a tutti confessò di averne provato vanagloria.

Capitolo XCVI

Parole del Santo contro i suoi ammiratori

[717] 133. Cercava con ogni cura di nascondere nel segreto del suo cuore i doni del Signore, perché non voleva che, se gli erano occasione di gloria umana, gli fossero pure causa di rovina.

E spesso quando molti lo proclamavano santo, rispondeva così: « Posso avere ancora figli e figlie: non lodatemi come fossi sicuro!

Non si deve lodare nessuno, fino a che è incerta la sua fine.

Quando Colui che mi ha concesso il mutuo - così continuava - volesse ritirarlo, rimarrebbe solo il corpo e l'anima, come li hanno pure gli infedeli ».

Questa era la risposta a chi lo lodava.

Rivolto poi a sé diceva: « Se l'Altissimo avesse concesso grazie così grandi ad un ladrone, sarebbe più riconoscente di te, Francesco! ».

Capitolo XCVII

Parole del Santo contro quelli che lodano se stessi

[718] 134. Ripeteva spesso ai frati: « Nessuno deve lusingarsi con ingiusto vanto per quelle azioni, che anche il peccatore potrebbe compiere.

Il peccatore - spiegava - può digiunare, pregare, piangere, macerare il proprio corpo.

Ma una sola cosa non gli è possibile: rimanere fedele al suo Signore.

Proprio di questo dobbiamo gloriarci, se diamo a Dio la gloria che gli spetta, se da servitori fedeli attribuiamo a lui tutto il bene che ci dona.

« Il peggiore nemico dell'uomo è la sua carne: è del tutto incapace di ripensare al passato per pentirsene, niente sa prevedere per tutelarsi.

Unica sua preoccupazione è approfittare senza scrupoli del tempo presente.

E ciò che è peggio - aggiungeva - essa si usurpa e attribuisce a propria gloria quanto non è stato dato a lei, ma all'anima.

La carne raccoglie lode dalle virtù e plauso, da parte della gente, dalle veglie e dalle preghiere.

Niente lascia all'anima e anche dalle lacrime cerca profitto ».

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