La dignità del matrimonio

Indice

Paragone tra il matrimonio dei Padri dell'Antico Testamento e il matrimonio e la continenza dei nostri giorni

13.15 - I Patriarchi si sposavano spinti dalla pietà, in obbedienza al piano divino

Infatti nella nostra età tutti quei cristiani che sono liberi dal vincolo del matrimonio e in grado di rinunciare ad ogni rapporto carnale, scorgono che ormai, come è scritto, non è il tempo di abbracciare, ma di astenersi dall'abbraccio. ( Qo 3,5 )

Quindi, dal momento che nessun dovere verso la società umana li costringe, chi di essi non preferirebbe conservare la verginità o la vedovanza piuttosto che sopportare la tribolazione della carne, senza la quale non vi può essere matrimonio, e tralasciamo altri svantaggi che l'Apostolo non menziona?

Ma quelli che si sono uniti sotto il dominio della concupiscenza, anche se più tardi la vincono, non sono più liberi di sciogliere il legame come erano liberi di non stringerlo, perché ormai essi hanno assunto i caratteri che la legge del matrimonio professa.

Cosicché rimane ad essi la possibilità di salire di comune accordo a un più alto grado di santità; oppure, se non hanno lo stesso livello spirituale, quello che è superiore si limiterà a rendere il suo debito, senza esigerlo a sua volta, serbando in ogni caso una casta e devota concordia.

Ma a quei tempi, quando il mistero della nostra salvezza era ancora velato dai simboli profetici, anche quelli che avevano raggiunto questo livello spirituale prima delle nozze stringevano matrimonio per il dovere di generare, spinti dalla pietà e non vinti dalla libidine.

Ma se essi avessero avuto questa possibilità di scelta che è stata data con la rivelazione del Nuovo Testamento, quando il Signore dice: Chi può comprendere comprenda, ( Mt 19,12 ) l'avrebbero accolta con gioia; e non ne dubita certo chi legge con la necessaria attenzione come essi si comportassero nel matrimonio.

Anche se era permesso a ciascuno di loro di avere più mogli, però le trattavano più castamente di quanto qualsiasi marito di oggi tratti l'unica che ha; infatti vediamo dove arriva l'indulgenza dell'Apostolo con costoro. ( 1 Cor 7,6 )

Essi si sposavano per il compito della generazione, non per l'infermità del desiderio, come le genti che ignorano Dio. ( 1 Ts 4,5 )

E questa è una virtù così grande, che oggi è più facile a molti astenersi per tutta la vita da ogni relazione carnale, piuttosto che osservare dopo le nozze la regola di non unirsi se non per la procreazione.

Sicuramente noi abbiamo molti fratelli e compagni dell'eredità celeste, di entrambi i sessi, che vivono casti; alcuni si sono sposati, altri sono rimasti incontaminati da ogni rapporto.

Sì, sono davvero innumerevoli.

Ma fra quelli che sono sposati o che lo sono stati, abbiamo forse udito qualcuno sostenere nei discorsi intimi di non essersi mai unito alla consorte se non sperando il concepimento?

Dunque ciò che gli Apostoli ordinano ai coniugati, questo è proprio delle nozze; ciò che invece essi concedono per indulgenza, o ciò che ostacola la preghiera, questo il matrimonio non lo comporta, ma lo tollera.

14.16 - Il desiderio di avere figli non legittima il concubinato

Ora, se per caso - ma non so se ciò possa avvenire, e propendo a credere che non possa -, se per caso dunque uno prende per un certo tempo una concubina e da questa unione temporanea non cerca altro che dei figli, neppure così quest'unione è preferibile al matrimonio, per quanto spesso siano proprio le mogli che inducono a quei peccati veniali di cui abbiamo parlato.

Infatti bisogna considerare ciò che dipende dalle nozze, non ciò che dipende da quelle che si sposano e usano in maniera sregolata delle nozze.

Se uno, dopo aver occupato in maniera ingiusta e delittuosa dei campi, li sfruttasse poi per fare del loro ricavato larghe elemosine, non giustificherebbe con questo la rapina; e se un altro si tiene stretto avaramente il campo ereditato dal padre o acquistato legalmente, non per questo deve essere incolpata la norma del diritto civile, che lo rese possessore legittimo.

E nemmeno diverrà lodevole l'illegittimità di un partito tirannico, se l'usurpatore tratta i sudditi con la clemenza di un re, né riprovevole l'ordinamento del potere regio, se il re infierisce con la crudeltà di un tiranno.

