Discorsi sui tempi Liturgici

Indice

Nei giorni di Pasqua

1 - Le due pésche miracolose suscettibili di interpretazioni diverse
2 - Le reti sono la parola di Dio, il mare è il mondo
3 - Le due barche raffigurano i chiamati dal giudaismo e dal paganesimo
4 - Mali che affliggono la Chiesa peregrinante
5 - Paglia e buon grano frammisti fino al ritorno del Signore
6 - Alla paglia è dato, se vuole, cambiarsi in frumento
7 - Nella Chiesa celeste ci saranno solo i buoni
8 - Perché centocinquantatre pesci
9 - L'eterno Alleluia dei beati
10 - Valore simbolico dei numeri 40 e 50
11 - Acrobazie per stabilire un nesso fra i numeri 40, 50 e 153
12 - Condotta da tenersi durante il periodo pasquale

1 - Le due pésche miracolose suscettibili di interpretazioni diverse

Nelle Sacre Scritture il nostro Signore Gesù Cristo, secondo il suo solito, ci mostra in modi diversi e svariati - con misteri e sacramenti - la maestà della sua natura divina e la sua misericordia nel farsi uomo.

Fa così perché coloro che chiedono ricevano, quelli che cercano trovino e a chi bussa sia aperto.

Di conseguenza, anche quello che è stato letto oggi dal santo Vangelo provoca a comprendere e, una volta che sia stato compreso, produce un godimento spirituale.

Voglia la Santità vostra fare attenzione al significato del fatto che, stando alla Sacra Scrittura, il Signore si sia manifestato ai discepoli nel modo come racconta l'Evangelista.

I discepoli andarono a pescare e durante tutta la notte non presero nulla.

Al mattino il Signore apparve loro sulla spiaggia e chiese se avessero da mangiare: al che essi risposero di no.

Disse loro: Gettate le reti a destra e troverete. ( Gv 21,6 )

Pur sembrando uno venuto a comprare, fu lui a donare, e gratuitamente, con abbondanza e donò traendo dal mare, come da un luogo da lui creato.

Grande miracolo certamente!

Gettarono prontamente le reti e presero tanto pesce che, per la quantità, non riuscivano a trarre fuori le reti.

Se però consideri chi abbia fatto un così strepitoso miracolo, non ti meraviglierai più, poiché antecedentemente ne aveva fatti molti e più grandi.

Non compì infatti una cosa straordinaria facendo catturare del pesce quando era ormai risuscitato, lui che prima della resurrezione aveva risuscitato dei morti.

Dobbiamo dunque porre sotto interrogatorio questo miracolo, per sentire quali voci faccia risuonare al nostro intimo.

Non fu infatti senza motivo se non disse genericamente: Gettate le reti, ma: Gettate a destra; come anche l'averci l'Evangelista voluto precisare il numero dei pesci e apporvi l'aggiunta: E pur essendo d'una certa mole - cioè così grandi - le reti non si squarciarono. ( Gv 21,11 )

Mediante questo racconto ci ha fatto ricordare che anche un'altra volta le reti erano state gettate al comando del Signore, quando cioè chiamò i discepoli, prima della passione.

Vi erano Pietro, Giovanni e Giacomo: gettarono le reti e presero pesci a non finire, tanto che, riempita una barca, chiesero aiuto a quelli della barca vicina, e tutte e due le barche furono colme di pesci ( così accadde prima della resurrezione ), i quali pesci erano effettivamente così numerosi che minacciavano di squarciare le reti. ( Lc 5,1-7 )

Perché in quell'occasione non ci si precisa il numero?

Perché là si parla di reti che stavano per rompersi, mentre qui nessuna rottura?

Perché, al contrario di quello che là si riferisce, che cioè non fu ordinato di gettare a destra le reti, qui si dice: Gettate a destra le reti?

Un motivo ci dev'essere, poiché il Signore in queste cose non si comportava, diciamo così, a vanvera e a cuor leggero.

Cristo è il Verbo di Dio, e parla agli uomini non solo quando emette dei suoni ma anche quando compie dei fatti.

