Contro Adimanto

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21 - Antitesi: la croce oggetto di maledizione e segno di salvezza

Sta scritto nel Deuteronomio: Sia maledetto chiunque penda da un legno. ( Dt 21,23 )

Sebbene questa questione sia stata ventilata molte volte dai Manichei, tuttavia non riesco a comprendere perché Adimanto ritenga che sia in contrasto con questa affermazione quella del Vangelo, là dove il Signore dice: Se vuoi essere perfetto, vendi ciò che possiedi, dallo ai poveri, solleva la croce tua e seguimi. ( Mt 19,21; Mt 16,24 )

Eccetto che vi nomina la croce, nulla lascia supporre che sia in contrasto con l'altra affermazione: Sia maledetto chiunque penda da un legno; come se - a dire il vero - chiunque potesse sollevare una tale croce e seguire il Signore.

Quando noi seguiamo il Signore, viene sollevata quella croce di cui l'Apostolo dice: Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la propria carne con le sue passioni e i suoi desideri. ( Gal 5,24 )

Infatti per mezzo di una croce siffatta scompare l'uomo vecchio, cioè la vita vecchia che abbiamo tratto da Adamo, sicché ciò che in lui fu volontario in noi diventa naturale.

È quanto insegna l'Apostolo dicendo: Anche noi fummo un tempo per natura figli dell'ira come gli altri. ( Ef 2,3 )

Se dunque la vita vecchia è tratta da Adamo, se anche nell'espressione " uomo vecchio " viene indicata la " vita vecchia ", cosa mai vi è di contraddittorio nel fatto che venga maledetto quell'uomo vecchio che il Signore appende al legno?

Perché ha assunto su di sé la mortalità a motivo della discendenza stessa, nacque mortale dalla Vergine Maria, con una carne non peccatrice, ma tuttavia simile a quella del peccato: ( Rm 8,3 ) infatti poté morire, e la morte è una conseguenza del peccato.

Donde anche quell'altra affermazione: Sapendo bene che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui, perché fosse distrutto il corpo del peccato. ( Rm 6,6 )

Non fu dunque il Signore per bocca di Mosè, servo di Dio, ma la morte stessa, che nostro Signore assumendola ha cancellato, a meritare la maledizione.

Pertanto fu appesa al legno quella morte, che, a causa della tentazione del serpente, era penetrata nell'uomo per mezzo della donna.

Per lo stesso motivo anche Mosè nel deserto sollevò un serpente su di un legno, a simbolo della morte di lui.

E poiché mediante la fede nella croce del Signore, croce al cui legno è stata sospesa la morte, noi veniamo guariti dalle passioni mortifere, per questo stesso motivo venivano guariti immediatamente, dopo aver guardato il serpente che era conficcato e sollevato su di un legno, coloro che erano stati avvelenati dai morsi dei serpenti. ( Nm 21,9 )

A questo mistero ha fatto riferimento il Signore, dicendo: E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo. ( Gv 3,14 )

Addossandosi il genere di morte più infamante tra gli uomini, cioè la morte in croce, nostro Signore Gesù Cristo ci ha manifestato il suo amore, come giustamente afferma l'Apostolo, per infiammarci d'amore nei suoi confronti: Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della Legge, diventando lui stesso maledizione per noi.

Sta scritto infatti: maledetto chi pende dal legno. ( Gal 3,13 )

Questo perché la libertà cristiana, come la schiavitù giudaica, non solo non temesse la morte, ma non temesse anche alcun genere di morte.

22 - Osservanza servile del sabato e libertà di Cristo

Dio ordinò che fosse lapidato un uomo che era stato scoperto a raccogliere legna di sabato. ( Nm 15,35 )

Quando il Signore nel Vangelo guarì di sabato la mano inaridita di un uomo, ( Mt 12,10-13 ) compì un atto divino, non umano, e non venne meno al suo riposo perché diede un ordine ed esso fu eseguito.

Di conseguenza quest'episodio non è simile a quello dell'uomo che, essendo stato scoperto a raccogliere legna di sabato, venne lapidato per ordine di Dio.

