La perfezione della giustizia dell'uomo

Indice

11.23 - Una testimonianza di Giobbe invocata da Celestio

Dopo queste ha proposto le testimonianze che di solito si citano contro costoro, e non le risolve, ma ricordando altri testi apparentemente contrari ha stretto ancora di più i nodi delle questioni.

Scrive: Testimonianze delle Scritture da opporre a coloro che maldestramente stimano di poter distruggere con l'autorità delle Scritture la libertà dell'arbitrio o la possibilità di non peccare.

Sono soliti infatti obiettare le parole del santo Giobbe: "Chi è mondo da peccato?

Nemmeno un bambino che abbia un solo giorno di vita sopra la terra". ( Gb 14,4 sec. LXX )

Poi fa vista di rispondere a questo testo riferendo le altre parole che lo stesso Giobbe dice di sé: Ludibrio sono diventato io, uomo giusto e integro. ( Gb 12,4 )

Non capisce il nostro scrittore che un uomo può dirsi giusto se si è avvicinato così d'appresso alla perfezione della giustizia da esserle prossimo.

E che ciò sia riuscito a molti anche nella vita attuale in cui si vive in stato di fede non lo neghiamo.3

11.24 - Un'altra testimonianza di Giobbe

Ciò viene confermato anche dalla testimonianza che costui porta, collegandola logicamente con la precedente, dal medesimo Giobbe: Ecco, tutto ho preparato per il giudizio, sono convinto che sarò dichiarato innocente. ( Gb 13,18 )

Il giudizio infatti di cui parla è quello riguardo al quale si dice altrove: Farà brillare come luce la tua giustizia e come il meriggio il tuo diritto. ( Sal 37,6 )

Non dice: "Sono nel giudizio", ma dice: Tutto ho preparato.

Che se per il suo giudizio vuole intendere non quello dove farà da giudice egli stesso, ma quello in cui dev'esser giudicato alla fine, in quel giudizio saranno trovati giusti tutti coloro che non dicono bugiardamente: Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori. ( Mt 6,12 )

Quindi per questa remissione saranno trovati giusti, avendo distrutto con le elemosine i peccati che si trovavano ad avere qui sulla terra.

Per questo dice il Signore: Date in elemosina ed ecco, tutto per voi sarà mondo. ( Lc 11,41 )

Questo infine sarà detto ai giusti sul punto d'andare nel regno promesso: Io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ( Mt 25,35 ) e le altre dichiarazioni simili.

Ma altro è essere senza peccato, e ciò è stato detto per la vita terrena unicamente dell'Unigenito, altro è essere senza riprensione, e questo si è potuto dire di molti giusti anche in relazione a questa vita: perché c'è un certo stile di buona condotta rispetto al quale anche, nel comportamento umano di adesso non si potrebbe muovere giusta riprensione.

Chi per esempio si potrebbe lamentare giustamente d'una persona che non vuole male a nessuno, che provvede diligentemente a quanti può, né mantiene desiderio di vendicarsi contro le ingiurie di chicchessia, così da poter dire con sincerità: Come noi li rimettiamo ai nostri debitori? ( Mt 6,12 )

E tuttavia, proprio perché dice con sincerità: Rimetti, come noi rimettiamo, dichiara di non essere senza peccato.

11.25 - La brevissima preghiera di Giobbe

Ecco perché Giobbe dice: Non c'è violenza nelle mie mani e pura è stata la mia preghiera. ( Gb 16,17 )

In tanto infatti era pura la sua preghiera in quanto egli non indegnamente chiedeva il perdono che sinceramente concedeva.

11.26 - Giobbe non soffrì senza colpa, ma oltre le sue colpe

Giobbe dice del Signore: Molte delle mie tribolazioni me le ha date senza ragione. ( Gb 9,17 )

Non dice: "Non me ne ha data nessuna con ragione", ma dice: Molte senza ragione.

Non gli furono infatti inflitte le sue molte sofferenze perché erano molti i suoi peccati, ma per provarne la pazienza. ( Gb 6,2-3 )

Per i peccati che altrove riconosce di avere giudica che avrebbe dovuto soffrire meno.

