Legenda Maior

VIII - Infermi guariti da varie malattie

[1307] 1. A Città della Pieve c'era un giovane mendicante, sordo e muto fin dalla nascita.

Aveva una lingua così corta e sottile, che sembrava troncata dalla radice, come molti poterono molte volte costatare.

Un certo Marco gli diede ospitalità per amor di Dio, e il giovane, sentendo che gli voleva bene, prese l'abitudine di restare con lui.

Una sera Marco, durante la cena, disse alla moglie in presenza del ragazzo: " Se il beato Francesco ridonasse a questo ragazzo l'udito e la parola, questo, sì, sarebbe un miracolo grandioso ".

Poi aggiunse: " Faccio voto a Dio che, se san Francesco si degnerà di fare questo miracolo, io manterrò questo ragazzo a mie spese per tutta la vita ".

Cosa davvero meravigliosa: in quello stesso istante la lingua del ragazzo ingrossò ed egli cominciò a parlare, dicendo: " Gloria a Dio e a san Francesco, che mi ha donato l'udito e la parola! ".

[1308] 2. Frate Giacomo da Iseo, da bambino, quand'era ancora in famiglia, aveva contratto una forma molto grave di ernia.

Seguendo la divina ispirazione, benché giovane e infermo, si consacrò a Dio entrando nell'Ordine di san Francesco, non svelando, però, a nessuno il disturbo da cui era afflitto.

Quando il corpo del beato Francesco venne traslato nel luogo dove ora è riposto, quale sacro tesoro, con i suoi resti mortali, anche frate Giacomo era presente e poté partecipare alla gioia comune e tributare il dovuto onore al corpo santissimo del Padre, ormai assunto alla gloria del cielo.

Quando le sacre ossa furono deposte nell'arca, egli si avvicinò a quel sacro tumulo e, abbracciandolo con grande fervore di spirito, immediatamente avvertì che l'ernia era miracolosamente rientrata, lasciandolo perfettamente guarito.

Depose il cinto e da allora rimase libero da tutti i passati dolori.

[1309] Da questa stessa infermità per la bontà di Dio e i meriti di san Francesco furono miracolosamente guariti fra Bartolomeo da Gubbio, frate Angelo da Todi; Nicola, sacerdote di Ceccano; Giovanni da Sora, un abitante di Pisa e un altro del paese di Cisterna; come pure Pietro di Sicilia, un abitante di Spello, presso Assisi, e moltissimi altri.

[1310] 3. A Maremma, nel Lazio, una donna, pazza da cinque anni, era diventata anche cieca e sorda.

Si dilaniava le vesti con i denti, si buttava nel fuoco e nell'acqua.

Al colmo di tutte le sventure, contrasse anche l'orribile mal caduco.

Ma Dio nella sua misericordia dispose di venire in suo soccorso.

Una notte, illuminata da Dio con lo splendore di quella luce che salva, ella vide il beato Francesco, assiso sopra un trono eccelso.

Si prostrò dinanzi a lui, supplicandolo umilmente di guarirla; ma egli non accondiscese subito alle sue preghiere.

La donna, allora fece il voto di non negare mai, finché ne avesse, l'elemosina a quanti gliel'avessero chiesta per amore di Dio e del Santo.

Subito il Santo accettò il patto: lui, che un tempo ne aveva fatto uno simile col Signore e, benedicendola col segno della croce, le ridonò una salute perfetta.

Da uguale infermità Francesco, il santo di Dio, liberò per sua bontà una fanciulla di Norcia, il figlio di un nobile e alcuni altri, come risulta da fonte sicura.

[1311] 4. Pietro da Foligno andò una volta in pellegrinaggio al santuario di San Michele, ma non si comportò troppo devotamente.

Perciò, mentre stava bevendo a una fontana fu invaso dai demoni.

Rimase ossesso per tre anni e, durante quel periodo, si dilaniava, faceva pessimi discorsi e compiva azioni orrende.

In uno dei rari intervalli di lucidità, volle recarsi al sepolcro del pietoso padre Francesco, per invocare umilmente la sua potenza, poiché aveva sentito che era efficace per scacciare le forze demoniache.

Appena ebbe accostato la mano al sepolcro, fu liberato in maniera prodigiosa dai demoni, che lo straziavano così crudelmente.

Allo stesso modo, Francesco, nella sua bontà, venne in soccorso anche di un abitante di Narni, posseduto dal demonio, e di molti altri.

Ma sarebbe troppo lungo narrare particolareggiatamente tutte le vessazioni diaboliche da cui essi erano tormentati e il modo in cui furono liberati.

[1312] 5. Un cittadino di Fano, che si chiamava Buonuomo era paralitico e lebbroso.

Portato dai genitori nella chiesa dei beato Francesco, ottenne la guarigione da entrambe le malattie.

Ma anche un giovane di San Severino, di nome Atto, che aveva il corpo tutto ricoperto di lebbra, fu guarito per i meriti del Santo, dopo aver fatto un voto ed avere visitato il suo sepolcro.

E certo il Santo ebbe una potenza taumaturgica straordinaria nel guarire dalla lebbra, perché, durante la sua vita si era votato, per umiltà e pietà, al servizio dei lebbrosi.

[1313] 6. Nella diocesi di Sora, una nobildonna di nome Rogata, da ventitré anni era affetta da perdite di sangue.

Si aggiunga che era ricorsa a moltissimi medici, ricavandone moltissimi malanni.

Spesso, per l'acuirsi della malattia, sembrava in fin di vita.

Se, poi, si riusciva ad arrestare l'emorragia, le si gonfiava tutto il corpo.

Le capitò di sentire un ragazzo che cantava in vernacolo romanesco la storia dei miracoli, operati da Dio per mezzo di san Francesco, e allora, sciogliendosi in lacrime per la commozione e il dolore, incominciò a dire così: " O beato padre Francesco, che rifulgi per tanti miracoli, se ti degnerai di liberarmi da questa malattia, ne avrai grande accrescimento di gloria, perché un miracolo così grande finora non l'hai mai fatto ".

A che tante parole? Aveva appena finito di parlare, che si sentì guarita, per i meriti del beato Francesco.

San Francesco, poi, le guarì anche il figlio Mario, che aveva un braccio rattrappito, dopo che ella ebbe fatto un voto in suo onore.

Anche una donna di Sicilia, che per sette anni aveva patito perdite di sangue, fu guarita dal santo alfiere di Cristo.

[1314] 7. Nella città di Roma, una donna di nome Prassede, famosa per la sua religiosità, ormai da quasi quarant'anni viveva imprigionata in una piccola cella, dove si era rinchiusa fin dall'età tenerella per amore dell'eterno Sposo.

Prassede meritò dal beato Francesco un favore singolare.

Un giorno era salita sul solaio della celletta a prendere qualcosa che le occorreva; ma, colta da capogiro, cadde, a ruppe il piede con la gamba e si slogò una spalla.

Le apparve allora il benignissimo Padre, avvolto in candide vesti splendente di gloria e si mise a parlarle con grande tenerezza " Alzati, figlia benedetta; alzati e non temere ".

La prese per mano e la rialzò; poi scomparve.

Ella, credendo di vedere un fantasma, si volgeva qua e per la sua celletta; ma quando, alle sue grida, accorsero finalmente con un lume, capì che era stata perfettamente risanata per l'intervento del servo di Dio Francesco e narrò per ordine tutto quanto era accaduto.

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