Sulla servile osservanza del sabato e sulla punizione della morte temporale in ogni caso molte cose sono state già dette.

Come infatti nel tempo dell'amore viene fatta valere la bontà, così nel tempo del timore viene fatta valere massimamente la severità di Dio.

E poiché prima della venuta del Signore non era ancora opportuno svelare al popolo i misteri delle prefigurazioni della Legge, non veniva esortato a comprendere i significati, ma era obbligato a rispettare i comandamenti: infatti non era ancora unito a Dio nello spirito, ma sottostava alla Legge nella carne.

Mi meraviglio poi che i Manichei compiangano l'uomo lapidato per ordine di Dio, perché aveva raccolto legna contro il comandamento della Legge, e non compiangono l'albero, che non aveva agito contro alcun comandamento, seccato ad opera della parola di Cristo, ( Mt 21,1-9 ) poiché credono che l'albero abbia un'anima tale e quale all'uomo.

23 - Antitesi: fecondità fisica e continenza

Sta scritto: La tua sposa come vite coperta di foglie e i tuoi figli come virgulti d'ulivo intorno alla tua mensa, e vedrai i figli dei tuoi figli, e comprenderai perché è benedetto colui che teme il Signore. ( Sal 128,2-4 )

I Manichei non comprendono che ciò è stato detto dal profeta in senso figurato e che si riferisce alla Chiesa; credono dunque che sia in contrasto con ciò che nel Vangelo il Signore ha detto degli eunuchi che si castrano per il regno dei cieli. ( Mt 19,12 )

Ma noi abbiamo già trattato nel terzo capitolo - ed abbastanza - sia dello sposo, sia della sposa, sia degli eunuchi.

24 - Antitesi: ricchezza terrena e povertà evangelica

Salomone ha scritto: Imita la formica e guarda la sua abitudine, giacché a partire dall'estate fino all'inverno si raccoglie il proprio alimento. ( Pr 6,6-8 )

I Manichei non comprendono che anche questo passo deve essere interpretato in senso spirituale, e ritengono che sia un ordine a tesaurizzare sulla terra o anche a darsi cura dei propri granai, che, senza alcuna imposizione, molti uomini si affannano a riempire.

Per questo motivo Adimanto asserisce che quel passo sia in contrasto con un'affermazione del Vangelo, là dove il Signore dice: Non affannatevi dunque per il domani. ( Mt 6,34 )

Ma neppure in questo caso comprendono che riguarda l'esortazione a non amare i beni temporali e a non preoccuparsi che ci possa mancare l'indispensabile, e che noi serviamo Dio e gli uomini per procurarcelo.

Se dunque quelle parole fossero state pronunciate per esortare a non conservare il pane per l'indomani, le rispetterebbero di più i mendicanti romani, che chiamano " vagabondi alla giornata ", i quali, dopo aver saziato il proprio stomaco col cibo quotidiano, danno in dono quel che resta o lo buttano via, rispetto ai discepoli del Signore, i quali, andando in giro nella loro regione insieme al Signore del cielo e della terra, portavano delle borse; o rispetto all'apostolo Paolo, il quale pur disprezzando tutte le cose terrene, tuttavia disciplinava l'utilizzo di quelle indispensabili alla vita terrena, a tal punto da impartire disposizioni riguardo le vedove con queste parole: Se qualche credente ha con sé delle vedove, provveda sufficientemente a loro affinché non venga gravata la Chiesa e possa così questa venire incontro a quelle che sono veramente vedove. ( 1 Tm 5,16 )

Tuttavia quel riferimento alla formica è stato proposto affinché, come essa raccoglie d'estate ciò di cui possa cibarsi d'inverno, allo stesso modo ciascun Cristiano nei periodi tranquilli della propria esistenza, cui allude l'estate, accumuli la parola di Dio, per avere di che vivere spiritualmente nelle avversità e nelle tribolazioni, che sono indicate dalla parola " inverno ".