11.27 - Altre testimonianze di Giobbe

Giobbe dice pure: Io ho custodito le sue vie, non mi sono allontanato e non mi allontanerò dai suoi precetti. ( Gb 23,11-12 )

Custodisce le vie di Dio chi non si smarrisce così tanto da abbandonarle, ma progredisce correndo in esse, benché gli càpiti qualche volta per debolezza di sbagliare o di esitare.

Progredisce diminuendo i suoi peccati, finché non arrivi dove sarà senza peccato.

Non può progredire in altro modo che custodendo le vie di Dio.

Erra invece e si allontana dai precetti del Signore l'apostata, non colui che pur avendo il peccato non rinunzia tuttavia ad essere perseverante nel combattere contro di esso, finché non giunga là dove non ci sarà più nessuna battaglia da combattere contro la morte. ( 1 Cor 15,55 )

In questo combattimento dunque ci rivestiamo di quella giustizia della quale si vive adesso in virtù della fede e ce ne facciamo quasi una corazza. ( Is 59,17; Ef 6,14 )

Assumiamo anche il giudizio, che pronunziamo pure contro di noi a nostro vantaggio quando accusiamo e condanniamo i nostri peccati.

Per questo è scritto: Il giusto accusa se stesso fin dalle sue prime parole. ( Pr 18,17 )

A tal proposito Giobbe dice: Mi ero rivestito di giustizia come d'un vestimento, come mantello era la mia equità. ( Gb 29,14 )

Anche il mantello è una veste che suole essere più del tempo di guerra che del tempo di pace: una veste di questa vita in cui abbiamo da combattere contro la concupiscenza, non dell'altra vita quando la giustizia sarà piena e senza più l'ombra di nessun nemico, dopo che per ultima nemica sarà stata annientata la morte.

11.28 - Ancora una testimonianza di Giobbe

Quel medesimo sant'uomo di Giobbe dice: In tutta la mia vita il mio cuore non mi rimprovera nulla. ( Gb 27,6 )

Allora, nella vita presente in cui viviamo di fede, il nostro cuore non ci rimprovera nulla, solo se la medesima fede, in forza della quale con il cuore si crede per ottenere la giustizia, ( Rm 10,10 ) non trascura di rimproverarci il nostro peccato.

L'Apostolo dice in proposito: Io non compio il bene che voglio, ma il male che detesto. ( Rm 7,15 )

Il bene infatti che voglio è di non desiderare, e questo bene vuole il giusto che vive di fede,4 e tuttavia egli fa il male che detesta, perché desidera, benché non vada dietro alle sue concupiscenza: ( Sir 18,30 ) se vi è andato dietro, allora è proprio lui che l'ha fatto così da cedere, da acconsentire, da obbedire al desiderio del peccato.

È allora che il suo cuore lo rimprovera, perché allora rimprovera personalmente lui e non più quel peccato che abita nelle sue membra.

Se al contrario egli non lascia che il peccato regni nel suo corpo mortale così da obbedire ai suoi desideri, se non offre le proprie membra come strumenti d'ingiustizia al peccato ( Rm 6,12-13 ), il peccato risiede, sì, nelle sue membra, ma non vi regna, perché le sue brame non sono assecondate.

Perciò nel fare quello che detesta, cioè nel desiderare mentre non vuol desiderare, si trova d'accordo con la legge che è buona. ( Rm 7,17 )

Vuole infatti egli stesso quello che vuole anche la legge: egli vuole non desiderare e la legge dice: Non desiderare. ( Es 20,17 )

In questo, poiché vuole ciò che vuole la legge, è d'accordo con la legge.

Tuttavia desidera perché non è senza il peccato, ma non è più lui stesso a farlo, cioè a desiderare, bensì il peccato che abita in lui. ( Rm 7,20 )

Il suo cuore quindi non gli rimprovera nulla in tutta la sua vita, cioè nella sua fede, perché è di fede che vive il giusto5 e dunque la fede è la vita del giusto.

