Apocalittico/a

Dizionario

1) agg. Proprio dell'apocalisse come fine del mondo

2) fig. Catastrofico, sconvolgente, spaventoso

s.m. ( f. -ca ) Persona che sostiene posizioni radicali, catastrofiche; chi è profondamente pessimista


Dal greco apocalypticós ( rivelatore, illuminante ), il termine indica l'insieme degli scritti, per lo più appartenenti alla tradizione giudaica, che contengono rivelazioni riguardanti la fine dei tempi.

Composti in periodi di tribolazione, tentano di leggere la storia alla luce della visione religiosa biblica; la storia, di conseguenza, è vista come il luogo di un conflitto drammatico tra la potenza del bene e quella del male, che comunque non sfugge alla signoria di Dio.

La modalità espositiva impiegata è quella del sogno e della visione e il linguaggio fa ampio ricorso al simbolismo naturale, animale e aritmetico, talvolta di difficile interpretazione.

I primi testi apocalittici sono contenuti nei libri biblici dei grandi profeti sorti dopo l'esilio di Babilonia ( a partire dal sec. V ): Ezechiele ( Ez 38-39 ), Isaia ( Is 24-27 e Is 34-35 ) e soprattutto Daniele, che è il testo dell'Antico Testamento più caratterizzato in questo senso.

Testi apocalittici sono presenti anche nel Nuovo Testamento; oltre all'Apocalisse di Giovanni ( v. ), molto nota è l'"apocalisse sinottica" che riporta il discorso di Gesù sulle realtà ultime ( Mc 13,1-31; Mt 24,1-44; Lc 21,5-36 ).

Molti testi apocalittici non sono entrati a far parte del canone ( v. ) biblico ( per esempio, il Libro di Enoch etiopico ).

L'apocalittica continuò a svilupparsi per alcuni secoli dell'era cristiana.

v. Apocalisse; Apocrifi

Mentre nel linguaggio moderno la parola viene collegata con qualcosa di tremendo e distruttivo, tipo fine del mondo ( film « Apocalypse Now » ), il significato originario e biblico è ben diverso.

Nel greco, « apocalisse » significa rivelazione, spiegazione, è un render manifesto.

Il libro dell'Apocalisse di Giovanni ( nella lingua inglese è detto molto meglio « Rivelazione di Giovanni » ), tutt'altro che scritto per incutere paura, aveva lo scopo di infondere coraggio ai cristiani del I secolo, perseguitati e sfiduciati, mostrando loro che Dio guida la storia umana, nonostante l'apparente assurdità di quest'ultima e l'apparente vittoria del male negli eventi.

Per far questo, il libro usa un linguaggio ( un modo di scrivere e pensare ) detto « apocalittico », tipico di un movimento giudaico del III-I secolo a.C., detto appunto « apocalittico ».

Sorta in un ambiente storico ostile al Giudaismo, l'apocalittica voleva rafforzare la fede della comunità giudaica, usando così immagini cosmiche, visioni, apparizioni, simbolismi di persone, colori, numeri ( ad es. il libro di Daniele ), in una specie di « linguaggio cifrato » che aveva lo scopo di lasciar capire la rivelazione solamente a chi aveva la chiave di lettura dei testi, ed insieme di infondere speranza nel Dio dei Padri, che guida la storia verso di se e non abbandona il suo popolo.

* * *

Questo termine è stato applicato nel XIX° secolo ad alcune opere letterarie del giudaismo e del cristianesimo.

Gli studiosi vollero considerare l'Apocalisse di Giovanni come una forma letteraria che poteva essere riconosciuta anche in altre opere giudaiche dello stesso periodo ( come il Quarto libro di Esdra e poi l'Apocalisse siriaca di Baruc etc. ).

Il termine poi è stato applicato anche ad altre opere di simile forma letteraria contenute nel canone ebraico ed è nata l'idea di una possibile corrente religioso-letteraria da chiamarsi apocalittica.

Il criterio per definire un testo " apocalisse" era fondato su elementi di forma e stile: rimanevano tra i vari testi differenze di altro genere tali e talmente grandi che non rendevano agevole collocare tutti i testi in una stessa corrente letteraria.