2 - Le reti sono la parola di Dio, il mare è il mondo

Ci si impone dunque di analizzare insieme alla vostra Carità il significato di racconti così diversi.

La prima volta si gettarono le reti e fu presa una quantità stragrande di pesci: ne furono riempite due barche sì che le reti si rompevano ( delle quali reti però non ci si dice se furono gettate a destra o a sinistra ).

Ebbene il mistero di quella pesca si attua nel tempo presente.

Quanto all'altro mistero, non fu senza motivo che avvenne dopo la resurrezione del Signore.

Egli lo compì quando non sarebbe mai più morto ma sarebbe restato sempre in vita, non solo quanto alla divinità, nella quale non subì mai la morte, ma anche quanto al corpo, nel quale si degnò di morire per noi.

Non fu dunque senza motivo se la prima pesca avvenne prima della passione, mentre la seconda dopo la resurrezione.

La prima volta non si parla né di destra né di sinistra, ma si dice solo: Gettate le reti, ( Lc 5,4 ) qui viceversa: Gettate a destra. ( Gv 21,6 )

Là non si indica alcun numero ma si dice soltanto che la quantità era tanta da far quasi affondare le due barche ( poiché proprio questo particolare ivi è aggiunto ); qui si precisano e il numero dei pesci e il fatto che erano grossi pesci.

Là, infine, si dice che le reti minacciavano di rompersi, qui l'Evangelista si premura di segnalare che, pur essendo così grossi, le reti non si squarciarono.

Non ci è forse spontaneo, fratelli, vedere nella rete la parola di Dio, nel mare il mondo presente, e in coloro che sono inclusi in quella rete, tutti coloro che vengono alla fede?

Se qualcuno dubita di questa interpretazione, osservi come lo stesso Signore, quel che palesò attraverso il miracolo, lo spiegò nella parabola quando disse: Il regno dei cieli è simile a una rete gettata in mare, che raccoglie ogni sorta di pesci.

Riempita che fu, la tirarono fuori e la distesero sulla spiaggia.

Sedendo sulla spiaggia, scelsero i pesci buoni e li misero nei cesti, mentre buttarono via i cattivi.

Così sarà alla fine del mondo.

Usciranno gli angeli e separeranno i cattivi di fra mezzo ai giusti, e li getteranno nella fornace di fuoco, dove ci saranno pianto e stridore di denti. ( Mt 13,47-50 )

Pertanto è indubitato che la rete gettata in mare simboleggia la fede.

O che forse non è un mare il mondo attuale, dove gli uomini si divorano a guisa di pesci?

O sono forse piccole le tempeste e le onde, cioè le tentazioni, che sconvolgono questo mare?

O sono forse piccoli i pericoli che debbono affrontare i naviganti, cioè coloro che aspirano a raggiungere la patria celeste lasciandosi portare dal legno della croce?

La similitudine, tutto sommato, è evidentissima.

3 - Le due barche raffigurano i chiamati dal giudaismo e dal paganesimo

Dato per scontato che la resurrezione del Signore raffigura la via nuova che possederemo quando sarà passato il tempo presente, una cosa sola dobbiamo vedere, fratelli, cioè come la prima volta la parola di Dio sia stata inviata in questo mare che è il mondo attuale.

La parola di Dio fu inviata in questo mondo turbato da marosi, pericoloso per le tempeste e tormentoso per i naufragi: e tale parola conquistò molti, tanto da riempire due barche.

Cosa sono le due barche? Sono due popoli: quei due popoli dei quali, come se fossero due pareti, si è costituito pietra angolare il Signore, e così li ha riuniti in sé pur provenendo da direzioni opposte.

Il popolo dei Giudei veniva infatti da costumanze del tutto diverse da quelle del popolo dei gentili, che proveniva dall'idolatria.

Il popolo dei Giudei veniva dalla circoncisione, il popolo dei gentili dalla incirconcisione.

Venivano da direzioni opposte ma nella pietra angolare furono congiunti in unità. ( Ef 2,11-22 )

Non farebbero infatti angolo due pareti che non provenissero da direzione opposta.

