Contro Fortunato

Il giorno successivo, fatto venire di nuovo un notaio, la seduta si svolse come segue

Fortunato esclude che il male provenga da Dio

Fortunato: Dico che Dio onnipotente non ha prodotto niente di male da se stesso e che tutto ciò che è suo resta incorrotto, essendo sorto e nato da una sola sorgente inviolabile.

Quanto alle altre cose che in questo mondo si muovono in senso opposto alle precedenti, esse non derivano da Dio e non sono apparse in questo mondo per il fatto che hanno Dio come sovrano: esse cioè non è da lui che traggono origine.

Questo è dunque quanto accogliamo per fede, poiché i mali sono estranei a Dio.

20 - Per Agostino il male ha la sua origine nel peccato compiuto dalla volontà dell'uomo dotata di libero arbitrio

Agostino: E questo è quanto anche noi crediamo: Dio non è il padre dei mali e non ha fatto nessuna natura cattiva.

Ma poiché conveniamo entrambi che Dio è incorruttibile e incontaminabile, spetta ad uomini saggi e credenti stimare quale sia la fede più pura e più degna della maestà di Dio.

È quella in cui si afferma che o la potenza di Dio o qualche sua parte o la sua parola possono essere cambiate, violate, corrotte, incatenate; oppure quella in cui si dice che mai e in nessuna parte Dio onnipotente e tutta la sua natura e sostanza possono essere corrotte, ma che il male proviene dal peccato volontario dell'anima, a cui Dio ha dato il libero arbitrio?

Se Dio non avesse dato il libero arbitrio, non avrebbero potuto essere giusti né la decisione di punire, né il merito di fare il bene, né il comandamento divino di fare penitenza per i peccati e neppure lo stesso perdono dei peccati, concessoci da Dio mediante il Signore nostro Gesù Cristo.

Giacché, chi non pecca volontariamente, non pecca: questo, penso, è chiaro ed evidente a tutti.

Perciò, non c'è motivo di turbarsi se, tra le cose che Dio ha fatto, alcune sono per noi causa di molestia secondo i nostri meriti.

Come infatti ha creato tutte le cose in virtù della sua bontà, così, in virtù della sua giustizia, non lascia i peccati impuniti.

I quali peccati, come ho detto, se non ci fosse in noi la libera volontà, non sarebbero peccati.

Se, per esempio, uno, che è stato legato da un altro nelle altre membra, scrivesse con la sua mano il falso senza alcun consenso da parte sua, io ti domando: il giudice al quale la cosa fosse rivelata, potrebbe condannare quest'uomo per il crimine di falsità?

Perciò, se è evidente che non c'è il peccato dove non c'è il libero arbitrio della volontà, voglio che mi spieghi quale male l'anima, che secondo voi è una parte o una potenza o una parola o qualcosa d'altro di Dio, abbia fatto per essere punita da Dio o per pentirsi del suo peccato o per meritare il perdono, dal momento che di per se stessa non ha affatto peccato?

Per Fortunato il male esiste al di fuori di Dio, ma è Dio che lo punisce

Fortunato: Quanto alle sostanze, io ho proposto di ritenere Dio creatore soltanto delle cose buone e punitore invece di quelle cattive, dal momento che le sostanze cattive non vengono da lui.

A giusto titolo dunque penso che Dio castiga i mali, perché non vengono da lui.

D'altro canto, se venissero da lui, o darebbe licenza di peccare, in quanto, secondo te, Dio ha dato il libero arbitrio ( in questo caso ormai risulterebbe complice della mia colpa al punto che sarebbe l'autore del mio delitto ), oppure, ignorando che cosa sarei diventato, avrebbe peccato perché avrebbe creato un essere non degno di lui.

Questa dunque è la mia tesi ed ora domando se Dio ha istituito le cose cattive o no, e se lui stesso ha istituito la fine dei mali.

Infatti le cose fatte da Dio o che hanno lui come artefice, appare manifesto da loro stesse e dall'insegnamento della fede evangelica, state create e generate incorruttibili.

Questi sono gli articoli ai quali ci affidiamo, che io ho proposto e che tu puoi rafforzare in questa nostra professione di fede in modo tale, tuttavia, che non manchi l'autorità delle fede cristiana.

