Discorsi sui Santi

Indice

Nel natale dei santi martiri Scillitani

1 - La denominazione di "martiri" è data dalla lingua greca
2 - Negare Cristo è attestare il falso
3 - I martiri affermarono il vero e furono uccisi
4 - Senza Dio l'uomo non può far nulla
5 - Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno

1 - La denominazione di "martiri" è data dalla lingua greca

La ricorrenza di questa solennità esorta a parlare dei martiri di Cristo, cioè dei testimoni di Cristo, i quali non si vergognarono di confessare il nome di Cristo davanti agli uomini.

Egli che ha detto loro: Non preoccupatevi di che cosa dire, perché lo Spirito Santo vi insegnerà che cosa bisogna dire, ( Mt 10,19; Lc 12,12 ) ci conceda di esporvi quanto vi è utile.

La denominazione di "martiri" è data dalla lingua greca, in latino sono chiamati "testimoni".

Dunque, i santi martiri, i testimoni non falsi, ma veri, attestarono con il loro sangue che l'altra vita è da preferirsi a questa vita, perché ebbero la forza di non tenere in alcun conto questa vita che passa.

Avete sentito la lettura delle confessione dei martiri di cui oggi si celebra la solennità.

Poiché non riusciamo a rievocare ogni particolare, possiamo fare almeno qualche riferimento: quale fermezza di volontà ardeva in loro, che desiderio del regno dei cieli appariva nel fuoco delle parole là dove erano ascoltati, a chi si tenevano avvinti, da quale forte venivano attingendo quel che dicevano.

2 - Negare Cristo è attestare il falso

Ricorderete, carissimi, in qual modo rispose uno di loro quando il giudice definì la loro confessione di fede "una risoluzione di impostura": Risoluzione di impostura è commettere omicidio, dare falsa testimonianza.1

In questi due casi che è da intendere per "risoluzione di impostura"?

Il male certamente. Non erano infatti azioni cattive quelle di cui l'impostura chiese la risoluzione?

Tuttavia, quel martire che era stato preavvisato di non preoccuparsi di che dire perché doveva riceverlo al momento giusto dallo Spirito Santo, non invano, non senza ragione citò questi due casi.

Di essi si trattava infatti.

Per questa ragione si trovavano là.

Disse: Risoluzione di impostura è commettere omicidio, dare falsa testimonianza.

Come dire: Tu vuoi commettere un omicidio, e mi costringi a dare falsa testimonianza.

Negare Cristo è attestare il falso.

"Afferma che Cristo non è Dio e che sono dèi quelli che veneriamo".

L'una e l'altra affermazione è falsa: egli è Dio e quelli non sono dèi.

"Rinnega la tua fede".

Porta via dal cuore quel che non vuoi che io abbia sulle labbra; ma perché tu proibisci di esprimere quello che non puoi strappare dal cuore?

Il testimone verace esprime all'esterno quel che ha nell'interno.

Ho ascoltato infatti dall'Apostolo, anzi da Cristo, per mezzo dell'Apostolo: Con il cuore si crede per ottenere la giustizia, con la bocca si fa la professione di fede per avere la vita. ( Rm 10,10 )

Ma chi si fa beffe della verità, chi ama l'impostura dice: "Come si fa la professione di fede con la bocca per avere la vita?

Affermano e muoiono.

Com'è che dicono 'per avere la vita' se, affermandolo, sono messi a morte?

Se non l'affermassero, non sarebbero uccisi".

Come? Si fa la professione di fede per la vita, quella che vedevano quanti rendevano testimonianza e che non vedevano coloro che minacciavano la morte.

Il persecutore minacciava infatti che avrebbe privato della vita, ma quelli guardavano all'altra che erano per ricevere e che non avrebbero perduto mai.

Assorti in essa si mostravano forti e, accesi dal desiderio della sua bellezza, disprezzavano la vita temporale che si ha in comune con le bestie.

Una cosa è la vita in comune con gli Angeli, altra è la vita che si ha in comune con le bestie.

L'uomo è posto tra le due.

Ha di che esser simile agli Angeli.

Che ha? la mente, la ragione, l'intelletto, la sapienza.

Che ha di simile alle bestie?

Il corpo, la debolezza, il bisogno, la mortalità.

L'uomo fissi in quelle cose lo sguardo, non tenga conto di queste.

Ami quelle, disprezzi queste.

Quelle sono eterne, queste passano.

Verrà la vita, quella promessa dal Salvatore stesso, che con la sua morte ha insegnato a disprezzare questa vita e con la risurrezione ha fatto conoscere che cosa debba essere amato appassionatamente da chi non fa conto di questa.

Tutto mi si fa intendere chiaramente nel mio Signore.

Tutto mi si fa intendere chiaramente nel Verbo, che si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. ( Gv 1,14 )

Per questo appunto si degnò di incarnarsi per noi: proprio nel corpo che assunse da noi volle renderci manifesto che dover amare e che dover disprezzare; infatti il Verbo non aveva sangue da versare, non aveva infatti la morte la vita.

La Vita, dunque, era la luce degli uomini. ( Gv 1,4 )

Come, allora, il sangue, come la morte, come la passione per noi se non perché il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi? ( Gv 1,14 )

Questo ebbe di nostro dandoci beni del suo.

Sapevamo morire, non avevamo di che vivere.

Pertanto, eravamo rimasti dei poveri su questa terra.

Di chi è estremamente povero si suole dire questo: è di una povertà estrema, non ha di che vivere.

In tale stato eravamo tutti, sia poveri che ricchi eravamo così.