Ebbene, i due popoli ( i Giudei chiamati da vicino e i pagani chiamati da lontano ) in Cristo trovarono l'accordo.

Quanto poi ai Giudei, che erano vicini - già da tempo infatti adoravano un solo Dio -, nota cosa fecero quando abbracciarono la fede in Cristo: vendettero tutto quello che avevano e deposero il prezzo dei campi venduti ai piedi degli Apostoli, e se ne facevano delle elargizioni secondo il bisogno di ciascuno. ( At 4,34-35 )

Furono liberati dal peso dei loro interessi mondani, sicché senza gravami sulle spalle potevano seguire Cristo.

Sottomisero il collo al suo giogo leggero e buttandosi in braccio alla pietra angolare, a cui si trovavano vicini, ottennero la pace.

Ma ecco che, sia pur da lontano, venne anche il popolo dei gentili, raggiunse anch'esso quella pietra e combaciò con l'altro pacificamente.

Questi due popoli erano simboleggiati in quelle due barche, che, riempite da tanta copia di pesci, stavano lì lì per affondare.

Leggiamo infatti che, tra quei Giudei che erano venuti alla fede, c'erano degli uomini carnali che causavano angustie in seno alla Chiesa: non volevano che gli Apostoli predicassero il Vangelo ai pagani affermando che Cristo era stato mandato per i soli circoncisi e che i pagani, se avessero voluto abbracciare il Vangelo, prima si sarebbero dovuti circoncidere.

Per questo motivo quelli tra i Giudei che erano venuti alla fede avevano preso a odiare l'apostolo Paolo, che pur predicava la verità, in quanto era stato mandato ai pagani. ( Gal 4,16 )

L'Apostolo infatti sosteneva che il popolo pagano, proveniente da direzione opposta, dovesse giungere anch'esso a toccare quell'angolo dove la pace era ben salda.

Viceversa quegli uomini carnali che esigevano la circoncisione non rientravano nel numero degli uomini spirituali e non riuscivano a vedere come, sorpassati i sacramenti d'indole carnale, era ormai arrivato colui che con la sua presenza luminosa metteva in fuga le ombre.

In quanto dunque essi provocavano discordie, possiamo dire che, con la loro stessa moltitudine, stavano per sommergere la barca.

4 - Mali che affliggono la Chiesa peregrinante

Volgiamo adesso lo sguardo alla nave formata dai pagani, e osserviamo se per caso non se ne sia raccolta nella Chiesa una folla così numerosa che, fra la tanta paglia, appaiano sì o no i grani di frumento che vi sono frammisti.

Quanti ladri, quanti ubriaconi, quanti maldicenti, quanti frequentatori del teatro!

Non sono forse gli stessi che riempiono le chiese che poi vanno a riempire i teatri?

E spesse volte nelle chiese a forza di turbolenze esigono cose sul tipo di quelle che sono soliti esigere nei teatri.

Che se a volte si dice loro, o si ingiunge, qualcosa di spirituale, oppongono resistenza, ricalcitrano, asserviti come sono alla carne e riottosi contro lo Spirito Santo.

È l'atteggiamento che Stefano rimproverava anche ai Giudei. ( At 7,51 )

Limitandoci a questa città, non abbiamo dovuto sperimentare fatti che, come noi, così anche la vostra Santità, fratelli miei, ancora ricorda?

Mi riferisco al grave pericolo da noi corso quando Dio volle escludere da questa basilica le ubriachezze.

Non accadde forse che, per la turbolenza di certi uomini carnali, la barca stesse per affondare insieme con noi?

Ma perché questo, se non perché quel numero di pesci era strabocchevole?

Ancora: nel Vangelo si racconta pure un altro particolare, e cioè che le reti si squarciavano: reti squarciate, nel senso che avvennero eresie e scismi.

Le reti, è vero, includono tutti i pesci, ma fra questi ce ne sono alcuni insofferenti, che ricusano di venire a nutrirsi del Signore, o, per quanto possono, si dànno spintoni, finché le reti non si sono rotte ed essi possono uscire.

È però ben chiaro che le reti si estendono in tutto il mondo, mentre coloro che le rompono le rompono solo in qualche parte.