E poiché posso mostrare che in nessun punto io credo rettamente se non in quanto rafforzo la stessa fede con l'autorità delle Scritture, questo è dunque ciò che ho fatto intendere e che ho detto.

Ma se i mali sono apparsi nel mondo per opera di Dio, prego te stesso di dirlo; o, se, al contrario, si crede giustamente che i mali non provengono da Dio, bisogna che i presenti proseguano nella loro attenta ricerca e lo apprendano.

Ho parlato delle sostanze, non del peccato che è in noi.

Se infatti non avesse un'origine il fatto che pensiamo di compiere il male, non saremmo costretti a venire al peccato o al male.

Inseguiamo infatti la scienza delle cose perché pecchiamo contro la nostra volontà, costretti da una sostanza a noi contraria e nemica.

Avvertita da questa scienza e tornata alla memoria del passato, l'anima riconosce da chi trae la propria origine, in quale male si trova e, per converso, di quali mali emendandosi per averli fatti senza volerlo, può, attraverso l'emendazione delle sue colpe e mediante le opere buone, ottenere il merito della sua riconciliazione con Dio, artefice il nostro Salvatore, che ci insegna a fare il bene e a fuggire il male.

Ci è stato detto infatti che, non già spinto da qualche natura contraria, ma di sua spontanea volontà, l'uomo osserva la giustizia oppure si rende colpevole dei peccati.

Ma siccome non esiste nessuna progenie contraria, se nel corpo non c'è che l'anima a cui Dio creandola, come tu dici, ha dato il libero arbitrio, allora essa sarà senza peccato e non si renderà colpevole di peccato.

21 - Agostino ribadisce che il male ha per origine il peccato

Agostino: Io dico che non c'è peccato se non si pecca con la propria volontà e che c'è la ricompensa perché facciamo il bene con la nostra propria volontà.

Oppure, se si merita la pena colui che pecca suo malgrado, si deve meritare la ricompensa anche colui che fa il bene suo malgrado.

Ma chi non sa che la ricompensa non si dà se non a colui che ha fatto qualcosa con la buona volontà?

Da ciò comprendiamo che anche la pena si infligge a colui che ha fatto qualcosa con la cattiva volontà.

Ma poiché tu mi riporti alle prime nature e sostanze, la mia fede è questa: è Dio onnipotente ( e a ciò va prestata grandissima attenzione e va fissato nell'animo ), è Dio onnipotente, giusto e buono, che ha creato le cose buone.

Tuttavia le cose da lui create non possono essere così come lui le ha create.

Sarebbe ingiusto e stolto credere che le opere sono uguali al loro artefice, le cose create al loro creatore.

Perciò, se è pia fede credere che Dio ha fatto tutte le cose buone, rispetto alle quali tuttavia egli è di molto più eccellente e di gran lunga più eminente, bisogna ammettere che l'origine e il punto di partenza del male è il peccato, come dice l'Apostolo: La cupidigia è la radice di tutti i mali; e alcuni che l'hanno seguita, hanno deviato dalla fede e si sono procurati tormenti con molti dolori. ( 1 Tm 6,10 )

Se infatti tu cerchi la radice di tutti i mali, l'Apostolo ti risponde dicendo che la radice di tutti i mali è la cupidigia.

Io non posso cercare la radice della radice.

Oppure, se c'è un altro male di cui non è la radice la cupidigia, quest'ultima non sarà la radice di tutti i mali.

Se invece è vero che la cupidigia è la radice di tutti i mali, invano cerchiamo un altro genere di mali.

Quanto alla natura contraria che tiri in gioco, poiché ho già risposto alle tue obiezioni, ti prego di volermi dire, supposto che questa natura contraria costituisca la totalità del male e che il peccato non possa venire se non da essa, che essa sola deve meritare la pena, non l'anima alla quale il peccato non è imputabile.

Ma se concedi che essa sola merita la pena e non l'anima, ti domando a chi sia stata data la penitenza, che è stata ingiunta?

Se l'anima ha ricevuto l'ingiunzione di fare la penitenza, essa ha peccato e lo ha fatto con la sua propria volontà.

Infatti se l'anima è costretta a fare il male, non è essa che fa il male.

Non è allora sciocco e del tutto folle dire che è la progenie delle tenebre che ha peccato e che spetta a me di pentirmi dei peccati?