L'uomo infatti non vive di solo pane, ma di ogni parola di Dio. ( Dt 8,3; Mt 4,4 )

Se poi i Manichei sono turbati perché la formica nasconde sotto terra quel che raccoglie, si adirino anche per quel tesoro che il Signore dice di essere stato trovato in un campo. ( Mt 13,44 )

25 - Antitesi: sterilità fisica e vita angelica dei salvati

Sta scritto in Osea: Da' loro un grembo infecondo e un seno arido: fa' morire il seme del loro seno, affinché non partoriscano. ( Os 9,14 )

Anche queste parole del profeta hanno un significato simbolico.

Infatti i Manichei non interpretano di certo il seno in senso materiale quando leggono nel Vangelo: Fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno. ( Gv 7,38 )

Anche l'Apostolo aveva in un certo senso delle mammelle perché dice: Vi ho dato da bere latte, non un nutrimento solido; ( 1 Cor 3,2 ) ed ancora: Mi sono fatto pargolo in mezzo a voi, come una nutrice circonda di premure i propri figli. ( 1 Ts 2,7 )

E partorisce di nuovo i Galati scivolati nelle passioni carnali, finché Cristo non sia formato in essi. ( Gal 4,19 )

Perciò non contrasta con questa affermazione del profeta quanto Adimanto ha tratto dal Vangelo, che alla risurrezione dai morti non prenderanno marito, né prenderanno moglie, essi non moriranno, ma sono come Angeli di Dio. ( Mt 22,30 )

Infatti è ciò che toccherà anche agli eunuchi, dei quali parla Isaia: Io concederò un posto e un nome migliori che ai figli e alle figlie, darò loro un nome eterno. ( Is 56,5 )

Non credano dunque costoro che solamente nel Vangelo venga promesso un tale premio ai giusti: grembo infecondo, seno arido, seme isterilito affinché non partoriscano, comprendano che è riferito a coloro di cui l'Apostolo dice: Sull'esempio di Iannes e di Iambres che si opposero a Mosè, anche costoro si oppongono alla verità, uomini dalla mente corrotta, riprovevoli nella fede.

Costoro però non progrediranno oltre, perché la loro stoltezza sarà manifestata a tutti, come avvenne per quelli. ( 2 Tm 3,8-9 )

Nel momento in cui non progrediranno oltre, allora avranno grembo infecondo, seno arido, seme isterilito.

In questa frase i Manichei abbiano la compiacenza di riconoscersi come in uno specchio.

26 - Antitesi: i due alberi

Sta scritto nel profeta Amos: Se mai possa accadere che due uomini camminino insieme senza conoscersi per niente, che il leone torni senza preda dal suo cucciolo; se mai l'uccello cadrà a terra senza che vi sia un cacciatore, se mai verrà tesa una trappola senza motivo, per non catturare nulla; se mai la tromba risuonerà nella città senza che il popolo si metta in allarme, allora potrà anche succedere che capiti nella città un male che il Signore non abbia provocato. ( Am 3,3-6 )

In questo passo " male " non deve intendersi come " peccato ", ma come " punizione ".

Infatti duplice è l'accezione di " male ": una indica quello che compie l'uomo, l'altra quello che subisce: quello compiuto è " peccato ", quello subito è " punizione ".

Il profeta con le sue parole intendeva pertanto parlare delle " punizioni ".

A motivo infatti della divina provvidenza, che regola e governa tutte le cose, l'uomo compie il male che vuole in modo tale da dover subire il male che non vuole.

Costoro accusano il profeta per quanto afferma come se non avessero letto nel Vangelo: Due passeri non si vendono forse per un soldo?

Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. ( Mt 10,29 )

Dio dunque compie il male, che non è male per Dio stesso, ma per coloro che punisce.

Egli stesso, per quanto gli compete, compie il bene, perché è bene tutto ciò che è giusto, ed è giusta quella punizione.

Per questo motivo non è contraddittorio ciò che Adimanto obietta che il Signore abbia detto: L'albero buono produce frutti buoni, mentre l'albero cattivo produce frutti cattivi. ( Mt 7,17 )

Sebbene infatti l'inferno sia un male per il dannato, la giustizia di Dio tuttavia è un bene ed il frutto stesso è il prodotto di un albero buono.