I donatisti le hanno rotte in Africa, gli ariani in Egitto, i fotiniani nella Pannonia, i catafrigi nella Frigia, i manichei in Persia.

In quanti luoghi quella gran rete è stata squarciata!

Eppure, quanti vi restano dentro, sa portarli a riva.

E di fatto ce li porta.

O che forse, squarciate le reti, se ne escono tutti i cattivi?

Poiché, se a uscire non sono se non i cattivi, a rimanere ci sono tanto i buoni che i cattivi.

Come farebbe, se no, ad arrivare alla spiaggia, carica di pesci buoni e di pesci cattivi, quella rete di cui parlava il Signore nella parabola?

5 - Paglia e buon grano frammisti fino al ritorno del Signore

Lo stesso contenuto figurativo ritroviamo anche in quell'aia dove avviene la trebbiatura.

C'è la paglia, c'è il frumento, ma a chi guarda superficialmente l'aia non appare se non la paglia.

Per vedere in mezzo alla paglia anche al frumento occorre un esame diligente.

I venti poi da ogni parte s'abbattono su quell'aia: anche durante la trebbiatura, prima di procedere per la vagliatura, forse che non si hanno da subire i venti?

Soffia da una parte il vento, e, per modo di dire, solleva la paglia da una parte; soffia di nuovo e la solleva dall'altra.

Da qualsiasi parte soffi, solleva la paglia e la scaraventa contro la siepe e le spine e per ogni dove.

Il vento però non può alzare da terra il frumento, alza solo la paglia.

Ecco dunque che arrivano i venti soffiando da tutte le direzioni e portano via la paglia: rimarrà forse nell'aia soltanto il frumento?

Non vola via se non la paglia, è vero, ma nell'aia rimangono ancora e paglia e frumento.

Quando scomparirà del tutto la paglia? Quando verrà il Signore portando in mano il ventilabro e sgombrerà la sua aia, sistemando il grano nel magazzino e bruciando la paglia col fuoco inestinguibile. ( Mt 3,12 )

Voglia la vostra Santità prestarmi più attenzione in quello che voglio dirvi.

Talvolta capita che i venti, che spazzano via la paglia dall'aia, cambino direzione, soffino dall'altra parte della siepe dove la paglia s'era posata e la riportino proprio sull'aia.

Vi faccio un esempio. Un tizio appartenente alla Cattolica subisce la prova di una qualche oppressione; guardando con occhi carnali si accorge che in quella sua faccenda può essere aiutato presso i donatisti.

Gli è stato detto: Non troverai aiuto se non ti metterai in comunione con loro.

Ha soffiato il vento e lo ha scaraventato fra le spine.

Se gli capita in seguito un interesse mondano di cui non possa venire a capo se non nell'ambito della Chiesa cattolica, non farà gran caso al posto dove si trova ma a quello dove potrà più agevolmente sistemare i suoi interessi.

Sarà ributtato dentro l'aia del Signore come da un vento che soffi dalla parte opposta della siepe.

6 - Alla paglia è dato, se vuole, cambiarsi in frumento

Fatemi parlare, fratelli, di questa gente che nella Chiesa va alla ricerca di risultati materiali e non ha di mira le promesse di Dio.

Non ricordano, costoro, come quaggiù ci sono riservati prove, pericoli, difficoltà, mentre, al termine di questi disagi temporali, ci è promesso il riposo eterno in compagnia con gli angeli santi.

Non avendo di mira queste cose ma aspirando a beni materiali, sia che si trovino dentro l'aia sia che si trovino fuori, per la Chiesa sono paglia; e noi nei loro riguardi non è che ne proviamo grande gioia e neppure li lusinghiamo con infondate adulazioni.

Buon per loro se diventeranno frumento, poiché fra la paglia in senso proprio e queste persone là c'è questa differenza: la paglia vera e propria non ha il libero arbitrio mentre all'uomo Dio ha dato questo libero arbitrio.

E l'uomo, se lo vuole, come ieri fu paglia così oggi può diventare buon grano.

Allo stesso modo, se si allontanerà dalla parola di Dio, oggi diventerà paglia.

