Leggenda dei tre compagni

Capitolo II

Della sua prigionia in Perugia

Delle sue visioni che ebbe quando voleva farsi cavaliere

[1398] 4. Tra Perugia e Assisi si erano riaccese le ostilità, durante le quali Francesco fu catturato con molti suoi concittadini e condotto prigioniero a Perugia

Essendo signorile di maniere, lo chiusero in carcere insieme con i nobili.

Una volta, mentre i compagni di detenzione si abbandonavano all'avvilimento, lui, ottimista e gioviale per natura, invece di lamentarsi, si mostrava allegro

Uno dei compagni allora gli disse che era matto a fare l'allegrone in carcere.

Francesco ribatté con voce vibrata: "Secondo voi, che cosa diventerò io nella vita?

Sappiate che sarò adorato in tutto il mondo".

Un cavaliere del suo gruppo fece ingiuria a uno dei compagni di prigionia; per questo, gli altri lo isolarono

Soltanto Francesco continuò a essergli amico, esortando tutti a fare altrettanto.

Dopo un anno, tra Perugia e Assisi fu conclusa la pace, e Francesco rimpatriò insieme ai compagni di prigionia.

[1399] 5. Passarono degli anni.

Un nobile assisano, desideroso di soldi e di gloria, prese le armi per andare a combattere in Puglia.

Venuto a sapere la cosa, Francesco è preso a sua volta dalla sete di avventura.

Così, per essere creato cavaliere da un certo conte Gentile, prepara un corredo di panni preziosi; poiché, se era meno ricco di quel concittadino, era però più largo di lui nello spendere.

Una notte, dopo essersi impegnato anima e corpo nell'eseguire il suo progetto, e bruciava dal desiderio di mettersi in marcia, fu visitato dal Signore, che volle entusiasmarlo e sedurlo, sapendolo così bramoso di gloria, appunto con una visione fastosa

Stava dormendo quando gli apparve uno che, chiamatolo per nome, lo condusse in uno splendido solenne palazzo, in cui spiccavano, appese alle pareti, armature da cavaliere, splendenti scudi e simili oggetti di guerra

Francesco, incantato, pieno di felicità e di stupore, domandò a chi appartenessero quelle anni fulgenti e quel palazzo meraviglioso

Gli fu risposto che tutto quell'apparato insieme al palazzo era proprietà sua e dei suoi cavalieri

Svegliatosi, s'alzò quel mattino pieno di entusiasmo

Interpretando il sogno secondo criteri mondani ( egli non aveva ancora gustato pienamente lo spirito di Dio ), immaginava che sarebbe diventato un principe

Così, prendendo la cosa come presagio di eccezionale fortuna, delibera di partire verso la Puglia, per esser creato cavaliere da quel conte

Era più raggiante del solito e, a molti che se ne mostravano sorpresi e chiedevano donde gli venisse tanta allegria, rispondeva: " Ho la certezza che diventerò un grande principe"

[1400] 6. Francesco aveva dato una prova sorprendente di cortesia e nobiltà d'animo il giorno precedente a quella visione, e possiamo credere che sia stato quel gesto a meritargliela

Quel giorno infatti aveva donato a un cavaliere decaduto tutti gli indumenti, sgargianti e di gran prezzo, che si era appena fatto fare.

[1401] Messosi dunque in cammino, giunse fino a Spoleto e qui cominciò a non sentirsi bene.

Tuttavia, preoccupato del suo viaggio, mentre riposava, nel dormiveglia intese una voce interrogarlo dove fosse diretto

Francesco gli espose il suo ambizioso progetto.

E quello: "Chi può esserti più utile: il padrone o il servo?"

Rispose: "Il padrone".

Quello riprese: "Perché dunque abbandoni il padrone per seguire il servo, e il principe per il suddito?".

Allora Francesco interrogò: "Signore, che vuoi ch' io faccia?".

Concluse la voce: "Ritorna nella tua città e là ti sarà detto cosa devi fare; poiché la visione che ti è apparsa devi interpretarla in tutt'altro senso ".

Destatosi, egli si mise a riflettere attentamente su questa rivelazione.

Mentre il sogno precedente, tutto proteso com'egli era verso il successo, lo aveva mandato quasi fuori di sé per la felicità, questa nuova visione lo obbligò a raccogliersi dentro di sé.

Attonito, pensava e ripensava così intensamente al messaggio ricevuto, che quella notte non riuscì più a chiuder occhio.

Spuntato il mattino, in gran fretta dirottò il cavallo verso Assisi, lieto ed esultante.

E aspettava che Dio, del quale aveva udito la voce, gli rivelasse la sua volontà, mostrandogli la via della salvezza.

Ormai il suo cuore era cambiato.

Non gl'importava più della spedizione in Puglia: solo bramava di conformarsi al volere divino.

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