Suicidio

La soppressione intenzionale della propria vita è sempre stata condannata nella riflessione cristiana come scelta oggettivamente immorale, in quanto violazione diretta del quinto comandamento: non uccidere.

La riflessione contemporanea, grazie soprattutto allo sviluppo delle scienze sociologiche e psicologiche, ha contribuito a illuminare alcune cause profonde di questo gesto, che possono limitare la responsabilità soggettiva.

La valutazione gravemente negativa dell'atto suicida, in quanto espressione del rifiuto di Dio come signore della propria vita, deve quindi accompagnarsi alla considerazione della situazione effettiva della persona che ha compiuto l'atto disperato e di eventuali precise responsabilità sociali.

Non si deve disperare della salvezza eterna delle persone che si sono date la morte.

Dio ha vie che egli solo conosce.

La Chiesa prega per le persone che hanno attentato alla propria vita.

È l'unico caso di suicidio menzionato nell'A. T. al di fuori di quelli in cui un guerriero si dà la morte per non cadere nelle mani del nemico ( Gdc 9,54; 1 Sam 31,4s; 1 Re 16,18; 2 Mac 14,41s ) e il caso molto particolare di Sansone ( Gdc 16,28s ).

2 Sam 17,23

Concilio Ecumenico Vaticano II

Delitto e vergogna Gaudium et spes 27

Catechismo della Chiesa Cattolica

Il suicidio 2281ss
Comp. 470

Summa Teologica

  II-II, q. 64, a. 5