Quello pertanto che occorre ricercare è come ci troverà il giorno dell'ultima vagliatura.

7 - Nella Chiesa celeste ci saranno solo i buoni

A questo punto, fratelli, volgete lo sguardo a quella Chiesa beata, misteriosa, grande, raffigurata dai centocinquantatre pesci.

Se, infatti, della Chiesa presente abbiamo udito e sappiamo e constatiamo come sia, dell'altra, quella dell'aldilà, abbiamo solo profezie: non è ancora pervenuta a noi in maniera tangibile.

Comunque, sebbene non la vediamo ancora realizzata, ci è sempre lecito godere di come sarà.

E torniamo alle reti.

La prima volta furono gettate senza che si specificasse se a destra o a sinistra: dovevano infatti prendere pesci buoni e pesci cattivi.

Se fosse stato detto: A destra, non ci sarebbero stati compresi i cattivi; se fosse stato detto: A sinistra, non ci sarebbero stati compresi i buoni.

Siccome però doveva includere e i buoni e i cattivi, furono gettate in modo imprecisato, e, come abbiamo esposto, catturarono di fatto gli iniqui e i giusti.

Nella lezione presente invece si parla della Chiesa che esisterà nella santa Gerusalemme, dove saranno palesi i cuori di tutti i mortali e non ci sarà più da temere che in quella Chiesa entri alcun cattivo, qualcuno che abbia un cuore perverso e con astuzia lo nasconda sotto il velo della mortalità.

Allora sarà venuto il Signore e, a significare questo, egli già risorto per non più morire dà il comando di gettare le reti a destra.

Si realizza quindi il detto dell'Apostolo: Finché non sarà venuto il Signore che illuminerà i nascondigli tenebrosi e manifesterà le intenzioni del cuore, e allora ciascuno riceverà da Dio la sua lode. ( 1 Cor 4,5 )

Saranno, cioè, allora resi pubblici i segreti della coscienza, che ora sono occulti.

Allora saranno nella rete solo i buoni, i cattivi saranno gettati via.

Le reti infatti saranno calate a destra e non potranno contenere i cattivi.

8 - Perché centocinquantatre pesci

Ma perché centocinquantatre pesci?

Forse che i santi saranno in tal numero?

In realtà, anche senza computare tutti i fedeli che uscirono da questo mondo in santità di vita, ma soltanto i martiri o anche i martiri che furono uccisi in un solo giorno, troveremo che le persone giunte alla corona sono migliaia.

Bisogna dunque ricercare - è ovvio! - cosa rappresenti quel centocinquantatre. ( Gv 21,11 )

Che rappresenta il cinquanta? poiché il mistero è in questo numero cinquanta, e in quanto moltiplicato per tre fa centocinquanta.

Il numero tre infatti sembra esservi stato aggiunto per segnalarci attraverso quale moltiplicazione si arrivi a, centocinquantatre, come se ci si dicesse: Dividi il centocinquanta in tre.

Che se invece fosse stato detto centocinquantadue, dal numero due che eccede saremmo avvertiti a dividere centocinquanta in settantacinque, poiché settantacinque moltiplicato per due fa centocinquanta.

Questa divisione per due la indicherebbe lo stesso numero due che viene aggiunto.

Se avesse detto centocinquantasei, avremmo dovuto dividere la somma per venticinque in modo da ottenere sei parti.

Orbene, siccome è stato precisato centocinquantatre, dobbiamo dividere quel numero, cioè centocinquanta in tre parti: difatti la terza parte di centocinquanta è cinquanta.

Ne segue che tutta la nostra attenzione deve fermarsi sul numero cinquanta.

9 - L'eterno Alleluia dei beati

Non si tratterà per caso dei cinquanta giorni che stiamo attualmente celebrando?

Non è infatti senza motivo, miei fratelli, che la Chiesa conserva la consuetudine, tramandataci dagli antichi, di far ripetere in questi cinquanta giorni l'Alleluia.

Che se questo Alleluia significa " lode a Dio ", viene con ciò indicata a noi, ora nell'affanno, la condizione di quando saremo nella pace.