Non è completamente folle dire che è la progenie delle tenebre che ha peccato e a me è consentita la remissione dei peccati, a me che, secondo la vostra fede, potrei dire: che cosa ho fatto io, che cosa ho commesso?

Ero presso di te, ero integro, non contaminato da nessuna ignominia; tu mi hai mandato quaggiù, tu hai subito la necessità, tu ti sei preso cura dei tuoi regni, quando una grande rovina e devastazione incombevano su di essi.

Dal momento dunque che conoscevi la necessità dalla quale quaggiù sono stato oppresso senza che potessi riavermi da essa e fargli resistenza, perché mi accusi come se fossi il peccatore?

O perché mi prometti la remissione dei peccati?

Rispondi a questi interrogativi, te ne prego, senza tergiversare, come io ho risposto a te.

Fortunato: Questo noi diciamo: l'anima è costretta a peccare dalla natura contraria.

Tu vuoi che il peccato non abbia altra radice se non il male che si trova in noi, quando è evidente che, per non parlare dei nostri corpi, il male si trova in tutto il mondo.

In tutto il mondo non si trova soltanto il male che abbiamo nei nostri corpi, ma anche il male che si offre con il nome di bene: tutto ciò scaturisce dalla cattiva radice.

Secondo la tua valutazione, la radice dei mali consiste nella cupidigia, la quale si trova nei nostri corpi; ora, se la cupidigia del male non proviene dai nostri corpi, si trova nel mondo intero nata principalmente dalla natura contraria di cui ho parlato.

In effetti la cupidigia, che tu hai chiamato radice di tutti i mali, l'Apostolo l'ha denominata la radice di tutti i mali e non un solo ed unico male.

La cupidigia, che hai detto essere la radice di tutti i mali, invero non va intesa in un solo senso, come se si trovasse soltanto nei nostri corpi, essendo evidente che il male che si trova in noi discende da un altro male che ne è l'artefice e perciò questa che tu dici esserne la radice non è che una piccola porzione del male, di modo che non è essa stessa la radice, ma essa è una piccola porzione di quel male che si trova dappertutto.

E questa radice nostro Signore la chiamò anche albero cattivo, perché non porta mai buoni frutti, e non fu suo Padre a piantarla; per questo può essere a buon diritto sradicata e gettata nel fuoco. ( Mt 15,13; Mt 7,7-20; Mt 3,10 )

Tu infatti tu dici che il peccato deve essere imputato alla natura contraria.

Ma questa è proprio la natura del male.

Perciò c'è peccato dell'anima se, dopo le ammonizioni e il santo insegnamento del nostro Salvatore, l'anima si è separata dalla progenie ad essa contraria e nemica, adornandosi di cose più pure, altrimenti essa non può essere restituita alla sua sostanza.

Infatti è stato detto: Se non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero alcun peccato.

Ora però, poiché sono venuto e ho parlato loro e non hanno voluto credere in me, non hanno scusa per il loro peccato. ( Gv 15,22 )

Da ciò appare manifesto che giustamente la penitenza è stata concessa dopo l'avvento del Salvatore, e dopo la comunicazione di questa scienza delle cose con la quale l'anima, come lavata ad una sorgente divina, può liberarsi delle sozzure e dei vizi tanto del mondo intero quanto dei corpi nei quali la medesima anima si trova, e ritornare nel regno di Dio da dove è venuta.

Infatti l'Apostolo dice che i desideri della carne sono in rivolta contro Dio, perché non si sottomettono alla sua legge e neanche lo potrebbero. ( Rm 8,6 )

Da quanto detto appare chiaro che l'anima buona sembra peccare a causa della natura di colei che non è sottomessa alla legge di Dio e non di sua propria volontà.

Ne scaturisce infatti la medesima conseguenza, cioè che la carne ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne, di modo che non fate quello che vorreste. ( Gal 5,17 )

E ancora: Nelle mie membra vedo un'altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato e della morte.

Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte, se non la grazia di Dio per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo, dal quale il mondo è crocifisso per me ed io per il mondo? ( Rm 7,23-25 )

22 - Agostino mette in luce il ruolo della cattiva abitudine

Agostino: Conosco e abbraccio le testimonianze delle Sacre Scritture: esporrò in breve, con la grazia di Dio, come si accordano con la mia fede.

