La musica

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Ritmo e metro

Teoria di ritmo verso e metro

1.1 - Ritmo e limite

M. - Questo terzo discorso, dato che si è detto a sufficienza sull'affinità e raccordo dei piedi, ci spinge ad esaminare che cosa ha origine da essi se sono disposti in una sequenza.

E prima di tutto ti chiedo se i piedi, che è di norma congiungere, una volta congiunti, possano produrre un ritmo ininterrotto, in cui non appare un limite fisso.

Il fatto accade allorché i musicanti battono con i piedi gli xilofoni e i cembali con ritmi determinati e tali che si svolgono con diletto dell'orecchio, ma con un andamento ininterrotto, in maniera che se non odi i flauti, non potresti rilevare fino a dove vada avanti la combinazione dei piedi né in qual punto essa ricominci daccapo.

Sarebbe come se tu volessi allineare di seguito cento pirrichi o più, a tuo piacimento, o altri piedi che sono tra loro affini.

D. - Comprendo e ammetto che si può avere una certa combinazione di piedi, in cui sia stabilito fino a quanti piedi si deve procedere e poi ricominciare.

M. - E giacché non neghi che esiste una determinata disciplina del far versi e hai ammesso di aver sempre ascoltato versi con diletto, puoi dubitare che si dia una combinazione di tal genere [ e non ammettere che si differenzia dal ritmo ]?

D. - È evidente che si dà anche questa e che differisce da quella trattata precedentemente.

1.2 - Ritmo, misura e metro

M. - Dunque perché si deve distinguere delle parole ciò che è distinto nei concetti, sappi che i greci chiamavano ritmo il primo genere di combinazioni e metro il secondo.

In latino il primo può esser chiamato numerus e il secondo mensio o mensura.

Ma poiché queste parole hanno nella nostra lingua un senso molto lato e ci si deve guardare dal parlare con doppi sensi, preferiamo usare le parole greche.

Tu vedi, penso, con quale precisione i due nomi sono stati imposti ai concetti.

Infatti, poiché il ritmo si svolge con determinati piedi e si commette errore nel comporlo se si mescolano piedi discordanti, giustamente è stato chiamato ritmo, cioè numero, ma poiché lo svolgimento in sé non ha misura e non è stabilito con quale numero di piedi debba notarsi la fine, non si doveva chiamar metro per mancanza di misura della sequenza.

Il metro appunto ha entrambe le caratteristiche giacché si svolge con piedi determinati ed ha una fine determinata.

Esso è dunque non solamente metro a causa del limite riconoscibile, ma è anche ritmo per la combinazione razionale dei piedi.

Dunque ogni metro è un ritmo, ma non ogni ritmo è un metro.

In musica infatti il concetto di ritmo è così esteso che tutta questa parte che riguarda il " lungamente " e il " non lungamente ", è chiamata ritmo.

Ma i dotti e gli scienziati hanno insegnato che non ci si deve preoccupare della terminologia se il concetto è chiaro.

Hai qualche obiezione o dubbio sulle nozioni che ho esposto?

D. - No, sono perfettamente d'accordo.

2.3 - Metro e verso

M. - Or dunque riflettiamo insieme se sia verso ogni metro, come è metro ogni verso.

D. - Rifletto, ma non trovo da rispondere.

M. - Perché credi che ti accada?

Forse perché si tratta di parole?

Infatti mentre in un dialogo possiamo rispondere sulle idee pertinenti a una disciplina, non così sulle parole, appunto perché le idee sono universalmente innate nella mente di tutti gli uomini, mentre i loro nomi sono stati imposti dall'arbitrio di individui e il loro significato si fonda sull'uso dovuto alla tradizione.

Ecco perché vi può essere diversità di linguaggi, ma non certo di idee che sono stabilite nella stessa verità.

Ascolta dunque da me ciò che da te non potresti rispondere.

Gli antichi non hanno chiamato metro soltanto il verso.

Dunque, per ciò che ti riguarda, giacché non si tratta più di nomi, cerca di comprendere se fra le due forme vi sia una differenza.

