Questioni sui Vangeli

Indice

Libro II

40.1 Molte domande ci si può porre riguardo a quei lebbrosi che il Signore mondò ingiungendo loro di andare a presentarsi ai sacerdoti, ed effettivamente nel fare la ricerca c'è proprio da rimanere turbati.

Prima di tutto per il numero. Che rappresenta il fatto che erano dieci e che uno solo venne a ringraziare?

È una questione in cui si è liberi e, anche tralasciando le ricerche, non viene frodato molto né poco il desiderio di chi legge.

Un problema reale presenta invece il motivo per cui li mandò dai sacerdoti, sicché la guarigione avvenne durante il cammino.

Non risulta infatti che il Signore abbia inviato dai sacerdoti nessuno di coloro cui accordò benefici nel corpo all'infuori dei lebbrosi.

Così a quell'altro, anch'esso mondato dalla lebbra, disse: Va', mostrati ai sacerdoti e offri a tuo favore il sacrificio prescritto da Mosè, perché sia una testimonianza contro di loro. ( Lc 5,13-14 )

Ci si può inoltre chiedere come possa parlarsi della loro purificazione spirituale se il Signore li rimprovera di ingratitudine.

Sul piano corporale è in realtà facile vedere che un uomo non ha più la lebbra e tuttavia è privo di bontà d'animo; però, a considerare il miracolo nel suo significato si rimane stupiti che un ingrato possa essere detto puro.

40.2 Occorre pertanto esaminare cosa significhi la lebbra; e notiamo subito che quelli che ne vennero esentati li si dice non guariti ma mondati.

La lebbra in effetti è un'alterazione del colore [ della pelle ], non della salute o dell'integrità dei sensi o delle membra.

Non è quindi assurdo identificare i lebbrosi con coloro che, non conoscendo la vera fede professano svariate dottrine erronee.

Non si tratta di coloro che tengono nascosta la propria ignoranza ma la diffondono palesemente, quasi fosse somma saggezza, e la sbandierano con discorsi boriosi.

E veramente non c'è dottrina che, per quanto falsa, non contenga mescolato qualcosa di vero.

Quando dunque in una disputa o nel racconto di qualcuno il vero viene alla rinfusa mescolato col falso e le cose appaiono come nel colore di un medesimo corpo, noi diciamo che questo appunto significa la lebbra, che altera e macchia il corpo umano con segni colorativi sia veri che falsi.

Da gente come questa la Chiesa deve tenersi lontana affinché, se possibile, essi allontanati e segregati si rivolgano a Cristo con forti grida, come questi dieci che stando a distanza elevarono la voce e dissero: Gesù maestro, abbi pietà di noi!

Lo chiamano Maestro e non saprei dire se ci sia stato qualche altro che, chiedendo un rimedio corporale, si sia rivolto al Signore con questo appellativo.

Chiamandolo Maestro credo che in ciò sia indicato assai chiaramente come per lebbra debba intendersi ogni falsa dottrina, da cui il Maestro buono purifica gli uomini.

40.3 Riguardo al sacerdozio giudaico non c'è nessuno ( o quasi ) dei fedeli che dubiti essere stato una prefigurazione del sacerdozio regale dei tempi futuri.

Questo si trova nella Chiesa e ne vengono consacrati tutti coloro che fanno parte del corpo di Cristo, pontefice sommo e vero.

In effetti nel Nuovo Testamento tutti i fedeli sono unti e consacrati, mentre prima l'unzione era riservata ai soli re e sacerdoti, per cui le parole che dice Pietro nella lettera indirizzata all'intero popolo cristiano: Voi siete il sacerdozio regale, ( 1 Pt 2,9 ) fanno comprendere che l'un titolo e l'altro convengono a tutto il popolo, come a tutti appartiene quell'unzione.

Ne segue che gli altri difetti riguardanti la salute e, per così dire, le membra dell'anima e della sensibilità il Signore li sana e corregge lui stesso direttamente, agendo interiormente nella coscienza e nell'intelletto.

L'istruzione concernente l'uso dei sacramenti viceversa è propriamente affidata alla Chiesa, e altrettanto si dica dell'incarico di catechizzare con discorsi eloquenti e con opportune lezioni.

