Regola di s. Chiara

VI. Le promesse del Beato Francesco e del non avere possedimenti

[2787] Dopo che l'altissimo Padre celeste si degnò illuminare l'anima mia mediante la sua grazia perché, seguendo l'esempio e gli insegnamenti del beatissimo padre nostro Francesco, io facessi penitenza, poco tempo dopo la conversione di lui, liberamente, insieme con le mie sorelle, gli promisi obbedienza.

[2788] Il beato padre, poi, considerando che noi non temevamo nessuna povertà, fatica, tribolazione, umiliazione e disprezzo del mondo, che anzi l'avevamo in conto di grande delizia, mosso da paterno affetto, scrisse per noi la forma di vita in questo modo: "Poiché per divina ispirazione vi siete fatte figlie e ancelle dell'Altissimo sommo Re, il Padre celeste, e vi siete sposate allo Spirito Santo, scegliendo di vivere secondo la perfezione del santo Vangelo, voglio e prometto da parte mia e dei miei frati, di avere sempre di voi, come di loro, attenta cura e sollecitudine speciale".

[2789] Ciò che egli con tutta fedeltà ha adempiuto finché visse, e volle che dai frati fosse sempre adempito.

[2790] E affinché non ci allontanassimo mai dalla santissima povertà che abbracciammo, e neppure quelle che sarebbero venute dopo di noi, poco prima della sua morte di nuovo scrisse per noi la sua ultima volontà con queste parole: "Io frate Francesco piccolino, voglio seguire la vita e la povertà dell'Altissimo Signore nostro Gesù Cristo e della sua santissima Madre, e perseverare in essa sino alla fine.

E prego voi, mie signore e vi consiglio che viviate sempre in questa santissima vita e povertà.

E guardatevi molto bene dall'allontanarvi mai da essa in nessuna maniera per l'insegnamento o il consiglio di alcuno".

[2791] E come io, insieme con le mie sorelle, sono stata sempre sollecita di mantenere la santa povertà che abbiamo promesso al Signore Iddio e al beato Francesco, così le abbadesse che mi succederanno nell'ufficio e tutte le sorelle siano tenute ad osservarla inviolabilmente fino alla fine: a non accettare, cioè, né avere possedimenti o proprietà né da sé, né per mezzo di interposta persona, e neppure cosa alcuna che possa con ragione essere chiamata proprietà, se non quel tanto di terra richiesto dalla necessità, per la convenienza e l'isolamento del monastero; ma quella terra sia coltivata solo a orto per il loro sostentamento.

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