Infatti un ritmo di piedi si chiude con una fine così determinata che non ha importanza dove si abbia un comma prima di giungere alla fine, un altro invece non solo si chiude con una fine determinata, ma prima della fine a un certo punto si avverte una partizione, come se fosse formato da due cola.

D. - Non capisco.

M. - Fai attenzione dunque a questo esempio:

Ite igitur, / Camenae

Fonticolae / puellae

Quae canitis/sub antris

Mellifluos / sonores

Quae lavitis / capillum

Purpureum Hip/ pocrene

Fonte, ubi fu/sus olim

Spumea la/vit almus

Ora iubis / aquosis.

Pegasus, in / nitentem

Pervolatu/rus aethram.

Tu noti certamente che i primi cinque versi hanno un emistichio nel medesimo punto, cioè nel coriambo.

Ad esso si aggiunge il bacchio per completare il breve verso.

Tutti gli undici versi sono formati appunto da un coriambo e da un bacchio.

Gli altri, eccetto uno, cioè Ora iubis aquosis, non hanno nel medesimo punto un comma completo.

D. - Comprendo, ma non vedo a che scopo.

M. - Ma appunto per farti capire che questo metro non ha una sede, per così dire, normativa, con cui si abbia un emistichio prima della fine del verso.

Se così fosse, tutti avrebbero nel medesimo punto il comma o sarebbero rarissimi quelli che non l'avessero.

Ora su undici versi sei lo hanno e cinque no.

D. - Capisco e attendo a che mira la dimostrazione.

M. - Fai dunque attenzione a questo notissimo verso:

Arma vi/rumque ca/no Tro/iae qui/ primus ab / oris.

E per non portarla alle lunghe, dato che la poesia è notissima, esamina da questo fin dove vuoi i singoli versi e vi troverai un emistichio al quinto semipiede, cioè dopo due piedi e mezzo.

Infatti questi versi sono formati di piedi di quattro tempi e quindi la fine dell'emistichio, di cui si parla, è per così dire normativa al decimo tempo.

D. - È chiaro.

2.4 - Verso colon e cesura

M. - Or dunque puoi comprendere che tra quelle due forme, che ti ho presentato prima di questi esempi, v'è una certa differenza, e cioè che un metro prima di esser chiuso non ha un comma determinato e stabilito, come abbiamo esaminato negli undici brevi versi, mentre l'altro lo ha, come indica chiaramente nel verso epico il quinto semipiede.

D. - Ora mi è chiaro ciò che dici.

M. - Or devi sapere che dagli antichi dotti, che hanno grande autorità, non è stato dato il nome di verso alla prima forma di metro, ma che da loro è stato descritto e chiamato verso quel metro che è formato di due cola, riuniti in base a misura e regola determinate.

Tu comunque non darti pena per il nome, sul quale interrogato non potresti rispondere, se non ti venisse indicato da me o da qualcun altro.

Ma presta la più viva attenzione a ciò che insegna la ragione, come è l'argomento, di cui adesso trattiamo.

Ora la ragione insegna che fra queste due forme esiste una differenza, qualunque sia il vocabolo con cui sono indicate.

Quindi adeguatamente interrogato sull'argomento, potresti rispondere affidandoti alla stessa verità, ma non potresti rispondere sui nomi, se non dopo aver conosciuto la tradizione.

D. - Ho conosciuto con chiarezza queste nozioni ed ora posso valutare il peso che dài alla cosa, sulla quale tanto spesso richiami la mia attenzione.

M. - Vorrei dunque che tu tenessi presenti i tre termini, che necessariamente dovremo usare per discutere: ritmo, verso e metro.

Essi si distinguono perché ogni metro è anche ritmo, ma non ogni ritmo è anche metro ed ugualmente ogni verso è metro, ma non ogni metro è anche verso.

Dunque ogni verso è ritmo e metro.

Capisci, penso, che è logico.

D. - Sì, certamente. È più chiaro della luce.

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