Possiamo semplificare in questo modo: le " apocalissi" hanno in comune un elemento, quello della " visione"; esse si fondano sulla conoscenza che un personaggio religioso ( in genere un patriarca ) acquisisce attraverso la visione - disvelamento ( apocalisse ) dell'azione divina nella storia.

Questa conoscenza viene codificata in linguaggio teologico in un libro che viene sigillato per essere aperto nei momenti bui quando la storia prende una piega difficile da decifrare.

Tutto si basa sulla convinzione fondamentale che la storia è preordinata da Dio e dunque è possibile in qualche modo prevederla se si ha un paradigma, una chiave di lettura dei tempi e nei modi.

Il visionario in realtà rivisita la scrittura, ripercorre gli oracoli profetici apprende i paradigmi dell'azione divina e acquisisce una sapienza.

Il percorso che va dalla bibbia alla teologia della storia viene raccontato nel libro in senso opposto: sotto la guida di un angelo il saggio parte dal Cielo, dove la storia viene decisa e dove il profeta viene a conoscenza dei decreti divini, quindi parte dalla teologia, per arrivare alla storia dove i ci sono continuamente eventi di rivelazione che vanno interpretati.

La "letteratura apocalittica" infatti si presenta come un tentativo di esplorare la " parola" biblica ( cioè la " promessa " divina " ) per espanderla nel tempo della storia e rappresentarne gli scenari conseguenti.

Questa era già l'attività dei profeti e delle maggiori scuole profetiche ( Isaia, Ezechiele, Zaccaria, Gioele, etc. ) che viene ripresa da alcuni sapienti ebrei e sviluppata nei secoli.

Il percorso risponde alla sentenza biblica del profeta: Am 3,7-8 In verità, il Signore non fa cosa alcuna senza aver rivelato il suo consiglio ai suoi servitori, i profeti.

Ruggisce il leone: chi mai non trema? Il Signore Dio ha parlato: chi può non profetare?

Il primo passo che si impone per una comprensione dell'apocalittica è una verifica degli scritti che la esprimono.

Anche se l'attribuzione della maggior parte dei testi al genere letterario apocalittico non presenta difficoltà, su alcuni di essi il dissenso è notevole.

In realtà non tutti gli scritti apocalittici lo sono nello stesso modo.

Ci sono inannzitutto i testi apocalittici contenuti nella Bibbia ebraica.

Il primo testo apocalittico che in ordine di tempo viene indicato come tale è il libro di Ezechiele che, specialmente nei cap. 38-39 sembra esprimere insieme con la coscienza acuta della missione profetica e l'esuberanza della forma letteraria un primo sintomo del passaggio dalla profezia all'apocalittica.

Anche il libro di Isaia contiene parti riconosciute come apocalittiche: la grande apocalisse di Isaia, comprendente i cap. 24-27 e databile dal secolo V in poi, e la piccola apocalisse di Isaia, comprendente i cap. 34-35, di datazione più recente.

Troviamo poi, sempre seguendo un probabile ordine cronologico, il Secondo Zaccaria ( Zc 9-14 ), da collocarsi dopo l'esilio, e il libro di Daniele, che più di ogni altro scritto dell'AT presenta le caratteristiche letterarie dell'apocalittica.

I cristiani dei primi secoli fecero largo uso della letteratura apocalittica, utilizzandola nella propria catechesi talvolta alla pari degli stessi testi biblici, come fa la Lettera di Giuda proprio con il Libro di Enoc, e spesso reinterpretandola a loro favore:

Gd 14-15 Profetò anche per loro Enoch, settimo dopo Adamo, dicendo: « Ecco, il Signore è venuto con le sue miriadi di angeli per far il giudizio contro tutti, e per convincere tutti gli empi di tutte le opere di empietà che hanno commesso e di tutti gli insulti che peccatori empi hanno pronunziato contro di lui ».