Infatti anche il ricco che ignora la vita eterna non ha di che vivere.

Fate attenzione: in basso noi, figli dell'uomo, in alto il Verbo, Figlio di Dio.

Noi non avevamo di che vivere, egli non aveva di che morire.

Egli in alto, il Verbo, l'unigenito Figlio di Dio, uguale al Padre, eterno come il Padre, noi in basso.

Figli degli uomini, mortali, impotenti, bisognosi, pieni di boria, avidi, tristi a ragione, lieti di illusioni, non avevamo di che vivere, né egli di che morire.

Che ha ricevuto da noi, che ci ha dato?

Ha ricevuto da noi di che morire.

Ci ha dato di che potessimo vivere.

Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.

Pur essendo Figlio di Dio, si fece Figlio dell'uomo.

Ebbe fame per nutrire, ebbe sete per appagare la sete, dormì per destare dal sonno, si stancò lungo la via per farsi ristoro degli affaticati; da ultimo, subì il disonore per rivestirci di dignità, morì per dare la vita.

3 - I martiri affermarono il vero e furono uccisi

Di questa certezza si garantivano i testimoni veraci, con gli occhi dello spirito scorgevano le ricompense che ne sarebbero derivate.

Pertanto disprezzavano tutte le cose contingenti: Vana è la salvezza dell'uomo. ( Sal 60,13 )

Perciò non restavano atterriti all'udire: "Se avrai confessato Cristo, subirai la pena", perché riflettevano che il falso testimone non andrà impunito. ( Pr 19,5 )

Gli avventurati santi affermarono il vero e furono uccisi.

E che? Se nessuno li avesse uccisi vivrebbero ancora.

Quel che poco dopo sarebbe stato effetto della malattia quanto meglio lo realizzò la testimonianza della verità.

Si risparmia la vita per far perire la vera vita.

Si risparmia la vita del tempo perché non si ottenga la vita eterna.

Comprate, voi ricchi, comprate, voi poveri.

Nessuno dica: Non ho mezzi per acquistare.

Non cerchi denaro nel proprio scrigno.

Nessuno dica: Non ho i mezzi, sono povero.

Chi dev'essere acquistato porge di che acquistare.

Ti dice: Verrò a dimorare in te, così che tu abbia di che guadagnarmi; riconosci me e mi avrai in possesso.

4 - Senza Dio l'uomo non può far nulla

I santi martiri ci concedano la loro intercessione perché non solo possiamo celebrare le loro solennità, ma ancora per giungere a imitarne la condotta di vita.

Amiamo di confessare, lodiamo le vittorie, non perdiamoci di coraggio.

Anche noi infatti siamo uomini come loro, anche noi siamo stati creati da colui che pure loro ha creato.

Attingiamo all'unica sorgente, abbiamo un solo granaio che ci nutre, ci disseta, ci dà tutto ciò di cui viviamo.

Nessuno dica: Quello ci è riuscito, io non posso.

Come gli è stato possibile?

Che avrebbe potuto se non gliene avesse data la possibilità colui che disse ai suoi: Senza di me non potete far nulla? ( Gv 15,5 )

Perciò l'Apostolo dice: Chi ci separerà dall'amore di Dio?

Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?

Come sta scritto: Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno. ( Rm 8,35 )

Che buona causa: Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno!

Perciò con frutto, perciò con esito felice, perché per causa tua. In quanto buona la causa, perciò il premio.

Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo trattati come pecore da macello. ( Sal 44,22 )

Coloro che da ogni parte venivano messi a morte ed erano immolati da uomini ignoranti, venivano pubblicamente disprezzati e, in occulto, ricevevano la ricompensa.

5 - Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno

Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno. ( Rm 8,36 )

Quale è la potenza della carità è la carità stessa a dirlo, è venuta per te dallo Spirito di Dio.

La cupidigia terrena viene dal mondo, non da Dio, pur tuttavia essa è tenace nel suo possesso.

Quanti mali subiscono gli uomini per il denaro, quante sono le circostanze pericolose!

Si affidano alle onde, alle tempeste.

Preferiscono morire pur di non vivere da poveri.

Nondimeno, trovandosi prossimi al pericolo, poiché amano la vita, fanno getto in mare.

Tutto quanto hanno con sé gettano in mare e, per vivere, gettano via di che vivere.

In quel caso la vita è cara e si preferisce al denaro ma, poiché dal viaggio in mare è scampato privo di tutto, rinfaccia a Dio: "Ecco in che condizioni mi hai ridotto; perché non mi hai sommerso in mare?".

Insensato! tanto non hai chiesto al momento del pericolo.

Ecco quante traversie soffrono gli amanti del denaro per l'oggetto del loro amore!

Altri si esauriscono nelle fatiche e vengono meno sul lavoro, altri sono trucidati dai briganti, altri naufragano tra i flutti, altri periscono di altri generi di morte.

Anch'essi possono ripetere al denaro quel che i martiri dicono alla Sapienza: Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, ( Sal 44,22 ) lo possono certamente dire con le stesse parole: Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno.

Lo dicono però [ al denaro ] che non ha orecchi.

E se potesse ascoltare, se avesse il senso dell'udito, anche se rispondesse, ti farebbe un assai duro rimprovero e ti direbbe: "Insensato!

La Sapienza può dire ai martiri: Poiché sei morto per mio amore, avrai me.

Io, invece, ti dirò: Poiché sei morto per mio amore, e perdi te e perdi me".

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1 Passio sanct. Scillitanorum (ed. J.A. Robinson), p. 114