Il dannato invece a causa del male dei propri peccati accumula per sé l'ira nel giorno dell'ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, che renderà a ciascuno secondo le proprie azioni. ( Rm 2,5-6 )

Del resto in modo molto lampante questi due alberi stanno ad indicare per similitudine due tipi d'uomo, cioè il giusto e l'ingiusto, poiché chi non abbia mutato la propria volontà, non può compiere il bene.

Che ciò sia nelle nostre possibilità lo insegna un altro passo evangelico, là dove il Signore dice: Se rendete un albero buono, anche il suo frutto sarà buono; se rendete un albero cattivo, anche il suo frutto sarà cattivo.

In effetti egli si rivolgeva a coloro i quali ritenevano di potere dire cose buone, pur essendo cattivi, cioè di potere produrre buoni frutti, pur essendo alberi cattivi.

Aggiunge infatti: Ipocriti, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? ( Mt 12,33-34 )

L'albero cattivo non può certamente produrre frutti buoni, ma può da cattivo diventare buono per produrre frutti buoni.

Siete stati un tempo tenebra - dice l'Apostolo - ora invece siete luce nel Signore.

È come se dicesse: Siete stati un tempo alberi cattivi e perciò non potevate allora produrre nient'altro che frutti cattivi, ora invece siete luce nel Signore, cioè ormai siete diventati alberi buoni e producete frutti buoni; lo dimostrano le parole seguenti: Comportatevi come figli della luce: infatti il frutto della luce consiste in ogni giustizia e verità; giudicate buono ciò che è gradito al Signore. ( Ef 5,8-10 )

Nel medesimo scritto evangelico Adimanto, se non lo ignorasse per la propria malafede, potrebbe rendersi conto in che senso si dica che Dio compia il male.

Il Signore infatti afferma - frase che egli stesso cita -: Ogni albero che non produce frutti buoni, viene tagliato e gettato nel fuoco. ( Mt 7,19 )

Questi sono i mali che compie Dio, cioè le punizioni per i peccatori, perché: getterà nel fuoco gli alberi che, perseverando nella loro malvagità, non hanno voluto diventare buoni, cosa che per gli alberi stessi costituisce un male.

Dio d'altra parte, come ho detto ripetutamente, non dà frutti cattivi, perché la punizione del peccato è un frutto di giustizia.

27 - Da Dio è l'origine del male?

Scrive il profeta Isaia: Io sono il Dio che procuro la pace e provoco il male. ( Is 45,7 )

Anche questo passo si spiega nel medesimo modo.

Infatti Adimanto non disapprova che Dio abbia detto procuro la pace, ma che abbia detto provoco il male.

L'apostolo Paolo in modo analogo esprime i due concetti in uno stesso passo e ancora più ampiamente: Considera dunque la bontà e la severità di Dio: severità verso quelli che sono caduti; bontà invece verso di te, a condizione che tu persista nella bontà: altrimenti anche tu verrai reciso.

Quanto a loro, se non persevereranno nella loro infedeltà, saranno anch'essi innestati.

Dio infatti ha la potenza di innestarli di nuovo. ( Rm 11,22-23 )

In queste parole dell'apostolo la bontà di Dio traspare sufficientemente, secondo quanto detto da Isaia: Io sono il Dio che procura la pace; e vi traspare la severità, secondo l'affermazione: provoco il male.

Nello stesso tempo risulta anche chiaro che noi possiamo meritare di essere innestati dalla sua bontà o di essere recisi dalla sua severità.

Non vi è dunque contraddizione tra Isaia ed il Vangelo, come ritiene, o per meglio dire ha interesse a ritenere, Adimanto, là dove il Signore dice: Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. ( Mt 5,9 )

Deve riconoscere in base alla prima parte della frase che anche Isaia sapeva che i figli di Dio sono pacifici, giacché Dio per suo tramite ha detto: Sono io che procuro la pace.

Ma siccome ha posato l'occhio sulla seconda parte per interpretarla male, sulla prima si è accecato del tutto.