Fino al 1976 le caratteristiche letterarie comuni ai testi allora conosciuti permettevano di delineare un quadro sufficientemente completo: il Libro di Daniele - composto probabilmente tra il 167 e il 163 a.C - era considerato l'opera fondante della letteratura apocalittica giudaica post-biblica e tutto faceva ritenere come data probabile del suo affermarsi l'inizio del II secolo d.C.

Nel 1976 però sono stati individuati, tra le opere rinvenute a Qumran, frammenti in aramaico di un testo noto come Enoc Etiopico che oggi è considerato una delle più importanti opere della apocalittica giudaica.

Il testo non compare nel canone del giudaismo contemporaneo, nè in quello del cristianesimo cattolico, ortodosso e protestante ma fa parte del canone della Chiesa cristiana Copta ( oggi ancora in Egitto, Etiopia, Eritrea, etc. )

Uno dei frammenti aramaici di questo libro risale al III sec. a.C. e un altro alla prima metà del II sec. a.C. ; una parte perciò è anteriore al II sec. a.C.

Questa datazione ha richiesto una reinterpretazione di tutti i dati riguardanti la cosidetta " letteratura apocalittica".

In base ai testi conosciuti fino ad oggi, alcuni studiosi riconoscono una " scuola apocalittica" che si sviluppa dal II sec a.C. al II d.C. e che definiscono " scuola Enochica" in quanto i testi sono riferiti sempre alle visioni del patriarca Enoch.

Libro dei segreti di Enoch

[1] In quel tempo, disse Enoc, quando ebbi compiuto 365 anni,

[2] nel primo mese, nel giorno solenne del primo mese, ero solo nella mia casa:

[3] piangevo e mi affliggevo con i miei occhi. Mentre riposavo nel mio letto dormendo,

[4] mi apparvero due uomini grandissimi come mai ne avevo visti sulla terra.

[5] Il loro viso ( era ) come sole che luce, i loro occhi come lampade ardenti, dalle loro bocche usciva un fuoco, i loro vestiti una diffusione di piume, e le loro braccia come ali d'oro, al capezzale del mio letto. Mi chiamarono col mio nome.

[6] Io mi levai dal mio sonno e gli uomini stavano presso di me realmente.

[7] Io mi affrettai, mi alzai e mi inchinai loro; il mio viso si coprì di brina per il terrore.

[8] Gli uomini mi dissero: "Coraggio, Enoc, non avere paura. Il Signore eterno ci ha mandati da te ed ecco, tu oggi sali con noi al cielo.

[9] Dì ai tuoi figli e alle genti della tua casa tutto quello che faranno sulla terra e che nella tua casa nessuno ti cerchi, finché il Signore ti abbia fatto ritornare da loro".

[10] Obbedii loro e andai. Chiamai i miei figli Matusalemme e Rigim e raccontai loro tutto ciò che i due uomini mi avevano detto.

Le opere apocalittiche sono datate oggi dal IV sec. a.C. fino al II sec. d.C. e sono giunte fino a noi sia in lingua originale che tradotte.

Sono opere che spesso esprimono teologie diverse che si scontrano e a volte si compenetrano e che registrano influssi delle culture vicine soprattutto di quelle egiziana e di quelle mesopotamiche.

Rimangono aperte tante questioni che richiederanno ancora molti anni di studio.

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Letteratura apocalittica

Genere letterario ben determinato; comprende gli apocrifi "profetici" del Vecchio Testamento ( II sec. a. C. - II sec. d. C. ).

Essi, a differenza degli apocrifi "storici e didattici", pur dipendendo e derivando, quanto a materia e a forma, dai libri profetici del Vecchio Testamento, se ne allontanano e distinguono, sì da creare un genere a parte.

Il termine "apocalisse" = "manifestazione", "rivelazione" ( Ap 1,1, riservato nel canone biblico all'unica rivelazione-profezia" di s. Giovanni, è dato ormai dal sec. scorso, agli scritti del genere suddetto, per il loro contenuto; termine che molti di essi dopo il 50 d. C. portano come titolo.