In queste attività si riscontra un colorito vero e sincero che è alla vista di tutti e si manifesta in maniera ben chiara all'esterno.

Non si tratta infatti di cose che accadono nel segreto del pensiero ma di azioni che si compiono all'esterno.

È il caso di Paolo. Egli udì la voce del Signore: Perché mi perseguiti? e: Io sono Gesù che tu perseguiti; ( At 9,4-5 ) eppure fu inviato ad Anania affinché mediante il sacerdozio ufficiale della Chiesa ricevesse il sacramento e la dottrina della fede e fosse così comprovato il suo vero colore. ( At 9,10-18 )

Non perché il Signore non possa fare tutto lui stesso direttamente - chi è infatti che opera tali cose nella Chiesa? - ma perché la società dei fedeli adunati si incarichi di accordare l'unità del vero colore a tutto il corpo.

Ciò avviene con lo scambio dell'approvazione e della comunione nella dottrina della vera fede in tutte le cose che si predicano a voce o si suggellano con i sacramenti.

A questo si riferisce il testo dell'Apostolo: In seguito, dopo quattordici anni, salii a Gerusalemme con Barnaba recando con me anche Tito.

Vi salii per una rivelazione ed esposi loro il Vangelo che predico fra le genti; lo esposi però in privato ai notabili, perché non succedesse che io avessi corso invano e invano stia correndo.

E poco dopo afferma: Conoscendo la grazia che mi è stata data, Giacomo, Pietro e Giovanni, che sembravano essere le colonne, porsero a me e a Barnaba la destra in segno d'unione. ( Gal 2, 1-2.9 )

Il confronto avvenuto mostrava l'unico volto della dottrina, esclusa ogni divergenza.

La stessa cosa inculca ai Corinzi dicendo: Vi scongiuro, fratelli, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, di dire tutti la stessa cosa. ( 1 Cor 1,10 )

Allo stesso modo Cornelio. Quando gli viene annunciato dall'angelo che le sue elemosine erano state accettate e le sue preghiere esaudite, riceve l'ordine di mandare [ dei familiari ] da Pietro per avere confermata l'unità nella dottrina e nei sacramenti.

Fu come se anche a lui fosse stato detto: Andate e mostratevi al sacerdote. Nell'andare infatti furono mondati.

Pietro era, sì, venuto da loro ma, non avendo essi ricevuto il sacramento del battesimo, non erano ancora spiritualmente pervenuti dai sacerdoti, anche se mediante l'infusione dello Spirito Santo e la meraviglia suscitata dal fatto delle lingue era palesemente apparsa la loro guarigione. ( At 10,25-26 )

40.4 Stando così le cose, rimane facile vedere come nella comunità della Chiesa ci può essere un altro errore.

Uno ha raggiunto l'integrità e la verità nella dottrina e parla di ogni argomento secondo la regola della fede cattolica, sa distinguere la creatura dal Creatore, ( Rm 1,25 ) e con ciò si manifesta come uno che si è liberato dalla lebbra delle svariate falsità.

Se un tale dottore è ingrato verso Dio e verso il nostro Signore che lo ha mondato e, montando in superbia, non si prostra davanti a Dio con pia umiltà per rendergli grazie, diventa simile a coloro di cui dice l'Apostolo: Avendo conosciuto Dio, non lo glorificarono come Dio né gli resero grazie. ( Rm 1,21 )

Dicendo che hanno conosciuto Dio fa vedere che essi in realtà sono stati liberati dalla lebbra, ma subito dopo li dice colpevoli di ingratitudine.

Pertanto gente come questa rimane nel numero nove, in quanto sono persone imperfette.

Se infatti al nove si aggiunge l'uno, si ottiene una, chiamiamola pure, immagine dell'unità.

In questo numero si raggiunge una così grande completezza che la numerazione non può procedere oltre se non si riparte dall'unità: regola che si mantiene per tutta l'infinita serie di numeri.

Il nove dunque ha bisogno dell'uno per racchiudersi in una cifra simbolo, per così dire, dell'unità e far dieci; viceversa l'uno non ha bisogno degli altri numeri per raggiungere l'unità.