Quando infatti sarà terminato il nostro affanno di adesso e noi avremo raggiunto quella pace, la nostra unica occupazione sarà la lode di Dio: lassù non faremo altro se non dire: Alleluia. Che vuol dire: Alleluia? Lodate Dio.

Ebbene, chi, se non gli angeli, potrà lodare Dio senza esaurirsi?

Gli angeli non hanno né fame, né sete, non sono soggetti né a malattia né a morte.

Quanto a noi, invece, è vero che abbiamo detto: Alleluia, che l'abbiamo cantato anche stamani in questa basilica; e anche poco fa, dopo che ci eravamo radunati, abbiamo detto: Alleluia.

Ci ha raggiunto una specie di olezzo della lode divina e della quiete celeste; ma in proporzione maggiore è ancora la mortalità a schiacciarci.

Ci stanchiamo a parlare e vogliamo dare ristoro alle nostre membra; e anche se ripetiamo in maniera prolungata l'Alleluia, la stessa lode di Dio ci viene resa pesante dalla materialità del nostro corpo.

La pienezza dell'Alleluia con esclusione di ogni limite l'avremo alla fine del tempo presente, quando saranno cessati i travagli.

Cosa dire quindi, o fratelli? Cantiamo adesso l'Alleluia come meglio possiamo, per meritare di poterlo cantare ininterrottamente.

Lassù l'Alleluia sarà nostro cibo e nostra bevanda; sarà l'Alleluia l'impegno della quiete, tutta la gioia sarà l'Alleluia, cioè la lode di Dio.

Chi infatti è in grado di lodare qualcosa senza stancarsi se non chi ne gode senza alcuna noia?

Orbene, di quanta forza non sarà dotata allora la nostra mente, di quanta stabilità non sarà dotato il nostro corpo, divenuto immortale, se né la mente verrà meno nel contemplare Dio dov'è immersa, né le membra si afflosceranno nell'impegno, che sarà ininterrotto, di lodare Dio?

10 - Valore simbolico dei numeri 40 e 50

Vogliamo domandarci perché in questo mistero siano solennizzati i cinquanta giorni.

Il Signore dopo la resurrezione trascorse quaranta giorni con i discepoli, come narrano gli Atti degli Apostoli; ( At 1 ) dopo quaranta giorni ascese al cielo e dieci giorni dopo l'ascensione mandò lo Spirito Santo.

Ripieni di questo Spirito, gli Apostoli e tutti quanti erano raccolti nell'unità parlarono in lingue e compirono - effondendo sempre con grande fiducia la parola di Dio ( At 2 ) - quelle cose straordinarie che leggiamo e a cui aderiamo mediante la fede.

Trascorse, dunque, in terra quaranta giorni con i discepoli, e prima della passione aveva digiunato quaranta giorni. ( Mt 4,2 )

All'infuori del Signore, di Mosè ( Es 34,28 ) e di Elia, ( 1 Re 19,8 ) non si trova detto di altri che abbiano digiunato quaranta giorni.

Orbene, il Signore rappresentava il Vangelo, Mosè la legge, Elia le profezie, poiché il Vangelo ha come testimoni la legge e i profeti. ( Rm 3,21 )

Tanto è vero che sul monte, quando il nostro Signore Gesù volle palesare la sua gloria, stava in mezzo a Mosè e ad Elia. ( Mt 17,2-3 )

In mezzo a loro egli risplendeva in magnificenza; ai lati c'erano la legge e i profeti che fungevano da testimoni.

Il numero quaranta dunque rappresenta il tempo attuale, quando cioè noi triboliamo in questo mondo; e questo perché al presente la sapienza ci viene elargita con una distribuzione delimitata dal tempo.

In una maniera viene accordata la sapienza quando la si contempla nell'immortalità al di fuori dei limiti del tempo, in un'altra maniera quando si è soggetti al tempo.

Ecco arrivare il periodo dei patriarchi, ma scomparvero: la loro missione fu temporanea.

Non dico che temporanea fu la loro vita, poiché vivono eternamente con Dio, ma fu temporanea la missione che svolsero di dispensare la parola.

