Meditazioni per le domeniche dell'anno

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MD 73

XX domenica dopo Pentecoste
( Gv 4,46-53 )

Non dobbiamo aspettarci che Dio compia miracoli per farci contenti

1 Un funzionario del re andò da Gesù e lo pregò di andare a casa sua per guarire suo figlio che stava per morire.

Gesù gli disse: se non vedete miracoli e prodigi, voi non credete ( Gv 4,46-48 ).

Questo brano evangelico si può applicare a molte persone che vivono in Comunità e che, in molte occasioni e forse a sproposito, vorrebbero vedere miracoli per accettare di fare il bene che è loro prescritto.

Dapprima vogliono vedere miracoli e prodigi nei Superiori ( Rm 13,1 ), per credere in loro, considerarli come tali e quindi obbedire.

Vorrebbero vederli senza difetti, altrimenti criticano le loro azioni e mormorano contro di essi; si lamentano pure affermando che per loro è facile comandare…

Sembra che esigano che i Superiori siano, per così dire, perfetti come lo era Gesù.

La causa di tali ragionamenti è che questi religiosi non obbediscono per spirito di fede e quindi considerano il Superiore come un uomo e non come ministro di Dio, che visibilmente rappresenta.

Non sono capaci di distinguere in lui due persone distinte: quella di Gesù, che è senza difetti, e di cui tiene il posto e quella di un uomo qualsiasi che può essere soggetto a molte imperfezioni.

Quando si rivolgono a lui come al loro Superiore non pensano di rivolgersi a Dio che impartisce l'ordine per mezzo del suo rappresentante.

Cercate di entrare in questi sentimenti di fede e di farli penetrare a fondo in voi, prima di presentarvi al vostro Superiore; siate fedeli a compiere atti di fede ( Rm 1,17 ) su questo argomento, in modo da arrivare ad obbedirgli come a Dio stesso.

2 Diversi altri vogliono miracoli e prodigi dai Confratelli, perché non vorrebbero alcun fastidio, la qual cosa è impossibile.

È una legge divina e, per conseguenza, un obbligo che quando diverse persone vivono insieme, si diano inevitabilmente fastidio a vicenda ( Gv 13,35 ).

Lo affermava già san Paolo: Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo ( Gal 6,2 ).

È dunque una legge di Gesù Cristo che bisogna osservare.

Sopportarsi a vicenda è un atto di carità che ognuno è obbligato a compiere verso i fratelli, se vuole conservare l'unione con essi e mostrare, col suo comportamento, che forma con essi una sola società e che partecipa alle loro sofferenze.

Deve anche convincersi che essi potrebbero farlo soffrire perché è impossibile vivere insieme senza avere qualche noia; se noi importuniamo gli altri, è giusto che accettiamo di essere importunati da loro.

È un peso che Dio ha imposto a tutti gli uomini e che li aiuta a salvarsi.

Il fardello che Gesù ci impone è però leggero ( Mt 11,30 ), perché ci aiuta a sopportare i pesi e le sofferenze di questa vita ( Mt 11,28 ) che, a prima vista, sembravano insopportabili.

Non siate dunque così insensati, poco ragionevoli e poco cristiani pretendendo di non soffrire nulla da parte dei Confratelli, perché allora sì che esigerete un miracolo dei più inauditi e dei più straordinari.

Non sperateci in nessun momento della vostra vita.

3 C'è, infine, un folto gruppo di persone che chiedono miracoli e prodigi da loro stessi.

Vorrebbero fare tutto bene e in modo irreprensibile, senza avere fastidi però.

Desiderano vivamente far contenti i Superiori; non domandano niente di meglio di essere molto uniti con gli altri fratelli; hanno un desiderio vivissimo di essere fedeli osservanti della Regola, perché sanno molto bene che essa offre loro un mezzo efficacissimo di santificazione che Dio ha messo a loro disposizione.

Ma se, per attuare questo grande progetto, debbono fare qualche rinunzia, perdono, per così dire, il fiato dopo il primo passo che fanno sulla via della perfezione.

Essi vorrebbero che Dio ve li accompagnasse senza però camminare per non stancarsi nel passare da un punto all'altro; questo sì che sarebbe un miracolo!

Ma, afferma san Paolo, è necessario passare attraverso molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio ( At 14,22 ).

Quand'egli dice: è necessario, vuol far capire che, pretendere da Dio che ci faccia entrare in Cielo senza prendere la strada giusta, è chiedergli un miracolo.

Senza aspettare miracoli, prendete la vera strada per il Cielo, che è quella della sofferenza.

Sforzatevi di entrare per la porta stretta ( Lc 13,24 ), e Gesù vi prenderà per mano e vi aiuterà a entrarvi.

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