Sa infatti che non abita il bene nella sua carne dove abita il peccato, ( Rm 7,18 ) ma senza consentire al peccato vive di fede e con essa invoca Dio che lo aiuti mentre combatte contro il peccato, riguardo al quale ha il desiderio che non abiti affatto nella sua carne, ma non ha la capacità di fare perfettamente tal bene in se stesso. ( Rm 7,18 )

Non è che gli manchi la capacità di fare il bene, ma gli manca la capacità di fare il bene perfettamente.

Per esempio, non consentendo al peccato fa il bene, e odiando la propria concupiscenza fa il bene, e non cessando di elargire elemosine fa il bene, e perdonando a chi pecca contro di lui fa il bene, e chiedendo che gli siano rimessi i suoi debiti, e dichiarando con sincerità di rimetterli egli stesso ai suoi debitori, e pregando di non essere indotto in tentazione, ma di essere liberato dal male, fa il bene: tuttavia fare perfettamente il bene non è alla sua portata.

Lo sarà quando non esisterà più quella concupiscenza che abita nelle sue membra.

Non è lui dunque che il suo cuore rimprovera quando rimprovera il peccato che abita nelle sue membra e quando non ha da rimproverare a lui personalmente nessuna mancanza di fede.

Così da una parte il giusto non è rimproverato dal suo cuore nella sua vita, ossia nella sua fede, dall'altra è convinto che non è senza peccato.

Lo confessa di sé anche Giobbe dicendo: Nulla ti è sfuggito dei miei peccati.

Hai sigillato in un sacco le mie colpe e hai notato perfino le mie trasgressioni involontarie. ( Gb 14,16-17 )

Noi pertanto abbiamo spiegato, come ci è stato possibile, quale interpretazione si deve dare alle parole del santo Giobbe, citate da costui; egli al contrario non ha risolto la difficoltà che nasce dal testo del medesimo Giobbe riferito da lui: Chi è mondo dal peccato?

Nemmeno un bambino che abbia un solo giorno di vita sopra la terra. ( Gb 14,4 sec. LXX )

12.29 - Ogni uomo è inganno!

Scrive costui: Sono soliti opporre anche le parole: "Ogni uomo è inganno". ( Sal 116,2 )

Nemmeno a questo testo, proposto da lui contro se stesso, egli risponde, ma ricordando altre testimonianze, come se fossero contrarie ad esso, lascia i testi divini in contrasto tra loro agli occhi di quanti non capiscono la Scrittura santa.

Scrive infatti: Ad essi bisogna rispondere quello che è scritto nel libro dei Numeri: "L'uomo è verace". ( Nm 24,3.15 sec. LXX )

E del santo Giobbe si legge così: "C'era nella terra di Uz un uomo chiamato Giobbe: verace, senza colpa, giusto, timorato di Dio, alieno da ogni cosa cattiva". ( Gb 1,1 )

Mi meraviglio che costui abbia usato di questa testimonianza dove si dice: Alieno da ogni cosa cattiva, volendo con tale espressione intendere che era lontano da ogni peccato, mentre sopra ha detto che il peccato è un'azione cattiva e non una cosa.

Ricordi dunque che pur essendo un'azione può dirsi una cosa.

Si tiene lontano da ogni male colui che o non consente mai assolutamente al peccato, sebbene sia sempre in lui, o, se qualche volta ne è pressato, non ne rimane oppresso, come un lottatore più forte di un altro, benché gli capiti d'esser tenuto dall'avversario, non per questo perde la forza in cui lo supera.

Certamente si legge di uomini senza crimine, di uomini senza menda, ma non di uomini senza peccato, eccettuato il Figlio dell'uomo, il solo che è nello stesso tempo l'unico Figlio di Dio.

12.30 - L'uomo non può essere verace senza la grazia di Dio

Scrive costui: Nello stesso Giobbe si legge: "Mostrò il miracolo di un uomo verace". ( Gb 17,8 sec. LXX )

Ugualmente presso Salomone è detto della Sapienza: "Essa sta lontana dalla superbia, ma gli uomini sinceri stanno con essa". ( Sir 15,8 )

Nell'Apocalisse lo stesso: "Non fu trovata menzogna sulla loro bocca; sono senza macchia" ( Ap 14,5 ).