Adesso infatti non ci parlano più da questa terra, per quanto le loro parole, poste in iscritto, le si leggano anche al presente.

A loro tempo vennero i profeti.

Vennero e se ne andarono, così come a suo tempo venne il Signore.

Non che se ne sia andato lontano per quanto concerne la presenza della sua maestà: mai infatti se ne può andar lontano a motivo della divinità per la quale si trova sempre ovunque; ma, come è detto nel Vangelo, egli era nel mondo, anzi il mondo era stato creato per opera sua, eppure il mondo non lo riconobbe.

Venne nella sua casa, e i suoi non lo accolsero. ( Gv 10,11 )

In che senso era qui e qui venne, se non in quanto egli, che era qui con la maestà, vi venne prendendo l'umanità?

Per il fatto d'essere venuto con la carne si rese lui stesso per noi ministro di sapienza, che calò nell'ordine temporale.

Quindi la sapienza ci fu data nel tempo e dalla legge e dai profeti e dal Vangelo, in quanto libro della Scrittura.

Quando poi saranno passati i tempi, vedremo la sapienza così com'è, ed essa in premio ci darà il numero dieci.

Col numero sette infatti si indica la creatura, in quanto Dio compì le sue opere in sei giorni e nel settimo cessò dall'operare, mentre col numero tre si allude piuttosto al Creatore, Padre, Figlio e Spirito Santo.

Ne segue che la perfezione della sapienza si ottiene quando la creatura è piamente soggetta al Creatore, quando si distingue l'autore dall'effetto prodotto, l'artefice dalla sua opera.

Uno che confondesse le opere prodotte con il loro autore darebbe segno di non aver compreso né l'attività svolta né la persona che l'ha svolta; chi invece è capace di distinguere fra l'uno e l'altra dimostra di possedere la pienezza della sapienza.

Ecco dunque cosa rappresenta il numero dieci: la pienezza della sapienza.

Quando però se ne fa una distribuzione nel tempo - e la ripartizione sulla base del numero quattro evidenzia bene l'elemento tempo - allora il numero dieci viene moltiplicato per quattro e ci dà quaranta.

Al riguardo, osservate l'anno: esso varia secondo le quattro stagioni: primavera, estate, autunno, inverno, e così nella sua durata lascia apparire in una maniera quanto mai perfetta un certo avvicendamento basato sul numero quattro.

Anche la Scrittura ricorda i quattro venti; e il Vangelo, annunziato nel tempo, si è diffuso nei quattro punti cardinali.

Lo stesso deve dirsi della Chiesa cattolica, che ha riempito le quattro parti del mondo.

Se ne deduce che il numero dieci, trattato come qui detto, porta come risultato quaranta.

11 - Acrobazie per stabilire un nesso fra i numeri 40, 50 e 153

Ecco perché quei tre personaggi digiunarono quaranta giorni.

Essi volevano inculcarci che nella vita presente è necessario astenersi dall'amore per le cose temporali.

Lo inculcano col loro digiuno assoluto protratto per tal numero di giorni, cioè quaranta.

Non diversamente l'antico popolo d'Israele fu condotto nel deserto per quaranta anni, prima di entrare nella terra promessa dove avrebbe stabilito il suo regno.

Così anche noi, finché dura la vita presente, piena di pressanti angustie, di timori, di pericoli e tentazioni, siamo condotti, per così dire, nelle vie del deserto, in conformità a un piano d'indole temporanea.

Che se avremo fatto buon uso del numero quaranta, se cioè saremo vissuti bene attuando il piano affidatoci nel tempo e ci saremo conformati ai precetti di Dio riceveremo in premio il numero dieci, riservato ai fedeli.

Nominiamo il dieci perché il Signore, quando prese a giornata quegli operai e li mandò a lavorare nella sua vigna, diede loro come ricompensa un denaro: a tutti un denaro, tanto a coloro che aveva invitati al mattino, quanto a quelli del mezzogiorno, quanto a quelli del tramonto.

