La Genesi alla lettera

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Libro IV

1.1 - In qual senso intendere i sei giorni

E così furono compiuti il cielo e la terra e tutto il loro assetto.

Dio allora nel sesto giorno concluse le opere che aveva fatte e nel settimo giorno Dio cessò da ogni opera che aveva fatta, Dio inoltre benedisse il settimo giorno e lo rese sacro, poiché in esso aveva cessato da tutte le sue opere che aveva cominciato. ( Gen 2,1-3 )

È un compito arduo e assai difficile per le forze della nostra facoltà intellettuale penetrare con la vivacità del nostro spirito in ciò che ha voluto dire lo scrittore sacro a proposito dei sei giorni [ della creazione ].

Volle forse indicare che quei giorni erano passati e, se vi si aggiunge il settimo, essi si ripetono ora nel corso del tempo non realmente uguali [ a quelli ] ma solo con lo stesso nome?

Infatti nel trascorrere del tempo si succedono molti giorni simili a quelli passati, ma nessuno torna identico [ agli altri ].

Quei giorni dunque sono forse passati, oppure - dato che i giorni di quaggiù, denotati con lo stesso nome e numero, sono solo i giorni che passano quotidianamente nella successione dei tempi - sono giorni permanenti nella costituzione stessa delle cose?

In tal caso, quando si parla non solo dei tre giorni precedenti la creazione degli astri ma anche degli altri tre, dovremmo forse intendere il termine "giorno" nel senso di forma specifica dell'essere creato e il termine "notte" nel senso di privazione o deficienza o nel senso di qualunque altro termine più adatto a esprimere il concetto, quando un essere perde la sua forma specifica a causa di una trasformazione che lo fa allontanare dalla propria forma e lo fa cadere nell'informità.

Questa trasformazione è insita in ogni creatura, sia come possibilità, ancorché non si effettui realmente, come nel caso degli esseri celesti superiori, sia come realtà, quando si effettua negli esseri di questo basso mondo per produrre una bellezza completa attraverso le vicende ordinate di qualunque essere mutevole che appare e scompare, come è evidente nel caso degli esseri terrestri e mortali.

Con il termine "sera" invece dovremmo forse intendere il limite in cui si compie la creazione di tutti gli esseri, mentre "mattino" denoterebbe il principio di ciò che comincia a esistere, poiché ogni natura creata è circoscritta nei limiti del suo inizio e della sua fine? È difficile indagarlo!

Ma, sia che si abbracci la prima o la seconda ipotesi, sia che possa trovarsene una terza più plausibile per spiegare - come forse apparirà chiaro nel seguito dell'esposizione - in qual senso occorre intendere, a proposito di quei sei giorni, i termini "notte", "sera" e "mattina", non è tuttavia fuori luogo considerare la perfezione del numero sei alla stregua della natura intrinseca dei numeri, osservando la quale con l'intelligenza noi contiamo le cose da noi percepite anche mediante i sensi del corpo e le disponiamo in un ordine numerico.

2.2 - La perfezione del numero sei

Il primo numero perfetto che noi troviamo è il sei perché è uguale alla somma delle sue parti; ci sono infatti altri numeri perfetti ma lo sono per altre cause e ragioni.

Diciamo quindi che il numero sei è perfetto per la ragione che è uguale alla somma delle sue "parti" ed esattamente alla somma delle "parti" che, moltiplicate, possono formare il numero di cui sono "parti", poiché una "parte" di questa specie può essere chiamata "divisore".

Il numero tre può dirsi infatti una "parte" di sei, di cui è la metà, ma è anche un componente di tutti gli altri numeri che gli sono superiori.

Così, ad esempio, il numero 3 è la parte maggiore di 4 e di 5 in quanto il 4 può essere scomposto in 3 + 1 e il 5 in 3 + 2.

Il 3 inoltre è anche un componente di 7, di 8, di 9 o di tutti gli altri numeri più grandi, componente non maggiore o uguale alla metà, ma inferiore.

In realtà il 7 può scomporsi in 3 + 4 e l'8 in 3 + 5, il 9 in 3 + 6; ma il 3 non può dirsi aliquota di nessuno dei detti numeri, tranne solo del 9, di cui è la terza parte, e del 6 di cui è la metà.

Pertanto nessuno dei numeri, che ho ricordati, è multiplo di 3, eccetto il 6 e il 9; poiché il primo è il prodotto di 2 x 3, e 9 il prodotto di 3 x 3.