Ecco perché quei nove che non andarono a ringraziare, disapprovati, furono esclusi dalla partecipazione all'unità, mentre quell'uno che si recò a ringraziare, rappresentando l'unica Chiesa, fu elogiato e lodato.

E notare che, siccome quei nove erano giudei, si dichiara loro che per la propria superbia hanno perso il regno dei cieli, che è la massima sede dell'unità.

Quell'uno invece era un samaritano, che vuol dire "custode": egli attribuì il beneficio ricevuto a colui dal quale l'aveva ricevuto.

Con tale gesto cantava quanto scritto nel salmo: Riporrò in te la mia fortezza, ( Sal 59,10 ) e così, assoggettandosi al Re mediante il ringraziamento, con questo atto umile e devoto ottenne in maniera stabile l'unità del Regno.

41 Che intende dire il Signore con le parole: Chi sarà sul tetto se i suoi attrezzi sono in casa non scenda a prenderli?

È sul tetto colui che, superando le attrattive carnali, vive nell'aria libera della vita secondo lo spirito.

I suoi attrezzi rimasti in casa sono i sensi del corpo, dei quali molti si servono per ricercare la verità ma cadono in errori grossolani perché la verità si raggiunge con l'intelletto.

Nell'uomo spirituale dunque gli arnesi corporei stanno in casa inoperosi, in quanto egli, oltrepassato il corpo con la mente, per l'acume dell'intelligenza si trova ad abitare come sopra il tetto e gode della luce abbagliante della sapienza come attraverso un cielo squarciato.

Se un tale uomo incontrerà giorni di tribolazione non si lasci attirare dai piaceri della vita carnale che si alimenta attraverso i sensi del corpo e non scenda a prendere i suoi arnesi.

42 Che significano le parole: Parimenti chi sarà nel campo non torni indietro?

Chi compie delle attività nella Chiesa e, come Paolo e Apollo, pianta o irriga, ( 1 Cor 3,6 ) non deve mirare a miraggi mondani, ai quali ha rinunciato.

43 Cosa rappresenta la moglie di Lot? Coloro che nella tribolazione si voltano indietro e distolgono gli occhi dalla speranza delle promesse divine.

È questo il motivo per cui fu cambiata in statua di sale: ( Gen 19,26 ) condire, in certo qual modo, il cuore degli uomini esortandoli a non ripetere la stessa cosa, per non essere degli insipienti.

44.1 Chi sono quei due che in quella notte si trovano nello stesso letto e quelle due addette alla stessa macina e quei due che stanno nel campo, dei quali, abbinati come sono, uno viene preso e l'altro lasciato?

Mi pare che il testo figuratamente parli di tre categorie di persone.

Alla prima categoria appartengono coloro che si scelgono la vita nel riposo e nella quiete né si occupano di faccende secolari o attività ecclesiastiche: vita di tranquillità, ben rappresentata dall'immagine del letto.

La seconda categoria è costituita dal popolo che, guidato dai maestri, si dedica alle realtà mondane.

Se costoro sono presentati come donne è perché, come ho detto, sta bene che la donna si lasci guidare dai consigli degli esperti; e se si dice che stavano girando la mola, è in riferimento al girare e rigirare che impongono le occupazioni mondane.

Se poi aggiunge che giravano la mola insieme, lo fa perché con i loro averi e le loro occupazioni sovvengono alle necessità della Chiesa.

La terza categoria è formata da coloro che sono impegnati nei ministeri della Chiesa presentata come campo di Dio: lavoro che l'Apostolo chiama cultura di un campo. ( 1 Cor 3,9 )

Ora in ciascuna di queste tre categorie ci sono due tipi di persone, che vengono distinti secondo la resistenza delle loro forze.

È vero, come sembra, che tutti rientrano tra i membri della Chiesa, tuttavia quando giunge la prova della tribolazione, e fra quelli che sono nella quiete e fra quelli che vivono fra le occupazioni temporali e fra quelli che servono Dio nella Chiesa alcuni restano saldi, altri cadono.

Quelli che restano saldi vengono presi, quelli che cadono vengono abbandonati.

Pertanto l'espressione: Uno verrà preso, l'altro lasciato non la si dice come riguardante due persone singole: essa riguarda piuttosto due tipi di attaccamento interiore, che si trovano in tutte e tre le categorie delle persone sopra menzionate nelle diverse professioni.

