Leggenda Minore  

VII - Il transito

Lezione I

[1384] L'uomo di Dio ormai era confitto con Cristo sulla croce, con la carne e con lo spirito, e perciò non solo veniva elevato in Dio dall'incendio dell'amore serafico, ma si sentiva anche trafitto dal fervore dello zelo per le anime, e insieme con il suo crocifisso Signore sentiva la sete di salvare tutti quelli che si devono salvare.

E, siccome non poteva camminare a causa dei chiodi sporgenti sui piedi, faceva portare attorno per città e paesi quel suo corpo mezzo morto.

Così, quale secondo Angelo che sale dal luogo dove sorge il sole, egli voleva infiammare il cuore dei servi di Dio con una divina fiamma di fuoco: dirigerli sulla via della pace e segnare col sigillo del Dio vivo la loro fronte.

Ardeva anche d'un gran desiderio di ritornare a quella sua umiltà degli inizi, per servire, come da principio, ai lebbrosi e per richiamare al primitivo servizio il corpo ormai consumato dalla fatica.

Lezione II

[1385] Si proponeva di fare grandi imprese, con Cristo come condottiero, e, mentre le membra si sfasciavano, forte e fervido nello spirito, sognava di rinnovare il combattimento e di trionfare sul nemico.

Ma, certo perché crescesse il cumulo dei suoi meriti per quella pazienza perfetta che porta veramente tutti i meriti a compimento, il piccolino di Cristo incominciò ad essere colpito da varie malattie.

Erano così gravi che in ognuna delle membra eran diffuse sofferenze e dolori, la carne era ormai consumata e sulle ossa ormai rimaneva soltanto la pelle.

Pressato dalle aspre sofferenze del corpo, quelle penose angosce non le chiamava pene, ma sorelle sue e, nella lieta sopportazione delle stesse, innalzava al Signore grandi lodi e ringraziamenti: ai frati che lo assistevano sembrava quasi di avere sotto gli occhi un altro Paolo, a causa di quel gloriarsi gioioso ed umile nelle infermità, e di vedere un altro Giobbe, a causa di quella vigoria e imperturbabilità d'animo.

Lezione III

[1386] Egli, del resto, aveva conosciuto molto tempo prima il momento del suo transito.

Quando il giorno della morte fu imminente, disse ai frati che presto doveva deporre il tabernacolo del proprio corpo, come gli era stato mostrato da Cristo.

Erano passati due anni dall'impressione delle stimmate e vent'anni dalla sua conversione.

Egli chiese che lo portassero a Santa Maria della Porziuncola: voleva pagare il suo debito alla morte e avviarsi al premio della ricompensa eterna, proprio là dove, ad opera della Vergine Madre di Dio, aveva concepito lo spirito di perfezione e di grazia.

Condotto al luogo predetto, per mostrare con l'autenticità dell'esempio che nulla egli aveva in comune col mondo, durante quella malattia che mise fine a ogni infermità, si pose tutto nudo sulla terra: voleva, in quell'ora estrema, lottare nudo con il nemico nudo.

Giacendo, così denudato, nella polvere della terra, l'atleta di Cristo con la mano sinistra ricoprì la ferita del fianco destro, che non si vedesse, e, levata al cielo, secondo il suo solito, la serena faccia, tutto teso a quella gloria, incominciò a magnificare l'Altissimo, perché - sciolto da tutto - liberamente ormai stava per passare a Lui.

Lezione IV

[1387] Finalmente, quando sovrastava ormai l'ora del suo trapasso, fece venire a sé tutti i frati che dimoravano nel luogo e, consolandoli della sua morte con parole carezzevoli, li esortò con affetto paterno all'amore di Dio.

Inoltre lasciò loro in testamento, per diritto di successione, il possedimento della povertà e della pace e li ammonì premurosamente a tenersi fissi alle realtà eterne e a premunirsi contro i pericoli di questo mondo; li indusse, con le parole più efficaci che poté, a seguire perfettamente le orme di Gesù crocifisso.

E mentre i figli stavano tutt'intorno a lui, il patriarca dei poveri, con gli occhi ormai offuscati, non per la vecchiaia ma per le lacrime, l'uomo santo, quasi cieco e ormai prossimo a morire, incrociò le braccia e stese su di loro le mani in forma di croce ( aveva sempre amato questo gesto ) e benedisse tutti i frati, presenti e assenti, nella potenza e nel nome del Crocifisso.

Lezione V

[1388] Chiese, poi, che gli venisse letto il Vangelo secondo Giovanni, a incominciare dal versetto: Prima del giorno della Pasqua: voleva sentire in esso la voce del Diletto che bussava, dal quale lo divideva ormai soltanto la parete della carne.

Finalmente, siccome si erano compiuti in lui tutti i misteri, pregando e salmeggiando l'uomo beato s'addormentò nel Signore.

E quell'anima santissima, sciolta dalla carne, venne sommersa nell'abisso della chiarità eterna.