Dico che il libero arbitrio della volontà apparteneva all'uomo che fu formato per primo.

Egli fu creato in modo che assolutamente niente si sarebbe opposto alla sua volontà, se avesse voluto osservare i comandamenti di Dio.

Ma dopo che ha peccato con la sua libera volontà, noi, che discendiamo dalla sua progenie, siamo stati precipitati nella necessità.

Ciascuno di noi può scoprire con una piccola considerazione che questa è la verità.

Oggi infatti nelle nostre azioni, fino a che non siamo trascinati da qualche abitudine, abbiamo il libero arbitrio di fare qualcosa o di non farlo.

Ma una volta che abbiamo fatto qualcosa con questa libertà e la dolcezza e il piacere di quanto è stato fatto trattengono perniciosamente l'anima, questa si trova così presa dalla sua stessa abitudine che poi non può vincere l'ostacolo che si è costruita da se stessa con il peccato.

Vediamo molti che non vorrebbero giurare, ma poiché ormai la lingua ha contratto l'abitudine, non possono evitare che dalla loro bocca escano le parole che è impossibile negare come appartenenti alla progenie del male.

Basta infatti prendere la formula con la quale giurate per il Paracleto, e voglia il cielo che la comprendiate nel suo senso con la stessa facilità con cui ricorre nella vostra bocca.

Se dunque volete fare l'esperienza che è vero ciò che dico, proponetevi di giurare: vedrete che quell'abitudine seguirà la sua tendenza.

È questo che combatte contro l'anima, l'abitudine stabilitasi nella carne.

È essa per certo la prudenza della carne, che resta tale per tutto il tempo in cui non può essere sottomessa alla legge di Dio, ma che, una volta che l'anima è illuminata, cessa di essere prudenza della carne.

Si dice infatti che la prudenza della carne non può essere sottomessa alla legge di Dio, come se si dicesse che la neve ghiacciata non può essere calda.

In nessun modo infatti, fino a che è neve, può essere calda.

Ma come la neve si scioglie con il caldo e, in quanto cessa di essere neve, può diventare calda, così la prudenza della carne, cioè l'abitudine diventata una sola cosa con la carne, non appena la nostra mente è stata illuminata e Dio ha sottomesso a se stesso, cioè sotto l'autorità della legge divina, l'uomo intero, fa subentrare alla cattiva abitudine dell'anima una buona abitudine.

In tutta verità pertanto il Signore ha detto che quei due alberi che tu hai ricordato, quello buono e quello cattivo, hanno ciascuno i propri frutti, cioè quello buono non può dare frutti cattivi, almeno fino a che è buono, né quello cattivo può dare frutti buoni, almeno fino a che è cattivo.

Prendiamo due uomini, uno buono e uno cattivo: quello buono, fino a che è tale, non può dare frutti cattivi; quello cattivo, fino a che è tale, non può dare frutti buoni.

Ma perché tu comprenda che questi due alberi sono stati posti qui dal Signore per significare il libero arbitrio e che essi non rappresentano delle nature ma le nostre volontà, lo ha detto egli stesso nel Vangelo: O fate un albero buono o fate un albero cattivo. ( Mt 12,33 )

Chi è che può fare la natura? Se dunque ci è stato ordinato di fare o l'albero buono o l'albero cattivo, spetta a noi scegliere ciò che vogliamo.

È dunque di questo peccato dell'uomo e di questa abitudine dell'anima divenuta una sola cosa con la carne che l'Apostolo dice: Nessuno vi inganni; ( Ef 5,6 ) Tutto ciò che è stato creato da Dio è buono. ( 1 Tm 4,4 )

Il medesimo Apostolo che tu stesso hai ricordato, dice: Come per la disobbedienza di uno solo, molti saranno peccatori, così anche per l'obbedienza di uno solo, molti saranno costituiti giusti. ( Rm 5,19 )

Poiché a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la resurrezione dei morti. ( 1 Cor 15,21 )

Fino a che dunque portiamo l'immagine dell'uomo terrestre, ( 1 Cor 15,49 ) cioè fino a che viviamo secondo la carne, che è chiamata anche l'uomo vecchio, siamo sotto il potere della nostra abitudine, di modo che non facciamo ciò che vogliamo.