A tutti diede un denaro. ( Mt 20,1-10 )

Vuol dirci che, se uno abbraccia la fede fin dalla prima infanzia, riceverà in premio un denaro, cioè la sapienza con la quale potrà discernere il Creatore dalla creatura, non già secondo frazionamenti temporali ma con eterna contemplazione: potrà immergersi nel godimento del Creatore, e lodarlo attraverso le cose create.

Un altro invece diviene credente da giovane, mentre prima non lo era stato: riceverà anch'egli un denaro.

Un terzo viene alla fede quando è ormai vecchio, è invitato a lavorare nella vigna al tramonto, cioè nell'ora undecima: anche lui riceverà un denaro.

Orbene, al numero quaranta della buona amministrazione aggiungi il dieci, cioè la ricompensa: otterrai il numero cinquanta, che raffigura la Chiesa che ha da venire, la Chiesa dove si loderà Dio ininterrottamente.

Siccome poi tutti si è chiamati nel nome della Trinità affinché si viva bene durante il numero quaranta e si riceva il dieci, prova a moltiplicare per tre il numero cinquanta: si avrà centocinquanta.

Aggiungi lo stesso mistero della Trinità e avrai centocinquantatre, cioè il numero dei pesci che si trovarono a destra, numero nel quale sono contenute innumerevoli migliaia di santi.

Ovviamente, pertanto, non sarà gettato via nessun cattivo, poiché non ce ne sarà nessuno; né accadrà che le reti si rompano a motivo degli scismi, poiché tali reti sono proprio i vincoli dell'unità e della pace.

12 - Condotta da tenersi durante il periodo pasquale

Ritengo esservi stato esposto a sufficienza il grande mistero.

Ma voi sapete che l'importante per noi è fare il bene durante il periodo dei quaranta, in modo che nel periodo dei cinquanta possiamo lodare il Signore.

Per questo celebriamo nella fatica, nel digiuno e nell'astinenza i quaranta giorni che precedono la veglia: essi simboleggiano il tempo presente.

I giorni che decorrono dopo la resurrezione del Signore simboleggiano invece la gioia eterna.

Non sono la gioia eterna ma la simboleggiano: si tratta di una rappresentazione misteriosa, fratelli, non ancora della realtà.

Difatti, quando noi celebriamo la Pasqua non è che venga crocifisso il Signore, ma come simbolicamente celebriamo con ricordo annuale i fatti del passato così anche anticipiamo quelli dell'avvenire.

Sta comunque il fatto che in questo tempo attenuiamo i digiuni: a significare che il numero di questi giorni ci rappresenta la pace che ha da venire.

Badate, fratelli, che non vi succeda che, volendo celebrare questi giorni in maniera carnale, con indebito permissivismo e manica larga vi abbandoniate a ubriachezze smodate e così non meritiate di celebrare in eterno con gli angeli ciò che i giorni stessi simboleggiano.

Poni che io debba rimproverare un ubriaco.

Egli mi dirà: Tu stesso ci hai insegnato che questi giorni raffigurano la gioia eterna; tu ci hai lasciato intravvedere che questo tempo è il preannuncio del godimento che proveremo in cielo insieme con gli angeli.

Non dovevo quindi passarmeli bene? Oh! bene sì, non male.

Il periodo attuale ti rappresenta infatti la gioia eterna se sarai stato tempio di Dio.

Se viceversa riempi questo tempio di Dio con la sporcizia dell'ubriachezza, dovranno risuonarti all'orecchio le parole dell'Apostolo: Chi violerà il tempio di Dio, Dio lo annienterà. ( 1 Cor 3,17 )

Sia pertanto scolpito nel cuore della vostra Santità questo: è meglio un uomo che capisce poco ma vive bene anziché uno che capisce molto ma vive male.

La pienezza e la perfezione della felicità consiste infatti nella prontezza a capire e nella bontà della vita; ma se le due cose insieme non si possono raggiungere, è meglio la bontà della vita che non la prontezza dell'intelligenza.

E questo, perché chi vive bene meriterà una maggiore intelligenza, chi al contrario vive male perderà anche la comprensione di ciò che aveva capito.

Così infatti è detto: A chi ha sarà dato; a chi non ha sarà tolto anche quello che sembrava possedesse. ( Mt 25,29 )

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