2.3 - Il numero sei è il primo dei numeri perfetti

Il numero sei dunque, come avevo detto all'inizio, è uguale alla somma dei suoi divisori.

Ci sono in realtà alcuni numeri i cui divisori addizionati insieme fanno una somma inferiore o superiore; in base però a intervalli calcolati con precisione s'incontrano in quantità minore numeri che si completano addizionando i loro divisori, la cui somma non è né inferiore né superiore ma corrisponde precisamente al numero stesso di cui sono divisori.

Il primo di questi numeri è il sei.

Tra i numeri infatti l'uno non ha divisori, poiché tra i numeri di cui ci serviamo per i nostri computi, l'uno è il solo a non avere né la metà né un'altra parte, ma è veramente, puramente e semplicemente uno.

Del due è divisore l'uno, che n'è la metà, ma non ha alcun altro divisore.

Il tre invece ha due componenti: l'uno dei quali può dirsi suo divisore - e cioè l'uno che n'è la terza parte - e un altro più grande, cioè il due, che non può dirsi suo divisore; non si possono dunque computare come parti di cui trattiamo, che possano cioè chiamarsi divisori.

Proseguiamo: il quattro ha due divisori, cioè l'uno, ch'è un quarto di esso, e il due che ne è la metà; ma la somma di entrambi, cioè 1 + 2 fa 3 e non 4.

Non corrisponde quindi alla somma dei suoi divisori, poiché la loro addizione dà un numero inferiore.

Il cinque ha un solo divisore, e precisamente l'unità, che è la quinta parte di esso ( 5:5 ), poiché né il 2, ch'è il minore dei suoi componenti, né il 3, che ne è il maggiore, possono dirsi divisori di 5.

Il sei al contrario ha tre divisori: la sua sesta parte ( 6:6 ), la sua terza parte ( 6:3 ) e la sua metà ( 6:2 ): un sesto di 6 è 1, un terzo di 6 è 2 e la metà di 6 è 3 ( = 1; = 2; = 3 ).

Questi numeri, cioè 1, 2, 3, addizionati insieme, compongono esattamente il numero 6.

2.4 - Esame degli altri numeri

Viene ora il numero sette. Questo ha come suo divisore soltanto la sua settima parte ( 7:7 ) cioè l'unità; 8 ne ha tre: la sua ottava parte ( 8:8 ), la quarta ( 8:4 ) e la metà ( 8:2 ), cioè 1, 2 e 4; ma questi, addizionati insieme fanno 7, numero inferiore, non già uguale a 8.

Il nove ha due divisori: la sua nona parte ( 9:9 ), cioè l'unità, e la sua terza parte, cioè 3: questi due numeri addizionati insieme fanno 4, che è molto inferiore al 9.

Il dieci ha tre divisori: l'1, la sua decima parte ( 10:10 ), il 2, la sua quinta parte ( 10:5 ) e il 5, la sua metà ( 10:2 ); questi tre numeri addizionati insieme fanno 8 e non 10.

L'undici ha come divisore soltanto la sua undicesima parte ( 11:11 ), come il sette non ha altro divisore che la sua settima parte ( 7:7 ), e il cinque solo la sua quinta parte ( 5:5 ), il tre la sua terza parte, e il due la sua metà ( 2:2 ) cioè l'unità, che è il divisore di tutti i numeri.

Il dodici non risulta dall'addizione dei suoi divisori ma ne è superato poiché la somma di essi fa un numero superiore in quanto arriva al totale di 16.

In realtà il 12 ha cinque parti: la sua dodicesima, la sua sesta, la sua quarta, la sua terza e la sua metà.

Infatti 12:12 corrisponde a 1, 12:6 a 2, 12:4 a 3, 12:3 a 4, 12:2 a 6.

Ma 1 + 2 + 3 + 4 + 6 addizionati fanno 16.

2.5 - Diverso rapporto tra numeri perfetti, imperfetti e più che perfetti

Ma per non tirare in lungo la discussione, dirò che nella serie infinita dei numeri se ne trovano parecchi i quali hanno come divisori soltanto l'unità - come il 3, il 5 e tutti gli altri della stessa specie - oppure altri che hanno parecchi divisori i quali, riuniti in una totalità addizionandoli insieme, danno una somma inferiore - come l'8 e il 9 e moltissimi altri - oppure superiore, come il 12 e il 18 e moltissimi altri simili a questi.

Di numeri aventi questa caratteristica se ne trovano molto più numerosi di quelli chiamati perfetti per il fatto che sono formati dalla somma dei loro divisori.

