La dottrina cristiana

Indice

Libro II

1.1 - Le cose in sé e come segno

Scrivendo delle cose, premisi l'avvertimento di non badare se non a ciò che esse sono in se stesse e non al fatto se significhino o meno qualche altro oggetto diverso da sé.

Viceversa, parlando dei segni dico che bisogna considerare non ciò che sono in sé ma piuttosto il fatto che sono segni, cioè che significano qualcosa.

Difatti il segno è una cosa che, oltre all'immagine che trasmette ai sensi di se stesso, fa venire in mente, con la sua presenza, qualcos'altro [ diverso da sé ].

Vedendo, ad esempio, delle impronte pensiamo che vi sia passato un animale di cui quelle sono appunto le orme; visto il fumo conosciamo che sotto c'è il fuoco; udita la voce di un essere animato, ne discerniamo lo stato d'animo; suonando la tromba, i soldati sono addestrati a discernere se occorra avanzare o retrocedere o fare qualche altra mossa richiesta dalla battaglia.

1.2 - Varie specie di segni

Dei segni, peraltro, alcuni sono naturali, altri intenzionali.

Sono naturali quelli che, senza intervento di volontà umana né di intenzione volta a renderli significanti, di per se stessi fanno conoscere, oltre che se stessi, qualche altra cosa.

Così il fumo richiama il fuoco.

Fa ciò infatti non perché vuole significare [ il fuoco ] ma, per la riflessione o la nozione delle cose che noi abbiamo esperimentate, conosciamo che lì deve celarsi anche il fuoco dove si fa vedere solamente il fumo.

Anche l'impronta dell'animale passato per un certo luogo appartiene a questa specie di segni.

Così il volto dell'uomo adirato o triste palesa il suo stato d'animo, anche senza che lo voglia colui che è in preda all'ira o alla tristezza.

Altrettanto si deve dire di qualsiasi altro sentimento, che si manifesta attraverso le tracce che lascia sul volto, anche se noi non facciamo nulla perché si manifesti.

Ma di tutta questa categoria di segni non è mia intenzione trattarne adesso.

Siccome però rientrava nella nostra divisione della materia, non la si poteva omettere completamente.

L'averla menzionato in queste righe sarà sufficiente.

2.3 - I segni intenzionali

Segni intenzionali sono quelli che gli esseri viventi si scambiano per indicare, quanto è loro consentito, i moti del loro animo, si tratti di sentimenti o di concetti.

Nessun altro motivo abbiamo noi di significare, cioè di emettere segni, se non quello di palesare o trasmettere nell'animo altrui ciò che passa nell'animo di colui che dà il segno.

Abbiamo stabilito di considerare ed esporre questa categoria di segni per quanto si riferisce agli uomini, poiché anche i segni dati da Dio che sono contenuti nelle sante Scritture sono stati resi manifesti a noi tramite gli uomini che li hanno scritti.

Anche gli animali, è vero, hanno dei segni con cui comunicano i desideri del loro animo.

Così il gallo, trovato che abbia del becchime, dà con la voce un segno alla gallina perché venga da lui.

Così il colombo col suo gemere chiama la colomba o viceversa è chiamato da lei; e molte altre cose di questo genere si è soliti avvertire.

Se poi il volto con la sua espressione o il grido di dolore seguono il moto dell'animo senza l'intenzione di significare alcunché o si emettono per significare davvero qualcosa è un'altra questione: una questione che non rientra nella materia di cui stiamo trattando.

Per cui, questa parte di argomenti la tralasciamo nell'opera presente come cosa non necessaria.

3.4 - Principe fra i segni è la parola

Dei segni con i quali gli uomini comunicano fra loro i propri sentimenti, alcuni dicono relazione alla vista, moltissimi all'udito, assai pochi agli altri sensi.

Quando infatti facciamo cenni, non diamo segni se non agli occhi di colui che con tale segno vogliamo rendere partecipe del nostro volere.

In effetti alcuni sogliono indicare moltissime cose con gesti delle mani.

Così gli istrioni col movimento di tutte le membra fanno segni a chi è capace di comprenderli e, per così dire, dialogano con i loro occhi.

Così le bandiere e le insegne militari tramite gli occhi significano ai soldati le decisioni dei condottieri.

Sono, tutti questi segni, come delle parole visibili.

Quanto ai segni che hanno pertinenza con l'orecchio, sono, come ho detto, i più numerosi, specie se vi si includono le parole.

È vero infatti che la tromba, il flauto, la cetra, spesso emettono un suono che non solo è gradevole ma che racchiude anche un significato.

Ma tutti questi segni, paragonati con le parole, sono pochissimi.

In realtà, fra gli uomini le parole hanno il primo posto in senso assoluto quando si tratta di manifestare le cose concepite nell'animo, supposto che le si voglia palesare.

Certamente il Signore diede un significato anche al profumo dell'unguento con cui furono profumati i suoi piedi, ( Gv 12, 3.7 ) e alla sunzione del Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue diede il significato che volle, ( Lc 22,19-20 ) e la donna che fu guarita toccando l'orlo della sua veste ci indicò qualcosa; ( Mt 9,20-22 ) tuttavia la stragrande quantità di segni, con cui gli uomini trasfondono i propri pensieri, è data da parole.

Difatti tutti quei segni di cui brevemente ho elencato le specie li ho potuti esporre a parole, mentre riguardo alle parole, non le potrei elencare in alcun modo con quei segni.

4.5 - Lo scritto dà solidità alla parola

Le parole tuttavia toccano l'aria e subito spariscono ( non durano se non quanto dura il loro suono ), per questo come segno delle parole sono state trovate delle lettere, per le quali le parole si mostrano agli occhi, non in se stesse ma trascritte in segni che le rappresentano.