Una volta però che la grazia divina ci abbia ispirato l'amore di Dio e ci abbia fatto sudditi della sua volontà ( noi ai quali è stato detto: Voi siete stati chiamati alla libertà ( Gal 5,13 ) e la grazia di Dio mi ha liberato dalla legge del peccato e della morte; ( Rm 8,2 ) infatti la legge del peccato impone che chiunque ha peccato debba morire ), noi siamo liberati da questa legge, poiché abbiamo cominciato ad essere giusti.

La legge della morte è quella per la quale è stato detto all'uomo: Tu sei terra e in terra ritornerai. ( Gen 3,19 )

In effetti noi nasciamo tutti da lui in questa condizione, perché siamo terra e in terra ritorneremo per colpa del peccato del primo uomo.

In virtù invece della grazia di Dio, che ci libera dalla legge del peccato e della morte, noi siamo liberati se ci siamo convertiti alla giustizia, di modo che la medesima carne che ci ha afflitto con le pene mentre eravamo peccatori, ci sarà sottomessa nella resurrezione e non ci molesterà con nessuna avversità che ci ostacoli nell'osservare la legge di Dio e i divini precetti.

Ora, poiché io ho risposto alle tue domande, ti prego di rispondere a ciò che io desidero: come è possibile che, se esiste una natura contraria a Dio, il peccato sia imputato a noi che siamo stati inviati in questa natura non dalla nostra volontà, ma da parte di Dio stesso, a cui niente poteva nuocere?

Fortunato: È allo stesso modo che, per esempio, il Signore ha detto ai suoi discepoli: Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi. ( Mt 10,16 )

A questo riguardo si deve sapere che non è con sentimento di inimicizia che il nostro Salvatore ha voluto inviare i suoi agnelli, cioè i suoi discepoli, in mezzo ai lupi, a meno che non vi fosse una natura contraria che ponesse, alla maniera dei lupi, la sua contrarietà dove egli aveva inviato i suoi discepoli, di modo che le anime che per caso potessero essere ingannate in mezzo ai lupi, sarebbero fatte tornare alla propria sostanza.

Da qui dunque appare manifesta l'antichità dei nostri tempi che noi evochiamo e dei nostri anni terrestri: è prima della creazione del mondo che le anime sono state inviate contro la natura contraria per sottometterla con la loro passione e rendere così la vittoria a Dio.

Lo stesso Apostolo infatti ha detto che il combattimento non era soltanto contro la carne e il sangue, ma anche contro i principati e le potestà e contro gli spiriti del male e i dominatori delle tenebre. ( Ef 6,12 )

Se dunque i mali si trovano dovunque e dovunque si incontra l'iniquità, il male ormai non è solo nei nostri corpi ma in tutto il mondo, dove sembra che si trovino le anime che si trovano sotto questo cielo e vi sono avviluppate.

23 - Agostino domanda: ma è possibile nuocere a Dio?

Agostino: Il Signore ha inviato i suoi agnelli in mezzo ai lupi, cioè uomini giusti in mezzo a peccatori, per la predicazione del Vangelo, nel tempo in cui l'incomparabile Sapienza divina ha assunto la natura umana per chiamarci dal peccato alla giustizia.

Quando l'Apostolo dice che il nostro combattimento non è contro la carne e il sangue, ma contro i principati e le potestà e tutte le altre forze che hai ricordato, vuole intendere che il diavolo e i suoi angeli, come anche noi, sono caduti a causa del peccato e si sono smarriti, impadronendosi della terra, cioè dei peccatori.

Infatti, per tutto tempo in cui siamo peccatori, siamo sotto il loro giogo; come, quando saremo giusti, saremo sotto il giogo della giustizia.

È contro costoro che noi dobbiamo lottare affinché, andando verso la giustizia, ci libereremo della loro dominazione.

Dunque degnati anche tu di rispondere in breve ad una sola questione su cui ti interrogo: era possibile o no nuocere a Dio?

Ma, ti prego, rispondimi che non era possibile.

Fortunato: Non era possibile.

24. Agostino: Perché dunque, secondo la vostra fede, ci ha inviati quaggiù?

Fortunato: Questa è la mia professione: era impossibile nuocere a Dio e Dio ci ha indirizzati quaggiù.