Dicendo poi: In quella notte si riferisce a quella tribolazione.

44.2 A coloro che in queste categorie di persone vengono prelevati, penso abbiano riferimento anche i tre celebri nomi di santi personaggi: Noè, Daniele e Giobbe, ( Ez 14,14 ) che il profeta Ezechiele afferma essere gli unici che verranno liberati.

Sembra infatti che Noè dica riferimento a coloro che governano la Chiesa. ( Gen 7,7 )

Infatti da lui fu guidata l'arca durante il diluvio: la quale arca era figura della Chiesa.

Quanto a Daniele, egli rimase celibe, ricusò cioè le nozze terrene per vivere, come dice l'Apostolo, senza preoccupazioni terrene e pensare esclusivamente alle cose di Dio. ( 1 Cor 7,32-34 )

Egli rappresenta la categoria di coloro che vivono nella quiete e sono fortissimi nelle varie prove, e così vengono prescelti.

Finalmente Giobbe. Egli aveva moglie e figli, e possedeva molti beni materiali. ( Gb 1,1-3 )

Raffigura coloro che sono incaricati di girare la mola e tuttavia sono quanto mai forti durante la tentazione, come lo fu Giobbe.

Non per altro infatti li si sarebbe potuti prescegliere.

Non credo che la Chiesa consti di altre categorie di persone all'infuori di queste tre.

Esse si distinguono ciascuna in due serie secondo che sono prese o lasciate.

Tuttavia in ogni categoria si possono trovare molte diversificazioni secondo le diverse inclinazioni e scelte della volontà, concorrendo però tutte a creare la concordia e l'unità.

45.1 Vogliamo esaminare la parabola del giudice iniquo, composta dal Signore per insegnarci che bisogna pregare sempre e mai stancarsi.

Era un giudice che non temeva Dio e non aveva riguardi per gli uomini; mosso tuttavia dalle insistenti suppliche di una vedova si piegò a renderle giustizia per non essere da lei importunato.

Questo infatti suonano le sue parole: Affinché non mi molesti.

A questo proposito è da ricordare che alcune parabole del Signore si basano sulla similitudine.

Tale è la parabola di quel servo al quale il padrone condonò tutto quello che, fatti i conti, risultò essergli dovuto, mentre lui non volle concedere nemmeno una piccola dilazione al compagno di servizio. ( Mt 18,23-35 )

Lo stesso si dica di quel creditore che, avendo condonato il debito a due debitori, ricevette più amore da colui a cui era stato condonato di più. ( Lc 7,41-43 )

Così quell'uomo che aveva due figli, dei quali il maggiore lavorava i campi e rimase presso il padre, mentre il minore se ne andò a dissipare in regioni lontane. ( Lc 15,11-32 )

E così tantissime altre, nelle quali per la somiglianza delle situazioni si ricava la comprensione del senso per cui sono state proposte: esse lo insinuano e noi lo si va a ricercare.

Altre volte invece la parabola dimostra qualcosa in forza della dissomiglianza.

Così le parole: Se Dio veste così l'erba del campo che oggi c'è e domani viene gettata nel forno, quanto più vestirà voi, gente di poca fede? ( Mt 6,30 )

A questa categoria appartiene anche la parabola di quel servo cui il padrone mandò a dire che sarebbe rimosso dall'amministrazione ed egli defraudò il padrone falsificando le ricevute dei debitori e abbonando loro quanto gli sembrava opportuno.

Non ci esorta infatti in alcun modo il Signore a defraudarlo, ma dice che quel tale fu lodato dal padrone perché provvide al suo avvenire pur usando la frode.

E questa ne è la conclusione: con quanto maggiore solerzia dovranno provvedersi i beni della vita eterna coloro che, compiendo opere di giustizia in conformità con il precetto ricevuto intendono procurarsi amici con l'iniquo mammona! ( Lc 16,1 )

Così abbiamo esposto a suo luogo.3

Al medesimo genere appartiene anche la parabola di colui che, mentre stava a dormire, viene svegliato per dare tre pani al suo amico e lui glieli dà non per l'amicizia ma per liberarsi dell'importunità.