Ora questi segni non sono potuti essere comuni fra tutte le genti a causa di un peccato di discordia umana, avendo voluto strappare ciascuno per sé il primato nel mondo.

Segno di tale superbia fu quella torre eretta fino al cielo, e in quell'occasione gli uomini, empi, meritarono di contrarre la discordanza non solo degli animi ma anche del linguaggio. ( Gen 11,1-9 )

5.6 - La Bibbia, libro scritto in diverse lingue

Questo si è verificato anche nella divina Scrittura, con la quale si viene incontro alle molteplici malattie della volontà umana.

Scritta in origine in una lingua, mediante la quale si poté diffondere per l'universo quanto era richiesto, attraverso le lingue dei diversi traduttori si è diffusa in lungo e in largo e si è fatta conoscere dalle genti a loro salvezza.

Quelli infatti che la leggono non cercano altro che trovarvi il pensiero e la volontà di coloro che la scrissero e attraverso le facoltà degli scrittori trovarvi la volontà di Dio, in conformità della quale noi crediamo che detti uomini abbiano parlato.

6.7 - Utile la presenza di difficoltà nella Scrittura

Quelli che leggono la Scrittura a cuor leggero vengono tratti in inganno dalle sue molte e svariate oscurità e ambiguità, e prendono una cosa per un'altra.

In certi passi non riescono a trovare nemmeno la materia per false congetture: tanta è l'oscurità con cui alcune cose sono state dette che le si debbono ritenere coperte da densissime tenebre.

Tutto questo non dubito che sia avvenuto per una disposizione divina, affinché con la fatica fosse domata la superbia umana e l'intelletto fosse sottratto alla noia, dal momento che il più delle volte le cose che esso scopre facilmente le considera di poco conto.

Mi si risponda, ora, di grazia, al quesito che pongo.

Uno asserisce che nella Chiesa di Cristo ci sono uomini santi e perfetti, con la cui vita e condotta la Chiesa stessa strappa a tutte le superstizioni coloro che vengono da lei e con l'imitazione dei buoni in certo qual modo se li incorpora.

Sono fedeli buoni e veri servi di Dio che, deposti i gravami secolareschi, sono venuti al santo lavacro del battesimo e uscendo dal fonte concepiscono ad opera dello Spirito Santo e producono i frutti della duplice carità, cioè dell'amore di Dio e del prossimo.

Mi chiedo dunque a questo punto come mai, se uno dice tali cose in termini prosaici, l'ascoltatore provi meno gusto che se per esprimere le stesse cose gli venga spiegato il Cantico dei Cantici dove alla Chiesa si dice, quasi tessendo l'elogio di una bella donna: I tuoi denti come gregge di pecore tosate che risale dal bagno; tutte generano figli gemelli e tra di loro nessuna è sterile. ( Ct 4,2 )

Forse che da ciò si apprende qualcosa di più di quando si udivano le stesse cose espresse in parole molto semplici senza il supporto di questa similitudine?

Eppure, non so come, mi fermo a guardare con maggior gusto i santi ( quasi fungano da denti della Chiesa ) quando li vedo strappare gli uomini ai diversi errori e, addolcita la durezza, trasferirli nel corpo di lei, dopo averli privati del potere di mordere e resi quindi innocui.

So anche riconoscere con grandissimo godimento nelle pecore tosate, quasi gente che abbia deposto, come altrettanti tosoni, gli appesantimenti secolari e le riconosco mentre salgono dal bagno, cioè dal battesimo: tutte pecore che generano dei gemelli, cioè i due precetti dell'amore, e constato che nessuna è sterile nel produrre questo santo frutto.

6.8 - Comprendere i passi difficili in base ai più facili

Come mai io veda con più gusto la cosa di quanto non mi accadrebbe se non trovassi nei Libri divini alcuna similitudine di questo genere, pur essendo identica la cosa in se stessa e identica la cognizione, mi rimane difficile dirlo; ed è anche un problema diverso.

Nessuno tuttavia può porre in dubbio che le cose, qualunque siano, si apprendono più volentieri mediante l'uso di similitudini e, se si tratta di questioni investigate con una certa difficoltà, quando le si scopre, ciò riesce molto più gradito.

Difatti coloro che non trovano proprio nulla di quello che cercano, soffrono la fame; quelli poi che non fanno ricerche perché hanno le cose a portata di mano, spesso si afflosciano nella noia; e così nell'uno e nell'altro caso bisogna evitare l'illanguidimento.

Meravigliosamente quindi e salutarmente lo Spirito Santo ha modellato le sante Scritture in modo che con i passi più manifesti si ovviasse alla fame [ del ricercatore ], con i passi più oscuri se ne dissipasse la noia.

Dai passi oscuri infatti non si ricava altro - dico per approssimazione - all'infuori di quello che altrove si trova detto in maniera completamente manifesta.

7.9 - Una duplice conversione necessaria al biblista

Prima di tutto dunque ci si deve convertire, mediante il timore di Dio, a conoscere la sua volontà e cosa ci ordini di desiderare o di fuggire.

Questo timore deve suscitare in noi il pensiero della nostra mortalità e della morte che effettivamente ci attende e, quasi inchiodando la nostra carne, configgere al legno della croce tutti i moti di superbia.

In secondo luogo occorre diventare miti e rispettosi e mai contraddire alle divine Scritture, sia che le si comprenda ( com'è quando esse disapprovano qualche nostro vizio ), sia che non le si comprenda, quasi che noi siamo in grado di conoscere o di prescrivere le cose in modo migliore.

Dobbiamo piuttosto pensare e ritenere che quanto è scritto in esse è superiore e più vero - anche se è nascosto - di tutto ciò che noi possiamo opinare da noi stessi.

Indice