Ma poiché ciò è contrario alla tua fede, di' tu per quale ragione l'anima, che ora il nostro Dio vuole liberare con i suoi comandamenti e con l'invio del proprio Figlio, è apparsa quaggiù?

25. Agostino: Poiché vedo che tu, non potendo rispondere alle mie questioni, vuoi porgerle a me, ecco ti do soddisfazione, purché ti ricordi che non hai risposto alle mie domande.

Ho detto non solo in precedenza, ma non so quante volte anche poco fa per quale ragione l'anima è quaggiù nel mondo, avvolta nelle miserie.

L'anima ha peccato e perciò è miserabile.

Ha ricevuto il libero arbitrio e se ne è servita come ha voluto: ha deviato, è stata esclusa dalla beatitudine, è immersa nelle miserie.

A questo scopo ti ho citato la testimonianza dell'Apostolo che dice: Come a causa di un uomo venne la morte, così a causa di un uomo verrà la resurrezione dei morti. ( 1 Cor 15,21 )

Che vuoi di più? Dunque rispondi: colui al quale era impossibile nuocere, perché ci ha inviato quaggiù?

Fortunato: Questa è la causa che bisogna ricercare: perché l'anima sia venuta quaggiù o per quale ragione Dio voglia liberare da questo mondo essa che vive in mezzo ai mali.

26 - Ancora Agostino: E se non era possibile nuocere a Dio, perché Dio ci ha inviato quaggiù?

Agostino: Questa è la causa che chiedo a te: cioè, se era impossibile nuocere a Dio, perché ci ha inviato quaggiù?

Fortunato: Mi chiedi: se il male non poteva nuocere a Dio, per quale ragione l'anima è stata inviata quaggiù o per quale ragione è stata mescolata al mondo?

Ma in proposito è chiaro ciò che dice l'Apostolo: Oserà forse dire il vaso plasmato a colui che lo plasmò: "Perché mi hai fatto così? ". ( Rm 9,20 )

Se dunque è da cercare la causa di questo evento, bisogna interrogare colui che ha indirizzato l'anima senza che vi fosse costretto da nessuna necessità.

Ma fu costretto dalla necessità ad inviare l'anima; perciò è giusto che abbia anche la volontà di liberarla.

27. Agostino: Dio dunque è incalzato dalla necessità?

Fortunato: Ormai è così. Ma di quanto è stato detto, ossia non che Dio è sottomesso alla necessità ma che ha inviato l'anima volontariamente, non farne un argomento di accusa.

28. Agostino: Riprendi ciò che hai detto in precedenza.

Fu ripetuto: " Ma se ci fu per lui la necessità di inviare l'anima, è giusto che abbia anche la volontà di liberarla ".

Agostino: E noi appunto l'abbiamo inteso così: " Ma se ci fu per lui la necessità di inviare l'anima, è giusto che abbia anche la volontà di liberarla ".

Tu dunque hai detto che per Dio ci fu la necessità di inviare l'anima.

Ma se tu vuoi parlare solamente di volontà, io aggiungo anche questo: da parte di colui al quale niente poteva nuocere, fu una volontà crudele quella di inviare l'anima in mezzo a così grandi miserie.

E poiché dico ciò allo scopo di confutarti, chiedo perdono alla misericordia di colui nel quale riponiamo la speranza della liberazione da tutti gli errori degli eretici.

Fortunato: Tu sostieni che noi diciamo che Dio è crudele quando invia l'anima quaggiù.

Sostieni inoltre che Dio ha creato l'uomo e ha soffiato dentro di lui l'anima, di cui comunque ha previsto che sarebbe piombata nella miseria e che, a causa dei mali, non potesse entrare in possesso della sua eredità.

Ora questo è dovuto o all'ignoranza o al fatto di dare l'anima ai mali sopra ricordati.

Ho richiamato ciò perché tu non molto tempo fa hai detto che Dio ha adottato l'anima, senza però che essa provenga da lui: adottare infatti è qualcosa di diverso.

29. Agostino: Della nostra adozione ricordo di aver parlato ieri secondo la testimonianza dell'Apostolo, il quale dice che siamo stati chiamati a ricevere l'adozione di figli. ( Ef 1,5 )

Non era dunque la mia risposta, ma quella dell'Apostolo.