Infatti una cosa è avere intenzione di usare giustamente un'autorità illegittima, e un'altra cosa è usare ingiustamente un'autorità legittima.

Così le concubine tenute per un certo tempo, anche se limitano i loro rapporti all'unico scopo di procreare, non rendono legittimo il loro concubinato; e le donne sposate, anche se eccedono con i mariti, non mettono in colpa l'ordine matrimoniale.

14.17 - La poligamia, ora inammissibile, era nei santi Padri in armonia con i disegni divini

Che si possa realizzare un matrimonio anche fra due che si sono uniti senza le corrette intenzioni, se segue più tardi l'accordo onesto, è cosa evidente.

15. Ma il matrimonio stretto nella città del nostro Dio, dove fin dalla prima unione di due esseri umani le nozze traggono una forma di indissolubilità, in nessun modo si può sciogliere se non con la morte di uno dei due.

Infatti il vincolo delle nozze rimane, anche se per manifesta sterilità non segue la prole, per cui esso fu stipulato; cosicché anche quando ormai i coniugi sanno che non avranno figli, tuttavia non è loro consentito di separarsi e unirsi ad altri, neppure per avere figli.

E se lo fanno, commettono adulterio con quelli ai quali si sono uniti, perché essi rimangono coniugati.

Presso gli antichi Padri era del tutto lecito prendere un'altra donna con il consenso della moglie, e i figli che nascevano erano generati fisicamente dall'uno, ma appartenevano di pieno diritto anche all'altra.

Sarei avventato ad affermare che ciò sia lecito anche ora.

Infatti adesso non c'è quella necessità di propagare la prole che c'era a quei tempi, quando era consentito prendere altre mogli perfino in aggiunta a quelle feconde, per avere una più numerosa discendenza.

Una cosa del genere ora certo non è lecita.

Infatti la cosa più opportuna per fare o non fare alcunché secondo giustizia è distinguere chiaramente le circostanze: cosicché oggi agisce meglio chi non prende nessuna moglie, a meno che la continenza non sia superiore alle sue forze.

Allora invece senza alcuna colpa prendevano più mogli anche quelli che avrebbero potuto benissimo osservare la continenza, se la pietà a quel tempo non avesse richiesto altrimenti.

Ormai infatti l'uomo sapiente e giusto non desidera altro che dissolversi ed essere con Cristo; ( Fil 1,23 ) gioisce di questo scopo supremo e prende cibo non per la brama della vita temporale, ma per la doverosa preoccupazione di rimanere in vita, in quanto ciò è necessario per gli altri; allo stesso modo allora per quei santi Padri unirsi a donne secondo giuste nozze fu oggetto di dovere, non di libidine.

16.18 - I figli sono il frutto, in ogni caso onesto, dei rapporti carnali

Quello che infatti è il cibo per la conservazione dell'individuo, questo è l'unione carnale per la conservazione del genere umano; ed entrambe le cose non sono prive di piacere fisico.

Ma questo piacere regolato e disciplinato dalla temperanza secondo l'uso della natura, non può essere libidine.1

Ciò che è nel sostentare la vita un cibo illecito, questo è nella ricerca della prole un rapporto di fornicazione o di adulterio.

E ciò che è un cibo non permesso nella ghiottoneria, questo è un rapporto illecito nella libidine senza la ricerca della prole.

E all'avidità eccessiva che alcuni hanno per un cibo consentito, corrisponde nel matrimonio il rapporto non gravemente colpevole.

Come dunque è meglio morire di fame, che cibarsi di cibi sacrificali;2 così è meglio morire senza figli, che cercare discendenza da un'unione illecita.

Però in qualunque maniera questi figli vengano al mondo, se non seguono i vizi dei genitori e onorano Dio rettamente potranno essere onesti e raggiungere la salvezza.

Infatti il seme dell'uomo, da qualsiasi individuo provenga, è creazione di Dio: per chi lo usa male diverrà un male, ma non potrà mai essere un male in se stesso.

Come i figli virtuosi degli adùlteri non costituiscono affatto una giustificazione per l'adulterio; così i figli malvagi dei coniugati non costituiscono affatto una colpa per il matrimonio.

Perciò i Padri del tempo della Nuova Alleanza che prendevano cibo per doverosa preoccupazione, malgrado il naturale piacere fisico che ne potevano derivare, in nessun modo erano paragonabili a quelli che mangiavano la carne di vittime sacrificali ( 1 Cor 8,7 ) o a quelli che prendevano alimenti sia pure leciti, ma in quantità eccessiva.