Se allo stesso modo qualche altro cieco volesse dire che l'Antico Testamento è buono quando Dio dice: Io non voglio la morte del peccatore, quanto che si ravveda e viva; ( Ez 33,11 ) e che invece è cattivo il Nuovo Testamento quando Cristo dice: Andate nel fuoco eterno preparato per il diavolo e per i suoi angeli, ( Mt 25,41 ) al momento di precipitare nella fossa, per la malizia germogliata, forse che non trascinerebbe parimenti con sé tutti quelli che lo hanno seguito, incolti e ignari delle Scritture, nella cecità dell'ignoranza?

Chi invece legge con occhio devoto, trova anche nel Nuovo Testamento ciò che costoro disapprovano nell'Antico e nell'Antico ciò che apprezzano nel Nuovo.

28.1 - Come mai il profeta dice di aver visto Dio su un trono altissimo, mentre l'Apostolo definisce invisibile Dio

È scritto in Isaia: Nell'anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono altissimo; il tempio era pieno della sua gloria e attorno stavano dei Serafini, che avevano sei ali, con due coprivano la sua faccia, con due i suoi piedi. ( Is 6,1-2 )

A questo Adimanto contrappone quel passo in cui l'Apostolo dice: Al Re dei secoli invisibile onore e gloria nei secoli. ( 1 Tm 1,17 )

Bisogna chiedersi per quale motivo in questa polemica abbia ritenuto opportuno sia tralasciare, nella visione di Isaia, le due ali con le quali i Serafini volavano dicendo: Santo, Santo, Santo è il Signore Dio degli eserciti, sia non citare tutte le parole dell'Apostolo, che infatti così si esprime: Al Re dei secoli invisibile, incorruttibile, all'unico Dio onore e gloria nei secoli dei secoli.

Forse ha temuto che l'accenno alla Trinità valorizzasse agli occhi del lettore il profeta e si potesse sospettare che nelle sue parole si celasse una grande verità?

Infatti per tre volte viene detto: Santo, Santo, Santo è il Signore Dio degli eserciti.

Nelle parole dell'Apostolo invece si è reso conto che se avesse citato l'espressione a Dio incorruttibile, gli si sarebbe potuto rispondere ciò che ora diciamo: cosa mai avrebbe potuto fare il popolo delle tenebre ad un Dio incorruttibile, se si fosse rifiutato di combattere?

Se sia stato lui a leggere un testo corrotto o se per caso sia corrotto il testo stesso di Adimanto che noi leggiamo non è più il caso di discutere oltre, bisogna invece cercare di spiegare come mai il profeta dica di avere visto Dio su un trono altissimo e l'apostolo Paolo in verità definisca " invisibile " Dio.

Chiedo pertanto a costoro se le cose invisibili si possono vedere.

Se rispondono che è possibile, perché mai lanciano accuse al profeta per aver visto Dio invisibile?

Se ritengono invece che non sia possibile, accusino piuttosto, se ne hanno il coraggio, l'Apostolo stesso che dice: Infatti dalla creazione del mondo, le perfezioni invisibili di Dio possono essere contemplate dall'intelletto nelle opere da lui compiute. ( Rm 1,20 )

Egli stesso aveva detto infatti che erano invisibili ed è nuovamente lui a dire che si possono contemplare.

A questo punto non sono forse costretti ad ammettere che vi sono cose invisibili agli occhi corporei, ma che sono in verità visibili allo spirito?

Così dunque anche il profeta vide Dio, che è fisicamente invisibile, non col corpo, ma con lo spirito.

28.2 - Nelle Sacre Scritture si trovano infatti molte specie di visione.

Una è quella che avviene attraverso gli occhi corporei, come nel caso di Abramo che vide tre uomini sotto la quercia di Mambre, ( Gen 18,1 ) e di Mosè che vide una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto ( Es 3,2 ) e dei discepoli che videro il Signore trasfigurato su un monte in mezzo a Mosè ed Elia ( Mt 17,2-3 ) ed altre ancora di questo genere.

Un'altra attraverso l'immaginazione di sensazioni provate attraverso il corpo; infatti quando questa parte stessa di noi si eleva per effetto della volontà divina, molte cose vengono rivelate, non attraverso gli occhi corporei o le orecchie o qualche altro senso carnale, ma attraverso qualcosa tuttavia simile a questi, come nel caso di Pietro che vide scendere come calato dal cielo un drappo con diversi animali. ( At 11,5-6 )

Di questo tipo è anche la visione di Isaia che gli empi Manichei criticano in modo oltremodo maldestro.