È meglio, per chiarezza, parlare di apocalittica, o genere apocalittico; trattandosi in realtà di una semplice finzione letteraria, di sedicenti vaticini posteriori agli eventi, che non meritano maggior credito ad es. degli oracoli sibillini.

È meglio pertanto evitare la mimetizzazione, sia pure verbale, che fa parlare di "apocalisse sinottica" ( Mt 24 ecc. ), o "apocalisse di Daniele" mentre abbiamo in essi unicamente una vera profezia, anche se nella forma vi sono alcuni degli elementi ( immagini grandiose, simboli ecc. ), sfruttati ed esagerati dall'apocalittica.

Questa sorge nel II sec. a. C.

Il rinato Israele attraversa il periodo più burrascoso.

L'ellenismo che ha conquistato e pervaso tutte le regioni del grande impero di Alessandro si accanisce con tutte le sue attrattive e risorse contro il Iahwismo, che ha il suo focolare a Gerusalemme nel Tempio risorto.

I Seleucidi, a partire da Antioco IV ( v.; 168-164 a. C. ), tentano soffocare sanguinosamente il Iahwismo mentre i molti traditori, anche tra i sacerdoti e sommi sacerdoti, diventano loro odiosi strumenti ( cf. I-II Mach. ).

Condizioni tragiche che si ripeteranno sotto romani ( dal 63 a. C. in poi ), fino alla rovina di Gerusalemme ( 70 d. C. ).

Pii e zelanti iahwisti sentirono il bisogno di rincuorare i propri connazionali, risolvendo le forti antimonie tra le promesse divine per il nuovo Israele ( v. Isaia, 2a parte, Gioele, Aggeo ecc. ) e la dura oppressione, il miserevole stato presente; tra la Provvidenza e le sciagure nazionali.

« L'apocalittica nasce per giustificare le vie della Provvidenza; alimentare la fierezza giudaica, scossa dalle prove, orientandola alle aurore future » ( A. Romeo ).

Tutto il presente era stato "rivelato" e si svolge secondo il disegno divino; ma Dio ha anche "rivelato" il suo prossimo intervento.

« Presto Dio visiterà ed esalterà il suo popolo; tutte le gloriose promesse si compiranno ... ; Israele sarà liberato e vendicato; guidato da Iahweh e dal suo Messia, si satollerà nella pace e nell'abbondanza; le 12 tribù ritorneranno, per imperare sulle genti domate e calpestate » ( A. Romeo ).

Sostanzialmente è il tema profetico del "giorno del Signore": di condanna per le genti e per gli iniqui, e di salvezza per Israele.

Ma tutto è ristretto al campo visivo nazionalistico e temporale, almeno prevalentemente se non esclusivamente ( v. Messia ).

Questo tema essenziale è inglobato in una congerie di temi vari e molteplici, riguardanti il passato e il presente, anch'essi "rivelati", per dare così maggior credito al resto.

Formazione del mondo materiale, creazione degli angeli, loro caduta, diluvio;

costituzione dei cieli;

differenti categorie angeliche;

segreti astronomici e cosmogonici;

il soggiorno delle anime dopo la morte;

la prigionia degli angeli cattivi ecc.;

e, per il tema centrale: intervento onnipotente di Dio, descritto plasticamente e nei dettagli, ultima lotta dei nemici contro Israele, vittoria finale dei giusti, la nuova Gerusalemme, la risurrezione, la sorte finale dei giusti e degli empi.

Le preoccupazioni per il futuro tengono un posto preponderante; ma non si può ridurre l'apocalittica all'escatologia; l'apocalittica è molto più vasta ( J. B. Frey ).

Non potendo presentarsi come profeti ( l'epoca dei quali era considerata chiusa da tempo: 1 Mac 4,46; 1 Mac 9,27 ), gli autori usando di un processo letterario non ignoto, ad es. ai pitagorici, si nascondono sotto i nomi di patriarchi e di grandi profeti; presentano i loro scritti come "rivelazioni" antiche, fino allora nascoste ( esoterismo ), e lasciate per i posteri da Adamo, Enoch ( specialmente, data la creduta sua assunzione, ancor vivo, in cielo ), Mosè, Elia ( come per Enoch ), Esdra ( il grande restauratore del nuovo Israele ), ecc.