Così i Padri dell'Antico Testamento compivano l'atto coniugale per la preoccupazione di compiere un dovere, ma quel piacere naturale, che mai poteva arrivare a una libidine irragionevole e colpevole, non dev'esser paragonato alla depravazione nell'adulterio o all'intemperanza nel matrimonio.

Senza dubbio, per la stessa madre nostra Gerusalemme, allora bisognava propagare la prole secondo la carne, come ora secondo lo spirito, ma la sorgente della carità era la stessa: solo la diversità dei tempi rendeva diverso il loro operare.

Allo stesso modo i Profeti, sebbene non dediti alla carne, dovevano unirsi carnalmente; e si nutrivano carnalmente gli Apostoli, senza essere carnali.

17.19 - I coniugati di oggi non sono paragonabili ai Patriarchi

Certo tutte quelle alle quali ora viene detto: Se non sono in grado di restare continenti, si sposino, ( 1 Cor 7,9 ) non sono da paragonarsi alle sante che si sposavano allora.

Senz'altro in sé le nozze presso tutti i popoli sussistono al medesimo scopo di procreare figli e, qualunque sia la natura che poi avranno, servono a farli nascere in modo regolare e onesto.

Gli uomini che non sono in grado di vivere continenti, è come se si innalzino fino alle nozze sul gradino dell'onestà; quelli invece che senza dubbio sarebbero stati in grado di vivere continenti, se le condizioni della loro età lo avessero permesso, in un certo senso si abbassarono fino alle nozze sul gradino della pietà.

Le nozze dei Padri antichi e degli uomini di oggi sono entrambe buone in ugual maniera, in quanto appunto sono nozze ed esistono allo scopo della procreazione; eppure coloro che si sposano ai nostri giorni non sono paragonabili con quelli di allora.

I coniugi di oggi, grazie alla dignità del matrimonio, hanno una possibilità che viene loro concessa per indulgenza, benché non appartenga alle nozze, cioè quella di oltrepassare eccedendo la necessità della generazione.

Ma anche se alcuni cercano di realizzare unicamente lo scopo per cui il matrimonio è stato istituito, ammesso che se ne trovino, non possono lo stesso essere messi alla pari con quelli.

In essi infatti il desiderio stesso dei figli è carnale, mentre in quelli era spirituale, perché era in armonia con il piano divino di quell'età.

Adesso senza dubbio colui che è giunto al più compiuto grado di pietà non cerca di avere figli se non spiritualmente; allora invece era opera di pietà anche generare figli carnalmente, poiché il riprodursi di quel popolo preannunciava il futuro e aveva per scopo l'attività dei profeti.

17.20 - La poliandria è contro ogni ordine naturale

Perciò, se era lecito a un uomo solo avere anche più mogli, non così era lecito a una sola donna avere più mariti, neppure per ottenere figli, nel caso che ella fosse in grado di generare e l'uomo invece no.

Infatti per una misteriosa legge di natura tutto ciò che domina ama la singolarità; ma ciò che è soggetto, non solo si può sottomettere singolo a singolo, ma, se il sistema naturale o sociale lo consente, si può avere senza disordine la sottomissione di molti a uno solo.

Infatti un servo non può avere più padroni, come invece più servi hanno un solo padrone.

Così leggiamo che nessuna di quelle donne sante furono soggette a due o più mariti viventi, ma che più mogli furono soggette a un solo marito, dal momento che quella società lo permetteva e l'interesse dell'epoca lo consigliava; e questo non è contrario alla natura delle nozze.

Infatti diverse donne possono generare da un solo uomo, ma non è possibile che una sola donna generi da diversi uomini: e questo è un principio incontrovertibile, così come giustamente molte anime sono sottomesse a un solo Dio.

Perciò, se non c'è che un solo Dio vero per le anime, un'anima sola può fornicare con molti falsi dèi, ma non esserne fecondata.

18.21 - Il sacramento del matrimonio monogamico

Ma da molte anime nascerà un'unica città popolata da coloro che hanno un'anima sola e un solo cuore in Dio; ( At 4,32 ) e questa unità sarà perfetta solo dopo la peregrinazione terrena, quando i pensieri di tutti non rimarranno più tra di loro celati né si troveranno fra loro in contraddizione.