Infatti non è possibile delimitare Dio con una forma corporea: ma come molte cose vengono dette in forma figurata e non propria, così molte cose vengono anche mostrate in forma figurata.

La terza specie di visione avviene attraverso una percezione dello spirito, per mezzo della quale vengono contemplate con l'intelletto la verità e la sapienza; senza quest'ultima, le altre due di cui ho detto prima o risultano infruttuose o traggono in errore.

Allorché infatti per effetto della volontà divina le cose vengono mostrate sia ai sensi corporei sia a quella parte dell'anima che percepisce le immagini delle cose corporee, allora sì che la rivelazione è perfetta quando le cose sono percepite non solo da questi sensi, ma sono concepite anche dallo spirito.

Di questa terza specie è quella visione che ho ricordato citando l'Apostolo: Infatti dalla creazione del mondo, le perfezioni invisibili di Dio possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute. ( Rm 1,20 )

Dio viene percepito mediante questa visione, quando i cuori si purificano con la pietà della fede e con la conoscenza del perfetto agire di Dio.

A che giovò al re Baldassar vedere davanti agli occhi una mano che scriveva sulla parete?

Poiché non ebbe la possibilità di associare a questa visione la facoltà visiva dello spirito, egli cercava di vedere ancora ciò che aveva visto.

Daniele dotato invece dell'acutezza di una tale luce, con la quale vengono comprese queste cose, vide con lo spirito ciò che quello aveva visto con il corpo. ( Dn 5 )

Pure il re Nabucodonosor vide un sogno con quella parte dell'animo che percepisce le immagini corporee; e siccome non possedeva l'occhio dello spirito adatto a vedere meglio ciò che aveva visto, vale a dire a comprendere ciò che aveva visto, per questo motivo fece ricorso, per interpretare il suo sogno, alla capacità visiva di un altro, ovviamente di Daniele stesso; tuttavia per dare sicuro credito alla sua interpretazione, pretese anche che il sogno stesso gli fosse raccontato.

Daniele, grazie alla rivelazione dello Spirito Santo di Dio, vide con quella parte con cui vengono percepite le immagini corporee le cose che Nabucodonosor aveva visto in sogno, e con lo spirito capì cosa significasse. ( Dn 2 )

Non è dunque un profeta del vero e sommo Dio, chi vede le visioni inviategli per volontà divina o con il solo corpo, o anche con quella parte dello spirito per mezzo della quale si percepiscono le immagini corporee, ma non vede con lo spirito.

Comunque nelle Scritture si trovano per lo più visioni presentate così come sono viste, non anche come sono comprese, affinché la visione dello spirito, nella quale risiede tutto il beneficio, sia lasciata all'esercizio dei lettori.

Ma dalle molte che sono descritte in modo chiaro ci si rivela in che modo le abbiano comprese coloro che le hanno così riportate nei libri, in che modo siano state mostrate figuratamente a loro.

Le descrizioni in forma simbolica si addicono infatti a quelle due specie di visione; alla visione dello spirito, cioè alla propria e semplice visione dell'intelligenza, compete invece la rivelazione delle cose spirituali e certe.

Tutte queste specie di visioni le provoca e le distribuisce con un piano meraviglioso ed ineffabile lo Spirito Santo della somma ed immutabile saggezza.

Ma sono dei meschini costoro ad accusare falsamente il profeta che dice di avere visto Dio, contrapponendovi le parole dell'apostolo, là dove definisce Dio invisibile.

Se un altro infatti contrapponesse a queste parole dell'apostolo quelle del Vangelo, dove il Signore dice: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio, ( Mt 5,8 ) in che modo gli risponderanno che Dio invisibile può essere visto?

Incalzano con le parole gli inesperti e temono che si sappia - sebbene essi lo sappiano - per quale motivo Dio sia detto invisibile.

Tanto grande è la perdizione degli animi, che mentre vogliono conquistare l'uomo, vengono sopraffatti dall'errore.

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