Se infatti costui diede spinto dalla molestia, ( Lc 11,5-8 ) quanto più Dio - che ama i suoi ( Gv 13,1 ) e lui stesso li esorta a chiedere -, non darà i suoi beni a coloro che glieli chiedono! ( Mt 7,7-11 )

Pertanto la prima categoria [ di parabole ] può completarsi con parole come queste: Come nella parabola così nei fatti.

La seconda categoria al contrario: Se nella parabola avvenne così, quanto più nei fatti; ovvero: Se non si approva la parabola, quanto meno la realtà.

Ma questi rapporti a volte sono presentati in maniera oscura, mentre altre volte in maniera palese.

45.2 Nella nostra parabola il giudice iniquo è presentato non per ragioni di somiglianza ma di contrasto.

Il Signore intendeva mostrare quanta certezza hanno quelli che pregano con perseveranza Dio, che è fonte di giustizia e di misericordia e di tutto quello che può dirsi o ascoltarsi di più nobile ed elevato.

Per mostrare questo presentò quel giudice presso il quale, sebbene iniquo all'estremo, tanto valse la perseveranza dell'orante che ottenne l'adempimento del desiderio che voleva si adempisse.

Quanto invece alla vedova, può essere l'immagine della Chiesa, in quanto al presente, finché cioè non torna il Signore, è senza marito, sebbene il Signore anche ora si prenda cura di lei.

Può turbare il fatto che gli eletti di Dio chiedano vendetta, come dice in maniera molto palese anche l'Apocalisse di Giovanni nei riguardi dei martiri, ( Ap 6,10 ) mentre [ nel Vangelo ] ci si esorta a pregare per i nemici e i persecutori. ( Mt 5,44 )

Bisogna tener presente al riguardo che la vendetta dei giusti si ha quando tutti i cattivi scompaiono.

Ora, questa scomparsa dei cattivi avviene in due modi: o con la conversione alla vita giusta o con la punizione con la quale viene loro tolta la facoltà che nella vita presente esercitano a danno dei buoni, certo con vantaggio di questi ultimi.

Sta comunque di fatto che anche nell'ipotesi che tutti gli uomini si convertissero a Dio, compresi quei nemici per i quali ci si comanda di pregare, rimarrebbe a ricevere la condanna alla fine del mondo il diavolo, che ora opera nei figli dell'incredulità. ( Ef 2,2 )

Quando dunque i giusti esprimono il desiderio che giunga questa fine, sebbene in vita preghino per i propri nemici, non è senza senso dire che essi ne desiderano anche la giusta punizione.

46.1 L'aristocratico che si recò in una regione lontana per prendere il regno e poi ritornare è, come possiamo intendere, il nostro Signore Gesù Cristo.

La regione lontana è la Chiesa dei gentili che si estende fino alle estremità della terra.

Parla poi del suo ritorno: si allontanò perché entrasse l'intero popolo dei gentili ma ritornerà perché sia salvo anche tutto Israele. ( Rm 11,25 )

Le dieci mine rappresentano la legge a motivo delle dieci parole.

I dieci servi coloro ai quali, sebbene stessero sotto la legge, fu predicata la grazia.

Il fatto poi che quelle mine furono loro date in uso lo riferiamo al momento in cui compresero che la legge, una volta rimosso il velo, ( 2 Cor 3,16 ) rientra nel Vangelo.

I suoi concittadini, che alla sua partenza mandarono un'ambasceria dicendo che non lo volevano per loro re, sono i giudei, i quali anche dopo la sua resurrezione perseguitarono gli apostoli e respinsero la predicazione del Vangelo.

Ma quel tale ricevuto il regno tornò.

Egli cioè ritornerà con la gloria più evidente e sublime che si possa immaginare, ( Mt 16,27 ) nonostante che, quando apparve nell'umiltà, dicesse: Il mio regno non è di questo mondo. ( Gv 18,36 )

46.2 Quando i servi vennero a rendere conto della somma che avevano ricevuto, vengono lodati quelli che avevano guadagnato.

Ciò significa che presentano un rendiconto positivo coloro che hanno impiegato bene la somma ricevuta e hanno aumentato le ricchezze del padrone inducendo altri a credere in lui.

Chi trascura questo compito è rappresentato da quel servo che tenne la sua mina nascosta nel fazzoletto.