In quello stesso momento uno dei suoi frati e discepoli veramente famoso per la sua santità, vide quell'anima beata salire direttamente in cielo: aveva la forma di una stella fulgentissima, e una nuvoletta candida la sollevava al di sopra di molte acque: quell'anima, fulgida per il candore della coscienza e risplendente di meriti, veniva portata in alto dalla sovrabbondanza della grazia e delle virtù deiformi; perciò non si poteva, per lei, neppure un poco, ritardare la visione della luce celeste e della gloria.

Lezione VI

[1389] Così pure: l'allora ministro dei frati nella Terra di Lavoro, che si chiamava Agostino, uomo caro a Dio, si trovava in punto di morte.

Pur avendo perso ormai da tempo la parola, improvvisamente esclamò, in modo che tutti i presenti lo sentirono: « Aspettami, Padre, aspetta! Ecco: sto già venendo con te! ».

Siccome i frati chiedevano, stupiti, a chi stava parlando in quella maniera, egli affermò di vedere il beato Francesco che stava andando in cielo; e subito, detto questo, anche lui felicemente spirò.

[1390] Nella medesima circostanza, il vescovo d'Assisi si trovava al santuario di San Michele sul monte Gargano: il beato Francesco gli apparve, tutto lieto, nel momento del suo transito e gli disse che stava lasciando il mondo per passare gioiosamente in cielo.

Al mattino, il vescovo, alzatosi, raccontò ai compagni quanto aveva visto e, ritornato ad Assisi indagò sollecitamente e riscontrò con certezza che il beato Padre era uscito da questa vita nel momento in cui glielo aveva notificato per visione.

Lezione VII

[1391] L'immensa bontà del cielo si è degnata, poi, di mostrare con molti prodigi e miracoli, anche dopo la sua morte, quanto sia stata eccelsa la santità di quest'uomo preclaro.

Per l'invocazione di lui e per i suoi meriti, la onnipotente virtù di Dio restituì la vista ai ciechi, l'udito ai sordi, la parola ai muti, la giusta andatura agli zoppi, la sensibilità e il moto ai paralitici; inoltre ridonò la piena efficienza fisica alle membra paralizzate, rattrappite e rotte; potentemente sottrasse dal carcere i rinchiusi, ai naufraghi concesse il porto della salvezza, un parto felice alle gestanti in pericolo, e cacciò i demoni dal corpo degli ossessi, finalmente restituì a mondezza e salute chi era afflitto da perdite di sangue e da lebbra, integrità perfetta a chi era stato mortalmente ferito e, cosa maggiore di tutte, i morti alla vita.

Lezione VIII

[1392] Continuano, per opera sua, in grande abbondanza, nelle varie parti del mondo, i benefici di Dio, come ho provato anch'io, che ho descritto i fatti antecedenti, per esperienza diretta, in me stesso.

Mia madre, infatti, quando io ero ancora fanciullino, fece voto per me a san Francesco, perché ero malato molto gravemente: ed io fui strappato dalle fauci stesse della morte e restituito, sano e salvo, nel vigore della vita.

Siccome ho ben vivo questo fatto nella memoria, ora lo proclamo e ne do testimonianza veritiera: non voglio essere rimproverato come ingrato, se taccio un beneficio così grande.

Accetta, dunque, o padre beato, il mio ringraziamento, per quanto scarno e inadeguato ai tuoi meriti e ai tuoi benefici, e, accogliendo i nostri desideri, scusa le nostre colpe; libera i tuoi fedeli devoti dai mali presenti e fa che raggiungano i beni sempiterni.

Lezione IX

[1393] Concludiamo il discorso con una specie di ricapitolazione sommaria.

Chiunque ha letto fino in fondo le pagine precedenti, rifletta su questa considerazione conclusiva: la conversione avvenuta in modo ammirabile, l'efficacia nel proclamare la Parola di Dio, il privilegio delle virtù sublimi, lo spirito di profezia unito alla penetrazione delle Scritture, l'obbedienza da parte delle creature prive di ragione, l'impressione delle sacre stimmate e il celebre transito da questo mondo al cielo, sono, in Francesco, sette luminose testimonianze che dimostrano e garantiscono a tutto il mondo che egli, preclaro araldo di Cristo, porta in se stesso il sigillo del Dio vivente e, perciò, è degno di venerazione per la missione ricevuta, ci propone una dottrina autentica, è ammirevole nella santità.

Con sicurezza, dunque, seguano Lui coloro che escono dall'Egitto: le acque del mare verranno divise dal bastone della croce di Cristo; essi passeranno il deserto e, attraversato il Giordano della vita mortale, per la meravigliosa potenza della Croce stessa, entreranno nella terra promessa dei viventi.

Là, per i buoni uffici del beato padre, ci introduca Gesù, inclito salvatore e nostra guida.

A Lui, in Trinità perfetta con il Padre e con lo Spirito Santo, ogni lode, onore e gloria nei secoli dei secoli.

Amen.

Fine della vita breve del Beato Francesco

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