Dopo il 6, per esempio, risultante allo stesso modo composto della somma dei suoi divisori s'incontra il 28, poiché ne ha cinque 28:28, 28:14, 28:7, 28:4, 28:2 e cioè 1, 2, 4, 7 e 14: questi numeri, addizionati insieme, danno il medesimo numero.

Ma quanto più progredisce la serie dei numeri, tanto più a distanza, tanto più, proporzionalmente, grande si trovano i numeri che corrispondono alla somma dei loro divisori, e sono chiamati "perfetti".

Al contrario i numeri, i cui divisori addizionati insieme danno un totale inferiore ai medesimi, sono chiamati "imperfetti", mentre quelli, i cui divisori danno un totale superiore, sono chiamati "piuccheperfetti".

2.6 - Ordine della creazione secondo i numeri

In un numero perfetto di giorni, cioè in sei, completò Dio le opere fatte da lui.

Così infatti sta scritto: E Dio nel sesto giorno portò a termine le opere fatte da lui. ( Gen 2, 2 sec. LXX )

Su questo numero tanto più si fissa la mia attenzione quando considero anche la serie ordinata in cui furono fatte le opere.

Poiché allo stesso modo che i divisori del medesimo numero si elevano gradualmente fino al trigono - infatti 1, 2 e 3 si susseguono in modo che nessun altro numero può essere interposto tra loro, ciascuno dei quali è divisore di 6, che risulta dalla loro somma, e cioè l'1, ch'è la sua sesta parte, il 2, che n'è la terza, e il 3 che n'è la metà - così il primo giorno fu creata la luce, nei due seguenti fu fatta la creazione di questo mondo: in uno di questi la parte superiore, vale a dire il firmamento, in un altro la parte inferiore, vale a dire il mare e la terra.

La parte superiore Dio la lasciò tuttavia priva d'ogni specie di alimenti corporali, poiché non aveva intenzione di porvi alcun corpo che avesse bisogno dei cibi materiali; al contrario, la parte inferiore che aveva deciso di abbellire d'animali adatti a essa, Dio l'arricchì in precedenza di cibi necessari a soddisfare i loro bisogni.

Nei restanti tre giorni furono dunque creati gli esseri visibili che, in virtù di movimenti particolari e appropriati, si muovono in questo mondo, cioè in questo universo visibile formato da tutti gli elementi.

Dapprima creò le stelle nel firmamento, poiché questo era stato creato prima, e in seguito gli esseri animati nella parte inferiore secondo quanto esigeva l'ordine stesso delle cose, in un giorno le creature delle acque, in un altro giorno quelle della terra.

Ma nessuno è così pazzo da osar dire che Dio, se avesse voluto, non avrebbe potuto creare tutte le cose in un sol giorno oppure, se avesse voluto, in due giorni: nel primo giorno la creatura spirituale, e il secondo giorno la creatura corporale, oppure in un giorno il cielo con tutte le creature celesti, e nel seguente la terra con tutto ciò che è in essa.

E tutto ciò Dio lo creò quando volle, in qualunque periodo di tempo volle, e come volle; chi oserebbe dire che qualcosa avrebbe potuto opporsi alla sua volontà?

3.7 - Sap 11,21: Hai disposto ogni cosa secondo misura, numero e peso

Quando perciò leggiamo che Dio portò a termine tutte le opere [ della creazione ] in sei giorni e, nel considerare il numero 6, scopriamo ch'esso è un numero perfetto e che l'ordine delle creature fatte si snoda in modo da apparire come la distinzione progressiva degli stessi divisori che compongono questo numero, ci dovrebbe venire in mente anche l'espressione rivolta a Dio in un altro passo delle Scritture: Tu hai disposto ogni cosa con misura, numero e peso. ( Sap 11,21 )

Dovremmo altresì domandarci - e lo possiamo se invocheremo l'aiuto di Dio che ce lo concederà e ce ne infonderà le forze - se queste tre proprietà [ delle cose]: misura, numero e peso - secondo le quali la Scrittura afferma che Dio ha disposto ogni cosa - erano in qualche luogo prima che fosse creato l'universo oppure furono create anch'esse e, se già esistevano, dov'erano.

In effetti prima della creazione non esisteva nulla all'infuori del Creatore.

Esse dunque erano in Lui. Ma come? Poiché noi leggiamo che anche queste cose, che sono create, erano in Lui. ( Rm 11,36 )

Identificheremo forse quelle proprietà con Lui stesso, o invece diremo forse che le opere della creazione sono, per così dire, in Lui che le guida e le governa?