Ci sono in effetti delle persone che nella loro perversione si lusingano dicendo: " Basta a ciascuno render conto di se stesso.

Che bisogno c'è di predicare agli altri o di assumere un ministero, per poi render conto anche di loro?

In effetti sono inescusabili dinanzi al Signore anche coloro che non hanno ricevuto la legge e sono passati all'altra vita senza aver ascoltato il Vangelo.

Essi infatti potevano conoscere il Creatore attraverso le creature, in quanto i suoi attributi invisibili da quando il mondo è stato creato si rilevano con l'intelletto attraverso le cose create". ( Rm 1,20-21 )

Questo però è come un voler mietere dove non si è stato seminato, cioè considerare rei di empietà anche coloro ai quali non è stata annunziata la parola della legge o del Vangelo; perché certuni volendo evitare il pericolo del giudizio, mossi da pigrizia e mollezza rifuggono dal prestare il servizio della parola.

Ora comportarsi così è come legare in un fazzoletto la moneta ricevuta.

Quanto alla banca cui si doveva dare il denaro, intendiamo trattarsi della stessa professione della religione proposta al pubblico come necessaria per la salvezza.

46.3 Il fatto che uno di quelli che fecero buon uso ne acquistò dieci, mentre un altro cinque, significa che nel gregge di Dio furono accolti tutti coloro dai quali ad opera della grazia fu ben compresa la stessa legge: " dieci " perché la legge è riassunta nel decalogo, "cinque " perché colui che la recò agli uomini la scrisse in cinque libri.

Hanno lo stesso significato e le dieci e le cinque città su cui detti servi ottennero il potere.

Infatti la crescita della comprensione della verità che promana da ciascun precetto o da ciascun libro, se presa come un tutt'uno forma come una città di ragioni vive ed eterne.

In effetti la città non è l'aggregato di una moltitudine di animali qualsiasi ma di animali ragionevoli, stretta in società da una stessa legge.

C'è poi il particolare che il denaro tolto a colui che non se n'era servito viene dato a colui che aveva dieci mine.

Ciò significa che il dono di Dio può perderlo anche colui che, avendolo, non lo ha, cioè non lo sfrutta, mentre esso cresce in colui che lo ha possedendolo, cioè facendone buon uso.

La conclusione poi, secondo cui il padrone comandò che fossero uccisi in sua presenza i suoi nemici raffigura l'empietà di quei giudei che non si vollero convertire credendo in Cristo.

47 Quale il significato delle parole: È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago anziché un ricco entri nel Regno di Dio?

In questo passo chiama ricco chi è avido di beni temporali e ne va superbo.

All'opposto di questi ricchi ci sono i poveri in spirito, cui appartiene il Regno dei cieli. ( Mt 5,3 )

Che a questa categoria di ricchi, disapprovata dal Signore, appartengano tutti gli avidi di cose mondane, anche se ne sono privi, appare manifesto da quanto è detto dopo dagli uditori: Chi potrà allora salvarsi?

È certo infatti che la quantità dei poveri supera incomparabilmente, per cui occorre comprendere che nel numero di costoro sono computati anche quei tali che, pur non avendo ricchezze, sono tutti presi dal desiderio di averne.

Per il rimanente, questo è il senso: è stato più facile che Cristo patisse per gli amatori del mondo che non agli amatori del mondo potersi convertire a Cristo.

È lui infatti che volle essere inteso nel simbolo del cammello, quando si abbassò per portare i nostri pesi.

La qualcosa dove appare più chiaramente che nelle parole della Scrittura: Quanto più sei grande, tanto più abbàssati in tutto? ( Sir 3,20 )

Col termine ago sono significate le punture e con le punture i dolori sopportati da Cristo nella passione; mentre nella cruna dell'ago si allude alle angosce provate durante la stessa passione.

Se poi dice: Ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio, tali parole non debbono intendersi nel senso che gli avari e i superbi, simboleggiati da quel ricco, entreranno nel Regno dei cieli se resteranno attaccati alla loro avarizia e superbia.

Ma questo è il senso: è possibile a Dio con la forza della sua parola convertire gli uomini dal desiderio smodato delle cose materiali all'amore delle cose eterne e dalla superbia che rovina all'umiltà che salva.