A questi testi rispondiamo anche noi avvertendo come per la grazia e la verità di Dio deve dirsi verace l'uomo che per se stesso è senza dubbio mendace.

In tal senso è scritto: Ogni uomo è inganno. ( Sal 116,2 )

Concorda in questo senso anche la testimonianza che risuona della sapienza e che egli stesso cita: Gli uomini sinceri stanno con essa. ( Sir 15,8 )

Senza dubbio costoro risulteranno mendaci non in quanto stanno con la sapienza, ma in se stessi.

Come indica il testo: Un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. ( Ef 5,8 )

Dicendo tenebra non aggiunge "nel Signore", dicendo luce aggiunge nel Signore, perché non potrebbero essere luce in se stessi, e così chi si vanta si vanti nel Signore. ( 1 Cor 1,31 )

Di quelli poi dell'Apocalisse in tanto si dice che non fu trovata menzogna sulla loro bocca ( Ap 14,5 ) in quanto non hanno detto che erano senza peccato.

Se lo dicessero, ingannerebbero se stessi e la verità non sarebbe in loro ( 1 Gv 1,8 ) e conseguentemente mancando in essi la verità, si troverebbe la menzogna sulle loro labbra.

Che se per non sollevare invidia contro di sé, pur essendo senza peccato, dicessero di non essere senza peccato, questa stessa sarebbe una menzogna e risulterebbe falsa la dichiarazione: Non fu trovata menzogna sulla loro bocca.

Per questo dunque sono senza macchia, ( Ap 14,5 ) perché, come essi hanno rimesso al loro debitori, così Dio ha rimesso ad essi e in tal modo li ha mondati.

Ecco, noi abbiamo spiegato, come ci è stato possibile, in che senso si devono intendere le testimonianze che costui cita a proprio favore.

Egli al contrario non spiega affatto il senso del testo: Ogni uomo è inganno e non lo potrà spiegare se non dopo aver corretto il
proprio errore per cui crede che l'uomo può esser  verace senza l'aiuto della grazia di Dio in forza della sua volontà soltanto.

13.31 - Il bene non manca tra gli uomini

Così pure ha impostato la questione che segue e non l'ha risolta, ma anzi l'ha aggravata e resa più difficile riportando la testimonianza invocata contro di lui: Più nessuno fa il bene, neppure uno, ( Sal 14,1.3 ) e riferendo altre testimonianze apparentemente contrarie a questa, per dimostrare l'esistenza di uomini che fanno il bene.

E la dimostra veramente. Ma altro è un uomo che non fa il bene e altro un uomo che non è senza peccato anche quando fa molte buone azioni.

Perciò i testi addotti da lui non vanno contro l'affermazione che in questa vita non esiste uomo senza peccato.

Egli invece non spiega in che senso sia stato detto: Più nessuno fa il bene, neppure uno ( Sal 14,1.3 ).

Scrive costui: Dice il santo Profeta Davide: "Confida nel Signore e fa' il bene". ( Sal 37,3 )

Questo è un precetto, non è un fatto: un precetto non rispettato certamente da coloro di cui si dice: Più nessuno fa il bene, neppure uno. ( Sal 14,1.3 )

Scrive costui: Anche il santo Tobia dice: "Non temere, figlio mio; noi conduciamo una vita povera, ma avremo grandi beni se temeremo il Signore, se ci asterremo da ogni peccato e faremo opere buone". ( Tb 4,21 )

Esattissimo: allora l'uomo avrà molti beni quando si sarà sottratto ad ogni peccato.

Quel giorno infatti non ci sarà più nessun male per lui, così da non aver più bisogno di dire: Liberaci dal male. ( Mt 6,13 )

Per quanto anche adesso chiunque progredisce, se progredisce con retta intenzione, si sottrae ad ogni peccato e tanto più se ne allontana quanto più si avvicina alla pienezza e alla perfezione della giustizia, perché la stessa concupiscenza, che è il peccato immanente nella nostra carne, ( Rm 6,12 ) pur restando ancora e per sempre nelle membra mortali, non cessa tuttavia di diminuire in coloro che progrediscono.