L'autore finge che Enoch, ad es., riceva da un angelo ( talvolta mentre lo accompagna attraverso il soggiorno dei beati ) le notizie che consegna quindi per iscritto ( pseudonimia ).

In tal modo anche il passato e il presente, non sono presentati come narrazione storica, ma come "rivelazione", per il futuro comunicata al patriarca o all'antico profeta, ordinariamente in "visione"; e vengono descritti con la terminologia indeterminata, vaga, propria di siffatte visioni, con l'uso, anzi l'abuso di simboli, in modo da poter annunziare con la stessa indeterminatezza e oscurità l'imminente futuro.

Il lettore, dall'adempimento di quanto si riferiva al passato e al presente, era animato ad attendere con ferma fiducia la realizzazione delle promesse straordinarie di liberazione e di trionfo, per l'immediato futuro.

Si tratta di composizioni studiate, da tavolino; frutto di erudizione libraria; ricuciture di motivi e di immagini, presi per lo più dai libri profetici ( Ez 1, Ez 38-48; Zc; Dn 2,7-8,11-12 ), ma ingranditi, esagerati, da una fantasia accesa, fino alla mostruosità, e al ridicolo.

I simboli, brevi, efficaci, applicati con chiarezza, nei libri profetici, nell'apocalittica mancano molto spesso di tutte queste doti; come le allegorie e le altre immagini, essi sono oscuri, stancano per la loro continuità e inviluppo, talvolta, per il cattivo gusto nella scelta, nel realismo estremo e nella illogicità.

La fantasia sta al posto della ispirazione divina e del talento poetico.

« L'apocalittica sminuzza e romanza le profezie, con quella sottigliezza gretta ed ermetica che sfocerà nella speculazione cabalistica » ( A. Romeo ).

L'apocalittica è alla profezia ciò che la Misnah è alla Torah ( A. Sabatier ).

« Il veggente vuol essere sublime, giacché il suo soggetto lo esige; ed è spesso soltanto enfatico ed erudito; nel suo stile c'è tutto fuor che naturalezza e semplicità.

L'autore è sincero ed efficace solo quando in lui affiora l'uomo, con le passioni del tempo; l'odio spesso atroce contro i Gentili; una ardente simpatia per Israele, l'ansietà di una fede che vuol restare incrollabile ) ( M. J. Lagrange ).

Il migliore, quanto a stile, è il IV Esd. Mentre il profeta colpisce per il suo realismo e snuda, talvolta con rudezza.

le piaghe collettive e individuali, facèndo convergere presente, passato e lo stesso futuro, ad una lezione efficace, ad una esortazione pressante per la effettiva e pratica mutazione della condotta morale dei suoi contemporanei, l'apocalittica sfuma nella morbosa attesa della rivoluzione e della liberazione future; è una visione estatica, un monologo, quasi librato in aria.

L'apocalittica nata al II sec. a. C., sviluppata si ed accresciuta nei due secoli successivi, esercitò un enorme influsso.

Ad essa si deve, per la maggior parte, la formazione progressiva del più acceso nazionalismo, che sfocerà nella ribellione all'impero romano.

Da essa si diffonde l'abbassamento delle visuali universalistiche e spirituali dei profeti in ordine alla salvezza messianica; e si spiega la cieca fiducia dei Giudei per straordinarie rivincite nazionali vaticinate da falsi-messia e pseudo-profeti.

Non si è riusciti a identificare la cerchia giudaica da cui l'apocalittica sorse.

Probabile vien considerata l'attribuzione di molte "apocalissi" agli Esseni ( v. ).

Per il loro elenco v. Apocrifi.

Tolta la dipendenza letteraria di Iud. 14 s. ( v. Giuda, lettera ), non ricorre nel Nuovo Testamento, alcuna citazione o allusione all'apocalittica « Innegabile è invece l'influsso dell'apocalittica giudaica sugli scrittori cristiani di escatologia: da essa derivano il millenarismo di Papia, Ippolito ed altri » ( A. Romeo ), l'atteso ritorno di Enoch e di Elia alla fine del mondo, il mitigamento delle pene per i dannati, ecc.