Sono cose già avvenute e che osserviamo accadere ogni giorno.

48.1 Le parole: Stavano nelle vicinanze di Gerico potremmo intenderle nel senso che, sebbene già fossero usciti dalla città, stavano tuttavia vicini ad essa.

È questo un modo di dire piuttosto raro, ma sembra possibile che si sia voluto indicare proprio questo, se Matteo asserisce che mentre uscivano da Gerico fu restituita la vista a due ciechi seduti ai margini della strada. ( Mt 20,29-34 )

Sul numero dei ciechi non ci sarebbero problemi se si accetta l'ipotesi che uno degli evangelisti nel ricordare un cieco tace l'altro.

In effetti Marco ricorda un solo cieco e ne precisa il nome e la paternità, concordando nel dire che riebbe la vista mentre uscivano da Gerico. ( Mc 10,46-52 )

Dal racconto di Marco è dato ricavare che il cieco guarito era un personaggio a tutti noto, a differenza dell'altro, ignorato dalla gente, per cui l'evangelista ritenne conveniente parlare solamente di quello che era conosciuto.

C'è però il racconto di Luca, il quale, nel riferire le cose accadute dopo, mostra chiarissimamente che quanto da lui narrato accadde mentre essi stavano arrivando a Gerico.

Non resta quindi altra interpretazione all'infuori di quella che i miracoli furono due: il primo, consistente nella guarigione di un cieco, quando stavano per giungere nella città di Gerico; il secondo, cioè la guarigione di due ciechi, quando stavano uscendo da detta località.

Dell'unico cieco riferisce Luca, dei due ciechi Matteo.

E in questo possiamo intravvedere un valore tipologico, basato sul fatto che Gerico si traduce " luna" e con ciò indica la condizione mortale dell'uomo.

Orbene, il Signore allorché stava avvicinandosi alla morte comandò che la luce del Vangelo fosse predicata ai soli giudei, figura dei quali è quell'unico cieco ricordato da Luca; risorto invece da morte e salito al cielo ordinò che si predicasse ai giudei e ai pagani, due popoli raffigurati, come sembra, dai due ciechi di cui parla Matteo.

48.2 Quando nel Vangelo si parla di tempio, intendi Cristo in quanto uomo, o magari Cristo insieme con il suo corpo che è la Chiesa. ( Col 1,18 )

In quanto lo si riferisce a colui che è il Capo della Chiesa, è detto: Abbattete questo tempio e in tre giorni lo ricostruirò.

Viceversa del tempio che è Cristo insieme alla Chiesa sembra essere stato detto: Togliete via queste cose.

Sta infatti scritto: La mia casa è casa di preghiera, mentre voi ne avete fatto una casa di commercio o una spelonca di briganti. ( Gv 2, 16.19 )

Volle insomma indicare che nella Chiesa ci sarebbero stati certuni che si sarebbero occupati dei propri affari o vi si sarebbero rifugiati per occultare i propri misfatti piuttosto che per imitare l'amore di Cristo e correggersi dei propri peccati dopo averne ricevuto il perdono con la confessione.

49 Riguardo alle parole: Non dovranno più morire notiamo che i matrimoni ci sono per la procreazione dei figli, i figli per la successione, la successione a causa della morte.

Dove dunque non c'è morte non vi sono neanche matrimoni.

In effetti, come il nostro parlare si effettua e si completa con lo scomparire delle sillabe e il succederne di nuove, così è degli uomini di cui si parla: mancando gli uni e subentrando altri realizzano e completano l'ordine del mondo presente, formato dalle cose temporali bellamente intessute fra loro.

Nell'altra vita, al contrario, la parola di Dio di cui godremo non si compone di sillabe che, scomparendo le une, ne subentrano altre, ma sarà una parola che contiene simultaneamente tutte le cose che possiede rimanendo sempre la stessa.

Ne segue che quanti parteciperanno di questa parola e in essa soltanto troveranno la vita non verranno meno a causa della morte né occorreranno nascite per far la successione.

50 Il Signore disse ai discepoli: Pregate per non entrare in tentazione.

E poi egli si staccò da loro quanto un lancio di sasso.