Altro dunque è sottrarsi ad ogni peccato, e ciò è il compito della vita d'ora, altro è l'essersi già sottratti ad ogni peccato, e ciò avverrà nella perfezione di allora.

Comunque, tanto chi si è già sottratto quanto chi si sta ancora sottraendo al peccato, fa innegabilmente il bene.

La frase dunque: Più nessuno fa il bene, neppure uno, ( Sal 14,1.3 ) che costui riporta e lascia senza spiegazione, come si deve intendere?

Solamente così: quel salmo rimprovera un popolo nel quale non c'era nemmeno uno che facesse il bene, perché volevano rimanere figli degli uomini e non essere figli di Dio, per la cui grazia l'uomo diventa buono e capace di fare il bene.

Dobbiamo infatti intendere che qui si parla del medesimo bene di cui là si dice: Il Signore dal cielo si china sugli uomini per vedere se esista un saggio: se c'è uno che cerchi Dio. ( Sal 14,2 )

Non c'era dunque nessuno che facesse questo bene di cercare Dio, neppure uno; ma non c'era in mezzo a quella cerchia di uomini che sono predestinati alla rovina.

Su costoro infatti si chinò la prescienza di Dio e pronunziò la sentenza.

14.32 - Dio solo è buono?

Scrive costui: Obiettano altresì quello che dice il Signore: "Perché mi dici buono? Nessuno è buono se non uno solo, Dio". ( Lc 18,19; Mc 10,18 )

Lascia ugualmente in sospeso anche questa proposizione, ma mette di fronte ad essa altre testimonianze per provare che pure l'uomo è buono.

Scrive infatti: Bisogna rispondere quello che afferma altrove lo stesso Signore:

"L'uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae cose buone", ( Mt 12,35 )

e: "Dio fa sorgere il suo sole sopra i buoni e sopra i malvagi". ( Mt 5,45 )

E altrove è scritto: "I beni per i buoni furono creati fin da principio". ( Sir 39,25 )

E ancora: "Gli uomini retti abiteranno nel paese". ( Pr 2,21 )

Si deve rispondere a costui, ma in modo da rendere intelligibile anche la dichiarazione: Nessuno è buono se non uno solo, Dio. ( Lc 18,19; Mc 10,18 )

Una spiegazione può essere la seguente.

Tutte le cose create, sebbene Dio le abbia fatte molto buone, ( Gen 1,31 ) nondimeno a confronto del Creatore non sono buone, come a confronto di lui non esistono nemmeno.

In senso altissimo e in certo qual modo esclusivo dice di se stesso: Io sono colui che sono. ( Es 3,14 )

Si afferma che nessuno è buono se non uno solo, Dio nel senso in cui si dice di Giovanni: Egli non era la luce, ( Gv 1,8 ) benché il Signore dica che egli era una lampada, ( Gv 5,35 ) non meno dei discepoli ai quali dichiarò: Voi siete la luce del mondo; non si può accendere una lucerna per metterla sotto il moggio. ( Mt 5,14-15 )

Ma a confronto con quella luce che è la vera luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo, ( Gv 1,9 ) Giovanni non era la luce.

Un'altra spiegazione è la seguente.

Anche i figli di Dio confrontati con loro stessi quali sono destinati ad essere nella perfezione eterna, sono attualmente buoni in maniera da essere insieme anche cattivi.

Io non oserei affermarlo di essi - chi ardirebbe chiamare cattivi coloro di cui è padre Dio? -, se il Signore stesso non dicesse: Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano! ( Mt 7,11 )

Proprio dicendo: Il Padre vostro indica che sono già figli di Dio, eppure non tace che sono ancora cattivi.

Costui tuttavia non spiega come per un verso gli uomini siano buoni e come per un altro nessuno sia buono all'infuori dell'unico Dio.

Perciò colui che aveva interrogato Gesù sul bene da fare fu esortato a cercare Dio per essere buono con la grazia di colui per il quale essere buono è lo stesso suo essere, perché è buono immutabilmente e non può essere cattivo in nessun modo.