Il genere letterario ebbe molti imitatori cristiani.

Le numerose apocalissi degli gnostici sono andate perdute.

Rimangono, tra le più antiche, l'apocalisse di Pietro; di Paolo; della B. Vergine ( v. Apocrifi ).

Ma tutto dà un altro suono.

Vi troviamo le visioni, i viaggi e le descrizioni dell'al di là, ma con lo scopo, abituale agli altri apocrifi, di soddisfare la pia curiosità e con intendimenti didattici e preoccupazioni parenetiche.

« Lo schema apocalittico sopravvivrà nel medioevo vivificato dalla fede e dall'arte » ( A. Romeo ).

La letteratura "apocalittica" contemporanea,

si dispone secondo la linea della sua maggiore o minore fedeltà alla profondità originaria del concetto di apocalisse.

C'è una letteratura apocalittica secolarizzata e intrisa di fantascienza, di mitologismo anglosassone a buon mercato, di esoterismo e di occultismo, che fiorisce abbondante nelle lande del New Age e di tutta la paccottiglia filmico-libraria di medio-bassa caratura, e che non è qui il caso di prendere in esame.

E c'è invece una letteratura profondamente immersa nell'inquietudine apocalittica misurata sulla verticalità delle domande spirituali di fondo, che merita considerazione, a vari livelli di profondità e perciò di interesse.

Anzitutto gli apocalittici "desolati", che uniscono all'interesse per la previsione scientifico-sociologica una visione psicologica e valoriale dell'uomo fondata su basi essenzialmente positivistiche, che non suggeriscono speranza.

Ai romanzi di H.G. Wells si uniscono, a Novecento inoltrato, il Brave New World ( bisognerebbe tradurre Il bel mondo nuovo ) di A. Huxley, apocalisse negativa di una società automatizzata fino alla meccanizzazione umana, e il famoso 1984 di G. Orwell, con la sua tragica previsione di un mondo totalmente assoggettato al "Grande Fratello": quanto lo sia effettivamente oggi, nelle forme ancor più degradate che tutti conosciamo, lo decida il lettore.

A questo romanzo si accosta, precorritore ( 1924 ), il Noi di E. Zamajatin, che tra fanta-società e satira del sistema sovietico disegna il grottesco destino di un'umanità in preda al suo "Benefattore".

A lato di questa apocalittica desolata o ironica sta la grande ingegnosità combinatoria e fantastico-surreale dell'ultima produzione di Italo Calvino, da Le cosmicomiche a Se una notte d'inverno un viaggiatore, esplorazioni acute e inapparentemente trepidanti di universi alternativi, astratti ma verosimili e compossibili, nel segno di una profonda perplessità sul destino o sui destini dell'uomo.

Se i racconti fantastici di J.L. Borges si possono ricollegare alla letteratura apocalittica, va detto però che ciò che li compone e scompone, con le arti di un'intelligenza demiurgica, è un interesse "metafisico" sui miti umani che sempre muovono le esistenze individuali e collettive.

Più semplice e lineare l'utopismo apocalittico sospeso e disilluso del nostro G. Morselli, nei cui romanzi la magica fine, o la scomparsa, della società attuale, suggerisce amari consuntivi ( come nel migliore racconto, Dissipatio H.G. ).

Con C.S. Lewis, J.R.R. Tolkien, e, a un livello artisticamente minore ma criticamente assai acuto R. Benson, siamo molto più vicini al senso cristiano dell'apocalisse: le avventure galattiche del primo, Il signore degli Anelli del secondo, Il padrone del mondo del terzo, parlano con scoperta potenza metaforica di bene e di male, di salvezza e di perdizione, scoperchiati nel presente e sanzionati nel futuro ultimo.