Con questo volle, per così dire, ammonirli a dirigere verso di lui la pietra, cioè indirizzare a lui i contenuti della legge, che era scritta nella pietra. ( Es 31,18; Es 34,4 )

In realtà quella pietra può arrivare fino a lui poiché termine della legge è Cristo, a salvezza di tutti quelli che credono. ( Rm 10,4 )

51.1 Del Signore è stato scritto: Egli finse di andare più lontano. Non si tratta di menzogna.

In realtà non tutto ciò che è fittizio è anche menzogna, ma è menzogna quel parlare fittizio cui non corrisponde alcun significato reale.

Se invece un nostro detto, sia pure fittizio, contiene un qualche significato, non è una menzogna ma una figura della verità.

Se così non fosse tutte le cose che sono state dette in figura da uomini sapienti e santi o anche dallo stesso nostro Signore, le si dovrà ritenere menzogne, perché secondo il consueto modo di intendere non c'è la verità in tali detti.

Ecco, ad esempio, quell'uomo che aveva due figli il minore dei quali, ricevuta la sua parte di beni patrimoniali se ne partì per una regione lontana, con tutto il resto descritto nella parabola. ( Lc 15,11-32 )

Tutte queste cose non vengono dette quasi che ci sia stato effettivamente un uomo che abbia vissuto tali vicende nei suoi figli e abbia fatto loro quel che fece.

Si tratta in realtà di cose fittizie, inventate per raffigurare un'altra cosa molto ma molto superiore e totalmente diversa, al punto che sotto l'immagine di quell'uomo inventato dobbiamo intendere lo stesso vero Dio.

E come ci sono racconti fittizi, così ci sono avvenimenti fittizi, che cioè s'inventano senza inclusione di menzogna per significare una qualche altra realtà.

Così quel noto gesto del Signore, quando andò a cercare i frutti in quel fico nel tempo in cui i frutti non ci potevano essere. ( Mc 11,13 )

Non c'è dubbio che egli andò realmente a cercarveli, ma qualsiasi persona sapeva che, se non per l'infruttuosità, certo per la stagione quell'albero non poteva avere frutti.

Se ne conclude che il fittizio che si riferisce a una qualche verità è una figura, quello che non vi si riferisce è una falsità.

51.2 Cosa significa allora il fatto che il Signore finse di andare più lontano, mentre stava accompagnando i discepoli ed esponeva loro le sante Scritture?

Che per caso voleva raffigurare se stesso a quei tali che non lo riconoscevano?

Cosa pensare se non che egli volle inculcare l'idea che si può pervenire alla cognizione di Cristo mediante l'offerta dell'ospitalità?

Quando infatti egli si sarebbe allontanato dagli uomini per salire al di sopra di tutti i cieli, sarebbe rimasto con coloro che prestano identici ministeri a vantaggio dei suoi servi.

Questi gli cominceranno a dire: Signore, quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato?, parlando come di uno che fosse andato lontano.

A costoro egli risponderà: Quando l'avrete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli lo avrete fatto a me. ( Mt 25,38-40 )

Trattiene dunque Cristo perché non si allontani ogni fedele che, catechizzato nella parola, fa partecipe di ogni sorta dei suoi beni colui che lo catechizza, come dice l'Apostolo: Chi è catechizzato nella parola renda partecipe di tutti i suoi averi colui che lo catechizza. ( Gal 6,6 )

E altrove, dopo aver detto: Partecipate ai bisogni dei santi, aggiunge subito: Abbiate cara l'ospitalità. ( Rm 12,13 )

In effetti, quei discepoli erano stati catechizzati nella parola mentre egli esponeva loro le Scritture; pertanto col compiere quell'atto di ospitalità, ed esattamente nella frazione del pane, sono in grado di riconoscere colui che non avevano riconosciuto mentre spiegava le Scritture.

Poiché non chi ascolta la legge è giusto dinanzi a Dio ma chi pratica la legge ottiene la giustificazione. ( Rm 2,13 )

51.3 Nel fatto che nella passione tolsero al Signore la sua veste per ricoprirlo con un manto scarlatto, ( Mt 27,28 ) sono rappresentati quegli eretici che riguardo a Cristo dicono che non ebbe un corpo reale ma fittizio.

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3 Sopra, 2,41