15.33 - Chi si vanterà dinanzi a Dio di avere un cuore puro?

Scrive costui: Dicono altresì: "Chi può dire d'avere un cuore puro? ". ( Pr 20,9 )

E a questa difficoltà risponde con molti altri testi, volendo dimostrare la possibilità nell'uomo di un cuore puro.

Però non dice come si deve intendere il testo che riporta quale obiezione contro di sé: Chi può dire d'avere un cuore puro? in modo che la Scrittura divina non apparisca contraria a se stessa in questo testo e negli altri con i quali risponde.

Noi invece per rispondere a costui diciamo che le parole: Chi può dire d'avere un cuore puro? sono giustificate da quelle che precedono: Quando il giusto re si sarà assiso sul trono. ( Pr 20,8 )

Per quanto infatti sia grande la giustizia di cui è ricco un uomo, egli deve temere che senza accorgersene si trovi in lui qualcosa di colpevole, quando si sarà assiso sul suo trono il giusto Re al cui sguardo non possono sfuggire le colpe, nemmeno quelle delle quali si legge: Le inavvertenze chi le discerne? ( Sal 19,13 )

Quando dunque il giusto re si sarà assiso sul trono, chi può dire di avere un cuore puro?

O chi potrà dire d'essere mondo dal peccato? ( Pr 20,8-9 )

Nessuno, all'infuori forse di costoro che vogliono gloriarsi della propria giustizia e non della misericordia dello stesso giudice.

15.34 - Con la grazia di Dio diventa puro il cuore umano

Sono tuttavia esatte anche le testimonianze che costui oppone in risposta.

Quello che il Salvatore dice nel Vangelo: "Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio". ( Mt 5,8 )

Quello che afferma Davide: "Chi salirà il monte del Signore: Chi starà nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro". ( Sal 24,3-4 )

Quello che si legge altrove: "La tua bontà, Signore, sia con i buoni e con i retti di cuore". ( Sal 125,4 )

Quello ancora che si trova presso Salomone: "Buona è la sostanza della ricchezza per chi non ha peccato sulla coscienza", ( Sir 13,24 ) e anche: "Fuggi l'ingiustizia, opera con mani caste e monda il tuo cuore da ogni peccato". ( Sir 38,10 )

Quello che si trova in una lettera di Giovanni: "Se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, noi abbiamo fiducia in Dio e qualunque cosa chiediamo la riceviamo da lui". ( 1 Gv 3,21-22 )

Tutto ciò si compie appunto con la volontà: credendo, sperando, amando, castigando il nostro corpo, donando elemosine, perdonando le offese, pregando perseverantemente, chiedendo la forza di progredire, affermando sinceramente: Rimetti a noi, come noi rimettiamo, e: Non c'indurre in tentazione, ma liberaci dal male. ( Mt 6,12-13 )

È questo precisamente che si compie: che il cuore si purifichi, che sparisca ogni peccato, che quanto il giusto Re assiso sul suo trono ( Pr 20,8 ) trovi d'occulto e di meno bello venga rimesso dalla sua misericordia, che il cuore sia reso tutto sano e puro per vedere Dio.

Il giudizio sarà senza misericordia, ma contro chi non avrà usato misericordia; la misericordia invece ha sempre la meglio nel giudizio. ( Gc 2,13 )

Se non fosse cosi, quale speranza ci sarebbe? Perché, quando il giusto re si sarà assiso sul trono, chi può dire d'avere un cuore puro?

O chi può dire d'esser mondo dal peccato? ( Pr 20,8-9 )

Allora dunque i giusti, pienamente e perfettamente mondati dalla sua misericordia, splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. ( Mt 13,43 )

15.35 - La Chiesa gloriosa

Allora la Chiesa sarà in modo pieno e assoluto senza macchia, senza ruga, senza alcun altro difetto, ( Ef 5,27 ) perché allora sarà anche veramente gloriosa; Dicendo infatti non soltanto: Per farsi comparire davanti la sua Chiesa senza macchia né ruga, ma in aggiunta pure gloriosa, ( Ef 5,27 ) ha fatto ben capire quando la Chiesa sarà senza macchia né ruga o alcunché di simile: lo sarà al momento di essere gloriosa.