Per questo il sacramento delle nozze ai nostri tempi è stato ridotto all'unione fra un solo uomo e una sola donna; e di conseguenza non è lecito ordinare ministro della Chiesa se non chi abbia avuto una sola moglie. ( 1 Tm 3,2; Tt 1,6 )

Alcuni sostengono che non si deve ordinare neppure chi ha avuto una seconda moglie da catecumeno o da pagano; e questi vedono senz'altro a fondo nelle parole dell'Apostolo.

Si tratta infatti di un sacramento, non di un peccato.

Effettivamente nel battesimo tutti i peccati sono rimessi, ma qui si tratta di un suggello indelebile, non di un peccato.

Ma colui che disse: Se hai preso moglie, non hai peccato; se una vergine si è sposata, non pecca, ( 1 Cor 7,28 ) e: Faccia ciò che vuole; se si sposa, non pecca, ( 1 Cor 7,36 ) rese ben chiaro che le nozze non sono un peccato.

D'altra parte, per la santità del sacramento, una donna che sia stata profanata, sia pure da catecumena, non può dopo il battesimo essere consacrata tra le vergini del Signore.

Così, si pensa giustamente, colui che ha avuto più di una moglie non ha commesso peccato, ma nei confronti del sacramento ha perduto un requisito, essenziale non per raggiungere il merito di una vita virtuosa, ma per ricevere il sigillo dell'ordinazione ecclesiastica.

E perciò, come le numerose mogli degli antichi Padri simboleggiarono le nostre future Chiese di tutte le genti soggette all'unica persona di Cristo, così la guida dei fedeli che abbia avuto una sola moglie significa l'unità di tutte le genti soggette all'unica persona di Cristo.

E questa unità sarà perfetta, quando rivelerà ciò che è occulto nelle tenebre e manifesterà i segreti del cuore, affinché allora ciascuno riceva da Dio la lode che gli è dovuta. ( 1 Cor 4,5 )

Ora ci sono contrasti sia manifesti sia latenti tra quelli che saranno uno e nell'uno, anche quando non viene meno la carità; ma allora assolutamente non ve ne saranno.

Come dunque a quel tempo il mistero del matrimonio poligamico significò la futura moltitudine soggetta a Dio presso tutte le genti terrene, così al nostro tempo il mistero del matrimonio monogamico significa la futura unità di tutti noi soggetta a Dio nell'unica città celeste.

Pertanto, come non si può essere servo di due o più padroni, così passare da un marito vivo ad un altro matrimonio non fu permesso allora, non è permesso ora, né sarà permesso mai.

Rinnegare l'unico Dio e rivolgersi all'adulterina superstizione di un altro, è sempre un male.

Quindi neppure per avere una prole più numerosa i nostri santi Padri fecero quello che fece, a quanto si racconta, il romano Catone, il quale, mentre egli stesso era ancora in vita, cedette la moglie perché procurasse discendenza anche alla famiglia di un altro.3

Nelle nostre nozze certo vale di più la santità del sacramento che la fecondità del grembo.

18.22 - Il matrimonio dei santi Padri era un bene superiore alla continenza dei giorni nostri

Fin qui abbiamo visto che oggi neppure coloro che si sposano solo per la generazione di figli, per la quale le nozze sono state istituite, si possono paragonare ai santi Padri.

Infatti questi ricercavano la prole stessa in maniera molto diversa, se è vero che Abramo, imperterrito nella sua devozione, era pronto ad immolare al comando l'unico figlio ricevuto quando ormai disperava, e solo all'ordine del Signore abbassò la mano, come all'ordine del Signore l'aveva levata. ( Gen 22,12 )

19. Ora resta da vedere se è possibile almeno il paragone tra la continenza dei nostri contemporanei e il matrimonio dei santi Padri, e se in questa potremo finalmente riconoscere una superiorità su di essi, visto che fin qui non abbiamo ancora trovato chi si possa mettere alla loro altezza.

Eppure, anche se non c'è dubbio che il bene della continenza è superiore a quello del matrimonio, nelle nozze dei Patriarchi c'era un bene superiore a quello che è proprio del legame coniugale.

Essi non desideravano figli dalle nozze per la stessa funzione che spinge l'uomo di oggi; questi infatti è indotto da quella certa disposizione della natura mortale a cercare una continuazione nella discendenza dopo la sua scomparsa.

E chiunque nega che anche questo è un bene non capisce che Dio è il creatore di tutti i beni, da quelli celesti a quelli terreni, da quelli immortali a quelli mortali.