A livello, infine, di ottimale penetrazione e rappresentazione dell'apocalittica "quotidiana" e "ultima" rese parallele, intercomunicanti e convergenti,

sta l'alta produzione letteraria di E. Ionesco e di S. Beckett ( basta citare, per il primo, La cantatrice calva e Il rinoceronte, per il secondo, Aspettando Godot e Finale di partita );

e l'altissima di F. Dostoevskij, nei Demoni ma soprattutto nelle Memorie del sottosuolo, grandiosa diagnosi-profezia del ribelle-impotente uomo contemporaneo;

e di F. Kafka, che nelle sue grandi narrazioni della funebre entropia in cui cade la società de-spiritualizzata ( Il processo, Il castello, La metamorfosi, Nella colonia penale, ecc.), affresca, come un maestro trecentesco in un camposanto, la sequenza macabra di una "civiltà" che al mistero ha sostituito, dice Kafka per i nostri tempi, le "istruzioni per l'uso".

Un'ultima parola per il grande regista russo A. Tarkovskij che nei film ( Solaris, Stalker, Sacrificio ) e nei bellissimi racconti cinematografici di film eseguiti e non, scopre apocalitticamente cos'è l'uomo contemporaneo senza Dio e alla sua ricerca

Apocalissi apocrife

Scritti di genere apocalittico che, imitando l'Apocalisse canonica di san Giovanni, vennero attribuiti a diversi apostoli.

Il loro numero fu ridotto e fu riconosciuta l'esistenza solo delle seguenti:

1. Apocalisse di Pietro:

- redatta fra il 125 e il 150 e considerata da alcuni autori, come Clemente di Alessandria, un libro canonico, benché egli specificasse che " qualcuno di noi non vuole che sia letta in chiesa "-, fu inclusa nel Frammento Muratoriano e venne comunque utilizzata nel V secolo durante la liturgia del Venerdì Santo in alcune chiese della Palestina.

Il testo completo fu scoperto nel 1910 in una traduzione etiopica.

2. Apocalisse di Paolo:

- scritta in greco fra il 240 e il 250, quasi sicuramente in Egitto, il che ne spiegherebbe la conoscenza da parte di Origene -.

Non ci è giunta la versione originale bensì una revisione del testo greco realizzata alla fine del IV secolo.

Sembrerebbe che voglia narrare le visioni di Paolo delle quali abbiamo notizia in 2 Cor 12,2.

Nella descrizione dei condannati all'inferno vengono nominati diversi membri del clero e vi si dice, inoltre, che di domenica le pene vengono mitigate.

Questi due aspetti vennero raccolti da illustri autori medioevali come Dante.

3. Apocalisse di Stefano:

- non ne sappiamo nulla tranne che fu condannata nel Decreto Gelasiano.

Quasten l'ha identificata con la relazione sul ritrovamento delle reliquie di santo Stefano composta dal sacerdote Lucio verso il 415, ma tale accostamento è sicuramente erroneo.

4. Apocalisse di Tommaso:

- composta alla fine del IV secolo in greco o latino, venne scoperta nel 1907 in un manoscritto di Monaco.

Il suo contenuto è di stampo gnostico-manicheo e venne utilizzato dai priscilliani.

In Inghilterra era già conosciuta prima del IX secolo.

5. Apocalisse di Giovanni:

- esistono due apocalissi apocrife attribuite all'autore di quella canonica.

La prima segue molto da vicino il testo biblico ed è incentrata sulla fine del mondo e sulla descrizione dell'Anticristo.

La seconda, pubblicata da F. Nau a partire da un manoscritto parigino, contiene un dialogo fra Giovanni e Cristo inerente alla celebrazione della domenica, al digiuno, alla liturgia e alla dottrina nella Chiesa.

6. Apocalissi della Vergine:

- sono le più tardive e sicuramente legate al periodo medievale.

In esse si narra come la Vergine abbia ricevuto rivelazioni sulle sofferenze dei condannati all'inferno e come interceda per costoro.

La sua fonte principale sembra ritrovarsi nelle leggende relative all'Assunzione.


Magistero

Catechesi Benedeto XVI 23-8-2006
le parole "apocalisse, apocalittico", evocano, anche se in modo improprio, l'idea di una catastrofe incombente