Presentemente in mezzo a così grandi mali, a così grandi scandali, a tanta mescolanza di pessima gente, a tante insolenze da parte degli empi, non si può dire che la Chiesa sia gloriosa per il semplice fatto che i re le prestano i loro servizi: c'è anzi in questo una tentazione ancora più pericolosa e grave.

Ma sarà invece gloriosa all'avverarsi di quello che dice il medesimo Apostolo: Quando si manifesterà il Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria. ( Col 3,4 )

Se infatti il Signore stesso, secondo la natura di servo ( Fil 2,6 ) mediante la quale si è unito alla Chiesa per fare da mediatore, non fu glorificato se non con la gloria della risurrezione - tanto che si legge: Non era stato dato ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato ( Gv 7,39 ) -, come potrebbe la sua Chiesa dirsi gloriosa prima della propria risurrezione?

Il Signore dunque la purifica presentemente per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola, ( Ef 5,26 ) lavando i suoi peccati trascorsi e fugando da essa la prepotenza degli angeli cattivi; poi, portando alla perfezione tutte le sue guarigioni, la fa sfociare in quella Chiesa gloriosa senza macchia né ruga.

Infatti quelli che ha predestinati li ha anche chiamati, quelli che ha chiamati li ha anche giustificati, quelli che ha giustificati li ha anche glorificati. ( Rm 8,30 )

In relazione a tale mistero io credo che abbia detto: Ecco, io scaccio i demoni e compio guarigioni oggi e domani, e il terzo giorno ho finito, ( Lc 13,32 ) cioè raggiungo la perfezione.

Lo dice infatti in nome del suo corpo che è la Chiesa, usando i giorni al posto di epoche distinte e ordinate, che già nella sua risurrezione ha rappresentate in un triduo.

15.36 - Cuore retto e cuore mondo

Penso poi che ci sia differenza tra retto di cuore e mondo di cuore.

Infatti anche il retto di cuore si protende verso il futuro, dimentico del passato, ( Fil 3,14 ) per poter giungere con un cammino diritto, cioè con la dirittura della fede e della perseveranza, là dove egli possa abitare mondo di cuore.

Ugualmente si deve dare a ciascuno il suo nel testo che dice: Chi salirà il monte del Signore?

Chi starà nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro. ( Sal 24,3-4 )

Chi ha mani innocenti salirà, chi ha cuore puro starà: l'innocenza delle mani è durante il lavoro, la purezza del cuore è nella ricompensa.

Ed è piuttosto in riferimento a quella ricompensa che bisogna intendere la frase: Buona è la sostanza della ricchezza per chi non ha peccato sulla coscienza. ( Sir 13,24 )

Allora infatti la sostanza sarà veramente buona, cioè sarà vera ricchezza, quando sarà sparita tutta la povertà, cioè quando sarà distrutta ogni infermità.

Per adesso invece l'uomo fugga l'ingiustizia: la fugge progredendo e rinnovandosi di giorno in giorno; ( 2 Cor 4,16 ) operi con mani caste: volgendole alle opere di misericordia; mondi il suo cuore da ogni peccato: ( Sir 38,10 ) sia misericordioso, perché gli si rimetta con un facile perdono quanto ancora gli resta.

Questo è il senso giusto che salutarmente, senza vana e inutile iattanza, si coglie in ciò che dice S. Giovanni: Se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, noi abbiamo fiducia in Dio e qualunque cosa chiediamo la riceviamo da lui. ( 1 Gv 3,21-22 )

Sembra che in questo passo abbia voluto ammonirci che il nostro cuore non ci rimproveri qualcosa proprio nella stessa orazione e petizione, cioè che eventualmente sul punto di dire: Rimetti a noi, come noi rimettiamo ( Mt 6,12 ) ci sentiamo colpevoli di non fare quello che diciamo o ci manchi il coraggio di chiedere quello che non facciamo e perdiamo la fiducia di chiedere.

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4 Sopra 2,4
5 Sopra 2,4