Di questo modo di sentire la procreazione non sono del tutto prive neppure le bestie, e soprattutto gli uccelli, dei quali è evidente la premura nel costruirsi il nido e una certa somiglianza con gli sposi nel dedicarsi insieme a procreare e nutrire.

Simile propensione, che possiede un suo genere di purezza, secondo alcuni viene posta a un frutto di trenta volte tanto,4 quando vi si aggiunge la venerazione per il Signore.

Ma i santi Padri superavano questo affetto della natura mortale con un'intenzione di gran lunga più santa.

Infatti essi ricercavano la prole attraverso le nozze a causa di Cristo, per distinguere fra tutte le genti la stirpe di Lui secondo la carne.

E questa era la cosa che doveva valere più di ogni altra, come piacque a Dio di disporre, cioè il fatto che si preannunciava anche da quale stirpe e da quale popolo Egli sarebbe venuto nella carne.

Dunque le caste nozze dei nostri santi Padri avevano un bene davvero più ampio, e il padre Abramo lo riconobbe nella propria coscia, quando ordinò al servo di sottoporvi la mano, per giurare sulla sposa destinata al figlio. ( Gen 24,2-4 )

Ponendo infatti la mano sotto il femore e giurando per il Dio del cielo, che altro voleva significare se non che il Dio del cielo si sarebbe incarnato nella stirpe che traeva origine da quella coscia?

Le nozze rappresentano dunque un bene e in esse gli sposi sono tanto migliori quanto più puramente e fedelmente onorano Dio, soprattutto se nutrono anche nello spirito quei figli che desiderano nella carne.

20.23 - La legge della purificazione dopo il rapporto coniugale non dimostra che il rapporto è un peccato

È vero che la legge ordina all'uomo di purificarsi anche dopo l'unione coniugale, ma ciò non dimostra che essa è un peccato, a meno che non si tratti di quella che viene concessa per indulgenza e che talvolta trasmodando può anche ostacolare la preghiera.

Ma la legge vela molte cose nei sacramenti e nelle ombre di cose future, così nel seme quella certa materiale assenza di forma, che una volta formata svilupperà il corpo dell'uomo, rappresenta la vita bruta e rozza; e poiché bisogna che da quella informità l'uomo si purifichi con la capacità formatrice e il dirozzamento della dottrina, a far capire ciò è stata prescritta la purificazione dopo un'emissione di seme.

Infatti nel sonno essa non può costituire peccato, e tuttavia la purificazione è prescritta anche in questo caso.

Ma se qualcuno pensa che ci sia peccato anche così, perché ciò non può avvenire se non per un desiderio impuro, senza dubbio si sbaglia; forse anche le regole mensili delle donne saranno peccato?

Eppure la medesima antica legge prescrive che se ne purifichino, ( Lv 15 ) certo per la stessa materiale mancanza di forma, che, avvenuto il concepimento, si dà per così dire alla costruzione del corpo; perciò la legge, quando ordina che il flusso del corpo si purifichi, vuole significare che, mentre scorre ancora informe, l'animo non improntato dalla dottrina è sconciamente fluido e torbido e deve ricevere la propria forma.

In fine forse anche morire è peccato? Anzi, seppellire un morto non è una giusta opera di umanità?

Eppure è prescritta la purificazione anche in questo caso, ( Nm 19,11 ) perché, se un corpo morto che la vita ha abbandonato non costituisce peccato, indica però il peccato dell'anima abbandonata dalla giustizia.

20.24 - Paragone tra il matrimonio dei santi Padri e la continenza dei contemporanei

Le nozze sono un bene, io affermo, e a buon diritto si possono difendere contro tutte le calunnie.

Ora io mi domando non quale forma di matrimonio, ma quale forma di continenza si possa paragonare alle nozze dei santi Padri.

In altre parole, non bisogna confrontare nozze con nozze, perché in esse sempre il medesimo è il dono che si fa alla natura mortale dell'uomo.

Ma siccome tra coloro che fanno uso del matrimonio non trovo chi mettere all'altezza di quelli che ne fecero un uso tanto diverso, si dovrà esaminare se vi sono uomini continenti degni del paragone con i santi Padri sposati.

Altrimenti si dovrebbe sostenere che Abramo non fosse in grado di rinunciare alle nozze per il regno dei cieli, quando invece egli per il regno dei cieli poté senza esitazione immolare quell'unico pegno di discendenza per cui si hanno a caro le nozze.

Indice

1 Agostino, Retract. 2,22,2
2 Agostino, Ep. 47, 6
3 Plut., Cato min. 25
4 De s. virgin. 44, 45