Tale questione, relativa all'adozione, se non ti dispiace, la esamineremo un'altra volta.

Quanto al soffio dell'anima ti risponderò quando avrai risposto alle mie obiezioni.

Fortunato: Dico che il farsi avanti dell'anima fu contro la natura contraria, la quale non poteva nuocere in niente a Dio.

30. Agostino: Che bisogno c'era di questo farsi avanti, quando Dio non aveva niente da temere, dal momento che non c'era niente che potesse nuocergli?

Fortunato: È certo nella vostra coscienza che Cristo è venuto da Dio?

31. Agostino: Mi interroghi di nuovo? Rispondi alle mie domande.

Fortunato: Ho appreso dalla fede che egli è venuto quaggiù per volontà di Dio.

32 - Agostino incalza chiedendo per quale ragione Dio ha inviato l'anima quaggiù

Agostino: E io ti chiedo: Dio onnipotente, inviolabile, immutabile e al quale niente poteva nuocere, per quale ragione ha inviato l'anima in mezzo alle miserie, all'errore, a queste cose che noi soffriamo?

Fortunato: Infatti è stato scritto: Ho il potere di offrire la mia anima e il potere di riprenderla. ( Gv 10,18 )

Ora ha detto che l'anima si è fatta avanti per volontà di Dio.

33. Agostino: Ma io ti domando la causa, cioè per quale ragione, dal momento che niente poteva nuocere a Dio.

Fortunato: Abbiamo già detto che niente poteva nuocere a Dio e che l'anima si trova nella natura contraria affinché possa imporre una misura, un limite a quest'ultima.

Una volta imposto questo limite alla natura contraria Dio riprende l'anima; infatti egli stesso ha detto: Ho il potere di offrire la mia anima e il potere di riprenderla.

Il Padre mi ha conferito questo potere di offrire la mia anima e di riprenderla.

Dio dunque, che parlava così nel Figlio, a quale anima si riferiva?

È evidente che si tratta della nostra anima, che si trova in questi corpi, e della quale dice che è venuta quaggiù per sua volontà e che per sua volontà sarà ripresa.

34. Agostino: È a tutti noto perché nostro Signore ha detto: Ho il potere di offrire la mia anima e il potere di riprenderla: perché avrebbe sofferto e sarebbe risuscitato.

Ora io ti chiedo ancora una volta: se niente poteva nuocere a Dio, perché ha inviato le anime quaggiù?

Fortunato: Per imporre un limite alla natura contraria.

35. Agostino: E Dio onnipotente, misericordioso e il più eccellente di tutti gli esseri, per imporre un limite alla natura contraria, cioè per frenarla, dunque ha voluto che noi fossimo sfrenati?

Fortunato: Ma è per questo che richiama l'anima a sé.

36. Agostino: Se la richiama a sé è traendola dalla smoderatezza, dal peccato, dall'errore, dalla miseria, che bisogno c'era che l'anima sopportasse tanti mali per così lungo tempo, fino alla fine del mondo, dal momento che niente può nuocere a Dio, dal quale voi dite che è stata inviata quaggiù?

Fortunato: Che cosa dunque ti risponderò?

37 - Fortunato confessa di non essere in grado di rispondere

Agostino: Lo so che tu non hai nulla da dire, e io stesso, ogni volta che vi ho ascoltato su questa questione, non ho mai trovato una risposta.

E perciò fui indotto per ispirazione divina a lasciare questo errore e a convertirmi alla fede cattolica o, piuttosto, a ritornarvi per la benevolenza di colui stesso che non mi ha permesso di attaccarmi per sempre a questo errore.

Ma siccome confessi che non hai cosa rispondere, se lo permettono e lo desiderano, io esporrò a tutti i nostri ascoltatori e testimoni, poiché sono dei fedeli, la fede cattolica.

Fortunato: Ecco cosa ho potuto dirti senza pregiudizio per la mia professione di fede.

Alle tue obiezioni risponderò dopo che le avrò esaminate di nuovo con i miei superiori.

Se non risponderanno a questa mia domanda, che è simile a quella da te ora rivolta a me ( poiché anche io desidero che la mia anima sia liberata mediante una fede sicura ), rientrerà nella mia meditazione esaminare questa questione che tu mi offri e che prometti di chiarirmi.

Agostino: Grazie a Dio.

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