Ma in qual modo quelle proprietà possono essere identificate con Dio?

Egli infatti non è né misura, né numero, né peso, né tutte queste proprietà insieme.

Oppure si deve forse pensare che Dio sia da identificare con queste proprietà come noi le conosciamo nelle creature, e cioè il limite nelle cose che noi misuriamo, il numero nelle cose che noi contiamo, il peso nelle cose che noi sentiamo?

Dovremo forse, al contrario, pensare che, nel senso in cui la misura assegna a ciascuna cosa il suo limite, il numero dà a ciascuna cosa la sua forma specifica, e il peso trascina ogni cosa al suo riposo e alla sua stabilità, è Dio che s'identifica con queste tre perfezioni nel senso fondamentale, vero e unico, poiché è Lui a limitare, a dare la forma specifica e a dare ordine a ogni cosa?

Ecco perché la frase: Tu hai disposto ogni cosa con misura, numero e peso nel modo che poté esprimersi l'intelligenza e il linguaggio dell'uomo non significa altro che: "Tu hai disposto ogni cosa in te stesso".

3.8 È un beneficio cospicuo e concesso a pochi oltrepassare tutto ciò che può essere misurato, per contemplare la Misura senza misura, oltrepassare tutto ciò che può essere numerato, per contemplare il Numero senza numero, oltrepassare tutto ciò che può essere peccato, per contemplare il Peso senza peso.

4 - Misura, numero e peso della realtà morale e spirituale; numero senza numero.

In effetti misura, numero e peso non si possono percepire soltanto nelle pietre, negli alberi e nelle altre masse terrestri o celesti di tal genere, qualunque sia la loro grandezza.

C'è anche una misura che regola un'azione e le impedisce di svolgersi senza controllo e di là dai limiti; c'è anche un numero dei sentimenti dell'animo e delle virtù, mediante il quale l'anima è tenuta lontano dalla deformità della stoltezza e ricondotta alla forma e alla bellezza della sapienza; e c'è anche un peso della volontà e dell'amore, per mezzo del quale appare quanto occorra pesare ogni cosa nel desiderarla, nell'evitarla, nel valutarla preferibile o trascurabile.

Ma questa misura delle anime e delle intelligenze è determinata da un'altra Misura, questo numero è formato da un altro Numero e questo peso è attratto da un altro Peso.

La Misura senza misura è quella alla quale si adatta ciò che viene da essa, mentre essa non viene da nessuna altra cosa; il Numero senza numero è quello in base al quale è formata ogni cosa, ma esso non viene formato; il Peso senza peso è quello al quale sono attirati per riposarvisi, coloro il cui riposo è gioia purissima, ma esso non è attirato più verso alcuna altra cosa.

4.9 - In qual senso intendere i termini suddetti

Ma chi sa il significato dei termini "misura", "numero" e "peso" unicamente in rapporto ad oggetti visibili, li conosce solo come può comprenderli uno schiavo.

Costui pertanto deve elevarsi al di sopra di tutto ciò che conosce in questo modo oppure, se non è capace, non deve attaccarsi agli stessi termini, a proposito dei quali non può che avere pensieri grossolani.

Queste cose infatti sono tanto più care a chi le vede nelle realtà di lassù, quanto meno è carne lui stesso nelle cose di quaggiù.

Se però uno rifiuta di usare questi termini, di cui ha imparato il senso in rapporto a realtà infime e assai spregevoli, per denotare realtà sublimi al fine di contemplare le quali si sforza di purificare il suo spirito, non dev'essere costretto a farlo, poiché - purché s'intenda ciò che si deve intendere - non bisogna preoccuparsi molto dei termini che si usano.

Importante è invece sapere quale rapporto di somiglianza intercorre tra le realtà inferiori e quelle superiori.

In caso contrario la ragione non potrebbe partire logicamente dalle realtà di quaggiù e sforzarsi di tendere verso [ quelle di ] lassù.

4.10 - Si spiega Sap 11,21

Ma allora, se uno dice che sono cose create la misura, il numero e il peso, con cui la Scrittura attesta che Dio ha disposto ogni cosa, e se Dio ha disposto ogni cosa per mezzo di esse, con che cosa Dio ha disposto le tre medesime cose?

Se con altre cose, come mai tutte le cose sono state disposte mediante quelle, quando quelle stesse sarebbero state disposte mediante altre cose?

Non si può dunque dubitare che quelle tre perfezioni con le quali sono state disposte tutte le cose sono fuori delle cose, che sono state disposte.

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